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Red o green flag? 15 segnali positivi rivelatori

In inglese si usa il termine "red flag" (letteralmente "bandiera rossa") per indicare i "segnali d'allarme" negativi che possono metterci in guardia da persone poco affidabili, male intenzionate o pericolose. Di converso, si parla di "green flag" ("bandiera verde") in presenza di segnali positivi che rivelano persone affidabili, di qualità e che possono arricchire la nostra esistenza.
Nel corso del post userò i termini "bandiera rossa" e "bandiera verde" per indicare questi due tipi di segnali.

Osserviamo questi segnali specialmente in ambito relazionale (sia amicale che sentimentale), per selezionare le persone da frequentare e quelle che è meglio evitare. Sarebbe ragionevole considerare entrambi i tipi di segnale, ma ho notato che il più delle volte le persone si concentrano sui segnali negativi. In un certo senso è naturale:
  • Le "bandiere rosse" ci appaiono stridenti, inquietanti, clamorose. Sono "emotivamente rumorose"; è come se gridassero "Pericolo!"
  • Invece le "bandiere verdi" sono meno appariscenti, più sottili. Non ci colpiscono; sussurrano.

Circondati da "bandiere rosse"

In generale, gli esseri umani restano focalizzati su ciò che non funziona. Su ciò che è tossico. Su ciò che è doloroso. Scorrono i loro social network alla ricerca di nuove bandiere rosse come se si stessero preparando all'arrivo dell'apocalisse. Se ci fissiamo sul trovare bandiere rosse, le vedremo ovunque (ed i media sono specializzati nell'evidenziarle).
Di nuovo, questo è parte di come funziona la nostra mente: si concentra sul negativo nel tentativo di evitare i pericoli e farci sopravvivere. Ciò è stato utile per milioni di anni, quando vivevamo circondati da tigri feroci, tribù nemiche ed infinite minacce naturali. Ma il problema è che ai giorni nostri i veri pericoli sono rari; per cui questa "inclinazione al negativo", più che proteggerci, ci rende ansiosi, diffidenti, ostili ed angosciati.

“Lo scopo della paura è proteggerci,
non renderci felici”

Troppo selettivi vuol dire soli

E, in ambito relazionale, ci rende anche più soli. Finché ci concentriamo sul negativo, troveremo difetti e mancanze in ogni persona; quindi tenderemo a ignorarle o allontanarle. A livello sentimentale molti - le donne in special modo - operano una severa selezione, scartando potenziali partner appena scorgono una bandiera rossa.

Ma ovviamente nessuno è perfetto - noi inclusi - perciò questo approccio risulta fallimentare. E' basato sulla paura, e lo scopo della paura è proteggerci, non renderci felici. Finché ascoltiamo la paura, eviteremo molti pericoli (e nemmeno tutti) ma ci sentiremo vuoti, annoiati ed inariditi.

Dal rosso al verde

Invece, suggerisco di porre molta più attenzione alle bandiere verdi: sono quelle che ci aiutano a identificare le persone migliori, quelle che vale la pena avere vicine, quelle che ci fanno sentire apprezzati, appagati ed amati.

Spesso ignoriamo i segnali positivi perché sono "poco eccitanti": sono noiosi, o troppo sottili, o blandi, o ci sembrano "troppo sani". Quindi ci facciamo poco caso.
Invece siamo eccitati dal pericolo, dal mistero, dal brivido, dalle sfide. E così spesso finiamo con lo "schiantarci contro un muro" (in senso emotivo, ma non meno doloroso): inseguendo la "bellona sexy ma stronza", o "l'affascinante bastardo".

Quando ci siamo schiantati un numero sufficiente di volte, e abbiamo raccolto i frantumi sparsi del nostro cuore, potremmo arrivare a dire "Così non funziona. Ci dev'essere un modo migliore".
Un modo migliore è proprio quello di concentrarsi sulle bandiere verdi; notarle, farci caso, dar loro il peso che meritano.

Di seguito elenco 15 segnali positivi che dovrebbero farti fermare e dire "Caspita, questa sì che è una cosa di valore. Voglio più cose come questa nella mia vita".


15 bandiere verdi da notare e apprezzare

  1. Ti chiamano anche quando non fa loro comodo
  2. Ti accolgono quando sei onesto o scomodo
  3. Si assumono la responsabilità senza mettersi sulla difensiva
  4. Non ti senti scarico dopo aver parlato con loro
  5. Non tengono una "contabilità" del dare e avere
  6. Le loro parole ed azioni sono coerenti
  7. Sono gentili con le persone umili, o che non possono dargli nulla
  8. Ridono di se stessi
  9. Ti senti al sicuro nel dire "No" di fronte a loro
  10. Non cercano di "aggiustarti"
  11. Celebrano i tuoi successi senza insicurezza
  12. Si scusano con sincerità
  13. Ti accettano anche quando sei noioso
  14. Ascoltano più di quanto parlino
  15. Ti lasciano crescere, anche se significa allontanarsi

1. Ti chiamano anche quando non fa loro comodo

Mandare un messaggio è facile. Mettere un "Like" su un post è facile. Rispondere quando non si ha altro da fare è facile.
Ma qualcuno che ti chiama anche quando è impegnato, stanco o in difficoltà, perché sa che ne hai bisogno, e sta ad ascoltarti: quello è faticoso, ed è raro. E' prezioso. Quella è una persona per cui sei importante, che tiene a te, anche quando non ne ricava qualcosa.
Oppure la persona che ti sorride con calore, ti poggia la mano sulla spalla, ti offre una frase di incoraggiamento - perché percepisce che sei triste o abbattuto.

Non è tanto la chiamata o il sorriso: è l'attenzione per noi, e l'impegno a fare qualcosa anche se richiede uno sforzo.

2. Ti accolgono quando sei onesto o scomodo

Magari hai detto qualcosa di franco e spiazzante. Forse sgradevole. Persino imbarazzante - ma comunque sincero.
E questa persona... non si allontana. Non si chiude. Non fa finta di niente.
Invece ti ascolta, attenta. Ci pensa su. Ti chiede spiegazioni perché vuole capire. Ti ringrazia per la tua onestà. Anche se non è d'accordo, accoglie il tuo punto di vista.

La maggior parte delle persone vuole una versione di te "ottimizzata": sanificata, confortevole, rassicurante. La versione che fa bella figura in pubblico. Che non imbarazza. Che non solleva problemi.

Ma quando incontri qualcuno che lascia spazio ai tuoi "spigoli", alle tue verità scomode, a quello che ti tormenta? Che non si ritrae davanti ai tuoi "lati oscuri"?
Quello è qualcuno con cui puoi lasciarti andare e mostrarti per intero; qualcuno che non ti abbandonerà nei momenti bui.

3. Si assumono la responsabilità senza mettersi sulla difensiva

Quando sono in torto: niente scuse. Niente ego. Nessun "Sì, ma, però...".
Solo un semplice: "Ho sbagliato. E' colpa mia. Sistemerò tutto".
La capacità di ammettere i propri errori, ed il coraggio di chiedere scusa.

Se ti è mai capitato di avere un/a partner, o un collega, o un genitore che non ha mai ammesso di essere in torto, sai quanto questa capacità sia rara. E inestimabile.

Assumersi le proprie responsabilità non è debolezza. E' maturità; è comportarsi da veri adulti.
Richiede una profonda forza interiore, che si presenta come umiltà.

4. Non ti senti scarico dopo aver parlato con loro

Il tuo stato d'animo non mente; rivela l'effetto che gli altri hanno su di te.
Anche quando sorridi e fai finta che tutto va bene, anche quando ti sforzi di essere gentile ed educato, il tuo stato d'animo - quella sensazione dentro il tuo corpo - ti indica come ti senti veramente.
  • Alcune persone ti lasciano esausto. Riattacchi il telefono e ti senti come avessi appena corso una maratona con uno zaino pieno di pietre. Torni a casa dopo una serata ed hai solo voglia di buttarti sul letto.
  • Altre invece ti caricano. Ti accendono. In loro compagnia avverti un entusiasmo, una gioia, una intensità che di solito non emerge. Ti senti "effervescente". Anche parlando di argomenti difficili, ti senti più leggero, non più pesante.

Non è qualcosa di misterioso. E' il risultato di generosità emotiva, di presenza autentica, di sentirti compreso e apprezzato.
Ed è una bandiera verde brillante.

5. Non tengono una "contabilità" del dare e avere

  • Non ti ricordano ogni favore che ti hanno fatto.
  • Non usano vecchie liti come argomenti contro di te.
  • Non si aspettano di essere ricambiati per quello che offrono.
  • Non dicono: "Dopo tutto quello che ho fatto per te..."

Queste persone danno liberamente, spontaneamente, con gioia.
Perché l'amore non è una transazione. E' una scelta, presa più e più volte, che non ha bisogno di tenere ricevute.
Se incontri qualcuno che ama in questo modo, faresti bene a non perderlo.

6. Le loro parole ed azioni sono coerenti

Tutti sono capaci di parlare, di proporre, di promettere.
Ma far seguire l'azione alla parola? Realizzare quello che hanno detto, in modo coerente? Questo non tutti lo fanno.

Una bandiera verde è qualcuno che dice: "Ci sarò" e si presenta. Non solo quando è facile o gli fa comodo, ma anche quando piove a dirotto, fa un freddo cane - e gli altri hanno preferito restare a casa.

Si tratta di coerenza; di affidabilità; di integrità. E' qualcuno su cui puoi sempre contare, a cui puoi affidarti senza temere di ritrovarti piantato in asso.

7. Sono gentili con le persone umili, o che non possono dargli nulla

Fate caso a come trattano il cameriere o la cassiera. L'addetto alle pulizie. Il ragazzino timido. Il collega che è "un po' indietro". L'anziano al supermercato. Lo sconosciuto che chiede un'informazione.

La gentilezza senza secondi fini è una forma di carattere non comune. Chiunque è capace di essere gentile e disponibile verso le persone da cui desidera qualcosa, o che potrebbero essergli utili in futuro.

Ma chi è gentile quando non ha nulla da guadagnarci? Chi è paziente e disponibile con chiunque, anche quelli che incontra solo per un momento?
Questo è davvero un comportamento da bandiera verde.

8. Ridono di se stessi

Quando incontri qualcuno che sa ridere dei propri errori o mancanze, hai trovato una perla rara.
Significa che non si prende troppo sul serio; che ha fatto pace con la propria imperfezione; che è a suo agio nella sua pelle. E' uno che non pensa di dover essere migliore degli altri, o di dover essere sempre "all'altezza".

Vuol dire che ha imparato ad essere rilassato nella vita. E vuol dire che non dovrai "camminerai sulle uova" ogni volta che lo prenderai in giro, o non sarai d'accordo con lui, o avrai voglia di fargli un'osservazione.
E' uno che, anche quando le cose andranno male, sarà capace di riderci sopra alleggerendo la situazione; invece di mettere il muso, attribuire colpe in giro o prendersela con gli altri.

Umiltà con umorismo? E' un posto sicuro in cui esprimere la propria imperfetta umanità, senza timore di ripercussioni.

9. Ti senti al sicuro nel dire "No" di fronte a loro

Molti hanno difficoltà a dire un "No": temono che gli altri ci rimangano male, che si chiudano, che ci tolgano l'approvazione o l'affetto (in un certo senso, sono tutti timori legati alla paura di abbandono).

Con certe persone, invece, dire di "No" non è un problema: non se la prendono, non ci fanno sentire in colpa, non ci mettono pressione, non ci guardano storto.
Semplicemente lo accolgono. Magari sorridono. Magari dicono un "Grazie per essere stato onesto".

Se qualcuno rispetta i tuoi limiti, senza punirti per averli espressi, è decisamente una bandiera verde.
Perché dire "No" è una forma di rispetto per se stessi. Per cui chi lo accetta ci sta rispettando; ci sta accettando anche con i nostri aspetti "scomodi". Sapere che puoi dire liberamente "No" a qualcuno vuol dire che con loro sei al sicuro.

10. Non cercano di "aggiustarti"

Se riveli cosa ti tormenta; se racconti loro cosa stai passando; se gli spieghi le sfide con cui ti confronti...
Queste persone non si precipitano a proporre soluzioni. Non cercano di salvarti. Non pensano che dovresti cambiare. Ti ascoltano.

Hanno fiducia nelle tue capacità. Sanno che puoi farcela. Ti offrono la loro comprensione ed il loro incoraggiamento. Se glielo chiedi ti aiuteranno, ma solo se glielo chiedi.

E' il tipo di supporto che sembra un abbraccio, ma senza costrizione; caldo ma aperto. E' in questo modo che senti il loro esserti alleati.

11. Celebrano i tuoi successi senza insicurezza

Quando riesci in qualcosa, ottieni una vittoria o raggiungi una meta ambita, esprimono solo gioia per te. Nessuna invidia, niente frecciatine, niente tentativi di dire "Sai che anch'io..." perché si sentono sminuiti.
In loro c'è solo autentica felicità per la tua vittoria.

Se ti è mai capitato che qualcuno si sentisse messo in ombra quando tu brillavi, oppure ha espresso disappunto o fastidio, od ha mostrato una contentezza solo di facciata... sai che quella gioia sincera è rara.

Una bandiera verde è qualcuno che fa il tifo per te, come se il tuo successo fosse anche il loro successo.

12. Si scusano con sincerità

Se si rendono conto di averti ferito, non si nascondono dietro scusanti o giri di parole, né cercano di cambiare le carte in tavola:
  • Nessun "Perché te la prendi? Stavo solo scherzando".
  • Nessun "Ah, ma mica l'ho fatto apposta!"
  • Nessun "Mi sembra una reazione esagerata..."
Nessun tentativo di far sembrare che sei tu quello manchevole.

Invece, ammettono il loro errore con onesta semplicità: "Capisco che ti ho ferito. Ho sbagliato. Mi dispiace".
Le scuse autentiche non provengono da un senso di colpa. Arrivano dall'empatia. Dicono: "Per me sei più importante del mio orgoglio".

Quello è un tipo di persona che ha fatto un lavoro di evoluzione e maturazione. Una persona con cui si può crescere insieme.

13. Ti accettano anche quando sei noioso

Con loro non devi sempre essere al tuo meglio. Non devi per forza essere divertente, intelligente, brillante, stimolante.
Puoi anche essere stanco. Silenzioso. Demoralizzato, malinconico o pensieroso.
E loro apprezzano comunque la tua presenza.

E' in quei momenti che capisci che c'è un rapporto autentico. Quando l'affetto non è una questione di prestazioni. E' una questione di presenza.

14. Ascoltano più di quanto parlino

In un mondo in cui tutti cercano di dire la loro, che sia dal vivo oppure online, qualcuno che ascolta veramente è raro.
Non aspettano semplicemente il loro turno per parlare. Ti ascoltano davvero, con attenzione, con interesse. Recepiscono quello che gli dici. Ricordano i piccoli dettagli.

Ascoltare qualcuno è la forma più pura d'amore. E quando trovi qualcuno che ti dà quel tipo di considerazione, tienitelo stretto.

15. Ti lasciano crescere, anche se significa perdersi

Queste persone non ti tarpano le ali per tenerti vicino a loro. Non ti sminuiscono per evitare che ti guardi intorno. Non insistono sui tuoi limiti per scoraggiarti a cercare qualcosa di meglio nella tua vita.

Invece, incoraggiano la tua evoluzione, anche se gli potrebbe creare dei problemi. Alimentano la tua fiducia in te stesso, e nelle tue prospettive. Ti incoraggiano a crescere, ad essere felice, a diventare una persona più appagata.
Anche se tutto questo potrebbe portarti a prendere una strada diversa dalla loro.

Perché il vero amore non si basa sul possesso. L'amore ti dona ali per volare, ed anche radici per la tua stabilità - ma ti lascio libero di scegliere cosa preferisci.
E lasciare che qualcuno cresca liberamente è la bandiera più verde di tutte.

"If you love somebody, set them free." (Sting)
(Se ami qualcuno, lascialo libero.)

Eccitazione o benessere?

Le "bandiere rosse" attirano la nostra attenzione. Sono vistose e ci colpiscono. Ci spingono a cambiare l'altra persona (cosa pressoché impossibile), oppure a fuggire.

Invece le "bandiere verdi" parlano a bassa voce: ci sussurrano "Hey, qui c'è qualcosa di valore". Si manifestano con gesti affettuosi, sguardi teneri e azioni silenziose. Non ci fanno richieste. Offrono pace, serenità, benessere (cose che non pochi giudicano "noiose").

Istintivamente siamo attratti dalla passione, dal brivido e dall'intensità. Quindi le bandiere rosse spesso ci suscitano interesse (e trascuriamo il loro aspetto inquietante):
  • "Lei è così sexy ed eccitante (che importa se a volte sembra un po' squilibrata...)"
  • "Lui è così maschio ed intrigante (è anche egocentrico e inaffidabile, ma vabbeh...)"
E sappiamo come va a finire in questi casi, il più delle volte.

Quindi, specialmente se hai già inseguito le bandiere rosse e la loro eccitazione, ritrovandoti poi deluso e ferito, magari potresti scegliere chi ti fa sentire al sicuro, apprezzato e sereno - invece di inseguire il brivido del dramma mascherato da passione.

Attrazione o compatibilità?

Se sei tra quelli che si ritengono "sfortunati in amore"; se sei donna e pensi che "Tutti gli uomini sono stronzi"; se sei uomo e convinto che le donne siano interessate solo alla bellezza o ai soldi... forse è perché ti fai guidare principalmente dall'attrazione fisica, e trascuri i segnali negativi e positivi.
Purtroppo spesso l'attrazione ci fa scegliere un partner sbagliato per noi. Un tempo si diceva che "L'amore è cieco", ma in realtà è l'attrazione ad esserlo. Mossa puramente da istinti evoluzionistici, non è interessata alla nostra felicità, alla stabilità della relazione o alle qualità interiori delle persone.

Se questa è la tua esperienza abituale, magari considerare maggiormente le bandiere rosse potrebbe aiutarti ad evitare le persone che poi ti deludono e trattano male. E concentrarti di più sulle bandiere verdi potrebbe aiutarti a scegliere partner più compatibili con te; anche se a prima vista non ti senti travolto dalla passione.

“Si dice che 'L'amore è cieco',
ma in realtà
è l'attrazione ad esserlo”

Se desideri persone di quel tipo, diventalo tu stesso

Se non incontri mai o quasi mai persone come quelle descritte nella lista, forse è perché tu stesso non hai ancora sviluppato tali qualità. Di solito ci si sceglie "per affinità": tendiamo ad avere intorno persone simili a noi.
Per cui se vorresti avere accanto persone così, puoi iniziare tu stesso a sviluppare quelle capacità: diventare tu stesso quella persona che ammiri. In tal modo tenderai ad attirare persone di quel tipo, e quando le incontri sarai pronto ad essere al loro livello. E, al tempo stesso, aumenterai la tua autostima nella misura in cui ti vedrai diventare quel tipo di persona ammirevole.

Come incontrare il partner giusto per te

Infine, visto che qui parliamo di incontrare persone con cui stare bene, elenco alcuni post dove suggerisco metodi per creare una relazione appagante:

(parte di questo post è liberamente adattata da "15 Green Flags that matter more than Red Flags", di Yousuf Rafi Ahmed)

"La gentilezza è un linguaggio che il muto sa parlare ed il sordo sa ascoltare."
(C.N. Bovee)

"Accettare è la più alta prova di umanità."
(G.K. Chesterton)

"Troppo spesso sottovalutiamo il potere di una carezza, di un sorriso, di una parola gentile, di un ascolto attento, di un complimento sincero, o del più piccolo gesto di premura; tutti gesti che hanno il potenziale di cambiare una vita."
(Leo Buscaglia)


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Qual è la persona più importante della tua vita?

Esiste una persona più importante di tutti?


La persona più importante della tua vita sei tu :-)
  • Tutti gli altri possono andare e venire. Ma tu sei stato, sei ora, e sarai sempre, insieme a te stesso.
  • Gli altri possono fare e dire cose preziose, ma alla fine solo tu sai cos'è giusto per te.
  • L'amore che viene dagli altri ti nutre, ti dà gioia e ti migliora la vita... ma puoi vivere anche senza. Invece senza l'amore per te stesso esiste solo vuoto e disperazione.

Con questo non voglio inneggiare ad un egocentrismo sterile e chiuso: siamo creature sociali e le relazioni sono l'esperienza più preziosa della vita. Senza relazioni significative la propria esistenza rischia di rimanere povera e grigia.
Però la relazione più significativa rimane quella con se stessi:
  • Quando qualcuno accetta e ama se stesso tutto diventa possibile: può fiorire, svilupparsi ed evolversi. E' anche più capace di amare e donarsi agli altri (perché vive uno stato di pace e benessere interiore).
  • Mentre chi nega se stesso e disprezza ciò che è, chi si condanna ed è nemico di se stesso, vive costantemente nel suo inferno interiore (da cui ben poco amore può scaturire verso gli altri).

Anche la famosa esortazione evangelica "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Matteo 22,39), necessita dell'amore di se stessi per funzionare. Se non amo me stesso, infatti, non amerò gli altri nella stessa misura. Come potrei dare agli altri qualcosa che non ho dentro di me?

Prenditi cura del tuo giardino

In pratica, tu sei il centro del tuo mondo (il che è diverso dal sentirsi il centro del mondo in senso ampio, e pretendere che gli altri ti trattino come tale; o ritenersi al di sopra degli altri - che sono tendenze egocentriche e distruttive).
  • Quando ti prendi cura del tuo mondo interno, ti tratti bene e lo coltivi facendolo diventare come un bel giardino fiorito, allora tutti quelli che vi transitano si troveranno bene - e tu per primo. Le altre persone staranno bene in tua compagnia e ti apprezzeranno, perché come siamo dentro viene percepito all'esterno. Quindi se ho coltivato amore e benessere dentro di me, gli altri ne saranno istintivamente attratti.
  • Invece trascurare se stessi, criticarsi e punirsi, servirà solo a rendere il tuo mondo interno un deserto inospitale, disagevole e ostile, in cui nessuno vorrà rimanere - e da cui tu stesso vorrai fuggire (come fanno, per esempio, le persone che fuggono da stesse e cercano sollievo nelle dipendenze - di qualsiasi tipo).

Perciò, se vuoi cambiare la tua vita in meglio, comincia dal prenderti cura di te stesso. Trattati come farebbe il tuo migliore amico, come se tu fossi la persona più importante del mondo - perché nel tuo mondo, lo sei. :-)


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).

"Senza l'amore di se stessi la vita non è possibile, neppure la più lieve decisione, soltanto immobilità e disperazione."
(Hugo Von Hofmannsthal)

"Non c'è amore sufficientemente capace di colmare il vuoto di una persona che non ama se stessa."
(Irene Orce)

"La persona che non è in pace con se stessa, sarà in guerra con il mondo intero."
(Mohandas K. Gandhi)


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Come imparare ad accettarsi?

Come posso accettare me stesso?

Come posso imparare ad accettare i miei difetti?


Accettare se stessi non è facile, perché in genere l'ambiente in cui viviamo ci spinge in direzione opposta:
  • Ci viene detto come dobbiamo essere e comportarci.
  • Veniamo criticati se non corrispondiamo alle aspettative altrui (a partire dai nostri genitori).
  • Spesso veniamo manipolati dalle altre persone, che ci fanno sentire sbagliati per ottenere qualcosa da noi (inclusi i partner).
  • A questo aggiungiamo che in Italia - con una cultura cattolica ancora diffusa - viene incoraggiato lo spirito di sacrificio, e il prendersi cura di se stessi viene visto con sospetto.
Raramente riceviamo messaggi che ci incoraggiano a rispettare noi stessi, ad accettarci, ad amarci per quello che siamo.

Puoi esserti amico

Forse il primo passo per andare in quella direzione, è vedere me stesso come il mio migliore amico; e trattare me stesso come tale. In ogni situazione, specialmente difficile o di sofferenza, posso chiedermi:
  • Cosa mi direbbe il mio migliore amico?
  • Come mi tratterebbe?
  • Cosa farebbe per me?
Usando questo modello dell'amico come "bussola", ecco che diventa più facile imparare a:
  • trattarsi con gentilezza e pazienza;
  • essere meno esigente o critico;
  • perdonare i propri errori;
  • accettarsi con le proprie mancanze e imperfezioni (che tanto hanno tutti, in quanto umani).
Un buon amico non pretende che siamo perfetti o che non sbagliamo mai, e non si aspetta da noi una continua "performance" ai massimi livelli. Conosce i nostri difetti, ma ci vuole bene comunque. Se un amico ci tratta bene, ci accetta e ci apprezza, perché mai non possiamo farlo anche noi?

La relazione più importante

E' anche importante rendersi conto che la persona più importante della mia vita sono io. Io sono l'unico che mi sarà sempre vicino, che si prenderà cura dei miei bisogni, quello che meglio mi conosce e mi capisce. Altre persone possono essere preziose, certo, ma gli altri vanno e vengono: solo io sarò sempre con me ogni giorno della mia esistenza.
E' per questo che la relazione più importante è quella con se stessi:
  • Se sto male con me stesso, starò sempre male (mica posso sfuggirmi!).
  • Ma se sto bene con me stesso, gli altri problemi saranno secondari.
Infatti chi cerca ossessivamente l'amore dagli altri, spesso è una persona che si detesta; non sapendo dare amore a se stesso, ha disperatamente bisogno che qualcuno lo faccia al posto suo.

Non accettarsi è un inferno

Chi non si accetta vive in uno "stato di guerra" continuo con se stesso - che può anche durare tutta la vita. E' una buona definizione di "inferno in Terra".
Inoltre, chi è in guerra con se stesso si troverà spesso in conflitto con gli altri; il conflitto interiore genera altri conflitti. In effetti è molto probabile che le persone irose, sempre arrabbiate con tutti, siano in realtà soprattutto arrabbiate con se stesse.

"La persona che non è in pace con se stessa, sarà in guerra con il mondo intero."
(Mohandas K. Gandhi)

Per esplorare meglio l'argomento dell'accettazione, ho scritto un post in cui lo spiego da vari aspetti: "Accetta quello che sei, ama te stesso".


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).

"Essere belli significa essere se stessi. Non hai bisogno di essere accettato dagli altri. Hai bisogno di accettare te stesso."
(Thich Nhat Hanh)

"Senza l'amore di se stessi la vita non è possibile, neppure la più lieve decisione, soltanto immobilità e disperazione."
(Hugo Von Hofmannsthal)

"Abbi cura del tuo amico come di te stesso. "
(Levitico)


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Perdonare ci aiuta a vivere meglio

In questo post parlo dell'importanza di perdonare non da un punto di vista "morale" ("Perdonare è giusto"), bensì "funzionale" ("Perdonare ti fa vivere meglio"). Questo perché la morale spesso non serve: tutti sappiamo cosa sarebbe giusto fare, eppure molto spesso non lo facciamo.

"Vedo la strada migliore e l'approvo; ma poi scelgo la peggiore."
(Aristotele)

Perdonare per noi stessi, non per l'altro

Per cui continuare a dirci "Dovrei perdonare... Dovrei non prendermela..." non serve a nulla; anzi, aumenta lo stato di tensione dentro di noi (perché crea conflitto tra la parte che pensa di doverlo fare, e quella che si oppone). In effetti, mi sembra che nel 99% dei casi l'uso del verbo "Dovrei..." aumenti solo lo stress.

Invece, capire l'utilità pratica del perdono può magari aiutarci ad uscire dalla "prigione del risentimento", ed a vivere con un maggior senso di pace. E' un dono che facciamo prima di tutto a noi stessi, più che all'altra persona.
Di seguito elenco quindi alcuni punti essenziali per comprendere il significato del perdono (in senso funzionale invece che morale - appunto), e la sua necessità per vivere bene.
  1. Perdona per la tua "sanità mentale"
  2. Non puoi decidere che emozioni senti, ma puoi decidere come gestirle
  3. L'elemento chiave è l'accettazione
  4. Rinuncia al bisogno di "fare giustizia"
  5. Prima di perdonare, bisogna scaricare la negatività
  6. Comincia col perdonare te stesso


1. Perdona per la tua "sanità mentale"

Spesso il perdono non si dà per "nobiltà d'animo" o generosità di cuore (magari a volte, ma non in genere), quanto per la propria sanità mentale, per stare meglio noi stessi, per uscire da una spirale negativa. Lo si fa perché, anche se faticoso e impegnativo, poi stiamo meglio. Un po' come quando medichi una tua ferita: è difficile perché al momento fa più male, ma sai che poi col tempo la ferita guarirà e ti sentirai meglio.

2. Non puoi decidere che emozioni senti, ma puoi decidere come gestirle

Abbiamo ben poco controllo sulle nostre emozioni, ma possiamo averlo sulle nostre azioni. Dipende dal tuo stato mentale: bambino o adulto. Il bambino reagisce, l'adulto decide. Se ti va bene che siano le tue emozioni a comandare la tua vita, oppure non sai fare altrimenti, è probabile che tu sia ancora in uno "stato psicologico bambino", in cui non sei padrone di te stesso (l'adulto è "responsabile", nel senso etimologico di "capace di rispondere": cioè in grado di scegliere consapevolmente una risposta adeguata, invece di reagire istintivamente).

Facciamo un esempio pratico. Poniamo che mi abbiano fatto un'ingiustizia: mi rode, ci sto male, ho cercato se c'è un modo per risolvere, ho capito che non ne esistono... Posso decidere che ok, amen ("Così sia"), non mi piace ma mi metto il cuore in pace. Tanto se non ci posso fare nulla, perché continuare a starci male? Mi lascio alle spalle la cosa, e guardo avanti; ho di meglio da fare che rodermi il fegato.

3. L'elemento chiave è l'accettazione

L'accettazione degli eventi negativi non ci viene naturale (l'istinto, la nostra parte animale, reclama vendetta), ma può essere una scelta razionale, consapevole: accetto che la cosa mi fa rabbia, accetto che ce l'ho con quella persona, accetto che non ci posso fare nulla, accetto che il passato non si cambia, accetto che a volte la vita fa schifo*... ed arrivando ad accettarlo, non combatto più contro i "mulini a vento" (contro cose che non posso cambiare), ma trovo un certo senso di pace. Perché non sto più a fare la guerra all'impossibile.
* (questo accade perché la vita non è equa né morale, e non è al nostro servizio)

Quando smetto di combattere ("Dovrebbe essere diverso! Lei dovrebbe amarmi! Lui non doveva trattarmi così! Il mondo fa schifo...!"), esco da uno "stato di guerra" mentale e trovo una - relativa - pace. "Relativa" perché non è che improvvisamente sono sereno al 100% (quello è roba da Buddha, Gesù e Dalai Lama), ma sono molto più sereno di quando sono in conflitto con l'inevitabile.
Lascio cadere la pesante zavorra del rancore (il passato), e mi sento più leggero, vitale e positivo (nel presente). Non è che me ne dimentico, ma guardo in avanti, non all'indietro.

Per molti è difficile lasciar andare le proprie emozioni negative: poiché ci fanno sentire che "abbiamo ragione" (vedi punto successivo), ci sembrano preziose. Purtroppo però ci avvelenano lentamente: restare attaccati alla rabbia è un po' come bere del veleno, e aspettarsi che sia l'altro a morire. Invece l'altro non se ne cura, ma la rabbia corrode noi stessi (è provato che certe emozioni negative danneggiano la salute).

4. Rinuncia al bisogno di "fare giustizia"

Spesso, quando non sappiamo perdonare è perché restiamo tenacemente attaccati ad un "senso di giustizia". Perdonare, o lasciar andare il passato, ci appare come un legittimare quello che ci hanno fatto, come giustificare l'ingiustizia. Invece vorremmo tanto che il mondo fosse giusto, e che i "cattivi" venissero puniti. Quindi reiterare il rancore è come continuare a "ricorrere in appello", nella speranza che venga fatta giustizia al torto subìto (ma ovviamente non funziona: la vita va avanti e il passato è passato).
Chi soffre di questo "bisogno di giustizia" rimane attaccato al risentimento. Magari cerca razionalmente di perdonare, ma sotto sotto non lo vuole veramente, perché la "ferita da ingiustizia" alimenta il rancore - che rimane vivo e bruciante. La nostra parte animale, istintiva, non vuole ragionare o perdonare, vuole vendetta (questo vale anche in chi si convince razionalmente di avere perdonato, ma visceralmente è ancora in preda al risentimento).

Un principio spirituale chiede: "Vuoi avere ragione, o vuoi essere felice?". Ci sono situazioni in cui non puoi avere entrambi, specialmente nelle relazioni. Se ti attacchi all'avere ragione (senso di giustizia), continuerai ad alimentare il tuo risentimento ("Sono arrabbiato ed ho ottime ragioni per esserlo!"). Se invece vuoi essere felice (o stare meglio, più sereno e positivo), è necessario che accetti l'ingiustizia e te la lasci alle spalle.

L'errore di molti è vedere il perdono, o il lasciar andare il passato, come un "dono" immeritato che facciamo a chi ci ha ferito, e quindi come un'ingiustizia: "Perché dovrei perdonarti? Sarebbe come assolverti, ma tu sei colpevole! Quindi continuerò a 'punirti' col mio rancore!". Peccato però che il rancore danneggia te stesso molto più che l'altro (che magari se ne frega altamente). Vediamo il rancore come una spada che dovrebbe ferire l'altro, ma in realtà siamo noi a stringere la lama, e così facendo continuiamo ad aprire la nostra ferita e sanguinare (infatti quando siamo nel rancore non ci sentiamo mai bene, sereni o in pace).
Invece - e ritorno al primo punto sulla "sanità mentale" - il perdono lo si sceglie prima di tutto per se stessi, per amor proprio, per vivere meglio. L'altra persona è secondaria. Quindi il perdono ha poco a che fare con la giustizia - appunto - ma ha molto a che fare col volere vivere sereni (o stare meglio). Per fare questo, però, è necessario essere padroni di noi stessi, e non schiavi delle nostre emozioni (vedi secondo punto).

5. Prima di perdonare, bisogna scaricare la negatività

Prima di riuscire a perdonare qualcuno, può essere necessario scaricare il dolore, la rabbia e la frustrazione che proviamo verso quella persona. Finché non ci liberiamo in qualche modo da queste emozioni negative, esse rimangono dentro di noi e ci condizionano - rendendo il perdono più difficile o persino impossibile (come posso perdonare o lasciar andare il passato, se sono tutt'ora arrabbiato come una furia?).

Da notare che scaricare queste emozioni negative può essere fatto anche in modo indiretto. Cioè non dobbiamo per forza sfogarci con la persona che ci ha ferito (cosa spesso difficile, sconsigliabile o persino impossibile: pensiamo al nostro capo, o ad un genitore ormai defunto). Possiamo per esempio:
  • Scrivere tutte le emozioni negative in una lettera che poi bruceremo.
  • Oppure - mentre siamo da soli - prendere a pugni un cuscino mentre diciamo ad alta voce tutto quello che vorremmo dire a quella persona.
  • O ancora gridare oscenità mentre siamo chiusi nella nostra automobile su una strada solitaria.

6. Comincia col perdonare te stesso

Un altro motivo per cui fatichiamo a perdonare gli altri, a volte, è perché non perdoniamo noi stessi. Quando veniamo feriti o subiamo ingiustizie, spesso siamo noi stessi a permetterlo*: non ci difendiamo, non ci facciamo rispettare, non diamo dei chiari limiti agli altri. In genere agiamo così per paura, per debolezza, per pigrizia, per bisogno di approvazione, per bassa autostima, per "comprare" l'amore altrui... Così a volte veniamo abusati, e lo lasciamo accadere.
* (parlo di situazioni in età adulta, non da bambini; nell'infanzia siamo impotenti, quindi incapaci di difenderci e non responsabili per quello che ci accade)

Questo genera in noi una rabbia enorme: "Come ho potuto lasciarlo accadere! Perché non ho fatto nulla? Ma che razza di idiota smidollato sono?!?", che però è difficile riconoscere. E' molto più facile riversare tutta la colpa - e la responsabilità - sull'altro. In questi casi alimentiamo la rabbia verso l'altro come "copertura" della rabbia verso noi stessi: se perdonassimo l'altro, o se riconoscessimo che non ha tutta la responsabilità, dovremmo anche riconoscere quanto abbiamo mancato verso noi stessi, e quanto siamo furiosi per questo.

In questi casi, per "guarire" dobbiamo compiere una serie di passi:
  1. Prima di tutto ci serve accettare che non ci siamo rispettati, che abbiamo lasciato che altri ci facessero del male senza difenderci (anche se, in teoria, forse avremmo potuto opporci).
  2. Poi dobbiamo riconoscere pienamente quanto siamo rabbiosi verso noi stessi, per averlo permesso.
  3. Poi abbiamo bisogno di perdonare la nostra debolezza o paura, che ci ha frenato dal farlo.
  4. Infine, possiamo usare quella esperienza negativa per imparare dai nostri errori, in modo da non ripeterli (per non ricascarci, però, sarà necessario affrontare la causa del nostro comportamento - paura, debolezza, scarsa autostima... - e superarla).

Se invece non riconosciamo il risentimento che proviamo verso noi stessi, non potremo nemmeno vedere la cor-responsabilità che abbiamo negli eventi che ci sono accaduti, quanto vi abbiamo contribuito*. E quindi, non riconoscendo il nostro errore, ci capiterà di ricaderci di nuovo.
Chi ripete abitualmente questo schema di "Gli altri mi fanno sempre del male, ma non è colpa mia!", è in genere preda di una mentalità vittimista che lo porta a non prendersi mai cura di se stesso, ed invece a trovare sempre dei colpevoli all'esterno (atteggiamento che, portato all'estremo, conduce a personalità paranoiche e complottiste, che vedono nemici ovunque).

* Riconoscere di avere responsabilità ci dà potere: responsabilità e potere sono legati a doppio filo. Se sono responsabile di un evento (anche solo in parte), se vi ho contribuito in qualche modo, allora ho anche la possibilità (cioè il potere) di comportarmi diversamente, e quindi di contribuire a risultati diversi. Questa consapevolezza ci fornisce la possibilità di cambiare, di affrontare le stesse situazioni in modo differente.

Perdonare significa liberare noi stessi

Quando perdoniamo (e/o accettiamo che le cose sono come sono e non possiamo farci niente), è come dire "Smetto di concentrarmi sul mio 'nemico': gli ho già dedicato troppo tempo ed energia. Torno a dedicarmi a me stesso, e alla mia vita". Coltivare il risentimento è come vivere in una prigione (fatta dei nostri stessi pensieri); perdonare è uscirne, è liberare noi stessi, per andare nel mondo e tornare a vivere più serenamente. ​

"Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu."
(Lewis B. Smedes)

"Lo stupido non perdona nè dimentica; l'ingenuo perdona e dimentica; il saggio perdona, ma non dimentica."
(Thomas Szasz)

"Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura."
(Voltaire)


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6 Consigli per accettare se stessi [Body Positivity]

Presentazione dell'autrice

Oggi pubblico un "articolo ospite" della blogger Ilaria, sull'argomento fondamentale dell'accettazione di sé.

Salve a tutti, lettori di Psico Felicità! Io sono Ilaria e scrivo solitamente sul mio blog Color Me Fall. Mi occupo di moda sostenibile, principalmente abbigliamento vintage, di seconda mano e brand etici, ma poiché da un po’ di tempo ho abbracciato la Body Positivity, sono qui a parlare con voi della mia esperienza, di come sono riuscita ad accettare i cambiamenti del mio corpo e per darvi qualche piccolo consiglio che spero possano essere utili.


Avere sicurezza e fiducia in se stessi

In questo post ti darò alcuni consigli per migliorare il tuo modo di vederti e di presentarti al mondo. Tutto ciò che troverai scritto nell’articolo è frutto della mia esperienza dopo il mio drastico aumento di peso, come mi sono sentita nel primo periodo di cambiamento e cosa ho fatto per risollevarmi. Accettare se stessi non è semplice, è un percorso che deve partire prima di tutto dalla tua volontà di cambiare assetto mentale, ma sono sicura che riuscirò a darti una mano per iniziare questo viaggio: immergiti nella riscoperta del tuo corpo!

Avere sicurezza e fiducia in se stessi è importante tanto quanto avere un bel vestito indosso, uno che ti valorizza al massimo; non è facile però avere sempre un approccio così positivo con la propria figura, ci sono giorni in cui è difficile accettare il proprio corpo. Succede anche a me, è parte della natura umana, e questo dipende da moltissimi fattori. Oggi vorrei raccontarti la mia storia e darti alcuni piccoli consigli, che spero possano aiutarti a migliorare la fiducia in te stessa e ad essere una body positive person

La mia storia

Ho preso e perso peso in maniera piuttosto ciclica, quindi per me non è mai stato un problema l’effetto "yo-yo". Tuttavia, dopo aver avuto dei problemi di salute e aver affrontato un intervento, ho iniziato a mettere su parecchi chili, nonostante avessi una dieta sana e facessi dell’esercizio fisico. C’erano (e ci sono tutt’ora) dei problemi di metabolismo su cui ancora adesso sto lavorando, ma all’inizio per me è stato un trauma. Sono passata da 45 kg a 75 kg nel giro di pochissimo tempo. Inutile dire che non vedevo via d’uscita, mi sentivo brutta, non riconoscevo più me stessa allo specchio.

Cosa è successo poi?

Il mio compagno, vedendomi in uno stato parecchio preoccupante, ha cercato di spronarmi in qualche modo: mi ha proposto di aprire un blog. Perché proprio un blog? Ha pensato che fare qualcosa che mi facesse uscire dalla mia zona di comfort, come vestirmi e prepararmi per fare delle foto da mostrare - praticamente - al mondo, potesse aiutarmi ed essere uno sprone per migliorare la mia condizione. Ero ovviamente riluttante, per me era impensabile farmi vedere in quelle condizioni e addirittura fare delle foto, non esiste!

Ma io sono una persona curiosa quindi, anche se non ero per niente attirata dalla sua idea, ho iniziato a cercare in rete vari blog che parlassero di personal style gestiti da blogger curvy e plus size. Ne ho trovato qualcuno e sono rimasta sbalordita da come quelle ragazze sembrassero così a loro agio nella loro pelle, mentre io avrei voluto soltanto strapparmela di dosso.

Dopo un po', ho deciso di fare anche io questo passo: è stato davvero difficile uscire da quella zona di comfort (figurati che le prime foto che ho scattato le ho fatte in casa, o al massimo davanti casa mia!), ma piano piano ci ho preso gusto, era divertente! Mi faceva piacere notare che le persone che leggevano i miei articoli si soffermassero sugli outfit, sull'abbigliamento, e non sulle mie misure. E allora, con costanza e pazienza, tra alti e bassi, ho studiato come migliorare il mio blog, le mie tecniche, e piano piano sono cresciuta. Sono passati più di due anni da quando ho iniziato a scrivere qui su Color Me Fall, e non smetterei per niente al mondo!

Ma come accettare il proprio corpo? Be', ho capito che ci sono dei metodi per sentirsi più positivi, per affrontare la giornata con più fiducia, e vorrei condividerli con te. Ma prima vorrei fare una riflessione insieme.

Cosa significa accettare se stessi?

Accettare il proprio corpo vuol dire prendere atto dei propri difetti, ma anche dei propri pregi; rendersi conto che tutte queste caratteristiche messe insieme creano una persona unica nel suo genere: TU! Per fare questo, per prendere atto delle mie peculiarità, ho fatto una cosa molto semplice, ovvero scrivere una lista. In realtà, fare questo tipo di elenco mi ha aiutato non solo in questa fase così delicata, ma anche durante le piccole sfide quotidiane della vita di tutti i giorni. Scrivere mi aiuta a visualizzare meglio su cosa lavorare, come evitare determinati errori e come migliorare ciò che deve essere migliorato. Ti consiglio di provare a farlo, se non lo hai mai fatto.

Inizia a piccoli passi, scrivendo una, due cose per volta, prenditi il tuo tempo. Una volta fatto ciò, prendi coscienza dei tuoi difetti, uno alla volta; parti dal primo e chiediti: "Posso cambiare questo aspetto? Come posso cambiarlo? E se non posso cambiarlo, come posso fare per accettarlo?" Non pensare però che la soluzione ti capiti fra le mani in un attimo, anche cercare di capire come risolvere un determinato problema può richiedere tempo; questo però non vuol dire che la soluzione non c'è. Vuol dire che ognuno ha i propri tempi, e vanno rispettati.

Come accettare se stessi?

Ci sono delle piccole cose che puoi fare quotidianamente per iniziare questo percorso di cambiamento; ricorda però che tutto deve partire dalla tua volontà di cambiare mentalità, trasformarti in una persona positiva, e ti garantisco che questo non influirà soltanto sull'accettazione di te stessa, ma anche sotto tutti gli aspetti della tua esistenza! Affrontare la vita con un atteggiamento negativo non aiuta a trovare la soluzione al tuo problema; pensare con positività al presente, giorno per giorno, invece sì!

1. Trova un hobby

Trova qualcosa che ti piace fare per riempire i vuoti. Ho notato che, nei miei momenti liberi, la mente girava sempre intorno agli stessi punti: "Non mi piaccio e non piaccio a nessuno", '"Non vedo vie di uscita", "Non riesco ad essere come vorrei". Riempiendo questi vuoti dedicandoti alle tue passioni, aiuterai la mente a distogliere il pensiero dalle cose negative, sostituendole con nuove idee, modi per migliorarti e creatività! Io ho trovato la mia "via di fuga"nel blogging, ma può essere qualsiasi cosa: leggere, disegnare, cantare, cucire, se hai il pollice verde puoi curare e crescere delle piante, quello che vuoi!

2. Via le persone negative!

E' una cosa che si dice sempre, io la ripeto spesso e non mi stancherò mai di ripeterlo! Via le persone portatrici di negatività dalla tua vita. Chiunque esse siano. Ne va della tua salute mentale e fisica. Durante l'ultimo anno ho fatto "pulizie" nel mio cerchio di conoscenze e non solo, anche sui social. Non puoi capire quanto la mia vita sia migliorata! Io voglio solo positività!

3. Focalizzati sui tuoi pregi

Quando sei davanti allo specchio, anche se so benissimo che l'occhio cade sempre sui difetti, sforzati di vedere i tuoi pregi! All'inizio è difficile, ti sembra di non averne, invece ci sono eccome! Prendi cinque minuti del tuo tempo ogni giorno, posizionati allo specchio, e guarda i tuoi pregi, elencali nella tua mente e cerca di capire come valorizzare quegli aspetti di te che ti piacciono tanto. Con il passare del tempo, diventerà sempre più facile. In questo, ti verrà sicuramente in aiuto anche la lista di cui ti ho parlato poco fa.

Se, per quanto ci provi, non riesci proprio a vedere i tuoi pregi e le tue qualità (anche se ti assicuro che sono lì, lo so :-P ), prova a chiedere alle persone che ami, agli amici (quelli veri), i tuoi affetti, di darti una mano con questo punto: chiedigli di elencarti alcune tue qualità. Non c’è nulla di male a chiedere aiuto.

4. Valorizzati

Anche per quanto riguarda l'abbigliamento, cerca di valorizzarti. Identifica la forma del tuo corpo e cerca di individuare quali stili e capi ti donano di più e ti aiutano a mettere in risalto i tuoi pregi. Liberati dagli abiti che non ti entrano più, di quelli che stai conservando da troppo tempo nella speranza di indossarli un giorno e scegli invece le taglie adatte a te. E liberati anche dalle convenzioni dettate dalla moda del momento. Pensa a come indossare i tuoi capi preferiti anche in altri modi, gioca con la fantasia. Non ti nego che ci saranno ancora i giorni "no", ma saranno pochi fra tanti giorni positivi, perciò non devi farti abbattere da questo.

5. La postura

E' importantissimo avere una postura corretta, e ne viene influenzato anche il tuo umore! Probabilmente questa è la parte più difficile da mantenere, io ho ancora qualche difficoltà a tenere la postura corretta: ho la tendenza a guardare a terra e camminare con il capo basso, e ho problemi con le spalle perché, complice lo stare sempre seduta per lavorare al pc, si incurvano in avanti. Tuttavia, giorno dopo giorno riesco a mantenere la postura sempre per più tempo. Busto eretto, spalle dritte e capo in alto quando si cammina, senza indugiare un passo dopo l'altro, e sembrerai una persona più sicura di sé. Quando sei seduta, invece, cerca di non incurvarti in avanti: mantieni la stessa postura di quando sei in piedi, magari aiutandoti con delle sedie dallo schienale adatto.

6. Migliorati

I consigli che ti ho dato fin'ora, non vogliono dire che devi smettere di migliorarti e lasciare andare le cose come stanno. Se non ti piaci c'è un motivo e bisogna fare qualcosa per migliorare la tua condizione. Però, piuttosto che impigrirti e piangerti addosso, prova a trovare una soluzione ai tuoi problemi. Adotta uno stato mentale più positivo, meno ansioso, e vedrai che piano piano, con i giusti tempi, arriverai ai risultati; tuttavia, lo farai con la mente chiara e organizzata, e con un aspetto più fresco e sicuro di te!

Provaci e vedrai che funziona

Questi consigli che ti ho dato sono pienamente frutto della mia esperienza, da persona che non voleva accettare il suo nuovo modo di essere e, vedi, adesso riesco addirittura a fare foto con i rotolini in bella vista e pubblicarle in un articolo! Ti garantisco che funzionano e se riuscirai ad applicarli con costanza al tuo quotidiano, ti aiuteranno a superare i momenti "no".

Ah, un ultimo consiglio: sorridi! Sorridi sempre! Non c'è niente di più bello che vedere una persona sorridere :-) Se sorriderai, anche le persone intorno a te ti sorrideranno.

Se vuoi approfondire l’articolo, puoi leggerlo per intero qui. Grazie mille ancora a Valter per l’ospitalità :-)


Per chi è interessato all'argomento dell'accettazione di sé, segnalo il post "Accetta quello che sei, ama te stesso".


"Essere belli significa essere se stessi. Non hai bisogno di essere accettato dagli altri. Hai bisogno di accettare te stesso."
(Thich Nhat Hanh)

"Esiste un curioso paradosso: quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare."
(Carl Rogers)

"Far pace col proprio corpo, accettarlo così com'è, alimentarlo con le proprie cure, nutrirlo bene, mantenerlo in forma con l'esercizio, ammirarne gli aspetti più belli, onorarlo con vestiti comodi, trattarlo come se fosse un tempio, divertirsi in esso come se fosse una sala da ballo, essere in soggezione di fronte ad esso come se fosse un palazzo reale: tutte queste sono espressioni di gentilezza verso se stessi."
(Daphne Rose Kingma)


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Perché siamo spesso insoddisfatti o frustrati?

Perché è così raro sentirci felici o appagati?

Perché così tante persone si lamentano?


Secondo me, l'essere umano moderno (inteso quello occidentale, perché in altre parti del mondo può essere ben diverso) ha a disposizione una grande abbondanza, ma non se ne rende conto e quindi non sa apprezzarla. La maggior parte di noi ha a disposizione (a volte anche gratuitamente):
  • Acqua corrente potabile
  • Cibo a portata di mano (nei negozi e nella propria dispensa)
  • Riscaldamento quando fa freddo
  • Energia elettrica e illuminazione
  • Impianti sanitari e fognature
  • Mezzi di trasporto rapidi e comodi, individuali o pubblici
  • Ampia sicurezza (niente predatori, banditi o pirati)
  • Medicine e assistenza sanitaria
  • Possibilità di comunicare col mondo intero
  • Cultura e informazione su qualsiasi argomento
  • Musica di qualsiasi genere sempre disponibile
  • Intrattenimento a profusione

Stiamo meglio di un Re

In pratica, l'uomo medio moderno vive in modo più abbondante e confortevole di un monarca di qualche secolo fa - per non parlare dell'uomo comune di qualche secolo fa (o di tanti asiatici e africani odierni), che non aveva nulla di quanto elencato sopra. Siamo circondati da tanti piccoli piaceri e comfort, ma li diamo per scontati o non ci facciamo caso. Proviamo a pensare di vivere senza una sola delle risorse elencate sopra... e ci rendiamo subito conto di quanto la nostra vita diverrebbe più povera, scomoda o angosciante.
Quindi la maggior parte di noi occidentali vive immersa in un'abbondanza mai vista prima nella storia dell'umanità... eppure non ce ne accorgiamo e ci sentiamo spesso insoddisfatti e infelici. Io trovo questo un grandissimo spreco. Spesso siamo come una persona che ha a disposizione un enorme supermercato... ma si lamenta perché gli manca il caviale!

Dal negativo al positivo

L'errore che sovente compiamo è di concentrarci sul negativo, sulle mancanze o su quello che non funziona, invece di concentrarci sul positivo, notando l'abbondanza intorno a noi ed assaporandola appieno. Finché una persona si concentra sul negativo, si sentirà sempre frustrata, insoddisfatta e carente, a prescindere dalle condizioni oggettive (come nell'esempio del supermercato).

La gratitudine fa vivere meglio

Una delle chiavi più potenti e semplici per vivere meglio è la gratitudine: la capacità di riconoscere e apprezzare quanto abbiamo di positivo nella nostra vita, e di sentirci fortunati ad averlo, invece di darlo per scontato. Chi manca di gratitudine si sentirà sempre misero - in tutti i sensi.

Il vittimista si lamenta sempre

Un atteggiamento opposto alla gratitudine è quello di chi "fa la vittima". Ovvero chi si lamenta in continuazione, non si assume la responsabilità di sé e ha la pretesa che sia il mondo a renderlo felice:
Chi si comporta in tal modo dimostra una mentalità "infantile", ovvero da bambino incapace di occuparsi di sé, che si aspetta siano gli altri a risolvergli i problemi. Costui ha bisogno di diventare "genitore di se stesso": cioè imparare a prendersi cura di sé e dei propri bisogni - che è una capacità fondamentale dell'essere adulto.

La vita non è fatta per renderci felici

Infine, uno dei motivi fondamentali per cui soffriamo, è che questo è parte naturale e inevitabile dell'esistenza: il mondo non è creato per renderci felici - e il nostro errore è di aspettarci che lo faccia. Una volta che accettiamo la sofferenza come inevitabile (almeno a volte, come insegna il Buddismo), e non vediamo la felicità come un diritto, diventa più facile coltivare la gratitudine e godere delle opportunità positive che la vita ci offre.


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).


"L'uomo è infelice perché incontentabile."
(Giacomo Leopardi)

"L'ottimista vede opportunità in ogni difficoltà, il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità."
(Winston Churchill)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Quanto è importante amare se stessi?

Amare se stessi è egoismo?

E' bene amare se stessi?


Amare se stessi è fondamentale.
La maggior parte delle persone infelici, lo sono proprio a causa della mancanza di amore per se stessi - per causa diretta (si sminuiscono o detestano o disprezzano), o indiretta (non amandosi, fanno sì che nemmeno gli altri li amino).
Pensaci: nei Vangeli è scritto "Ama il prossimo tuo come te stesso".
(Matteo 22,39).
E' uno dei messaggi più belli che ci arrivano da Gesù, giusto? Eppure, se non ami te stesso come farai ad amare l'altro? Oppure, se odi o detesti te stesso, allora seguendo l'esortazione evangelica applicherai lo stesso trattamento agli altri.

Amare te stesso fa stare meglio tutti

Quando riesci ad amare e accettare te stesso:
  • Diventi una persona serena che sta bene con se stessa, quindi più incline a trattare bene anche gli altri (posso dare ciò che sono ed ho, ma non posso dare quello che mi manca).
  • Accetti le tue imperfezioni, e di conseguenza ti è più facile accettare anche quelle altrui (accettarsi non implica rassegnarsi: puoi volerti comunque migliorare, ma senza auto-criticismo distruttivo). Sei quindi una persona più tollerante ed accogliente.
  • Ti stimi maggiormente, non ti critichi senza motivo (anche se riconosci i tuoi limiti e difetti), quindi sei più positivo con te stesso ed anche con gli altri (le persone che stanno male con se stesse sono sempre quelle più critiche: riversano sugli altri il loro malessere).
  • Di fronte alla difficoltà rimani solido e fiducioso, perché sai di poter contare sulle tue forze ed hai fiducia di potercela fare. Quindi puoi anche supportare le persone intorno a te, rassicurandole nei momenti di crisi.
  • Essendo più positivo, fiducioso ed accogliente, ispiri negli altri sentimenti simili. Sei quindi più stimato, apprezzato e benvoluto di una persona che non si ama (solitamente negativa e sgradevole).
  • Diventi anche più desiderabile e amato: ci avviciniamo alle persone piacevoli, mentre ci allontaniamo da quelle spiacevoli (questo è uno dei motivi per cui le persone che non si amano cercano sempre l'amore negli altri, ma difficilmente lo trovano).

Amare se stessi non è egoismo

In sintesi, quando ami te stesso sei anche una persona migliore e fai stare meglio gli altri. Amare se stessi non significa essere egoisti, anzi, è il modo migliore di diventare una persona più positiva ed amorevole verso il mondo.
La differenza si vede dai risultati: l'amore autentico è costruttivo, mentre il vero egoismo è distruttivo. Potremmo considerare due tipi di "egoismo":
  • Egoismo costruttivo: quando le mie scelte fanno stare bene sia me che gli altri. In questo caso a volte posso anteporre il mio benessere a quello altrui, ma sempre tenendo in considerazione gli altri e le loro esigenze.
  • Egoismo distruttivo: quando le mie scelte producono danni ad altri, e/o resto indifferente agli altri e alle loro esigenze.

Ideale e reale

Naturalmente l'ideale sarebbe fare scelte che rendano tutti contenti; però in realtà spesso non è possibile fare contenti tutti. Quindi a volte è necessario scegliere quali esigenze privilegiare.
Certe morali (inclusa quella cattolica) ci insegnano che dovremmo sempre anteporre gli altri a noi. Ma questo atteggiamento, alla lunga, genera frustrazione e risentimento (il caso classico è la madre che si sacrifica sempre per tutti, che viene data per scontata e trascurata, sviluppando quindi amarezza e rabbia).

La tua felicità è una tua responsabilità

In realtà ogni adulto ha la responsabilità di occuparsi della propria felicità: per la semplice ragione che, se non lo fa lui, difficilmente lo faranno gli altri. E peraltro, chi mai dovrebbe farlo al posto suo? Chi non si occupa della propria felicità, il più delle volte finisce con l'aspettarsi che siano gli altri a renderlo felice (aspettativa infantile e quasi sempre delusa).

Amare se stessi, e prendersi cura del proprio benessere, non è quindi solo un diritto, ma anche un compito che spetta a ciascuno. Perché solo facendolo divento una persona positiva, soddisfatta e felice, e - quindi - in grado di dare un contributo benefico al mondo (se invece mi trascuro, mi detesto o mi odio, resterò una persona negativa e infelice, che darà al mondo la propria miseria).


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).


"Amare se stessi è l'inizio di un idillio che dura tutta la vita."
(Oscar Wilde)

"Non c’è amore sufficientemente capace di colmare il vuoto di una persona che non ama se stessa."
(Irene Orce)

"La persona che non è in pace con se stessa, sarà in guerra con il mondo intero."
(Mohandas K. Gandhi)


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Accontentarsi fa vivere meglio

Anche se non ci piace ammetterlo, tutti ci accontentiamo di qualcosa, anche se non è proprio quello che vorremmo. E questo accade in ogni settore della vita:
  • Per esempio, chi non vorrebbe vivere in un'isola tropicale, o in una meravigliosa villa? Ma ovviamente quasi tutti devono accontentarsi di sistemazioni ben più modeste.
  • Oppure, chi non vorrebbe fare un lavoro prestigioso, appagante e ben remunerato? Ma pochi arrivano a farlo.

Accontentarsi in amore

Lo stesso accade nelle relazioni (anche se qui, ancor più che in altri settori, difficilmente lo ammettiamo). Chi da giovane non sogna il Principe azzurro, o la Principessa dorata? E magari qualcuno lo incontra anche - salvo poi col tempo rendersi conto che non è proprio come sembrava all'inizio. Altri non lo incontrano mai, allora col tempo e le esperienze "abbassano" le proprie mire (magari senza nemmeno rendersene conto), e si "accontentano" di un partner abbastanza vicino ai propri desideri (o di quello disponibile al momento).

D'altronde, come si suol dire "Nessuno è perfetto". Quindi come sarebbe possibile trovare un partner "su misura"? Nella realtà l'uomo perfetto oppure la donna ideale non esistono.
Chi si ostina a cercarli non riesce a creare nessuna relazione appagante, perché nessuna persona reale sarà mai all'altezza di quell'ideale. Qualsiasi partner avrà limiti ritenuti inaccettabili e verrà inesorabilmente criticato o scartato. Il non sapersi accontentare porterà quindi ad una continua infelicità relazionale (o a lunghi periodi di solitudine).

“L'uomo perfetto
o la donna ideale
non esistono”

Illusioni e aspettative romantiche

Questa posizione scandalizzerà gli animi più romantici, quelli convinti che tutti meritino il "grande amore" o che nella scelta del partner non dovrebbero esserci compromessi. Purtroppo viviamo anche in una cultura romantica che alimenta questi ideali sentimentali illusori; col risultato di creare aspettative troppo elevate e di conseguenza devastanti delusioni - non ultima quella dell'ideale monogamico che s'infrange di fronte a tradimenti e separazioni.

Le coppie che superano la prova del tempo non sono quelle con una perfetta armonia (che esistono solo nelle opere di fantasia), ma quelle fra persone che hanno imparato ad accettare imperfezioni e limiti del partner - ovvero ad "accontentarsi" della persona che hanno di fianco (e delle sue qualità), rinunciando ad un'ideale di perfezione.

Bugie del marketing

Mi rendo conto di quanto questo argomento sia impopolare, specialmente in una società dove il marketing continua a dirci che "Tutti meritiamo il meglio" (Carrefour), "Perché voi valete" (L'Oreal), "No limits (Nessun limite)" (Sector), che puoi fare tutto, ecc. (di solito per venderci qualcosa).
Ma uno slogan è ben diverso dalla realtà.

Tutti vorremmo il meglio

Il fatto è che tutti desideriamo istintivamente il meglio - ma ben pochi sono capaci di ottenerlo. Tutti vorremmo una vita straordinaria, per un aspetto o per l'altro (amore, lavoro, avventure, passioni...). Ma siccome siamo quasi tutti persone ordinarie, lo straordinario rimane quasi sempre fuori dalla nostra portata.

“Tutti desideriamo il meglio,
ma pochi sono capaci
di ottenerlo”

Volere tutto

Potrebbe sembrare che chi non si accontenta ottiene di più. A volte può funzionare ma, nella maggior parte dei casi, chi non si accontenta mai arriva a ben poco, perché tende a rifiutare le opportunità in attesa di "quella giusta" - che magari non arriva mai. Finisce così col vivere pieno di amarezza e risentimento, rancoroso verso la vita perché ritiene che avrebbe meritato di più, e spesso invaso dai rimpianti.
In poche parole, chi vuole tutto quasi sempre si ritrova con poco o nulla.

Peraltro avere tutto, fare tutto o essere tutto è impossibile, perché semplicemente sovrumano. La rinuncia è parte inevitabile della vita, proprio come l'accontentarsi (quantomeno certe volte).

Abbastanza buono è sufficiente

A mio parere, nella vita è sano e saggio adottare un criterio di "abbastanza buono" ("good enough" in inglese): se ci impegniamo e diamo il nostro meglio e otteniamo un risultato abbastanza buono, anche se non eccelso o inferiore a quello altrui, è già un buon successo e qualcosa di cui essere contenti. Vedi per esempio il concetto di "genitore abbastanza buono" sviluppato dallo psicanalista Donald Winnicott.
Non ha senso svalutare i risultati intermedi o solo discreti:
  • Non sempre è possibile, o ragionevole, o sensato, arrivare al massimo in qualcosa (potrebbe richiedere un impegno sproporzionato ai vantaggi).
  • Raggiungere un risultato di 4, 5 o 6 (su una scala da zero a 10), è comunque molto meglio di zero, non qualcosa da disprezzare o di cui vergognarsi.
Chi sente il bisogno di essere sempre al top, chi non accetta di essere mai mediocre o sconfitto, è di solito una persona nevrotica e complessata, che usa le conquiste per nascondere le sue insicurezze.

Consideriamo pure che l'opposto dell'abbastanza buono è il perfezionismo: un atteggiamento che - come ben sa chi ne soffre - non porta alla perfezione ma all'ossessione e alla nevrosi (perché per costui nulla è mai abbastanza buono).

Accontentarsi troppo

Naturalmente esiste anche un "accontentarsi troppo", ovvero adattarsi eccessivamente e passivamente ad una situazione, rinunciando a tutto quello che davvero vorremmo.
Un caso del genere accade quando ci accontentiamo di qualsiasi partner pur di non restare soli (oppure di qualsiasi amico, qualsiasi lavoro, ecc.). Di solito questo accade quando abbiamo scarsa stima di noi stessi, quindi disperiamo di poter trovare di meglio; oppure abbiamo troppa paura dell'ignoto o dell'incertezza, quindi ci aggrappiamo a situazioni familiari anche se deludenti.

Se è vero che sapersi accontentare aiuta a vivere con più serenità e appagamento (invece di rincorrere sempre un "meglio" che spesso è fuori portata), è anche vero che accontentarsi eccessivamente produce infelicità:
  • Ci induce ad ignorare o rinnegare i nostri desideri autentici
  • Ci porta a fossilizzarci in situazioni disarmoniche e infelici (relazioni sterili e frustranti, lavori deprimenti, ambienti in cui ci sentiamo fuori posto...)
  • Frena la naturale tendenza allo sviluppo e alla crescita personali

Insomma, come per tante cose anche nel sapersi accontentare "la virtù sta nel mezzo". Volere troppo o - al suo opposto - farci andare bene qualsiasi cosa, invece, tendono a diminuire la qualità della nostra vita.

Abbastanza positivo o troppo negativo?

Ma se le soluzioni ideali sono rare, e accontentarsi è spesso necessario, come capire se la situazione in cui ci stiamo accontentando ha senso, vale comunque la pena, oppure stiamo ingannando noi stessi a restare in qualcosa che ci fa male? (pensiamo a un partner violento o che ci maltratta di continuo, a un lavoro che ci induce alla depressione, ad un ambiente familiare che distrugge la nostra autostima).
Posto che ogni situazione ha pro e contro, dobbiamo chiederci se l'essere in quella situazione deriva da una scelta gioiosa oppure da una scelta forzata:
  • Nel primo caso la situazione, pur con aspetti negativi, tenderà a darci nutrimento, soddisfazione, piacere e benessere (anche se non sempre o con episodi di frustrazione).
    Il bilancio sarà in positivo: il bene sarà superiore al male; il "guadagno" superiore ai "costi". Saremo in quella situazione perché, in fondo, ci piace esserci (scelta gioiosa).
  • Nel secondo caso, anche se ne traiamo qualche vantaggio (altrimenti non staremmo lì), gli aspetti negativi saranno in maggioranza: ricaveremo più dolore che piacere, più frustrazione che soddisfazione, più rabbia che pace.
    Il bilancio sarà negativo: più male che bene; molta sofferenza, poca gioia. Probabilmente restiamo lì controvoglia, per paura, disperazione o risentimento (scelta forzata).

Cosa significa accontentarsi

Con "accontentarsi" non intendo dire non avere preferenze, prendere tutto quel che arriva, o non avere ambizioni. E' importante avere desideri, ambizioni e sogni per la propria vita, e impegnarsi per realizzarli: se non puntiamo in alto, non avremo occasione di spiccare il volo.
Ma siccome la realtà non si adatta a noi, a volte è più utile e costruttivo essere noi ad adattarci a lei; specialmente quando abbiamo provato di tutto, o non vediamo alcuna possibilità migliore. "Accontentarsi", per come la vedo io, vuol proprio dire avere questa capacità di adattamento, di adattarsi alle condizioni della vita quando questa non gira come vorremmo; adattarsi in senso evolutivo, cioè saper operare nella maniera più efficace rispetto alle condizioni dell'ambiente.

Quando vorremmo "10" ma la vita ci offre "5", accontentarsi (o adattarsi) significa prendere quel "5" e saperselo godere; mentre chi pretende o rifiuta orgoglioso, con tutta probabilità si ritroverà con zero.

“La realtà non si adatta a noi,
ma noi possiamo
adattarci a lei”

Chi s'accontenta gode

Accontentarsi non significa per forza vivere male, frustrati o insoddisfatti. Usando le proprie capacità creative e di adattamento, è possibile accontentarsi (quando non si riesca a fare di meglio) e raggiungere comunque risultati appaganti. Di seguito alcuni esempi:
In pratica, il fatto che spesso non riusciamo ad avere esattamente quello che vogliamo non esclude di poter trovare delle alternative - magari non ideali ma comunque interessanti. Poiché praticamente ogni situazione presenta aspetti positivi e negativi, per vivere bene è importante saper apprezzare la parte positiva, e minimizzare quella negativa (per esempio limitando gli aspetti irritanti o cercando altrove quel che manca).

Mettere assieme i pezzi

Secondo questo approccio possiamo vedere la nostra vita come un puzzle: ogni cosa che desideriamo, o per noi importante, è un pezzo del nostro puzzle, e più risulta completo meglio ci sentiamo. Invece di vedere la felicità come un obiettivo unico, magari legato ad una singola condizione ("Sarò felice quando avrò / sarò / farò..."), il modello del puzzle ci mostra come la felicità personale sia un "mosaico" di tanti elementi che contribuiscono alla nostra realizzazione ed appagamento.
Diventa così più facile coltivare i singoli elementi, magari in ambiti diversi. In questo modello "accontentarsi" può voler dire trovare una soddisfazione da una fonte inaspettata o diversa da quella che vorremmo:
  • Se nel mio lavoro non è possibile utilizzare la mia creatività, la posso applicare in altri ambiti.
  • Se voglio condividere una passione col mio miglior amico, ma a lui non piace, posso trovare un'altra persona a cui interessi.
A volte restiamo nell'infelicità perché ci ostiniamo a voler trovare qualcosa in una certa situazione, dove però non è possibile, invece di cercare altrove.

“La nostra vita è come un puzzle:
più risulta completo,
meglio ci sentiamo”

Accontentarsi nelle relazioni

Questo discorso è particolarmente vero nelle relazioni. Poiché siamo tutti imperfetti e limitati, anche le nostre relazioni lo saranno:
  • qualsiasi partner ci offrirà aspetti positivi ed altri meno;
  • qualsiasi persona potrà contribuire alcuni pezzi al nostro puzzle, ma non altri.
L'ideale romantico dice che il partner dovrebbe darci tutto e non presentare aspetti negativi, ma questo è umanamente impossibile. In questo ambito, "accontentarsi" di un partner significa che invece di pretendere tutto ci adattiamo alla situazione in modo elastico:
  • Da una parte apprezziamo e godiamo di tutti i "doni" del partner, di tutti gli aspetti positivi che ci arricchiscono l'esistenza, e gliene siamo grati.
  • Dall'altra accettiamo i suoi limiti ed imperfezioni, però senza necessariamente subirli: se un comportamento ci ferisce troviamo un accordo per cui venga evitato o ridotto; se abbiamo un bisogno che l'altro non può soddisfare, possiamo cercare altrove quel "pezzo" mancante:
    • Se tua moglie non sa fare il risotto che ti piace tanto, puoi imparare a cucinarlo tu.
    • Se tuo marito odia i pomeriggi di shopping, puoi passarli con le amiche.
    • Se il tuo compagno è taciturno (ma possiede altre qualità), trova altre persone con cui fare lunghe chiacchierate.
In questi casi "accontentarsi" non vuol dire rinunciare, ma trovare una soluzione creativa - anche se magari non ideale.

Trovare alternative in altre persone

Anche in ambito affettivo o sessuale, se il partner non soddisfa un nostro bisogno importante o lo fa solo in parte, possiamo considerare la possibilità di cercare in altri quello che non troviamo nella coppia (ovviamente è un'ipotesi di cui discutere insieme per trovare una soluzione che funzioni per entrambi).
Ad alcuni questo potrà sembrare un "volere tutto". Ma può anche essere visto come una soluzione di compromesso (quindi un accontentarsi), invece di soluzioni "estreme" come forzare il partner a cambiare (cosa impossibile) oppure lasciarlo perché carente (tanto a qualsiasi partner mancherebbe comunque qualcosa). Anche sopportare stoicamente una grave mancanza non è una vera soluzione, perchè col tempo porta inevitabilmente all'accumulo di malessere e risentimenti, che avvelenano la relazione fino ad ucciderla.

Naturalmente questa possibilità si scontra con l'ideale romantico della coppia chiusa, in cui il partner dev'essere l'unica fonte di soddisfazione affettiva, erotica ed esistenziale (è l'altro che definisce il mio valore). Ma pretendere che il partner soddisfi ogni mio bisogno è un atteggiamento infantile; è una forma di delegare la propria felicità ("Occupatene tu"), invece di prendermene la responsabilità come fa un adulto.
Nel modello del puzzle, è una mia responsabilità trovare i vari pezzi che arricchiscono la mia vita; nessuno ha il dovere di completare il mio puzzle (anche se ovviamente può contribuirvi, se vuole).


"Se nessuno attorno a voi è all'altezza delle vostre aspettative, forse esse sono troppo alte."
(Bill Lemley)


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