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Uomini e donne: 10 motivi per cui litighiamo

Uomini e donne faticano a capirsi, e spesso discutono animatamente (arrivando a bisticciare, scontrarsi o litigare); lo notiamo tutto intorno a noi (e pure a casa nostra!), e lo osserviamo in varie discussioni su Internet. Specialmente quando si parla di sesso, relazioni od altri argomenti "caldi" (abusi, violenze, discriminazioni ...), si passa spesso dalla discussione all'attacco.
Come molti altri, mi sono chiesto perché questo accade, perché sembra così difficile rispettare il punto di vista altrui e così facile "scaldarsi" quando è diverso dal nostro. Ho individuato diversi motivi alla radice di questo fenomeno, e ho compilato una lista con dieci atteggiamenti che portano al conflitto nelle discussioni.

Parità tra i sessi

Prima di iniziare, voglio stabilire alcuni concetti base:
  • Non c'è un genere "migliore" o "peggiore", non esiste un sesso "buono" o "cattivo": donne e uomini sono semplicemente diversi (per molti aspetti). E' facile da riconoscere in teoria, ma è più difficile evitare i vari pregiudizi a riguardo.
  • Ogni "difetto" o mancanza in un sesso, ha un qualche equivalente nell'altro.
  • Può piacervi di più l'uno o l'altro, si può notare che un genere è di solito più abile in alcuni aspetti... ma, globalmente, nessuno dei due può dirsi "migliore".
    Di nuovo, sembra evidente... ma se fosse tanto ovvio e tutti ci credessero, non ci sarebbe tanto dibattito.
  • Il sessismo (pensare che un sesso sia "migliore" o "peggiore" dell'altro, a prescindere) è simile al razzismo: un pregiudizio non basato sui fatti, ma su convinzioni soggettive ed emozioni. E come con qualsiasi tipo di razzismo, dall'esterno ci rendiamo conto che è una cosa stupida ma, quando siamo noi a crederci, ci attacchiamo a quel pensiero e resistiamo a metterlo in discussione.
  • Se siamo (teoricamente) d'accordo con quanto detto sopra, ma ci viene da aggiungere un "Sì, però...", di solito questo significa che prendiamo un evento personale e gli diamo un significato globale (vedi il paragrafo "2) Confondere l'esperienza con la realtà").
    Ovviamente ci sono eccezioni per ogni cosa; ma l'eccezione non cambia la regola.
Quindi, tutto quello che dirò d'ora in poi sarà ugualmente valido per entrambi i sessi.


Dieci motivi per cui uomini e donne litigano

  1. Mancanza di obiettività
  2. Confondere l'esperienza con la realtà
  3. Essere diversi
  4. Parteggiare per i nostri simili
  5. Combattere la realtà
  6. Dare la colpa
  7. Aspettative
  8. Risentimento
  9. Idealizzazione
  10. Il bisogno di avere ragione


1) Mancanza di obiettività

In primo luogo, dobbiamo riconoscere che tutti "deformiamo" la realtà in qualche modo; le nostre convinzioni sono sempre soggette alla percezione personale e alle interpretazioni. Essere pienamente obiettivi e imparziali è praticamente impossibile, quasi "inumano".
Ironicamente, la persona più obiettiva è proprio quella che ammette i suoi pregiudizi (e può quindi arginarli); quelli che pensano "Io non ho pregiudizi!", spesso ne sono pieni.

2) Confondere l'esperienza con la realtà

Le nostre esperienze personali formano il modo in cui vediamo la realtà; le nostre emozioni plasmano le nostre convinzioni. Il problema è che la realtà è molto più vasta e variegata della nostra limitata esperienza. Invece, crediamo istintivamente che la nostra esperienza rappresenti la realtà in senso esteso. E ci aggrappiamo a quello che le nostre emozioni ci dicono ("Le donne sono bugiarde!", "Gli uomini sono traditori!"), nella speranza di evitare di essere feriti nuovamente.
In altre parole, confondiamo il personale con il globale. Ma la "mia realtà" non è la realtà; dovremmo essere in grado di distinguere l'una dall'altra.

3) Essere diversi

Il fatto che per molti aspetti uomini e donne siano diversi (come ben espresso nel libro "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere" di John Gray; info nella Bibliografia), rende difficile capire il sesso opposto; ciò che ci è ignoto è più difficile da comprendere.
Specialmente su argomenti verso cui i due generi hanno atteggiamenti diversi (come la sessualità o la pornografia), questa differenza suscita facilmente conflitti; l'altro punto di vista ci risulta "alieno", e ci appare incomprensibile o assurdo.

4) Parteggiare per i nostri simili

Ci schieriamo istintivamente con chi ci assomiglia o ci è prossimo, o verso cui sentiamo una appartenenza (il nostro partner, i nostri figli, i nostri amici, la nostra squadra, i nostri concittadini o connazionali... e, di solito, il nostro stesso sesso).
Siamo sempre più ben disposti verso il "Noi" (qualunque cosa includiamo in quel "Noi") di quanto lo siamo verso di "Loro" (quelli che sentiamo estranei o diversi da noi).

5) Combattere la realtà

Alcuni fatti della vita sono inevitabili (il giorno e la notte, il clima, il fatto che si muore...); è il modo in cui va la vita. Combattere queste cose è solo uno spreco di tempo. Eppure, quando non ci piacciono quei fatti, spesso li attacchiamo, nella vana speranza che la nostra volontà possa cambiare la realtà.
Per esempio: Questi fatti sono veri per la maggior parte delle persone. Che ci piaccia o meno, questa è la realtà pura e semplice. Se io combatto questa realtà, farò come Don Chisciotte che combatteva i mulini a vento (poetico forse... ma inconcludente e fastidioso).

6) Dare la colpa

Quando ci mettiamo a biasimare gli altri, tendiamo a negare le nostre responsabilità; ed attribuiamo a loro tutte le colpe, a prescindere.
Alcune persone assorbono questa attitudine al biasimo dalla famiglia, altri la sviluppano come una sorta di protezione, ma una cosa è certa: dare la colpa non risolve nulla. E' una specie di "scappatoia infantile", dove si vede se stesso come "innocente", e la colpa è sempre di qualcun altro.
Ma nella maggior parte dei problemi, ogni parte coinvolta ha qualche responsabilità a riguardo, e solo riconoscendo quella responsabilità possiamo contribuire alla soluzione. Oppure ci sono situazioni in cui non esiste colpa (magari perché il problema è dovuto a cause esterne), quindi lanciare accuse è privo di senso.
Peraltro, quando tutti biasimano tutti, ci possono essere solo bisticci che non portano a nulla.

7) Aspettative

Tutti abbiamo numerose aspettative sul sesso opposto (spesso non dichiarate o inconsapevoli). Queste aspettative in genere provengono dalle nostre "radici" (famiglia, insegnanti, cultura...) e in buona misura non vengono messe in discussione:
  • "Gli uomini dovrebbero sempre essere forti e sicuri".
  • "Le donne dovrebbero essere docili e sottomesse".
  • "Gli uomini dovrebbero prendere l'iniziativa e pagare il conto".
  • "Le donne dovrebbero pulire la casa e cucinare", e così via...
Quando qualcuno delude una nostra aspettativa abbiamo una reazione intensa, perché crediamo che sia una cosa scontata: che sia semplicemente "Il modo in cui va il mondo (o dovrebbe andare)". In realtà, un'aspettativa è soltanto una convinzione nella nostra mente; è solo una regola arbitraria, e ognuno ha le sue regole.
Abbiamo aspettative riguardo il mondo e riguardo il nostro partner (ed anche su noi stessi!), ma di rado le esprimiamo apertamente; e sovente, le aspettative inespresse sono le più gravose. "Tu mi darai tutto il sesso (e/o amore) di cui ho bisogno", "Tu mi renderai sempre felice"... se non le mettiamo in discussione, non possiamo renderci conto che sono spesso irrealistiche.

Quando veniamo delusi, proviamo spesso un senso di tradimento: "Ma noi dovremmo essere..."," Ma tu avresti dovuto...". Magari l'altro ha infranto una promessa, ma forse non sa nemmeno che cosa avrebbe dovuto fare (l'aspettativa potrebbe non essere mai stata espressa apertamente), oppure non si è mai detto d'accordo con essa.
Possiamo anche notare che, alla base di tutte le relazioni umane (dal governo al partner, passando per amici e persino sconosciuti), c'è questa aspettativa: noi desideriamo che gli altri ci rendano felici, e/o non ci facciano soffrire. Quando questa aspettativa viene delusa (il che è inevitabile), ce la prendiamo con loro.

8) Risentimento

Quando discutiamo ferocemente su qualcosa (anche se non è niente di che), o quando attacchiamo qualcuno senza ragione (o per ragioni futili), forse la vera causa non è l'argomento in questione. Forse tutta la furia e l'intensità provengono da qualche risentimento sottostante.
Potrebbe essere risentimento accumulato verso quella persona per motivi precedenti, e che ora sta traboccando; oppure potrebbe essere qualcosa di più vecchio, legato ad altre persone o eventi, e la situazione attuale è solo l'elemento scatenante. Forse questo evento ci ricorda un vecchio dolore, o forse questa persona assomiglia a quella che ci ha ferito in passato.
Il nostro dolore rende difficile discernere; ci offusca la mente. Quando la nostra ferita è molto profonda, potremmo anche essere risentiti verso un'intera categoria (maschi, femmine, un gruppo etnico, una nazione...), perché il dolore può accecarci e farci credere che tutti quelli che assomigliano a chi ci ha fatto del male, sia nostro "nemico".

9) Idealizzazione

Idealizzare significa mettere qualcuno sul piedistallo, pensando che sia perfetto (o il migliore, o meglio di ciò che realmente è). Pensate ai tifosi: di solito idealizzano la propria squadra. Se idealizzo una donna (come accade quando ci innamoriamo perdutamente), la vedrò come perfetta e immacolata.
Il problema dell'idealizzazione è che distorce la realtà, e fa sembrare peggiore tutto il resto: se la mia squadra è la migliore, le altre devono per forza essere scadenti. Inoltre, quando si idealizza qualcuno, si diventa ciechi alle loro mancanze: se sono convinto che le donne siano creature perfette, allora ogni problema deve essere colpa degli uomini.
In un certo senso, il patriarcato ha idealizzato gli uomini, negando le loro debolezze e quindi colpevolizzando le donne al loro posto (nel Medioevo era convinzione comune che "Gli uomini non sono lussuriosi, sono le donne a sedurli e indurli in tentazione!"), mentre il femminismo spesso fa l'opposto.

Un altro problema dell'idealizzazione è quando crolla (e prima o poi succede, perché nessuno è così impeccabile). Quando un "idolo" cade, chi l'ha idolatrato si sente profondamente deluso, amareggiato, risentito (vedi il paragrafo precedente "8) Risentimento").

10) Il bisogno di avere ragione

Tutti vogliamo avere ragione e, nella maggior parte dei casi, ognuno è convinto di aver ragione. Per quanto possa apparire futile, questo bisogno ci influenza poderosamente. Spinti da esso, non è difficile arrivare a calpestare gli altri (anche coloro che amiamo), pur di continuare a sentirci "dalla parte del giusto".
Oltre che distruttivo, questo bisogno è spesso anche assurdo, nelle frequenti situazioni in cui nessuno dei due ha oggettivamente torto o ragione.


Vale per tutti

Ho compilato questa lista concentrandomi soprattutto sui conflitti tra uomini e donne, ma la maggior parte di questi atteggiamenti possono essere presenti in ogni discussione e litigio tra le persone; è parte della natura umana.

Anche quando siamo in grado di riconoscere razionalmente tutte le mancanze che ho evidenziato, tendiamo comunque ad aggrapparci istintivamente alle nostre convinzioni, alla nostra visione soggettiva. In un certo senso, è ciò che ci rende umani (solo una macchina è in grado di essere sempre obiettiva e distaccata), ma è anche una potenziale fonte di guai.

Se i motivi di questi conflitti sono comprensibili, perché continuiamo a litigare? Perché indulgiamo in questi comportamenti? In parte perché:
  • Dare la colpa agli altri è facile e piacevole: fa sentire meglio le persone, non responsabili, innocenti ("Non è mio il problema, è tuo!", "E' tutta colpa loro!").
  • Abbiamo una sorta di "cecità" verso i nostri limiti e preferenze. Siamo come pesci circondati dall'acqua, siamo immersi nelle nostre convinzioni e pregiudizi, per cui è difficile riconoscerli, guardarli "da fuori" e diventarne consapevoli.
  • I pregiudizi donano rassicurazione, evitano l'incertezza. Se qualsiasi persona potrebbe compiere qualsiasi azione, mi sento minacciato (non ho controllo, non ho modo di prevedere cosa accadrà). Se invece credo che il "male" viene solo da certe persone, posso (tentare di) controllarle, o di prevederne le azioni.
"E' più facile spezzare un atomo che un pregiudizio."
(Albert Einstein)

Nessuna bacchetta magica

Non c'è una "pillola" per risolvere questi conflitti. Poiché gli esseri umani sono creature scarsamente razionali e obiettive, non si può superare facilmente gli atteggiamenti elencati sopra. In parte, questo rende la vita e le relazioni più interessanti. ;-)
Quello che possiamo fare, è diventare consapevoli di questi atteggiamenti in noi stessi; più siamo consapevoli dei nostri pregiudizi, meno questi pregiudizi possono distorcere la nostra percezione. Quando ci capita di discutere e "scaldarci", ci possiamo chiedere: "Sto vivendo uno di questi atteggiamenti?".

Il rimedio primario, credo, rimane il vedere gli altri così come sono (invece di come vorremmo che fossero), e poi accettarli per quel che sono. Anche quando non ci piace come sono.
Dopo tutto, non è quello il modo in cui vorremmo essere trattati dagli altri?

A volte questi suggerimenti non bastano, e si fatica a comunicare in modo costruttivo, a capire le ragioni dell'altro, a venirsi incontro. In queste situazioni può essere utile rivolgersi ad un counselor o terapeuta di coppia, che agisca da mediatore e faciliti la comprensione reciproca.


"La maggioranza delle persone crede di pensare, mentre stanno soltanto riorganizzando i loro pregiudizi."
(William James - citato by David Bohm)


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Come mantenere il desiderio sempre vivo

Molte coppie, anche quelle partite con molta passione e un forte coinvolgimento, spesso sperimentano - nel tempo - una diminuzione progressiva del desiderio. Per non parlare delle coppie sposate (o comunque stabili), per cui il calo del desiderio, dell'intensità emotiva, è un fatto pressoché inevitabile. In certi casi è persino possibile capire in anticipo se la voglia di fare sesso finirà col tempo.

Ma oltre al piano relazionale anche su quello esistenziale e di appagamento personale, per molti è un problema l'affievolirsi del desiderio o della soddisfazione in alcune aree della loro vita. Ci si chiede "Come mai quella cosa che desideravo tanto, o che prima mi dava grande appagamento, ora non mi emoziona più?".

Il ciclo del desiderio e della soddisfazione

Per provare a rispondere, dobbiamo prima capire come funziona il ciclo del desiderio e della soddisfazione. Semplificando, possiamo identificare 4 fasi:
  1. Desiderio - La potente spinta verso qualcosa o qualcuno. Di solito provocato da bisogno e/o mancanza. Di intensità crescente nel tempo (più a lungo desideriamo qualcosa, più il desiderio cresce).
  2. Raggiungimento - Quando otteniamo quello che desideravamo.
  3. Soddisfazione - L'appagamento che deriva dal raggiungimento. Dopo una fase di elevata intensità, tende a descrescere progressivamente.
  4. Quiete - Dopo la soddisfazione arriva un periodo di tranquillità, in cui il desiderio è attenuato, od anche assente.


Naturalmente, persone diverse in situazioni diverse possono vivere questo ciclo con ritmi differenti.

Senza desiderio non c'è soddisfazione

Osservando questo ciclo, possiamo trarre due conclusioni:
  • Senza la fase iniziale del desiderio, non ci può essere soddisfazione. Se non desideriamo affatto qualcosa, ottenerla non ci porta alcun appagamento (cosa mi importa di qualcosa/qualcuno verso cui non ho alcun interesse?).
  • L'intensità dell'appagamento è proporzionale all'intensità del desiderio: se il desiderio è lieve (magari perché ha avuto poco tempo per svilupparsi) la soddisfazione non può essere intensa.

Da questo, risulta evidente come desiderare (cioè sperimentare il bisogno o la mancanza di) qualcosa prima, è necessario sia per l'intensità del desiderio che per sperimentare l'appagamento dopo.
In pratica, l'intensa emozione che proviamo nel raggiungere un obiettivo (sia affettivo che materiale), non è dovuta tanto all'obiettivo in sé (persona, situazione, oggetto...), ma al livello di desiderio (brama, bisogno, mancanza...) che abbiamo accumulato.
(con questo non voglio dire che l'importanza di quella persona - od altro - sia solo relativa al desiderio... ma che le emozioni travolgenti, le grandi passioni, sono profondamente radicate nel desiderio che proviamo per esse; senza desiderio, l'emozione perde le sue radici, e sfiorisce).

“Desiderare prima è necessario
per sentirsi appagati dopo”

Perché desiderio e soddisfazione calano

Questo meccanismo di desiderio e soddisfazione, aiuta di comprendere diverse situazioni che - altrimenti - risultano misteriose...
  • Spiega (almeno in parte) il calo del desiderio e dell'emozione nelle coppie stabili
Laddove prima l'amato era lontano e questo ci permetteva la crescita del desiderio, ora è sempre presente. E come può mancarci qualcuno che abbiamo già lì?
Per quanto l'amiamo o sia importante per noi, senza lo spazio/tempo in cui il desiderio (mancanza) può crescere, l'emozione non può salire ai livelli spasmodici di quando ci mancava.
  • Lo stesso accade fra gli amanti
Sempre colmi di desiderio e passione che poi, se/quando possono stare sempre insieme, scoprono che tutta quell'emozione diminuisce drasticamente (quando non scompare).
  • Spiega perché i beni materiali appagano solo brevemente
In genere, l'emozione era dovuta al desiderarli, non tanto al bene (o al possesso) in sè. Quindi l'acquisto tanto ambito, o la "shopping-terapia", ci possono recare solo un piacere temporaneo, finché un nuovo desiderio (per altri oggetti) ci emozionerà nuovamente... Nella misura in cui la ricchezza permette di acquisire facilmente quel che si desidera (almeno a livello materiale), questo riduce anche la distanza che separa desiderio e raggiungimento; quindi il desiderio non può diventare intenso, e la soddisfazione - di conseguenza - si riduce.
In altre parole, quel che è troppo facile produce poco appagamento.

“Come può mancarci
qualcuno o qualcosa
che è sempre presente?”

Come mantenere vivo il desiderio

Dopo aver compreso come funziona questo ciclo, l'unica via per mantenere acceso il desiderio sembra essere quella di "lasciare uno spazio" perché esso possa crescere nuovamente. In altre parole, non temere la mancanza, la distanza, l'assenza o il bisogno... ma concederseli, usandoli come stimolo che ravviva il desiderio.
In una relazione, può voler dire lasciare uno "spazio fra i partner" (sia fisico, di lontananza, sia di attività e interessi), per cui si ravvivi il piacere di ritrovarsi e unirsi.
  • Permettersi di "mancarsi", per potersi re-incontrare.
  • Coltivare interessi diversi, per poter poi condividere e scambiare.
  • Lasciare uno spazio di mistero e "non detto", perché l'altro rimanga un universo da scoprire.

Non sfuggire la mancanza

Alcuni temono il senso di desiderio o bisogno, perché lo vivono come mancanza dolorosa; per questo - spesso - cercano l'appagamento immediato dei loro desideri. Però questo impedisce al desiderio di "lievitare", e quindi anche alla soddisfazione di essere elevata.
Per certe persone che temono la solitudine o il senso di vuoto, "creare uno spazio" può essere un problema: esse tendono (a volte ossessivamente) a "riempire" la propria esistenza (con quello di cui sentono il bisogno)... ma in questo modo non si lascia più spazio al desiderio (e la soddisfazione cala).

Troppa sicurezza uccide il desiderio

Quelli che stanno sempre appiccicati al partner, con cui vogliono condividere tutto, rischiano di finire con un senso di abitudine e monotonia. Ed anche, prima o poi, di ritrovarsi con un bisogno di novità ed eccitazione (magari fuori dalla coppia). Perché il partner - nel frattempo - è diventato una sorta di "accessorio" costante della loro vita: non è più uno stimolo, una scoperta, una conquista.
Anche la sicurezza e la stabilità (che a molti appaiono come obiettivi preziosi), sono fattori che possono "uccidere" il desiderio. Più qualcosa è stabile e sicura, meno è stimolante; non temiamo di perderla, è costante e diventa scontata (e a nessuno piace sentirsi scontato). La psicoterapeuta Esther Perel ha dedicato il libro "L'intelligenza erotica" proprio al tema della sicurezza che spegne l'eros.
Non sempre il matrimonio è la tomba dell'amore, ma la sicurezza è la tomba del desiderio.

Ravvivare la sessualità

Benché un calo del desiderio sessuale nel tempo sia solitamente inevitabile, è però possibile ravvivare la sessualità della coppia prendendosene cura. Anche se può apparire ripetitiva, in realtà la sessualità è un territorio variegato e sconfinato - per chi è abbastanza curioso e avventuroso.

“Permettetevi di mancarvi
per potervi ritrovare”

L'amore ha bisogno di spazio

Il poeta libanese Gibran ci ricorda l'importanza di lasciare questo "spazio" in una coppia vitale:

"Ma vi sia spazio nella vostra unione. E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe, ma non bevete da un'unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.
Donatevi il cuore, ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
le colonne del tempio si ergono distanti,
e la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro."

(da "Il Profeta - Sul matrimonio")

Altri fattori emozionali

Oltre al meccanismo sopra esposto, naturalmente il desiderio può andare in crisi per molte altre ragioni. Di seguito elenco alcuni fattori di natura emozionale, che possono fortemente influenzare il desiderio o la disponibilità al sesso con il partner.

Se non ci sentiamo amati o voluti

Si dice che l'uomo ha bisogno del sesso per sentirsi amato, la donna ha bisogno dell'amore per aprirsi al sesso (non sempre è così, ma è un'indicazione spesso valida). In realtà tutti abbiamo bisogno sia di sentirci amati che desiderati.
  • Quando non ci sentiamo amati (o ci sentiamo "amati male"), tendiamo a chiuderci, a ritrarci nella sofferenza, e questo include una chiusura sessuale.
  • Sentirsi non voluti o respinti sessualmente, ci porta a chiuderci e alla freddezza affettiva (questo è specialmente vero per gli uomini, ma non solo).
Questo tipo di ferite possono portare a circoli viziosi, per cui uno dei partner si chiude e induce così l'altro a chiudersi a sua volta; finché entrambi i partner si ritrovano distanti e isolati, magari senza nemmeno capire bene cosa sia successo.

Se ci sentiamo usati

Ci sentiamo usati quando gli altri non si curano di noi o dei nostri bisogni, non ci apprezzano come individui, ma ci cercano solo per soddisfare i loro bisogni, come se fossimo degli "oggetti". Se sentiamo che il partner non è davvero interessato a noi come persona, ma ci vuole solo per fare i "comodi suoi" o perché gli siamo utili (esempi comuni: alle donne di essere volute solo per il sesso; agli uomini di essere voluti solo per il denaro), ci sentiremo profondamente feriti e rabbiosi, oltre ad avere un grave calo di interesse verso il partner.

Se per il partner siamo "uno (una) qualunque"

Tutti vorremmo sentirci unici e insostituibili; questo ci fa sentire importanti e ci rassicura. All'opposto, se sentiamo che per l'altro noi o un altra persona non farebbe alcuna differenza, ci sentiamo sminuiti e mortificati. Per le donne in particolare, questo è estremamente antierotico: l'impressione di essere "una fra mille", di essere voluta solo perché femmina ("basta che respiri"), soffoca qualsiasi desiderio - oltre a provocare disprezzo e risentimento.

"Non si desidera ciò che è facile ottenere."
(Ovidio)

"La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità."
(Bertrand Russell)

"Ciò che desideriamo e non possiamo conseguire ci è più caro di quello che abbiamo già conseguito."
(Kahlil Gibran)


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Il lato tragico della vita

Riflettevo in questi giorni sul lato tragico della vita, una parte dell'esistenza che mi è diventata evidente in questi ultimi anni difficili.
Una parte che molte persone mi sembrano voler ignorare, dimenticare o rimuovere a tutti i costi: l'idea che si possa eliminare la sofferenza, l'ambizione di restare sempre giovani, la negazione e rimozione della morte, l'idea che il denaro possa comprare tutto (e quindi rendere "onnipotenti"), l'idea che siamo noi umani a causare le catastrofi naturali... mi sembrano tutti modi (a volte disperati) per sfuggire a questa parte intrinseca (e inevitabile) della vita.

Con "lato tragico", intendo quegli aspetti dell'esistenza negativi, angoscianti o drammatici, che si possono (a volte) limitare, ma mai eliminare.
  • L'inevitabilità della sofferenza (non sempre accade quel che vogliamo, spesso accade quel che non vogliamo)
  • L'inevitabilità della perdita (tutto cambia - e questa è una delle poche verità universali - quindi quello che ci è caro scomparirà prima o poi, noi stessi inclusi)
  • Il fatto che siamo limitati (non potremo mai fare / avere / essere / sapere tutto)
  • L'assenza di certezze e sicurezze
  • Il fatto che non possiamo mai fidarci completamente (tutti mentono, a se stessi in primo luogo, quindi chiunque potrebbe dirci falsità, a partire dalla mia stessa mente)
  • Il fatto che siamo in balìa di forze (naturali) più grandi di noi (che agiscono a prescindere da chi ci sta in mezzo)
  • Lo smarrimento esistenziale dovuto alla consapevolezza che siamo creature minuscole in un universo sconfinato, di cui non conosciamo le ragioni, in cui fatichiamo a trovare un senso, e che ci appare spesso indifferente o crudele
  • Il fatto che siamo qui per un breve periodo (un battito di ciglia per l'universo) e poi moriamo, senza lasciare tracce (e senza sapere se c'è qualcosa dopo).

Paradisi artificiali

Terrificante? In effetti...
Forse per questo, molti non sopportano questa tragicità, la respingono, e si rifugiano in illusioni consolatorie come religioni, ideologie, miti, consumismo...
Queste "vie di fuga", infatti, permettono di credere che, in qualche modo, si possa raggiungere un "mondo perfetto", una "età dell'oro", senza più dolore né paura (quando si realizzerà "il regno di dio"... o "il socialismo"... quando "guadagnerò abbastanza"...).

C'è anche il lato "luminoso"

Se questo elenco può apparire disperante, voglio però sottolineare che ho parlato di lato tragico. Questo infatti è solo una parte dell'esistenza...
Dall'altro lato, ci sono fattori come la bellezza, il piacere, l'amore, l'amicizia, la compassione, la solidarietà, la condivisione, la conoscenza, le arti...
Tutte cose che possono rendere la vita degna di essere vissuta, e sono "antidoto" alla sua inerente tragicità.

In altre parole, la vita è un miscuglio di "ombre " e "luce"; e sta a ciascuno affrontare (e limitare, per quanto possibile) le ombre, e alimentare la luce.
Se una certa parte di oscurità è inevitabile, lo splendore della luce è (almeno in parte) dovuto all'impegno dei singoli di farla brillare, nonostante tutto.

Guardare la paura negli occhi

Ma - si potrà obiettare - se questi aspetti dell'esistenza sono così terribili, perché porre l'attenzione su di essi? Perché non ignorarli o dimenticarli?
Ed è proprio quello che molti fanno.

Purtroppo, ignorare i problemi non li risolve, ed ignorare le paure non ci aiuta. Anzi:
  • Conoscere qualcosa è necessario per affrontarlo e migliorarlo (sapere è potere). Viceversa, ignorare qualcosa ci impedisce di intervenire, di scegliere, di capire; l'ignoranza ci rende impotenti.
  • Se soffriamo a causa di questi fattori (e chi non patisce almeno alcuni di essi?), riconoscerlo ci aiuta a gestire questa sofferenza, a mediarla, a farcene una ragione. Viceversa, se ne ignoriamo l'origine ci ritroviamo con un dolore misterioso, cieco, che ci strazia senza che sappiamo spiegarlo. L'ignoranza non attenua il dolore, anzi lo rende più spietato.
E' vero che molti di questi fattori vanno al di là del nostro controllo, ma guardarli in faccia ci permette comunque di scegliere il modo migliore di affrontarli.

Questa esposizione del lato tragico, quindi, non ha lo scopo di angosciare o preoccupare, bensì di rivelare qualcosa con cui tutti ci troviamo a fare i conti.
E poiché non possiamo eliminare questi fattori, la cosa migliore che possiamo fare è prenderne consapevolezza per poter migliorare ciò che possiamo cambiare, e fare pace con quel che non possiamo.


"Voler evitare ogni incontro col dolore significa rinunciare a una parte della propria vita umana."
(Konrad Lorenz)


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Qualche segreto sulla sessualità femminile

Prendo spunto da due articoli (in inglese), per rivelare aspetti della sessualità femminile che non tutti conoscono, e smentire certi stereotipi purtroppo diffusi.
In effetti, la sessualità delle donne è un argomento che suscita forti opinioni (spesso infondate) e prese di posizione. Non è un caso - credo - che essa sia stata oggetto di controllo, svalutazione e repressione da millenni; una ragione sembra essere che i maschi ne sono spaventati. Forse perché è più "possente" della loro?

Alle donne il sesso piace

Quando ero giovane, credevo che le donne fossero poco interessate al sesso; mi ci sono voluti anni per scoprire quanto fosse falso! Tutt'oggi circola il luogo comune che vuole le donne relativamente indifferenti al piacere, o comunque alla sessualità fuori da una relazione sentimentale: non è proprio (o sempre) così.
Alle donne il sesso piace. Eccome! (però lo vivono diversamente dagli uomini). Il piacere femminile può essere più intenso, profondo e duraturo di quello maschile; le donne possono essere multi-orgasmiche. La sessualità femminile, quando vissuta pienamente, appare di un ordine di grandezza superiore a quella maschile.
Il problema è che, per una serie di ragioni, molte donne reprimono il proprio desiderio, o non vivono la propria sessualità con pienezza; e quelle che lo fanno, di solito non lo dicono in giro (vedi sotto).

“Il piacere femminile può essere
più intenso, profondo e duraturo
di quello maschile”

Più qualitativa, meno quantitativa

Una volta stabilito che la sessualità può essere appagante per le donne quanto (e più) che per gli uomini, va precisato che i due generi tendono ad approcciarla in modo diverso.
  • Le donne sono più selettive, mentre gli uomini sono più disponibili (a volte è vero che "Basta che respiri"...).
  • Le donne cercano una maggiore qualità, gli uomini preferiscono la quantità (una donna rinuncia facilmente a del sesso mediocre; per un uomo può essere comunque "meglio che niente").
  • Le donne si frenano di più, temono il giudizio, si preoccupano delle opinioni altrui (vedi sotto); alcune pensano ancora che godersi il sesso sia "da puttana".
  • Per molte donne la sessualità non può essere separata dalla dimensione affettiva, ma non è così universale come si crede (può dipendere dalla personalità, dall'età, dalla situazione, dall'educazione... e dal maschio che hanno davanti).

Le donne, che bugiarde

Nelle ricerche fin dal 1960, gli uomini hanno abitualmente dichiarato di aver avuto più partner sessuali di quanto dichiaravano le donne - il che è statisticamente impossibile.
In precedenza si supponeva che questa incoerenza fosse dovuta agli uomini che esageravano le loro conquiste. Uno studio rivela che, in queste ricerche, gli uomini sono piuttosto sinceri, mentre le donne tendono a mentire, specialmente se pensano di essere giudicate.
La psicologa Terri Fisher spiega che "Le donne sono più sensibili alle aspettative sociali riguardo il loro comportamento sessuale, e possono essere meno oneste" a riguardo; le donne - prosegue - sembrano sentirsi spinte a corrispondere alle aspettative che le vogliono più inclini alle relazioni e non promiscue.

La ricerca si è svolta su 200 studenti tra i 18 e i 25 anni, divisi in tre gruppi:
  1. il primo gruppo ha compilato i questionari sapendo che i ricercatori potevano controllare le risposte;
  2. il secondo gruppo ha risposto in modo anonimo;
  3. il terzo gruppo era collegato a un poligrafo (la "macchina della verità").
Questi sono stati i risultati:
  1. Le donne che pensavano di poter essere giudicate dai ricercatori dissero di aver avuto - in media - 2,6 partner sessuali;
  2. quelle che rispondevano in modo anonimo indicarono 3,4 partner;
  3. ma quelle che credevano di poter essere "scoperte" dal poligrafo (in realtà finto), dissero di aver avuto 4,4 partner.
In pratica, nella situazione in cui mentire sarebbe stato scoperto, le donne sono arrivate ad ammettere il 70% in più di partner di quelle che temevano il giudizio; questo spiega la differenza nelle risposte di uomini e donne, con queste ultime che temono di essere etichettate come "donne facili".
Per contro, le risposte degli uomini non sono variate sensibilmente: quelli collegati al poligrafo hanno dichiarato una media di 4,0 partner, mentre quelli del primo gruppo 3,7.

La Fisher conclude che "Viviamo in una cultura che si aspetta davvero un comportamento sessuale diverso" per le donne e per gli uomini. E' ancora molto diffuso (anche in chi si dichiara "moderno") un doppio standard, per cui un uomo che ha avuto molte partner è un "vero uomo", uno "stallone", mentre una donna che faccia lo stesso sia "immorale" o una "poco di buono".

“Quando si tratta di sesso,
le donne tendono a mentire”

Le donne mature vanno forte

In questo articolo, si parla di come le donne mature siano più sessualmente avventurose di quelle giovani, citando alcune ricerche. Una di queste (svolta su 1400 donne tra i 20 e i 50 anni), rivela come le donne tra i 30 e 50 anni siano più inclini a fare sesso al primo appuntamento (quasi il doppio: fino al 29%, contro il 17% delle 20-29enni).
La cosa può sorprendere, considerato il luogo comune sui giovani dai costumi più liberi e trasgressivi. Ma le donne tra i 20 e i 30 anni sono ancora condizionate dalle opinioni di amiche e familiari; inoltre, avendo minore esperienza sono insicure su quello che vogliono, e sul proprio aspetto. Il che suona ironico, visto che anche le donne mature sono insicure riguardo il loro corpo (e con maggior ragione); le giovani sono però più influenzate dai canoni sociali (specialmente sulla magrezza).
Altre ragioni per cui le donne tra i 30 e i 50 anni "pensano di più al sesso, lo fanno più spesso e sono più disponibili", possono essere:
  • Il declino dela fertilità (la spinta biologica a concepire si fa più forte)
  • Le donne più mature sono maggiormente a loro agio con la sessualità
  • Sanno meglio cosa vogliono e cosa no
  • Sanno godere meglio della loro sessualità (le donne tra i 40 e i 50 anni sono quelle che maggiormente raggiungono l'orgasmo - 86%)
  • Vogliono sesso di qualità (poiché ne hanno avuto abbastanza di quello scadente)
  • Hanno meno tempo (sia nelle loro giornate che nella vita), per cui non lo sprecano in situazioni inconcludenti o nell'attesa
  • Date le loro esperienze, alcune hanno minori aspettative, non sono interessate a una relazione, o temono di sentirsi legate
  • Sono più libere dalla preoccupazione di restare incinte
  • A volte vogliono solo divertirsi o assaporare il piacere.
Per contro, una giovane ha - in genere - dei "progetti" di vita (stabilità affettiva, matrimonio, figli...), che possono condizionarla e frenare i suoi desideri istintivi.

“Le donne tra i 30 e i 50
pensano di più al sesso,
lo fanno più spesso
e sono più disponibili”

Il fenomeno delle "pantere"

Parlando di sesso e donne "mature", va citata la diffusione (relativamente recente) delle donne che si accompagnano a uomini molto più giovani (definite in inglese "cougar", in italiano "pantera"). Può sembrare solo una questione di sesso fine a se stesso, la fantasia femminile di una "avventura" con uomini più "freschi" e attraenti... e a volte è così; ma non di rado anche i giovani uomini manifestano desiderio per queste donne, ed interesse a coltivare una relazione con loro.
D'altronde, gli uomini maturi lo hanno fatto da sempre; sembra quindi solo una naturale evoluzione della parità sessuale, che possa funzionare anche al contrario. E' vero che la preferenza maschile per donne più giovani ha una funzione "biologica" (una donna giovane è più fertile e ha più chances di procreare figli sani), ma una persona può scegliere di non sottostare alle pulsioni biologiche.
Per alcuni uomini la giovinezza è un fattore essenziale in una donna, ma questo non vale per tutti: uomini che preferiscono le "pantere" apprezzano la loro fiducia in se stesse, l'esperienza, l'assenza di drammaticità nella relazione.

Lo stereotipo che vede la donna matura come poco appetibile, ormai "fuori mercato", oppure destinata a rinunciare alla propria sessualità, è quindi in declino.

Meno etichette, più scelte personali

Alla fine, queste notizie sulla sessualità "matura" evidenziano due aspetti:
  • Quanto sia futile classificare le persone (preferenze ed esperienze individuali variano grandemente): c'è chi predilige stabilità e progettualità, chi sceglie di godere del momento, e questo vale per qualsiasi età.
  • Al giorno d'oggi siamo tutti più liberi di fare scelte diverse: non dover aderire forzosamente a un ruolo o ad un'etichetta, ma scegliere lo stile di vita che ognuno sente più adatto.

Personalmente, trovo che qualsiasi posizione sia degna di rispetto: dalla giovane che vuole rimanere vergine fino al matrimonio, alla donna matura - e persino anziana - che vuole godersi la sua sessualità buttando al vento le vecchie paure... purché sia liberamente scelta e non venga imposta come modello di riferimento.
Ritengo invece inaccettabile quando qualcuno cerca di condizionare il modo di vivere altrui e imporre quella che ritiene la "normalità", oppure giudica gli altri con un'attitudine "Il mio modo di vivere è giusto, il tuo è sbagliato".


"Ogni donna ha in sè una Maddalena e una Madonna,
ogni donna è un luogo di piacere e di convenzioni."

(Raffaele Morelli)


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Capire gli altri - 3) Contraddizioni

Quante volte gli altri ci appaiono come un mistero? Quante volte deludono le nostre aspettative, o si comportano in modi che ci sembrano privi di senso? Questo è particolarmente vero nei rapporti fra uomini e donne.
In questa serie di tre post, cercherò di spiegare alcuni dei motivi principali di queste incomprensioni. Conoscendoli, possiamo "leggere" meglio le altre persone, e comprendere le ragioni dei loro comportamenti.
  1. Nel primo post, parlo di quanto gli altri possano essere diversi da me.
  2. Nel secondo, spiego l'importanza delle sfumature (invece del vedere ogni cosa come bianca o nera).
  3. In questo, osservo quanto le persone possano essere contraddittorie (e quanto sia parte dell'essere umano).
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

Un mosaico di contraddizioni

Alcuni aspetti della realtà obbediscono a regole semplici: nella meccanica, nella fisica newtoniana, un evento è in un certo modo, e non può essere il suo contrario. Nell'essere umano, invece, tutto è più complicato e imprevedibile.

Le varie "sfumature" di una personalità (di cui ho parlato nel secondo post) si combinano spesso in modi complessi: siamo tutti un misto di intelligenza e (almeno un po') di stupidità, di altruismo ed egoismo, ecc. Spesso caratteristiche opposte convivono nelle stessa persona, esprimendosi in contraddizioni che - da fuori - possono sembrare incomprensibili: "Ma come - diciamo - ieri era così simpatico/a (paziente, serio, appassionato, premuroso...) ed oggi invece sembra tutto il contrario...?!?".
Facile pensare che una di quelle due "facce" sia una finzione; ma spesso non è così (anche se può accadere). Semplicemente, di solito entrambe quelle "facce" (insieme a molte altre) fanno parte della stessa persona. Sono come "tessere di un mosaico" (di forme e colori anche molto diversi) che - insieme - compongono l'intera personalità.
Un po' come vari attori su un palcoscenico, a volte uno di essi è dominante, altre volte entra in scena qualcuno che non ci saremmo aspettati... ma sono tutti parte della vicenda. Lo psichiatra Roberto Assagioli introdusse il concetto di sub-personalità, ovvero svariate componenti della nostra psiche che "abitano" tutte insieme dentro di noi (all'opposto di un'idea di personalità univoca e "monolitica").
E' ovvio che tutti questi "frammenti" non possono essere sempre concordi e coerenti: da qui la molteplicità di una personalità, ed anche le sue contraddizioni.

Comprendere l'altro, ma anche noi stessi

Tra l'altro, tenere presente questo "mosaico" ci aiuta anche a comprendere noi stessi. Spesso crediamo di dover essere sempre in un certo modo (perché ci hanno detto che è l'unico "giusto"), oppure che non possiamo cambiare idea o atteggiamento: questa è una forzatura che genera disagio e sofferenza, che ci blocca in una "camicia di forza" che non assomiglia al nostro vero Io.
Invece, riconoscere tutte le "voci" diverse che fanno parte di noi, ci permette di accettare (e coltivare) l'intera nostra personalità; comprese le sue contraddizioni (che, una volta accolte, diventa più facile armonizzare).

Siamo tutti Jekyll e Hyde

In fondo, chi è sempre e soltanto intelligente? O costantemente buono e amorevole? Una persona così sarebbe ben poco umana; ci potrebbe essere utile, forse, ma non la sentiremmo simile a noi.
La natura umana (così come - sovente - la Natura stessa) è molteplice e contraddittoria. Anche arte e letteratura ce l'hanno ricordato spesso. L'esempio più classico è quello della "coppia" Dottor Jekyll e Mister Hyde: che sono in realtà la stessa persona o - per meglio dire - due aspetti opposti che convivono nel medesimo individuo. Il fascino duraturo di questo racconto, non fa che testimoniare quanto faccia parte di tutti noi: ognuno ha dentro un potenziale "Mister Hyde".
Anche nel "mito" moderno di Star Wars, al di là della separazione tra "buoni" e "cattivi", il concetto di Forza ci ricorda che essa può essere sia "luminosa" che manifestarsi nel "lato oscuro" (dipende dalle scelte dell'individuo). Quindi, non si è mai "buoni" o "cattivi" per natura (in modo innato e inevitabile), ma in ogni momento si sceglie quale parte di sé esprimere.

Inoltre, non va dimenticato che molte delle nostre "sub-personalità" agiscono fuori dal nostro controllo cosciente (almeno in parte). Come nel caso di Jekyll e Hyde, la "parte oscura" può manifestarsi fuori dalla nostra volontà. Come Freud notava oltre un secolo fa, la parte inconscia della nostra mente è quella più grande, simile alla parte sommersa di un iceberg.
Per questo, quando qualcuno ci delude od offende con le sue azioni, è bene ricordare che - forse - non l'ha fatto con intenzione; magari è stata una sua parte inconscia a giocargli qualche tiro mancino. E' bene quindi spiegarsi e chiarirsi, invece di dare per scontata l'intenzione malevola.

Le motivazioni che ci muovono

Un altro motivo per cui ci comportiamo in modo contraddittorio, è che in noi agiscono motivazioni diverse (e, a volte, opposte):
  • A volte siamo guidati dall'amore, dalla creatività, dall'entusiasmo...
    a volte siamo preda della paura.
  • Vorremmo fare felici le persone a cui vogliamo bene...
    ma vogliamo anche essere felici noi.
  • Tutti abbiamo un impulso di fondamentale egoismo (necessario per sopravvivere)...
    ma a volte lo trascendiamo e anteponiamo il bene collettivo.
  • A volte tendiamo maggiormente a cercare il piacere, la gioia...
    a volte preferiamo evitare il dolore.
  • In certe situazioni preferiamo essere pratici e concreti...
    in altre ci lasciamo andare ai sogni e alle speranze.
Un certo comportamento, quindi, non esclude che il giorno dopo si agisca in base a una motivazione opposta. Dipende da molti fattori, da quello che ci accade intorno, dallo stato emozionale e biochimico dentro di noi (incluse, per le donne, le alterazioni dovute ai cicli ormonali).

Inoltre, nelle relazioni ci troviamo di fronte ad aspetti dell'altro che ci suscitano reazioni diverse: magari apprezziamo una certa parte di una persona (es. la fantasia, la forza), ma siamo infastiditi da un'altra parte (es. il disordine, la rigidità). Ricordiamoci che non esiste l'uomo perfetto, così come non esiste la donna ideale.
Non è quindi sorprendente, a volte, provare verso la stessa persona sentimenti opposti; quando una relazione è intensa e profonda, possiamo arrivare ad amare e odiare la stessa persona; oppure amarla e non sopportarla più. Se succede, è il caso di fare chiarezza su quel che ci ferisce nell'altro, e cercare di comunicare il nostro conflitto senza aggredire la persona.

Dall'esclusione all'inclusione

Insomma, per capire il mondo e gli altri (ed anche noi stessi), è indispensabile riconoscere che siamo creature complesse e contraddittorie. Che dentro ciascuno c'è un mondo vasto e - per molti versi - misterioso, dove potrebbe accadere di tutto (e spesso accade!).
Per avere questa apertura mentale, è indispensabile abbandonare una mentalità schematica, esclusiva, cartesiana (per cui qualcosa è in un modo oppure nel suo opposto; per esempio "buono" oppure "cattivo") e adottare una mentalità elastica, inclusiva, olistica (dove qualcosa può essere in un modo ed anche in un modo diverso, od opposto). In poche parole, saper pensare in termini di "questo E quello", invece di "questo OPPURE quello".
Perché la realtà, molto spesso, include "questo E quello".

Fare pace col "diverso"

In conclusione, l'errore più grande che possiamo fare è pensare che "diverso da me" equivalga a "sbagliato". Anche se questa è una reazione istintiva (ciò che è diverso ci crea fatica e fastidio), ci impedisce di relazionarci in modo positivo. Per quanto sia umano desiderare che l'altro corrisponda ai nostri desideri e aspettative, dobbiamo capire che questo non può accadere sempre.
Solo riconoscendo che "diverso" non è né meglio né peggio... ma solo diverso, possiamo vivere in pace col resto del mondo.
E magari, a volte, riuscire a capirlo. :-)


"Faust si lamentava di avere due anime nel petto, io ne ho una folla litigiosa.
E' come essere in una repubblica."

(Otto von Bismarck)

"Mi contraddico?
Ma certo che mi contraddico, sono grande, contengo moltitudini."

(Walt Whitman)

"L'uomo, un microcosmo."
(Democrito)


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Capire gli altri - 1) Diversità

Quante volte gli altri ci appaiono come un mistero? Quante volte deludono le nostre aspettative, o si comportano in modi che ci sembrano privi di senso? Questo è particolarmente vero nei rapporti fra uomini e donne.
In questa serie di tre post, cercherò di spiegare alcuni dei motivi principali di queste incomprensioni. Conoscendoli, possiamo "leggere" meglio le altre persone, e comprendere le ragioni dei loro comportamenti.
  1. In questo post, parlo di quanto gli altri possano essere diversi da me.
  2. Nel secondo, spiego l'importanza delle sfumature (invece del vedere ogni cosa come bianca o nera).
  3. Nel terzo, osservo quanto le persone possano essere contraddittorie (e quanto sia parte dell'essere umano).
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

L'altro è "altra cosa" da me

L'errore principale che compiamo, è presumere che gli altri siano come noi, pensino come noi, sappiano quello che sappiamo noi. E' un errore molto comune, tanto che è stato scritto un libro dedicato ad esso: "The usual error" - "Il solito errore", di Pace e Kyeli Smith (recensioni in inglese).

In quanto esseri umani abbiamo molte cose in comune, ma ognuno è unico: le sue esperienze, il suo ambiente, le sue conoscenze, faranno sì che veda e viva il mondo in un modo che è - almeno in parte - diverso da quello di chiunque altro. Persino due gemelli omozigoti (con lo stesso corredo genetico), si sviluppano come persone differenti!
La verità è che ognuno è diverso da noi: può suonare come banale e scontato, ma quante volte lo teniamo presente mentre comunichiamo? Se ce ne dimentichiamo, possiamo commettere errori come questi:
  • Se parlo trascurando informazioni che per me sono scontate (ma che all'altro potrebbero essere ignote), risulterò poco comprensibile.
    Quindi ---> Il mio linguaggio deve adattarsi alla comprensione altrui.
  • Se presumo che l'altro abbia i miei stessi desideri e obiettivi, senza discuterne, potremmo trovarci in conflitto o distanti.
    ---> E' sempre utile esprimere i propri desideri/obiettivi e confrontarli con quelli dell'altro (specialmente in relazioni importanti).
  • Se l'altro manifesta un certo stato d'animo, ma non lo esprime chiaramente, potrei interpretarlo in modo errato (basandomi sul mio modo di essere o esperienza) e trarre conclusioni infondate - magari credendo che l'altro sia arrabbiato quando non lo è.
    ---> E' sempre bene chiedere cosa sente l'altro, invece di tirare a indovinare o basarsi sui propri modelli (spesso potremmo scoprire che le cose stanno diversamente da come credevamo).
  • Una frase che ho udito spesso è "Gliel'ho fatto capire": significa che la comunicazione non è stata chiara e diretta, ma basata su allusioni e accenni. Molto spesso, l'altro fraintende o non ha idea di quello che si voleva comunicare!
    ---> Se davvero voglio essere capito, devo esprimere sempre chiaramente e direttamente i miei intenti, e MAI limitarmi ad accenni e sottintesi (gli altri NON sono telepatici ;-).
  • Se tratto l'altro nel modo in cui vorrei essere trattato io, potrei scoprire (magari in modo sgradevole) che l'altro ha gusti assai diversi dai miei.
    ---> Meglio verificare cosa realmente piace all'altro (questo è molto importante nella sessualità, dove quel che è gradito agli uomini spesso non piace alle donne, e viceversa).
La "regola d'oro" "Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te" è - di base - un atteggiamento positivo, ma include lo stesso errore di fondo: presumere che quello che è buono per noi, sia buono anche per gli altri; non sempre è così.

C'è sempre una ragione

Quando qualcuno agisce in modi che a noi sembrano negativi o assurdi, è importante ricordare che avrà comunque una ragione per fare quello che fa. Può darsi che abbia motivi che non conosciamo, oppure che siano diversi dai nostri, o ancora che siano moralmente sbagliati (ma, anche qui, tutto è relativo: poiché siamo tutti diversi, a volte giusto o sbagliato dipendono da chi giudica).
Ad ogni modo, credere che un comportamento sia "privo di senso", vuol solo dire che non capiamo le ragioni che vi stanno dietro. Ma una ragione c'è sempre (magari inconsapevole) e, se indaghiamo e approfondiamo, potremmo scoprirla. Questo atteggiamento di apertura mentale:
  • A livello pubblico, ci permette di convivere più serenamente con i nostri simili. Ci "salva" anche dal risentimento che proviamo quando non comprendiamo la ragione degli eventi.
  • A livello personale, ci permette di capire meglio amici, parenti e partner; diminuisce giudizi e conflittualità; incoraggia la comprensione e la profondità di rapporto.

Uomini e donne: pianeti distanti

Nelle relazioni fra uomini e donne, le diversità sono particolarmente rilevanti.
Molti, conoscendo poco la natura del sesso opposto, si aspettano qualcuno simile a se stessi; che il/la partner si comporterà secondo il mio stesso modo di essere, o gradirà le stesse cose che piacciono a me. Il più delle volte questo non accade, proprio perché a livello psicologico uomini e donne presentano molte differenze (vedi il libro "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere" di John Gray; info nella Bibliografia).

Se teniamo presente che "l'altro" significa "ciò che non sono io", daremo meno cose per scontate e saremo più attenti all'unicità delle persone che abbiamo di fronte.
Tra uomini e donne, se ricordiamo che l'altro/a è un "mondo misterioso", saremo più aperti, curiosi e disposti a scoprire chi e come sia realmente. Per quante volte ce lo troviamo davanti, non finiremo mai di scoprire qualcosa di ancora ignoto.

(la serie su "Capire gli altri" continua nel secondo post: l'importanza delle sfumature).


"Il dramma della vita è che tutti hanno le loro ragioni."
(Jean Renoir, nel film "La regola del gioco")


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Capire gli altri - 2) Sfumature

Quante volte gli altri ci appaiono come un mistero? Quante volte deludono le nostre aspettative, o si comportano in modi che ci sembrano privi di senso? Questo è particolarmente vero nei rapporti fra uomini e donne.
In questa serie di tre post, cercherò di spiegare alcuni dei motivi principali di queste incomprensioni. Conoscendoli, possiamo "leggere" meglio le altre persone, e comprendere le ragioni dei loro comportamenti.
  1. Nel primo post, parlo di quanto gli altri possano essere diversi da me.
  2. In questo, spiego l'importanza delle sfumature (invece del vedere ogni cosa come bianca o nera).
  3. Nel terzo post, osservo quanto le persone possano essere contraddittorie (e quanto sia parte dell'essere umano).
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

Una realtà a colori, non in bianco/nero

La realtà - e le persone - non sono mai "bianche" oppure "nere", ma sempre in qualche sfumatura di "colore". In altre parole, non esiste nulla (e nessuno) che corrisponda semplicemente ad un estremo (per esempio solo "buono" o "cattivo", "intelligente" o "stupido"...), ma ogni cosa/evento/persona si trova in qualche punto di un continuum, di un arco di possibilità tra due estremi.
Ad esempio, è poco efficace descrivere una persona solo come "razionale" oppure "emotiva"... perché nessuno è totalmente l'uno o l'altro. Piuttosto, ognuno ha in sé una parte razionale ed una emotiva; spesso una delle due parti è dominante, ma questo non esclude l'altra, né la possibilità che - in certi casi - le parti si invertano (per esempio, il tipo "razionale" che perde le staffe e dà i numeri).

L'etichetta è un preconcetto

La tendenza a vedere persone ed eventi in "bianco/nero", ci porta a considerare o giudicare basandoci su "etichette" riduttive: Bruno è "cattivo", Antonia è "una brava ragazza"... ma questi sono preconcetti limitati, che ci impediscono di cogliere la complessità, le possibilità, le contraddizioni.
E, nel momento in cui gli altri "fuoriescono" dall'etichetta che gli abbiamo assegnato, non riusciamo più a capirli: pensiamo che siano loro ad essere "strani", "illogici" o "sbagliati"; mentre - invece - sono semplicemente "usciti" dal nostro schema riduttivo.
Quando qualcuno ci appare incomprensibile o privo di senso, il più delle volte è semplicemente perché fuoriesce dai nostri schemi di giudizio (l'errore è quindi nel nostro metro limitato). Oppure, come ho scritto nel primo post della serie, è perché ci aspettiamo che sia come noi (e, ovviamente, non lo sarà).

Particolarmente quando abbiamo a che fare con persone "lontane" dal nostro modo di essere (sia per età, cultura, etnia, religione, o sesso), è importante ricordare come i nostri schemi di giudizio non si adattino a loro (o solo parzialmente). Per capirli, dobbiamo quindi "dimenticare" temporaneamente la nostra personale visione della realtà, e cercare di comprendere la loro.
Quando metto da parte quello che è importante, o vero, o "giusto" per me, e mi accorgo che le cose importanti, vere o giuste per l'altro possono essere diverse dalle mie, ecco che mi apro alla diversità dell'altro e posso iniziare a comprenderlo davvero.

Diverse modalità di azione

Inoltre, non esistono solo le "sfumature" di colore. Ci sono numerose modalità di comportamento, e ciascuna si estende su un continuum tra due opposti. Per esempio, si può tendere più all'analisi oppure alla sintesi; cercare il cambiamento oppure la stabilità; essere più riflessivi oppure più impulsivi.
Per ciascuna di queste modalità, ognuno si posiziona in un certo punto del continuum (la "sfumatura" tra gli estremi); un'altra persona che si posizioni in un punto distante, agirà in modo diverso, e i due faticheranno a capirsi. Se Marco è piuttosto riflessivo e Anna tendenzialmente impulsiva, la loro diversità tenderà a creare conflitti; a meno che entrambi riconoscano questa diversità, e accettino che l'altro ha un "ritmo" differente.
Ricordiamoci che - spesso - gli opposti si attraggono (magari perché si completano reciprocamente): ma se poi non si accoglie la "alterità" del partner, si finisce col combatterlo per renderlo - ironicamente - più simile a noi.

Infine, tutte queste "sfumature" si combinano in modi complessi. Spesso caratteristiche opposte convivono nelle stessa persona, esprimendosi in contraddizioni che - da fuori - possono sembrare incomprensibili; di questa natura contraddittoria dell'essere umano parlo nel terzo post di questa serie.


"La diversità di ognuno di noi non è un'arma per discriminare, etichettare, ma una ricchezza."
(Pier Paolo Pasolini)


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