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Il mondo va sempre meglio

Regolarmente qualcuno se ne esce lamentandosi per il preoccupante declino della specie umana, o con qualche bizzarra nostalgia per un passato ideale che non è mai esistito:
  1. "Non ci sono più i valori di una volta"
  2. "Viviamo in tempi terribili"
  3. "Oggi gli uomini guardano solo la bellezza"
  4. "Oggi le donne badano solo al portafoglio"
  5. "Le cose vanno sempre peggio..."

Ma queste opinioni sono fondamentalmente scollegate dalla realtà. Anzi, è piuttosto vero il contrario; generalmente parlando:
  1. I valori umani sono migliorati (cose come schiavismo, colonialismo o lapidazione sono fortunatamente "passati di moda").
  2. Sotto quasi ogni aspetto, viviamo meglio che in passato.
  3. Si è sempre data molta importanza alla bellezza; ma oggi le donne vengono apprezzare anche per altre qualità.
  4. Le donne sono sempre state sensibili alla ricchezza e/o al potere; ma oggi meno di un tempo (anche grazie alla raggiunta indipendenza economica).
  5. Le condizioni di vita sono migliorate quasi ovunque rispetto al passato (per esempio, la povertà nel mondo è in costante diminuzione)*.
* Naturalmente accadono crisi periodiche, come nel 2020, in cui la situazione tende a peggiorare; oppure passiamo attraverso dei cicli storici, per cui avviene una fase di declino prima di migliorare nuovamente. Ma sul lungo periodo, quasi tutti i fattori tendono al miglioramento.

Quindi, chi esprime queste lamentele è solitamente piuttosto ignorante (nel senso letterale di scarsa conoscenza), o abbastanza stupido (capisce ben poco di come funzionano le cose), oppure molto egocentrico (sta male o è infelice, e ritiene che sia colpa del mondo che è "sbagliato"; oppure crede che la sua esperienza negativa rifletta l'intera realtà).

“I valori umani sono migliorati
e viviamo meglio che in passato”

Un viaggio a ritroso nel tempo

Come sempre, non vi chiedo di credermi sulla parola. Invece, valutate i fatti e decidete voi cosa è vero. Facciamo insieme un piccolo esperimento: torniamo indietro nel tempo, e vediamo come andavano le cose in tempi passati...
  • 1960-70: anni di grandi cambiamenti sociali e politici, ma anche di forti conflitti e scontri per le strade (spesso repressi in modo violento). In Italia, in particolare, avvengono numerosi atti criminali e di terrorismo (verranno infatti chiamati "gli anni di piombo"). Gli USA portano avanti l'insensata e fallimentare guerra in Vietnam; il presidente Nixon è costretto a dimettersi in seguito allo scandalo Watergate.
  • 1945-1960: siamo nel dopoguerra, e c'è un grande sviluppo economico. Però sono anche gli anni della "guerra fredda", e si vive con l'incubo di essere annientati da un conflitto nucleare. Razzismo e discriminazioni sono pervasivi.
  • Passiamo alla prima metà del XX secolo: in pochi decenni scoppiano due guerre mondiali, nel 1918 si scatena una pandemia di "influenza spagnola" che uccide più persone della guerra appena finita (50 milioni), e nel 1929 avviene la Grande Depressione economica. In Italia la dittatura fascista domina il Paese dal 1925 al 1943.
  • XIX secolo: un periodo con decine di guerre, colonizzazioni brutali in Asia ed Africa, rivoluzioni sanguinarie. Per buona parte del secolo, le donne sono ancora considerate proprietà del marito, e soggette alla sua volontà.
  • XVIII secolo: qualche altra decina di guerre. Lo schiavismo si espande a livello globale. Con la Rivoluzione Industriale, le persone lavorano per 14-16 ore al giorno, bambini inclusi.
  • XVII secolo: ancora decine di guerre (tanto per cambiare). La colonizzazione delle Americhe porta al massacro delle popolazioni indigene.
  • Con l'Inquisizione cattolica (svoltasi in varie forme dal XII al XVII secolo), persone comuni ed innocenti potevano essere arrestate, torturate ed uccise (magari bruciate vive), solo perché vivevano in modo non convenzionale o avevano idee autonome, stavano antipatiche a qualcuno, o possedevano beni che facevano gola ad altri.
  • Medioevo: per tutto questo periodo (dal V al XV secolo circa) si vive nel costante timore di aggressioni e invasioni. Per questo motivo, ovunque sorgono castelli e città fortificate.
  • XIV secolo: una pandemia di peste nera arriva a sterminare circa metà della popolazione europea.
  • Per diversi secoli la Chiesa Cattolica, che dovrebbe essere la guida spirituale del mondo, è afflitta da corruzione morale e materiale a tutti i livelli, dal Papa in giù.
  • Nei primi secoli dopo Cristo, una serie di invasioni barbariche, operate da numerose tribù e popolazioni nomadi, attraversa buona parte dell'Europa con azioni di saccheggio e conquista.
  • Con l'Editto di Tessalonica (380 D.C.), il cristianesimo diventa religione ufficiale dell'impero romano, per poi generare proibizioni e persecuzioni (anche violente) contro ogni altra forma di culto.
  • L'Impero Romano, che molti italiani vedono con orgoglio come nostro progenitore, ha sempre attuato una politica di espansione bellicosa; le popolazioni invase potevano scegliere tra la sottomissione o l'annientamento. Questo espansionismo non appare molto diverso da quello della Germania nazista.
  • La cultura Greca, e la democrazia di Atene in particolare, sono ritenute la culla della civiltà occidentale. Tendiamo però a dimenticare che tale società era basata sullo schiavismo, il diritto di voto era riservato al 10-20% della popolazione, e le donne erano escluse dalla vita pubblica.

Aspetti positivi e negativi

Ovviamente questo lungo elenco di eventi deprimenti non esclude che siano avvenute anche cose positive. Onestamente, però, nessuno dei periodi sopra elencati mi fa venire voglia di viverci, o di ritenere le condizioni di vita migliori di quelle odierne.

Inoltre ogni medaglia ha sempre due facce: quindi per ogni aspetto positivo del passato (mancanza di inquinamento, vita più sana, ritmi più naturali), va ricordato anche l'aspetto negativo (scarsità di beni e di cibo, assenza di farmaci e cure efficaci, mancanza di ogni comfort).
Basti pensare che un impiegato moderno vive una vita più comoda e abbondante, per molti versi, di un sovrano di qualche secolo fa: quest'ultimo infatti pativa il freddo e il caldo, aveva una scelta limitata di cibi, spesso era afflitto da parassiti, in caso di malattia aveva poche chances di sopravvivere, viveva nel costante timore di intrighi di corte od attacchi di nemici, e non poteva nemmeno scegliere il coniuge che preferiva (i matrimoni erano quasi sempre organizzati in base ad interessi politici ed economici).

“Un impiegato moderno
vive una vita più comoda
di un sovrano del passato”

Perché non apprezziamo quello che abbiamo

Ma se la vita dell'uomo medio oggi è tanto migliore che in passato, come mai di solito non ce ne rendiamo conto, e non lo apprezziamo? Uno dei motivi è che non valutiamo la nostra vita in modo oggettivo, bensì comparativo: cioè ci paragoniamo con le persone che conosciamo, o che abbiamo intorno. Per cui se tante persone hanno la stessa abbondanza che abbiamo noi, la diamo per scontata e la apprezziamo poco; se invece fossimo gli unici ad averla, ci farebbe sentire speciali e privilegiati.
In altre parole, non è quello che abbiamo a farci sentire soddisfatti; ma è la sensazione di avere più degli altri, o che stiamo meglio della maggioranza. Uno dei motivi per la diffusa infelicità moderna, infatti, sono i social network che ci mostrano persone che sembrano più felici di noi - e con cui ci paragoniamo.

Valori immaginari

Al di là delle condizioni di vita scomode e sgradevoli del passato, non vedo traccia nemmeno dei valori morali che tanti gli attribuiscono. Dov'erano tutti questi "valori", queste presupposte virtù?
  • Nelle continue guerre?
  • Nel mandare al massacro migliaia di uomini senza alcun riguardo per le loro vite?
  • Nell'obbligare le donne ad un ruolo subordinato?
  • Negli abusi dell'aristocrazia e del clero?
  • Nella pratica frequente dello schiavismo?
  • Nel mantenere la stragrande maggioranza della popolazione in condizioni di povertà e sottomissione?
  • In sistemi di governo basati sulla legge del più forte, invece che sul dialogo e sul consenso?
  • Nell'oppressione e repressione di idee, preferenze personali e religioni?

A me pare che di qualsiasi problema ci si possa lamentare oggi (diseguaglianza, disparità di diritti, ingiustizia, povertà, violenza, corruzione...), in passato era più grave e più esteso.
Forse l'unico male odierno che era minore in passato, è la solitudine (semmai in passato esisteva il problema opposto: raramente potevi stare da solo, o godere di una privacy personale). I legami familiari e di comunità erano sicuramente più numerosi e più stretti. Il che, però, implicava anche una libertà individuale molto più ristretta e condizionata.

Luci ed ombre

Attenzione: non voglio dire che oggi vada tutto bene, o che tutto sia meglio che in passato. Come già detto, ogni situazione presenta pro e contro. Quindi oggi abbiamo problemi che un tempo non esistevano, ma in genere si accompagnano ad aspetti positivi importanti:
  • Il capitalismo ha permesso uno sviluppo economico senza precedenti, che ha ridotto la povertà globale in modo eclatante; ma ovviamente ha anche aspetti negativi. Nessun altro sistema alternativo ha però prodotto altrettanta abbondanza, benessere e libertà di scelta. Quindi è possibile - ed auspicabile - migliorarlo, ma non ha senso credere che con il comunismo o il feudalesimo le condizioni fossero migliori.
  • L'industrializzazione ha portato a fenomeni dannosi come inquinamento e riscaldamento globale, ma ben pochi vorrebbero tornare ad un'economia di sussistenza od al vivere solo con lo stretto indispensabile; alle capanne di tronchi ed ai campi arati con vomere e bue.
  • Anche a livello sociale e relazionale, possiamo lamentarci della fragilità del matrimonio, dell'infedeltà diffusa e dell'eccesso di individualismo - e con ragione. Ma quanti sceglierebbero di tornare a tempi in cui la libertà personale era cosa da ricchi, in cui si era legati ad un lavoro umile tutta la vita, con ruoli rigidi per uomini e donne (inclusi quelli sessuali), con la paura di esprimere le proprie idee, dove viaggi, cultura e musica erano per pochissimi?
  • Per quasi tutta la storia umana, il problema principale è stato procurarsi il cibo. Oggi invece abbiamo il problema opposto: mangiamo così tanto da diventare obesi. Il che può essere grave, ma è comunque preferibile al morire di fame.

Quindi - ripeto - non sto dicendo che il mondo oggi sia ottimale. Dico che, tutto sommato, è meglio che in passato sotto quasi ogni aspetto. E "migliore" non vuol dire "perfetto": ci saranno sempre problemi e sofferenza, perché l'esistenza non è fatta per renderci felici, e gli esseri umani sono limitati e imperfetti.

“Ben pochi vorrebbero tornare
alle capanne di tronchi
ed ai campi arati col bue”

La natura umana non cambia

Fondamentalmente, gli esseri umani hanno limiti e difetti che restano uguali nei secoli. E' consolatorio credere che una volta le persone fossero più buone, oneste o rispettose, ma è illusorio. La natura umana rimane essenzialmente la stessa: infatti le storie e i personaggi dei grandi autori (come Shakespeare, 4 secoli fa) risultano attuali ancora oggi.
Altrettanto costante è la tendenza a lamentarsi per il comportamento altrui, e per la "decadenza dei valori"; infatti più di 2000 anni fa Cicerone già esclamava "O tempora o mores!" ("Che tempi, che costumi!").

Violenze, omicidi, stupri, abusi, ingiustizie ed oppressioni sono sempre accaduti; anche più di adesso, anche in modo più feroce (barbarie, torture e punizioni che oggi ci appaiono inconcepibili, erano un tempo la norma). Però lo si sapeva meno, mentre oggi tutto è più visibile, al punto che un fenomeno può essere in diminuzione ma l'insistenza mediatica ce lo fa apparire in aumento!
Per esempio la criminalità è in declino da molto tempo; l'Italia è tra i Paesi europei con meno omicidi (anche di donne). Spesso gli eventi criminosi vengono amplificati per ideologia o demagogia, per influenzare l'opinione pubblica, per ottenere consenso o deviare l'attenzione da altri problemi. Perciò molte persone si sentono minacciate anche se siamo più sicuri che in passato.
Bisognerebbe guardare dati e statistiche, non fidarsi della propria percezione emotiva (che per sua natura è soggettiva, parziale ed influenzabile).

Ma cultura e costumi sì

Se la natura umana resta uguale (o cambia in milioni di anni), quella che evolve è però la cultura: cioè l'insieme delle idee, valori, morale e costumi che indicano cosa fare, cosa è giusto o sbagliato. Anche nella cultura vediamo un'evoluzione in meglio (per quanto lenta); nel corso dei secoli siamo passati:
  • Dallo schiavismo alla libertà per ogni individuo, e alla Dichiarazione universale dei diritti umani.
  • Dalle monarchie e aristocrazie alla democrazia (nella maggior parte dei Paesi).
  • Dalle guerre alla diplomazia (quanto meno in buona parte del mondo).
  • Dalle vendette e faide ("occhio per occhio") alla risoluzione dei conflitti per via giudiziaria.
  • Dall'imposizione della forza ("La legge del più forte", "Might makes right") all'uso della ragione e del consenso.

Ovviamente non sempre questi progressi vengono applicati (siamo sempre e comunque umani), e certamente c'è spazio per tanti ulteriori miglioramenti. Ma il passaggio dalle epoche dominate dalla spada, all'esortazione di fratellanza "Abbracciatevi, moltitudini!" dell' "Inno alla Gioia" di Beethoven (inno ufficiale dell'Unione Europea), è un balzo gigantesco.

“La natura umana resta uguale,
o cambia in milioni di anni”

Perché il mondo migliora, ma molti non lo vedono

Anche dopo questa carrellata, immagino che ad alcuni continuerà a sembrare che il mondo odierno sia pessimo, o peggiore del passato. Di solito questa convinzione nasce da uno dei seguenti atteggiamenti mentali.

1. Visione soggettiva ("Il mondo mi assomiglia")

Persone che stanno male, che soffrono, che sono infelici; che patiscono ingiustizie; la cui vita è molto problematica... e credono che la propria condizione personale rispecchi lo stato del mondo. Quindi anche di fronte ad argomenti validi, ribattono "Se il mondo è migliorato, o non è mai stato migliore, com'è possibile che io - o le persone a me vicine - soffriamo così tanto?".

Immersi nel loro malessere, non sanno vedere oltre. Ma quello che succede ad uno non riflette lo stato del mondo. Bisogna saper distinguere il personale dal collettivo, e l'eccezione dalla regola. Se io sono su un aereo che precipita, ma quello è stato l'unico incidente aereo degli ultimi dieci anni, vuol dire che volare è molto sicuro - anche se io ho avuto sfortuna.

2. Visione negativa ("Il mondo fa schifo")

Alcuni hanno la tendenza a concentrarsi sugli aspetti negativi, ed ignorano quelli positivi (per esempio pessimisti o disfattisti). Sono quelli che in un prato ricolmo di fiori vedono solo il cespuglio rinsecchito, o l'escremento di vacca; quelli che, di fronte ad una giornata splendida, ribattono "Tanto domani pioverà!".

Nella loro mente il male è sempre superiore al bene, e non riescono a riconoscere di potersi sbagliare, anche di fronte all'evidenza (il pessimista è sempre convinto di essere realista). E' come se indossassero degli "occhiali neri", per cui a loro tutto appare oscuro e minaccioso.

3. Visione idealistica ("Il mondo dovrebbe essere perfetto")

Un'altra obiezione frequente è "Se il mondo è migliorato così tanto, come mai ci sono ancora così tanti problemi e dolore?". Ho già risposto prima: problemi e dolore esisteranno sempre, perché è nella natura dell'esistenza e di noi esseri umani (come insegna il buddismo: "La vita è sofferenza").
La realtà è imperfetta, ci fa soffrire, e non va come vorremmo - così è sempre stato, così sempre sarà. Come abbiamo visto nel nostro "viaggio nel passato", non c'è mai stato un periodo ideale od un'epoca armoniosa in cui tutto andava bene.

Costoro si attaccano alla speranza utopica di un mondo perfetto da "regno dei cieli", invece che terreno ed umano. Con questa idea fissa, il mondo reale non gli andrà mai bene. Tenderanno ad una visione negativa (vedi sopra), perché per loro niente è mai abbastanza.

4. Aspettative personali esagerate

Alcuni hanno aspettative irrealistiche rispetto ai propri meriti, e si aspettano di ottenere di più di quanto valgano. Hanno quello che chiamo "il complesso del principino", o "della principessa": si illudono di essere "speciali", e che gli altri li tratteranno di conseguenza.
Credono di poter essere sempre felici, di avere una relazione ottimale senza sforzi, di essere amati e stimati solo perché esistono, di diventare ricchi o famosi. Inevitabilmente si ritrovano delusi, ma faticano a riconoscere di esserne la causa. Paradossalmente più una persona è limitata - come intelligenza, cultura, maturità - più fatica a valutarsi correttamente (non ha gli strumenti per un'analisi obiettiva; vedi l'effetto Dunning-Kruger). Quindi concluderà che i suoi insuccessi sono dovuti a cause esterne: al mondo che è fatto male, o che va peggiorando.
  • Per esempio una persona ambiziosa, ma senz'arte né parte, facilmente si convincerà che "In giro non c'è lavoro", o che "Si trova impiego solo nei call-center" - anche se non è affatto così (molte aziende cercano personale, però con determinate competenze).
  • Oppure una persona romantica, che crede al "grande amore" in modo favolistico, giustificherà i suoi fallimenti relazionali dando la colpa al sesso opposto, o alla perdita di valori.

Ma naturalmente la colpa non è del mondo. Essenzialmente, la realtà funziona in modo meritocratico e "darwiniano": prospera chi è più adatto, mentre i meno adatti stentano o periscono. Le aspettative scollegate dai propri meriti sono spesso create dai genitori che viziano i figli, ma anche alimentate dai media (le pubblicità ti dicono che "tu vali" e "meriti il meglio", in modo da sedurti e vendere) e dai social network (dove tutti appaiono più belli e felici di quanto siano realmente).

Saper vedere la realtà, saperla apprezzare

Quindi per apprezzare il progresso ed i benefici della propria epoca, è necessario sganciarsi da queste mentalità fuorvianti:
  1. Saper vedere oltre il proprio ristretto "orticello".
  2. Saper valutare tutti i pro e contro.
  3. Non pretendere la perfezione.
  4. Avere aspettative realistiche e saper riconoscere i propri limiti.
Ed inoltre, saper apprezzare tutti gli aspetti positivi, invece di darli per scontati. Facendo questo, diventa chiaro che - per molti versi - non siamo mai stati meglio!

Attenzione: quando faccio notare che il mondo non sarà mai perfetto, o che una certa sofferenza è inevitabile, non intendo incoraggiare la rassegnazione; è sempre possibile fare progressi. Suggerisco però di apprezzare tutto quello che c'è di buono, e di cercare di migliorare quello che non va. Ricordando che lamentarsi è soltanto uno spreco di energia che non produce cambiamenti.


"E' un dato di fatto che le persone amano lamentarsi, specialmente di quanto sia terribile il mondo moderno rispetto al passato.
Ma si sbagliano quasi sempre."

(Steven D. Levitt e Stephen J. Dubner, "SuperFreakonomics")

"E' meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione."
(Albert Einstein)

"Invece di lamentarsi dell'oscurità è meglio accendere una piccola lampada."
(Lao Tzu)


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Se gli argomenti di questo post ti toccano da vicino e vorresti discuterne, approfondire, o rivolgermi delle domande; oppure se senti il bisogno di parlare dei tuoi problemi, puoi chiedermi un colloquio.

Perché la sessualità viene giudicata e condannata

Al giorno d'oggi può sembrare che l'espressione della sessualità sia libera e persino incoraggiata - almeno in Occidente. A molti sembra di vedere messaggi sessuali ovunque: nelle pubblicità, nelle notizie, su Internet. Ma in realtà la questione non è così semplice: se da una parte è vero che di sesso si parla spesso, è altrettanto vero che riceviamo anche molti messaggi negativi o giudicanti a riguardo:
  • Una persona sessualmente spregiudicata viene considerata immorale, o anormale.
  • Una donna sessualmente vivace viene additata come "puttana" o "poco di buono".
  • Un uomo che fa sesso con molte partner, se da alcuni viene invidiato, da altri viene visto come immaturo, egoista o inaffidabile.
  • Per non parlare dei tradimenti, tanto aspramente condannati quanto diffusi (indice quindi di ipocrisia sociale: si esalta la monogamia, ignorando che funziona raramente).
Solo perché la pubblicità è piena di ammiccamenti erotici, non dobbiamo pensare che questo indichi apertura mentale: la pubblicità serve a vendere (spesso cose superflue), non a far sentire bene le persone.

La sessualità dissociata

Pare evidente, quindi, che nella nostra società sia in opera una specie di "dissociazione": da una parte il sesso sembra ovunque, dall'altra viene spesso visto con sospetto, disprezzo e condanna (se può consolare, negli Stati Uniti sembrano più dissociati di noi: laggiù persino l'apparizione di un capezzolo crea scandalo).

Questa condanna opera spesso in modi diversi a seconda del genere:
  • Il desiderio femminile viene sminuito o negato: viene spesso sostenuta la tesi per cui alle donne il sesso interessa poco, oppure interessa solo se associato all'amore (entrambe cose non vere). Inoltre la sessualità femminile viene spesso giudicata o repressa.
  • Il desiderio maschile viene svalutato o ne viene negata l'importanza: raramente viene riconosciuto che per un maschio fare sesso è un'esigenza quasi fisiologica, necessaria al suo benessere*. Questo bisogno viene sottovalutato, giudicato segno di debolezza o immaturità, oppure riceve condanna e svilimento (una donna non amata suscita compassione; un uomo che non riesce a fare sesso viene disprezzato o deriso).
* Anche per le femmine fare sesso è importante, ma sembra che per i maschi sia un bisogno più necessario e totalizzante (non saprei quanto il minore bisogno femminile sia una differenza innata oppure dovuta ad influssi culturali).
Inoltre, per gli uomini un'attività sessuale frequente ed appagante è necessaria per sentirsi amati. Per approfondire l'importanza del sesso per l'uomo, segnalo quattro validi articoli: "The truth about men and sex", "What sex means to a man", "How important is sex for a man", "A man’s view: how important is sex in a relationship?" (in inglese; non ho trovato fonti adeguate in italiano).

“Per gli uomini
un'attività sessuale frequente
è necessaria per sentirsi amati”

Fare sesso fa bene a corpo e mente

Questa avversione verso la sessualità permane nonostante sia ormai dimostrato scientificamente quanto un'attività sessuale appagante contribuisca alla salute fisica e mentale di entrambi i generi (le fonti a riguardo abbondano: basta cercare su Google "attività sessuale benefici". Due esempi autorevoli: "Dieci motivi per cui il sesso fa bene alla salute", e "The Health Benefits of Sex" - in inglese).

Anche la maggioranza delle persone la vede in tal modo; questa ricerca (su 26.000 persone in 26 nazioni) lo dimostra:
  • Il 69% degli intervistati ritiene che il sesso sia divertente e ne traggono godimento.
  • Due terzi concordano che "una buona attività sessuale è una parte vitale della vita".
  • Due terzi affermano che "il sesso fa bene alla salute e al benessere".


I motivi per cui giudichiamo il sesso

Da dove nasce questa dissociazione? Quali fattori portano ancora a condannare un'attività così importante e benefica per la salute fisica e mentale? Di ragioni ce ne sono diverse, sia su un piano storico che sociologico. Di seguito cito quelle che mi sembrano più rilevanti (naturalmente queste sono semplificazioni; l'argomento è ben più complesso).

Millenni di cultura sessuofobica

L'Occidente è influenzato da 2000 anni di Cristianesimo, che - come molte altre religioni - è fortemente sessuofobico (hanno persino inventato la gravidanza di una vergine). Anche se l'influsso religioso è in diminuzione, è comunque parte della nostra cultura, quindi tocca anche i non credenti.
La mentalità cristiana ha sempre visto con sospetto e disprezzo l'esuberanza erotica: giudicando e svilendo quella maschile, demonizzando quella femminile. Contrapponendo inoltre la fisicità (bassa) allo spirito (elevato).
Tutt'oggi ci sono famiglie (specialmente se religiose) in cui vige un'educazione repressiva e sessuofobica, da cui emergono figli complessati, inibiti, dissociati e tendenzialmente nevrotici (la repressione della sessualità provoca squilibrio anche nelle emozioni e nelle relazioni in generale).

Conseguenza: condanna del piacere e della carnalità; disagio e incapacità nelle aree dell'eros, emotive, relazionali.

Esaltazione della ragione

A partire dall'Illuminismo (XVIII secolo), l'intelligenza razionale è stata esaltata - a discapito di altre parti di noi, come quella emotiva, istintiva ed anche erotica (la parte emotiva è stata rivalutata dal Romanticismo, le altre no; alcuni pensatori - per esempio Nietzsche e Reich - hanno cercato di rivalutare la parte erotica e dionisiaca, ma sono rimasti in minoranza).
Questo vale tutt'ora: essere un intellettuale ha una valenza sociale positiva, mentre essere emotivo od impulsivo viene visto quasi come un handicap (specialmente nei maschi). Di conseguenza, chi dedica la sua vita ai libri viene ammirato (ma di rado invidiato), mentre chi si abbandona ai "piaceri della carne" viene visto come un degenerato (anche se quest'ultimo comportamento è decisamente più naturale del primo).

Conseguenza: le nostre parti irrazionali vengono viste con sospetto e svalutate; e noi tendiamo a vergognarci e nascondere il nostro eros.

La repressione del sesso è uno strumento di controllo sociale

In gran parte delle società (e specialmente in quelle autoritarie), il sesso viene limitato e represso per controllare gli individui. Un esempio estremo è il fondamentalismo islamico, che separa uomini e donne, e limita fortemente l'espressione sessuale; per cui giovani uomini senza vita amorosa e senza rapporti sessuali, sono abbastanza disperati da diventare disponibili a sacrificarsi in attentati suicidi (cosa che persone felici e soddisfatte mai farebbero).
Questo perché le persone serene ed appagate sono più libere ed autonome, mentre quelle infelici sono facilmente manipolabili (le dittature sono un buon esempio; vedi l'ascesa di Hitler nella realtà, e "1984" di George Orwell nella narrativa).
Inoltre la redirezione dell'energia erotica nel lavoro (invece che nell'attività sessuale vera e propria) rende le persone più produttive, e l'insoddisfazione conseguente induce a comprare cose superflue; il che è utile alla prosperità economica della società. In epoche passate (e tutt'oggi in società patriarcali o militariste), si condannava la sessualità ricreativa (o la masturbazione), e si incoraggiava la sessualità strettamente procreativa: allo scopo di ottenere più braccia per lavorare, e più soldati da mandare in guerra.

Conseguenza: ci viene detto (in modo subdolo) "Non fate l'amore, producete e consumate" (in Paesi democratici); oppure "Non fate l'amore, fate la guerra" (in Paesi arretrati o autoritari).

Gli esseri umani non vogliono riconoscere la propria parte animale

Gli esseri umani sono a tutti gli effetti degli animali. Sono più le cose che ci accomunano agli altri animali, di quelle che ci distinguono (infatti veniamo concepiti, nasciamo, viviamo condizionati dai nostri bisogni, ci ammaliamo e moriamo proprio come ogni altro animale).
Ma siccome alla maggior parte delle persone dà fastidio ammettere la propria "animalità" (basti vedere le reazioni avverse alle opere di Darwin), e per contro vorrebbero sentirsi superiori e "speciali", tendono a negare quei bisogni e quelle pulsioni che sono propriamente animali - tra le quali gli impulsi sessuali. Infatti chi ha un forte appetito erotico, o chi si abbandona ai piaceri carnali, viene spesso definito "una bestia", oppure "selvaggio" (come se chi lo dice appartenesse ad una razza superiore, immune da simili istinti).

Conseguenza: negazione della fisicità e dei bisogni sessuali - spesso accompagnata dall'esclamazione indignata "Non siamo animali!".

N.B.: Quelli citati sono fattori di cui perlopiù non siamo consapevoli, ma che pure ci condizionano (anzi: meno ne siamo consapevoli, e più ci influenzano).

Condanna della sessualità in base al genere

I fattori elencati sopra valgono in generale per entrambi sessi. Ma, come ho accennato all'inizio, esistono anche giudizi e condanne rivolti specificamente a femmine o maschi.

Verso la sessualità femminile

  • Del Cristianesimo, della sua svalutazione dell'eros, e della idealizzazione della figura femminile (Maria vergine), ho già accennato.
  • Il Romanticismo ha diffuso un'immagine della donna come essere angelicato ed innocente, quasi asessuato (mentre in epoche precedenti le donne erano viste come creature bramose e lussuriose, dai cui appetiti gli uomini dovevano difendersi). L'impulso erotico femminile è stato quindi negato o sminuito, oppure deve essere "giustificato" dall'amore.
  • Il controllo sociale della sessualità viene applicato da millenni in particolare all'eros femminile, principalmente per salvaguardare la certezza della paternità: una donna sessualmente inibita (o meglio ancora vergine), non si farà fecondare da uomini diversi dal partner (o almeno questo è quello che agli uomini piace credere).
    Anche da questa mentalità provengono giudizi del tipo "Una donna che si concede facilmente è da disprezzare", oppure la dicotomia "madonna / puttana".

Verso la sessualità maschile

Negli ultimi 50 anni, in particolar modo certo femminismo ha demonizzato l'eros maschile, specialmente quello "selvaggio" (che poi è quello che, invece, attrae buona parte delle donne).
La sessualità maschile è istintivamente quantitativa e promiscua (fare sesso con più donne possibili, specialmente giovani e belle, senza legarsi), il che va in direzione opposta alle esigenze femminili (conquistare il maschio migliore e tenerselo). Per questo il femminismo vede l'eros maschile come una minaccia, deleterio per le priorità femminili, quindi da condannare, reprimere o "addomesticare":
  • Cerca di delegittimarlo*, per esempio affermando che l'esuberanza erotica maschile sia dovuta a condizionamenti culturali, invece che essere un istinto naturale.
  • Incoraggia e valorizza un maschio "femminilizzato": dolce, sensibile e sottomesso (che però poi non genera attrazione nelle donne).
  • Condanna molte espressioni di mascolinità (quando divergenti dagli interessi femminili), come l'assertività, l'aggressività, la competizione.
  • Disprezza e avversa forme di sessualità "alternative" al sesso di coppia (masturbazione, pornografia, prostituzione) perché riducono la dipendenza maschile dalle donne, e quindi il potere femminile sugli uomini.

Sugli attacchi del femminismo verso la mascolinità e i diritti maschili, vedi l'ottimo libro di Warren Farrell "The Myth of Male Power" ("Il mito del potere maschile"; info nella Bibliografia).

* Delegittimazione dell'eros maschile

Va notato come in passato per gli uomini (anche sposati), andare con prostitute o avere delle amanti fosse considerato normale. Magari immorale, ma naturale e necessario. Questo perché quasi sempre il bisogno sessuale maschile è superiore alla disponibilità femminile; e quando non soddisfatto, genera un malessere che può indurre comportamenti aggressivi. Perciò sia le autorità, che le mogli, "chiudevano un occhio" riconoscendo questa necessità.
Durante il XX secolo, invece, questa esigenza maschile è stata sempre più disprezzata ed osteggiata, con diverse conseguenze:
  • Il bisogno sessuale maschile, invece di essere riconosciuto, viene spesso denigrato o ridicolizzato (vedi l'uso del termine dispregiativo "morto di figa" verso uomini "affamati"). Non si riconosce dignità a questa forma di sofferenza emotiva.
  • Leggi che puniscono - anche in modo sproporzionato - l'espressione di desiderio o apprezzamento sessuale verso le donne: anche uno sguardo insistente o un complimento può essere considerato "molestia sessuale" o "sexual harassment", e portare a licenziamenti o condanne giudiziarie (ovviamente parlo di comportamenti relativamente innocui; azioni ben più gravi - come aggressioni fisiche e stupri - sono sempre da condannare).
  • Criminalizzazione della prostituzione (in Italia, vedi la Legge Merlin del 1958) - che spesso non protegge le prostitute stesse, ma anzi ne facilita l'abuso - oppure del solo cliente (quindi maschio).

“In passato andare con prostitute
o avere delle amanti
era considerato normale”

Come liberarsi da questi condizionamenti

  • Il primo passo è proprio rendersi conto di essere condizionati: riconoscere tutti i giudizi, le idee limitanti, le pressioni moraliste, i "lavaggi del cervello" ricevuti fin da piccoli (se non riesci a identificarli, leggere i fattori elencati nel post ed ascoltare le tue reazioni emotive - disagio, imbarazzo, rabbia - può darti degli indizi).
  • Poi, è necessario osservare come queste idee, ormai assorbite, tendano ad influenzare il nostro sentire e le nostre azioni. Per esempio: mi sento in colpa per i miei desideri erotici o le mie fantasie; esito a fare proposte sessuali; mi vergogno a compiere certe attività...
  • Una volta osservati i proprio freni o blocchi in azione, è utile chiedersi se hanno senso, o vanno bene per me, o se corrispondono al tipo di persona che voglio essere. Se la risposta è "No", allora posso scegliere consapevolmente di rifiutarli, di "espellere" quelle idee da me, dichiarandole ormai inutili o non più parte di quello che sono (fare questo può richiedere del tempo prima che questi blocchi si indeboliscano; la ripetizione aiuta).

Questo processo permette di liberarci di inutili "zavorre", e di recuperare quella che è una sana, spontanea, gioiosa ed appagante sessualità. Una sessualità che è parte di noi fin dalla nascita, che è parte fondamentale della nostra stessa natura. Permettere a se stessi di viverla, è come "tornare a casa": accettare come realmente sei - invece di forzarti ad essere come gli altri vorrebbero.

"Il puritanesimo è l'ossessiva paura che qualcuno, da qualche parte, possa essere felice."
(Henry Louis Mencken)

"Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le sue radici nell'istinto sessuale."
(Arthur Schopenhauer)

"Che cosa ha fatto di male agli uomini l'atto sessuale, così naturale e necessario, così legittimo, per non osare parlarne senza vergogna, per lasciarlo fuori dai discorsi seri e misurati?"
(Michel De Montaigne)


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Perché ho sempre paura di essere giudicato?

Perché temo il giudizio degli altri?

Mi preoccupo troppo di essere giudicato

Come fregarsene del giudizio altrui?


Il problema della paura del giudizio affligge una buona parte degli esseri umani. E' un fardello che angustia quasi tutti, e rovina la vita a un bel po' di persone. La buona notizia è che in parte è un problema immaginario, che la nostra mente ingigantisce; e che gli strumenti per superarlo sono dentro di noi.

Per essere meno influenzati dal giudizio altrui, è necessario tenere presenti due concetti:
  1. In buona parte è un problema immaginario: perché gli altri pensano a noi molto meno di quanto crediamo. La maggior parte del tempo, ognuno è molto più concentrato su se stesso che sugli altri. E' il nostro ego insicuro che crede che tutti stiamo sempre lì a prenderci le misure... in realtà le altre persone ci notano a malapena, o danno poco importanza a quello che facciamo o diciamo.
  2. Anche quando è un problema reale, è spesso ininfluente. Anche quando gli altri effettivamente ci giudicano, le conseguenze sono molto spesso irrilevanti o assenti.
    Se vado in giro vestito strano, se mi scaccolo, se canto per strada, se rutto, se sbaglio un congiuntivo... cosa succede? Nella maggior parte dei casi, niente di niente. Assolutamente NIENTE. Le persone intorno ci fanno a malapena caso, e poi pensano ad altro (agli affari loro, di solito).

Paura di ogni passo falso

Invece la maggior parte di noi vive con la paura che ogni passo falso porterebbe gravi conseguenze, perché ci portiamo dietro quella paura dai tempi in cui eravamo bambini (e scontentare i nostri genitori poteva portarci conseguenze gravi e dolorose). Ma come adulti, questo diventa molto più improbabile: i genitori sono solo due, ma gli altri esseri umani sono 8.000.000.000, quindi se ne scontentiamo qualcuno sai che perdita...!

Naturalmente questo non vale in certe situazioni, come sul lavoro o di fronte a qualcuno che vogliamo sedurre: in quel caso il giudizio conta, ed è importante comportarsi in modo efficace. Ma in oltre il 90% delle situazioni, possiamo tranquillamente rilassarci, comportarci come ci viene (nei limiti del rispetto e dell'educazione comune), e non ci succederà nulla di male.

Accettazione e autostima

Ovviamente il livello di autostima e fiducia in se stessi gioca un ruolo primario: se tu stesso ti giudichi e ti ritieni scadente, tenderai a credere che anche gli altri lo pensino. Viceversa, se tu sai di essere in gamba e avere valore, che altri la pensino diversamente non ti influenzerà più di tanto.

"Chi rispetta se stesso è al sicuro da tutti: indossa una cotta di maglia che nessuno potrà mai penetrare."
(Henry W. Longfellow)

Ne consegue che il modo migliore di sganciarsi dal giudizio altrui, è sia coltivare l'accettazione di se stessi ("Sono come sono e va bene così") che incrementare la propria autostima (per esempio migliorando le proprie capacità).

Dipendere dall'approvazione

Chi invece crede che per superare questa paura debba sempre piacere agli altri, si condanna ad una vita di ansia: perché piacere a tutti è impossibile, e perché in questo modo sarà sempre dipendente da qualcosa di esterno, che non può controllare. Sarà sempre a caccia di approvazione, ed ogni volta che non la riceve andrà in crisi.
Come per molte cose nella vita, la soluzione non va cercata fuori, bensì dentro di sé.

Approfondimenti

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"E quello che gli altri pensano di te, è problema loro."
(Charlie Chaplin)

"Pensare è molto difficile - per questo la maggior parte della gente giudica."
(C. Gustav Jung)

"Per evitare le critiche, non fare niente, non dire niente, non essere niente."
(Aristotele)


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Liberarsi dai giudizi altrui

Per la maggior parte di noi, essere giudicati è un'esperienza tra le più sgradevoli e limitanti. Non pochi ne sono seriamente condizionati, fino al punto da sentirsi paralizzati quando si sentono sotto osservazione.

Da dove nasce la paura del giudizio

La paura del giudizio proviene principalmente dalla nostra natura di "animali sociali": non solo abbiamo bisogno di sentirci approvati ed amati, ma senza l'appoggio degli altri ci diventa difficile affrontare la vita (questo è meno vero in epoca moderna, ma per milioni di anni essere allontanato dal gruppo voleva dire morte quasi certa). Per quello sentirsi giudicati ci provoca una reazione così viscerale: abbiamo paura di venire respinti e abbandonati.

Schiavi dell'approvazione

La soluzione apparente a questo bisogno è quella di piacere a tutti, di diventare una persona che tutti approvano. Molti spendono una gran quantità di tempo ed energie a questo scopo, per esempio:
  • Chi cura ossessivamente il proprio aspetto (sia a livello fisico che di abbigliamento)
  • Chi dedica tutta la sua vita a diventare ricco e/o famoso
  • I cosiddetti "bravi ragazzi" che cercano di fare contenti tutti

Purtroppo questi sforzi sono inevitabilmente fallimentari. Liberarsi completamente dai giudizi altrui è impossibile, perché siamo tutti diversi ed ognuno vede le cose a modo suo: quindi non sarà mai possibile piacere a tutti.
Quello che possiamo fare è imparare a ignorare i giudizi (specialmente delle persone senza importanza), a non dargli peso, o a capire perché certe persone ci giudicano: se capisco che lo fanno per un problema loro, mi sarà più facile non farmi carico di quel che dicono.

Quando la paura dei giudizi è paralizzante

Anche se tutti temiamo il giudizio, per alcuni questa paura raggiunge livelli angoscianti e ossessivi, a volte fino a bloccare ogni iniziativa della persona. Questo livello di preoccupazione può nascere da un'esperienza familiare con genitori molto critici, severi od esigenti: se il bambino si sentiva continuamente sotto osservazione, se niente di quello che faceva era considerato sufficiente, e magari veniva punito ad ogni mancanza, può sviluppare un trauma tale da seguirlo anche in età adulta.
Chi ha subìto tale tipo di trauma spesso interiorizza quel modello comportamentale, e lo prosegue anche se i genitori sono ormai lontani o persino defunti. In pratica, le voci critiche dei genitori continuano a vivere nella sua testa sotto forma di giudizi continui. Molte persone insicure o ansiose hanno questo tipo di ferita.
Queste persone hanno bisogno di realizzare che il loro problema non è nel mondo reale, ma nella loro mente ancora condizionata. Per liberarsi devono imparare ad ignorare o disattivare queste voci critiche (anche se, nei casi gravi, per riuscirci potrebbe essere necessario l'aiuto di un terapeuta).

“Quando la paura dei giudizi ti paralizza,
può derivare da genitori critici, severi od esigenti ”

Sei meno giudicato di quanto pensi

Prima di tutto, occorre capire che spesso temiamo di essere giudicati anche quando non avviene realmente. Molte persone (specialmente quelle più insicure) vanno in giro con la paura che tutti siano intenti a guardarli e giudicarli, ma il più delle volte questo non è vero.
Molti anni fa sentii raccontare questo aneddoto, che tutt'ora trovo molto realistico:
"A 20 anni me ne fregavo di cosa la gente pensasse di me.
A 30 anni ero ossessionato da cosa la gente pensasse di me.
A 40 anni ho capito che la gente mi bada a malapena".

Questo accade a molti: solo in tarda età ci rendiamo conto che tutti sono così presi da se stessi, che la maggior parte dei nostri comportamenti od errori passa inosservata. Quindi, quando temi i giudizi ricordati che le persone intorno a te probabilmente ti stanno dedicando meno attenzione di quanto pensi. Pensare che tutti siano pronti a giudicarti è una sorta di "ossessione egocentrica": in realtà il mondo ha di meglio da fare che badare a te.
Ovviamente questo non vale in ambienti o situazioni particolari (per esempio in un ambiente familiare rigido, o durante un lavoro importante).

Anche se sbagli non succede nulla

Dietro la paura del giudizio c'è la paura delle conseguenze: temiamo che se facciamo o diciamo qualcosa di sbagliato, ci succederà qualcosa di spiacevole (venire respinti, disprezzati, ridicolizzati, abbandonati, ecc.).

Ma in realtà, il più delle volte le conseguenze dei giudizi sono irrilevanti o quasi. Se vado in giro vestito male o in modo bizzarro, se mi metto le dita nel naso, se canto per strada, se rutto, se sbaglio un congiuntivo... cosa succede? Nella maggior parte dei casi, niente di niente. Assolutamente niente. Le persone intorno ci fanno a malapena caso, e poi pensano ad altro (di solito ai cavoli loro).
Invece spesso viviamo con il terrore che ogni nostro passo falso porterà gravi conseguenze, perché ci portiamo dietro quella paura dai tempi in cui eravamo bambini (e scontentare i nostri genitori poteva portarci effetti gravi e dolorosi). Ma come adulti non è più un problema: il mondo è grande e, se a qualcuno non piace come siamo, ci sono altri otto miliardi di esseri umani verso cui andare.

Ovviamente questo non vale in certe situazioni, come sul lavoro o di fronte a qualcuno a cui teniamo: in questi casi il giudizio conta, ed è importante comportarsi in modo efficace. Ma nella maggior parte del tempo, possiamo tranquillamente rilassarci, comportarci come ci viene (nei limiti del rispetto e dell'educazione comune), e non ci succederà nulla di male.

“Le conseguenze dei giudizi
sono molto spesso irrilevanti”

Non puoi piacere a tutti

Una delle più grandi illusioni che esistano, è pensare che se ci sforziamo abbastanza riusciremo a piacere a tutti, ad essere amati da chiunque. Purtroppo non succede mai, perché siamo tutti diversi e vogliamo cose diverse: per cui, in qualunque maniera tu sia, ci sarà sempre qualcuno a cui non vai bene.

Persino gli individui migliori e più brillanti hanno i loro detrattori e critici. Charlie Chaplin (il mitico Charlot), attore celebrato come uno dei più grandi geni comici di sempre, ha scritto:
"Ti criticheranno sempre, parleranno male di te, e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei, quindi vivi, e fai quel che il tuo cuore ti suggerisce..."

("They'll always criticize you, speak badly of you, it'll be hard to meet someone who will like you as you are, so live, do what your heart tells you to do...")

Quindi voler piacere a tutti, o pensare di raggiungere una "perfezione" per cui tutti ti ammirano, è una pura utopia.

Segui la tua "bussola"

Il fatto che siamo tutti diversi comporta pure che una cosa sbagliata per altri, può essere giusta per te. Per questo bisogna imparare a pensare con la propria testa e saper decidere cosa è meglio per se stessi - accettando il rischio di commettere errori. Se non si sviluppa questa capacità decisionale autonoma, questa "bussola" interna, si rimane delle banderuole spinte di qua e di là dall'influenza di opinioni e giudizi altrui.

“Una cosa sbagliata per altri,
può essere giusta per te”

Impara a distinguere le fonti

La paura dei giudizi ci porta a dare importanza a tutte le critiche che riceviamo, ma questo è un grosso errore. Molti giudizi sono senza valore, o decisamente stupidi, o del tutto falsi, oppure arrivano da persone insignificanti: perché mai dovremmo dar retta a tutte queste scempiaggini?
E' quindi importante saper riconoscere le "fonti" degne di nota (sensate, ragionevoli, utili), e trascurare le altre. In particolare, le persone da ascoltare sono quelle che tengono davvero a noi, che anche quando ci criticano lo fanno con affetto e buone intenzioni. Invece, chi giudica per partito preso, per interesse personale o senza riguardo, è bene lasciarlo perdere.

Il dottor Seuss (autore molto amato in America), ha scritto:
"Sii ciò che sei
e dì quel che senti,
perchè quelli che hanno da ridire non contano
e quelli che contano non hanno da ridire."


("Be who you are
and say what you feel,
because those who mind don't matter
and those who matter don't mind."
)

Quando ti senti giudicato, disprezzato e umiliato, ricordati questo:
  • Le persone che contano davvero nella tua vita, sono quelle che ti vogliono bene e ti accettano per come sei. Che ti incoraggiano ad essere autentico, a dire ciò che pensi. Se costoro ti criticano, lo fanno per aiutarti, con rispetto, e per valide ragioni. Non giudicano le tue stranezze, le piccole imperfezioni o gli errori che a tutti capita di commettere.
  • Invece, le persone che ti criticano pesantemente, che ti fanno sentire inferiore o sbagliato, che insistono su ogni tua piccola mancanza o imperfezione, che non si curano se ti fanno stare male, queste sono le persone che non contano; che faresti bene ad ignorare, e magari anche da tenere a distanza.
    Questo vale anche se sono tuoi familiari, o persone che dicono di volerti bene ma non lo dimostrano nei fatti.

Se un giudizio ti colpisce, è perché ci credi

Non tutti i giudizi ci colpiscono allo stesso modo: in genere, quelli che più ci turbano e ci fanno soffrire sono quelli che confermano le convinzioni negative che già abbiamo su noi stessi.
  • In altre parole, se credo di avere un difetto e qualcuno mi giudica per quello, mi sentirò ferito per la conferma di quello che già penso.
  • Invece, se non credo che quella critica sia reale, resterò indiffente o avrò una reazione lieve.
Facciamo un esempio: se qualcuno mi disprezza perché ho i capelli verdi, non mi sentirò ferito; riderò dell'accusa, o penserò che quella persona ha le idee confuse. Perché dovrei risentirmi, se so benissimo di non avere i capelli verdi?

"Nessuno può farvi sentire inferiore senza il vostro consenso."
(Eleanor Roosevelt)

Questo vale anche quando non riconosciamo razionalmente quel nostro difetto, ma lo crediamo a livello inconscio. Anzi, un giudizio che conferma una convinzione negativa inconscia ci fa ancora più male: è come se svelassero un nostro "segreto" che vorremmo nascondere a tutti, persino a noi stessi.

Una reazione forte rivela qualcosa di te

Quindi, provare una reazione molto forte ad un giudizio altrui, potrebbe rivelare una convinzione negativa su noi stessi che non vogliamo ammettere. In poche parole: se un giudizio mi fa davvero molto male, è perché io stesso ci credo - anche se dico il contrario.
Riconoscere questa convinzione inconscia mi permette di portarla alla luce, quindi di lavorarci su per liberarmene. Finché invece rimane nascosta nell'inconscio, continuerà a condizionarmi ed io non potrò farci nulla - perché mi rimane invisibile.

L'autostima ci protegge dai giudizi

Lo sviluppo di una sana autostima è quindi una delle "protezioni" migliori contro i giudizi altrui. Se sono convinto di essere una bella persona, non darò molta importanza a chi dice il contrario: penserò che si sbaglia, che è male informato, o che è un suo problema.

"Chi rispetta se stesso è al sicuro da tutti: indossa una cotta di maglia che nessuno potrà mai penetrare."
(Henry Wadsworth Longfellow)

Se i giudizi altrui sono per voi un serio problema, non concentratevi sugli altri nella speranza di fargli cambiare idea. Piuttosto, concentratevi su voi stessi, sulle vostre ferite e limitazioni, e impegnatevi per migliorare: più aumenti le tue qualità, meglio starai con te stesso e meno sarai influenzato dai giudizi.
Ma poiché nessuno è perfetto, e avremo sempre tutti qualche mancanza, oltre a migliorarsi è indispensabile anche coltivare l'accettazione di se stessi e della propria (inevitabile) imperfezione.

L'accettazione neutralizza i giudizi

  • Fin dalla nascita, a quasi tutti viene insegnato che non vanno bene come sono, che devono nascondere alcune parti di sé, che devono adattarsi alle regole altrui. Questo produce una vita tormentata: non possiamo sentirci felici vivendo in conflitto con la nostra natura.
  • Inoltre, quasi tutti abbiamo paura di non essere "abbastanza qualcosa": non abbastanza bravo, bello, intelligente, attraente, ricco, ecc. Questa paura provoca un senso di inadeguatezza logorante: qualunque cosa siamo o facciamo, ci sembra non sia mai sufficiente.
I giudizi altrui non fanno che alimentare e confermare queste paure.

Questi due elementi (il conflitto con la propria natura, e il senso di inadeguatezza) sono alla radice di buona parte della sofferenza umana. Molti fanno di tutto per sfuggirvi, di solito sforzandosi per sembrare meglio di quel che sono, o per assomigliare a qualcun'altro. Ma poiché è una lotta contro se stessi, non può essere vinta.
Invece, una soluzione efficace per uscire da conflitto e tensione continui, è fare proprio il contrario: accettare quello che sei, inclusi i limiti e le imperfezioni. Suona paradossale, ma accettando se stessi diventa anche più facile dare il meglio di sé, e migliorare in modo sereno.

Quando riesci a dire a te stesso "Sono come sono, e va bene così", non solo ritrovi pace e ottimismo, ma i giudizi altrui diventano secondari. Una volta che sei in pace con te stesso, quello che pensano gli altri smette di avere potere su di te: hai ottenuto l'approvazione della persona più importante della tua vita (l'unica che sarà sempre con te), ed è quello che più conta.

"Quello che sono sarebbe sufficiente, se solo lo fossi a viso aperto."
(Carl Rogers)

Difendersi dai giudizi altrui

A volte la reazione migliore ai giudizi è ignorarli, non dargli importanza, oppure evitare le persone giudicanti. Altre volte, però, è il caso di difendersi:
  • se veniamo giudicati ingiustamente, o con eccessiva severità;
  • se ci sentiamo feriti e umiliati;
  • se non veniamo rispettati...
è bene farci sentire, arginare le critiche e domandare rispetto. A volte gli altri non si rendono conto di ferirci, oppure credono di aiutarci; o, ancora, c'è chi se ne frega di noi, e va ridimensionato. In tutti questi casi, è bene esprimere apertamente la propria frustrazione, e chiedere con decisione che l'altro la smetta: alcuni saranno stupiti, altri frustrati, ma voi rimanete fermi e continuate ad esigere rispetto.

Ricordate che, il più delle volte, gli altri ci trattano come noi permettiamo loro di trattarci: il rispetto deve quindi partire da dentro. Se rispetto me stesso, anche gli altri saranno indotti a rispettarmi.

“Gli altri ci trattano
come noi permettiamo loro di trattarci”

Perché gli altri ci giudicano

Ci sono vari motivi per cui tendiamo a giudicare: in genere è una forma di difesa, contro ciò che non capiamo, che ci crea disagio o ci spaventa. Capire le origini del giudizio può aiutarci ad ignorarlo, o a non farsene influenzare.
Di seguito alcuni dei motivi più comuni.

Paura del diverso

Specialmente le persone "piccole" e limitate (fragili, insicure, ignoranti, di vedute ristrette), sono spaventate da ciò che non è loro familiare. Quindi tendono a giudicare tutto ciò che appare diverso e fuori dai loro - ristretti - schemi. Tra costoro troviamo spesso tradizionalisti, bigotti e fanatici religiosi.
Queste persone tendono a ragionare in modo schematico, binario ("bianco o nero", "buono o cattivo"):

Proiezioni

Quando qualcuno è in conflitto con se stesso, oppure ha degli squilibri emotivi, spesso "proietta" i propri problemi sugli altri (la "proiezione" è una delle difese inconsce identificate da Sigmund Freud). In pratica, queste persone vedono nell'altro problemi che l'altro non ha, o ne esagerano la presenza; l'altro diventa uno "schermo" su cui "proiettano" il proprio disagio interno:
  • Il moralista che non ammette i propri impulsi erotici, e si convince della propria "purezza", tende a vedere gli altri come peccatori e promiscui (attribuendo loro comportamenti che lui, in realtà, vorrebbe vivere).
  • La persona egocentrica sempre alla ricerca di attenzione, pronta ad accusare gli altri di egoismo appena vengono meno alle sue richieste.
  • La tipica persona sempre negativa e infelice, che invece di riconoscerlo (e magari fare qualcosa per migliorare la propria condizione), passa il suo tempo a criticare tutto e tutti, incapace di vedere alcun aspetto positivo, perché dominata dalla sua stessa negatività.

Come capire quando qualcuno proietta

Quando vieni accusato di qualcosa che ti sembra non aver nulla a che fare con te, è possibile che l'accusatore stia proiettando su di te qualcosa che è solo suo (attenzione però: questo è vero se la critica ti lascia più perplesso che ferito; se invece hai una forte reazione emotiva, è probabile che la critica ti riguardi in qualche modo, anche se non lo riconosci).
Quando qualcuno giudica con molta enfasi, in modo viscerale, è molto probabile che stia proiettando: una critica sensata viene solitamente espressa in modo ragionevole, mentre quando proiettiamo siamo quasi sempre preda di forti emozioni.

Per manipolarci

A volte i giudizi vengono usati per manipolarci e farci comportare in un certo modo, inducendo sensi di colpa e di inadeguatezza. Per esempio:
  • A livello pubblico, la società usa i giudizi per condizionare gli individui, specialmente di certe categorie (per reprimere la sessualità femminile; per indurre i maschi ad azioni pericolose, tacciandoli di codardia o disonore se si rifiutano).
  • Anche le religioni usano spesso questo metodo per influenzare i fedeli.
  • A livello privato, le madri sono particolarmente inclini a condizionare i figli in questo modo. Molte madri sono autentiche maestre dei sensi di colpa.
Quando ci rendiamo conto che qualcuno usa i giudizi per manipolarci, diventa più facile ignorarlo o screditarne le ragioni. Perché dovrei dare retta a una persona subdola che mi vuole usare per i suoi scopi?

Attenzione anche ai giudizi positivi

Poiché i giudizi negativi ci fanno così male, potrebbe sembrare che i giudizi positivi siano invece del tutto benefici - ma anch'essi presentano degli aspetti dannosi.
  • Prima di tutto, un giudizio è sempre una valutazione, quindi anche quando ne riceviamo di positivi ci sentiamo scrutati, misurati e quindi non pienamente accettati. Potremmo avere il timore che ora veniamo approvati, ma se cambiassimo o rivelassimo altre parti di noi, magari le reazioni positive finirebbero.
  • Tutti abbiamo bisogno di approvazione, è naturale. Ma se questo bisogno prende il sopravvento e ci condiziona, rischiamo di dedicare molti sforzi ed energie pur di riceverne in continuazione. In questo modo i giudizi positivi diventano una specie di "droga" da cui dipendiamo, perdendo quindi la nostra libertà e autenticità.

Questo non vuol dire rifiutare complimenti e apprezzamenti: ci fanno bene ed è giusto esserne grati. Però è utile tenere conto anche del "lato oscuro" dei giudizi positivi.

Giudicare è naturale

Per quanto sentirsi giudicati sia sgradevole, va anche detto che giudicare è un atto istintivo e naturale. In generale, giudicare è una forma di difesa, sia pratica (ci aiuta a identificare rischi e minacce) che emozionale (giudicare gli altri è una forma di sfogo, oppure ci fa sentire migliori di loro).
Anche per queste ragioni, l'idea di eliminare il giudizio dalla vita è del tutto irreale. Vediamolo piuttosto come un "brutto vizio" che è meglio limitare in noi stessi, ed ignorare (od arginare quando necessario) negli altri.

Convivere con i giudizi

Infine, non possiamo pretendere da noi stessi di diventare immuni ai giudizi. Così come giudicare ci viene naturale, allo stesso modo il bisogno di approvazione è innato. Quindi ci sarà sempre una parte di noi che ci rimane male quando siamo giudicati: non disprezziamoci per questa fragilità (così facendo, aggiungeremmo giudizio al giudizio!), piuttosto sorridiamo della nostra umanità.
L'importante è che la parte di noi che teme i giudizi non ci condizioni eccessivamente, e non diventi il criterio primario che guida le nostre azioni.


"E quello che gli altri pensano di te, è problema loro."
(Charlie Chaplin)

"Per liberarti dalla prigione delle opinioni altrui, devi sviluppare la capacità di non piacere agli altri."
(Mark Manson)

"Per evitare le critiche, non fare niente, non dire niente, non essere niente."
(Aristotele)


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Perché facciamo scelte sbagliate: siamo tutti condizionati

Quante volte ci ritroviamo infelici senza capirne il motivo? Quante volte ci rendiamo conto di avere compiuto scelte sbagliate, nonostante le nostre migliori intenzioni? Quante volte ci stupiamo delle nostre azioni, che sembrano andare in direzioni opposte a quello che vogliamo?
Sembra quasi che, dentro di noi, sia in azione uno "spiritello maligno" che opera a nostro sfavore. E, per certi versi, potrebbe essere proprio così.

Quando non siamo padroni delle nostre scelte

Il problema è che, più spesso di quanto crediamo, non siamo padroni delle nostre opinioni né delle nostre scelte. Ogni scelta ed azione è influenzata da idee, valori e convinzioni, ma buona parte di questi possono essere sia inconsci che opposti a quello che siamo e vogliamo. Per esempio:
  • Voglio approcciare una persona che mi piace, che mi ha dato segnali positivi: ma una voce interiore mi scoraggia, dicendomi "Figurati se le interessi, non provarci nemmeno".
  • Ad un esame o colloquio di lavoro, per cui sono qualificato, una tensione nervosa mi porta ad arrivare in ritardo, o a presentarmi male, o ad esprimermi in modo goffo, per cui rendo molto meno di quanto potrei.
  • Compio scelte importanti nella vita (carriera, relazioni, luogo dove vivere...) che a prima vista mi sembrano ottimali, ma che sulla distanza mi procurano più frustrazione e infelicità che altro. Mi ritrovo a dirmi "Cosa ci faccio qui?" o mi sembra di vivere una vita senza senso.
Alla base di queste difficoltà o fallimenti, molto spesso ci sono pulsioni o convinzioni interne che influenzano le nostre azioni e ci sabotano. Ma il più delle volte non sappiamo nemmeno di averle, quindi ci è impossibile opporci od arginarle.
Per esempio, potrei credere in certi pregiudizi (sul sesso opposto; su certe professioni, etnie o partiti), che non corrispondono alla realtà; ma che mi sembrano così scontati da non poterli mettere in discussione. Oppure potrei avere convinzioni negative su me stesso ("Non valgo abbastanza. Sono sbagliato. Non merito amore."), che mi portano a non mettermi in gioco, a chiudermi, alla paralisi; ma che essendo inconsci non posso contrastare.

“Spesso non siamo padroni delle nostre opinioni
né delle nostre scelte”

Non sappiamo cosa è vero

Il problema è che noi crediamo istintivamente che le nostre convinzioni corrispondano al vero, e siano una nostra scelta autonoma. Purtroppo, invece, ci capita sovente di credere a cosa che non sono vere affatto, o lo sono solo parzialmente. E soprattutto molte delle "nostre" convinzioni le abbiamo passivamente ricevute da altri: sono in realtà condizionamenti, a volte quasi un "lavaggio del cervello".

Che cosa mi influenza?

Se ci rendessimo conto di quanti influssi ci condizionano in ogni istante della vita, potremmo almeno cercare di arginarli o controllarli. Purtroppo invece ci piace pensare di essere liberi, autonomi, indipendenti, padroni della nostra mente - anche quando non è affatto vero.
Potremmo invece partire dal chiederci: "Cosa mi influenza?". Di seguito una breve lista di fattori che toccano chiunque.

Biochimica

Nel nostro corpo circolano una quantità di sostanze (principalmente neurotrasmettitori ed ormoni) che influenzano sia l'umore che il comportamento.
---> Un esempio classico è quando ci innamoriamo, o quando siamo preda di forti passioni: per molti versi non è la nostra coscienza che sceglie o decide, è la biochimica che ci spinge.

Pulsioni evoluzionistiche

Nel nostro cervello sono "programmate" una serie di reazioni che puntano alla sopravvivenza e alla riproduzione ottimale. In molti casi non siamo noi a scegliere, ma sono queste reazioni che lo fanno al di là della volontà.
---> Esempi in cui questo accade sono i vari motivi per cui proviamo attrazione, o le reazioni di lotta o fuga (in inglese "fight or flight") di fronte a situazioni minacciose.

Estetica

Anche la reazione alla bellezza ha una valenza evoluzionistica, ma la cito a parte per la sua particolare rilevanza emotiva. Quando noi reagiamo all'aspetto estetico (sia di cose che di persone, sia in modo positivo che negativo), crediamo di scegliere cosa ci piace, ma fondamentalmente quelle scelte sono decise da criteri innati su cui non abbiamo potere.
---> Infatti, non di rado quelle scelte risultano ingannevoli e non ci portano i risultati positivi che ci aspettavamo (la persona attraente che si rivela egocentrica o insopportabile, l'auto fascinosa che si scopre troppo costosa o poco pratica...).

Un altro aspetto per cui l'estetica ci condiziona, è quando ci lasciamo convincere dai modelli di bellezza promossi dalla società o dai media: finiamo così col criticare o rifiutare il nostro aspetto naturale, ed inseguire invece un ideale di bellezza artificioso o impossibile.

Condizionamenti dall'infanzia

Fin dalla nascita, riceviamo una serie di giudizi e idee su cui abbiamo poca o nessuna influenza. Assorbiamo tutte queste informazioni praticamente senza spirito critico, ed esse diventano le "fondamenta" della nostra personalità e delle nostre convinzioni.
---> Col risultato, a volte, di portarci a vivere in un modo che ha ben poco a che fare con la nostra reale natura: e, di conseguenza, a vivere una vita che percepiamo come vuota e insignificante, o che ci rende costantemente infelici.
I primi vent'anni della nostra vita sono così fondamentali che vi dedico un approfondimento più sotto.

Falsità e pregiudizi

Anche dopo che abbiamo raggiunto un'autonomia di pensiero, siamo costantemente esposti ad informazioni errate o ingannevoli a cui spesso crediamo ugualmente: perché abbiamo bisogno di credere a qualcosa, perché non abbiamo modo di verificarle, o perché corrispondono a nostri pregiudizi (tendiamo a credere a quello che conferma ciò in cui già crediamo).
---> Il risultato è che operiamo nella nostra vita basandoci su idee falsate, compiendo scelte erronee - o persino disastrose - a livello personale, sentimentale, sociale, finanziario e politico.

Chi mi influenza?

Quelli elencati sopra sono fattori di influsso (il "cosa" mi influenza), ma un altro modo di considerare i condizionamenti sono le fonti da cui arrivano (il "chi"): la prima e più ovvia è la famiglia, a cui seguono la scuola, le amicizie, i partner, i colleghi, la religione (anche per i non credenti, se è diffusa nel proprio ambiente), e più in generale la società e la cultura in cui viviamo (inclusi i vari media).
Più persone esprimono un'idea o un giudizio, o più autorevoli riteniamo le fonti da cui questi provengono, e più tenderemo a crederci.

Vent'anni di condizionamenti... e oltre

Siamo esposti a influssi e condizionamenti per tutta la vita, ma nessun periodo è così fondamentale per il nostro sviluppo (come persone e come idee) quanto quello dell'infanzia - e, per molti versi, anche dell'adolescenza. Questo principalmente perché, durante quel periodo:
  • Si formano la nostra mente, la nostra personalità e la nostra visione del mondo
  • Siamo altamente influenzabili e privi di capacità critiche
  • Dipendiamo in tutto e per tutto dalle persone intorno a noi (almeno fino ad una certa età)

Dalla nascita all'adolescenza

Dalla nascita fino all'adolescenza, sviluppare un'opinione autonoma è praticamente impossibile: non solo non sappiamo nulla o quasi della vita, ma siamo circondati da persone più sagge e più forti di noi, di cui ci viene istintivo fidarci: genitori, parenti, insegnanti. Anche se ci sorgono timide obiezioni a quel che ci viene detto, esse sono facilmente sgretolate dall'autorità e dal potere degli adulti.
Senza contare che noi dipendiamo da loro in tutto e per tutto: la nostra stessa sopravvivenza è nelle loro mani, per cui impariamo presto che non ci conviene opporci o contrariarli.

In questo contesto, se ci viene detto tutti i giorni che una cosa è vera, che è giusta, che è quello che vogliamo o dobbiamo fare, sarà quasi impossibile non crederci: se tutte queste persone così grandi e capaci ripetono quella cosa, come posso io, piccolo debole e ignorante, saperne più di loro? Il loro pensiero diventa il nostro pensiero.

L'origine dell'identità

Lo stesso vale per la nostra identità: ovvero il senso di chi siamo, di quanto valiamo, l'autostima, l'opinione che abbiamo di noi stessi e delle nostre capacità. L'identità si forma dai "messaggi" che riceviamo e dalle nostre esperienze: se questi sono positivi sviluppiamo un'immagine positiva di noi stessi, e viceversa. Per esempio:
  • Se il bambino viene spesso criticato, svilupperà una tendenza insicura, ansiosa, inibita. Anche da adulto, esiterà ad esprimere il suo vero sé per paura di ricevere giudizi e conseguenze negative.
  • Se i genitori sono rigidi e giudicanti, il bambino potrebbe sviluppare una personalità da "bravo ragazzo", che però non è autentica ma solo una maschera con cui cerca approvazione (senza però trovarla).
  • Se una parte della sua personalità viene criticata fortemente, egli la "rimuoverà" dalla sua coscienza, relegandola nella "parte ombra". Un classico caso di "ombra" è la figura di Hyde nel romanzo "Dr. Jekyll e Mr. Hyde".
  • Spesso, i maschi vengono spinti a reprimere le emozioni e nascondere la fragilità; alle femmine viene insegnato a reprimere l'aggressività. Da adulti, è probabile che costoro diventino uomini duri e insensibili, o donne insicure e deboli: ma queste non sono attitudini innate (come molti credono), bensì ruoli sociali indotti.
  • Se un bambino (o ancor più una bambina) riceve frequenti messaggi negativi sulla corporeità o sulla sessualità, potrebbe sviluppare conflitti verso il proprio corpo (fino ad arrivare a disturbi come anoressia o bulimia), e/o disturbi sessuali (come incapacità di lasciarsi andare e godersi il sesso, anorgasmia, frigidità o problemi collegati).
Questo genere di influssi porta le persone a credere di essere in un certo modo (timide, riservate, remissive, caste, ecc.) anche se quella non è affatto la loro natura, ma solo il risultato di condizionamenti. In pratica, dimentichiamo chi siamo davvero, e crediamo di essere come ci hanno detto che dovremmo essere.

“Dimentichiamo chi siamo davvero”

Durante l'adolescenza

Entrando nell'adolescenza, cominciamo a sviluppare autonomia, capacità critiche e una visione individuale: ci viene naturale dubitare degli adulti ed opporci alle loro opinioni (siamo però ancora dipendenti da essi, per cui in una posizione di debolezza psicologica oltre che fisica).
In questa fase ci confrontiamo con i nostri pari, con gli amici: ma anch'essi sono stati condizionati nell'infanzia, e magari anche loro ci ripeteranno che una certa cosa è giusta o sbagliata. E siccome dipendiamo affettivamente da loro, e abbiamo un fortissimo bisogno della loro approvazione, se tutti gli amici o le amiche sostengono una certa posizione, anche qui ci sarà molto difficile opporci e sostenere un'opinione autonoma. Tenderemo a "seguire il gregge" (vedi "Groupthink" in inglese).

Diventati adulti

Una volta adulti, cominciamo ad affrontare la vita in modo autonomo. Ma lo facciamo carichi di un bagaglio di idee e convinzioni che non sono veramente "nostre", che comunque ci guidano e condizionano le nostre scelte:
  • Scuola
  • Partner
  • Lavoro
  • Persone da frequentare o evitare
  • Persone da temere o da odiare
  • Orientamento politico
Ogni scelta che compiano in tutti questi settori potrebbe essere "sbagliata per noi" (magari non errata in sé, ma inadatta a noi, ai nostri potenziali e aspirazioni, alla nostra felicità), ma rischiamo di sceglierla ugualmente perché ci hanno convinto che è invece quella "giusta".

Solo pochi si ribellano

Solo pochi individui, dotati di spiccata tendenza all'indipendenza e alla ribellione, sviluppano una capacità di pensiero e di opinione autonome già in giovane età. Anch'essi, comunque, rischiano di assorbire alcuni condizionamenti, perché la natura sociale dell'essere umano fa sì che non possiamo mai essere del tutto indipendenti dall'ambiente in cui viviamo.

Anche da adulti l'influsso continua

Anche nella vita adulta i condizionamenti continuano a influenzarci: da una parte quelli che abbiamo assorbito mentre crescevamo e ora sono incorporati dentro di noi; dall'altra quelli che provengono dalle persone intorno a noi, specialmente quelle che ci stanno a cuore o che ammiriamo.
Questo vale in particolare per i genitori: in generale, ci sentiamo spinti a non deluderli, a farli contenti, e lo facciamo anche a costo di ignorare quello che davvero sentiamo o vorremmo fare. Spesso però non vogliamo riconoscere questo conflitto di interessi: perché vorrebbe dire scontrarsi con loro, o perché non assecondarli ci sembra un atto di slealtà o tradimento nei loro confronti.

Convinzioni portate all'estremo

All'estremo, questi condizionamenti possono portare anche a gesti folli o assurdi; che però diventano più comprensibili se li vediamo come il risultato di convinzioni devianti credute ciecamente:
  • Una persona che uccide il coniuge perché è stato tradito, o è stato "offeso nell'onore".
  • Un estremista religioso disposto ad azioni criminali in nome della sua fede.
  • Un kamikaze giapponese durante la seconda guerra mondiale.
Credenze come il razzismo, il sessismo o l'anti-semitismo (e molti "ismi"), non hanno alcuna base razionale o concreta: sono solo idee false che vengono tramandate. Eppure hanno a volte diffusione di massa, e possono portare a tragedie come lo schiavismo o l'Olocausto.

Il risultato è una vita infelice

Molto spesso, il risultato di tutti questi condizionamenti è quello di indurci a vivere vite inadatte a noi, e che quindi producono continuo stress, insoddisfazione e infelicità:
  • Un percorso di studi verso cui non ho reale interesse, affinità o talento...
    Ma che è stato scelto su pressione dei genitori, o in base alle loro ambizioni.
  • Una carriera, o un ambiente di lavoro, con cui non sono in sintonia, che non utilizza le mie capacità o che va contro i miei valori...
    Ma che è stato scelto perché nella mia famiglia o gruppo sociale quello che conta è un certo prestigio, una certa qualifica, un certo reddito.
  • Una certa attività o professione scelta oppure, al contrario, scartata...
    Perché mi è stato insegnato cosa un "vero uomo" - o una "vera donna" - dovrebbe o non dovrebbe fare.
  • Una relazione sentimentale con una persona inadatta a me (per personalità, obiettivi, aspetto fisico, preferenze sessuali o persino genere), con cui c'è scarsa intesa o continui conflitti...
    Perché ho seguito i canoni familiari, o le regole tradizionali, invece di ascoltare quello che davvero mi piace e che mi fa stare bene.
  • Avere dei figli che ostacolano i mie obiettivi, o che influenzano negativamente il mio matrimonio, che ho avuto senza volerli veramente, o prima che fossi pronto...
    Perché mia madre o i miei conoscenti ritengono inaccettabile non averne.

Spesso non è questione di scelte errate in sé, ma di situazioni errate per noi stessi, in disarmonia con la nostra vera natura: come un vestito elegante ma tagliato per un fisico assai diverso dal mio, esso non è sbagliato in sé, ma io non mi sentirò mai comodo o a mio agio indossandolo. Allo stesso modo, una vita lontana dalla mia natura autentica verrà sempre vissuta come disagevole, deludente o soffocante.

“I condizionamenti ci inducono a vivere
vite piene di stress, insoddisfazione e infelicità”

Come liberarsi dai condizionamenti

Una volta compresa l'estensione e la profondità dei condizionamenti che abitano in noi, diventa naturale chiedersi come uscirne:
  • Come liberarci dalle idee errate, o che ci spingono a fare scelte disfunzionali?
  • Come capire quello che è davvero "giusto" ed efficace per noi stessi?
  • Come scoprire le scelte in sintonia col nostro essere, che ci portano verso il benessere e la gioia?
Non è un percorso semplice, perché si tratta di un lavoro di "scavo" alla ricerca della nostra verità, di "ripulitura" dalle bugie che ci hanno raccontato, e di riscoperta della nostra natura autentica. Ma può fare la differenza tra una vita grigia e triste, ed una luminosa e appagante. Di seguito alcuni suggerimenti.

Conosci i tuoi condizionamenti

Prendi consapevolezza dei tuoi condizionamenti e convinzioni. Finché rimangono inconsci, nell'ombra, ti manovrano come fili invisibili. Quando invece inizi a scoprirli, a vedere come agiscono e come ti influenzano, il loro potere su di te diminuisce.

Osserva le parole che usi

Fai caso alle parole che usi: spesso non vengono per caso, e possono indicare influssi di cui non sei consapevole.
  • Verbi come "Devo" o "Dovrei" indicano resistenza, magari verso attività che non fanno per te o di cui non ti importa davvero.
  • Affermazioni come "Non posso" o "Non ce la farò" indicano limiti che credi di avere: chiediti se è davvero così, e come fai a saperlo con certezza.
  • Espressioni come "Vorrei", "Mi piacerebbe", "Che bello se" indicano attività verso cui senti inclinazione, che potrebbero arricchire la tua vita, ma che magari trascuri perché altri le ritengono inutili.

Ascoltati e riconosci le "voci"

Ascoltati, senti la differenza tra una "voce" che arriva dal tuo essere profondo, ed una che invece proviene dall'esterno. Fai attenzione alle sensazioni che ognuna di queste voci ti suscita (ti fa sentire bene, positivo; oppure appesantito, angosciato...).

Osserva i fatti

Osserva i fatti: se una scelta o una situazione ti crea forte disagio, ti fa stare male o ti rende infelice, è molto probabile che non sia adatta a te; anche se presenta evidenti vantaggi o tutti la trovano invidiabile.

Osserva le tue scelte

Per scoprire le convinzioni inconsce su te stesso, osserva le tue scelte: se rimani in una relazione frustrante o un lavoro che non ti piace, è possibile che tu non creda di meritare di meglio; se sei spesso attratto da persone che ti rifiutano o ti svalutano, forse non credi di essere degno d'amore, ecc.
In altre parole, al di là di quello che pensi razionalmente, le tue azioni reali indicano quello in cui credi nel tuo profondo.

La "cosa giusta" non esiste

Infine, ricordati che non esiste la "cosa giusta da fare" in assoluto, perché:

Le "cose giuste" cambiano nel corso del tempo, delle culture e dei luoghi. Quindi, solo tu puoi decidere qual è la "cosa giusta" per la tua vita. Gli altri possono a volte darti utili opinioni, ma alla fine la decisione è solo tua.


"Per ogni idea della cui giustezza sei assolutamente convinto, ci sono milioni di persone che la ritengono sbagliata."
(Wayne W. Dyer)

"Il vero signore è simile a un arciere: se sbaglia il bersaglio, cerca la causa di questo in se stesso."
(Confucio)

"Molto del dolore che provate è da voi stessi scelto."
(Kahlil Gibran)


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