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Vogliamo sempre di più: l'ambizione umana e le sue conseguenze

L'ambizione ci ha resi la specie dominante ma crea molti dei nostri problemi


Avendo studiato il comportamento umano per tutta la vita, ho sviluppato una serie di spiegazioni per i nostri comportamenti irrazionali o insensati.
Quella di cui voglio parlare oggi è la tendenza, tipicamente umana, di volere sempre di più e non essere mai del tutto contenti. Il che ci ha resi la specie dominante, ma genera anche buona parte dei problemi che affliggono l'umanità. Però di solito non siamo consapevoli di questa ambizione, proprio perché questa tendenza è talmente radicata in noi da risultarci "invisibile"; per noi è semplicemente la norma, come respirare.

Noi e gli animali

Invece questa tendenza diventa peculiare se osserviamo il comportamento degli altri animali (*). Certo anche fra gli animali esiste una certa "ambizione", ma quando i loro desideri elementari vengono soddisfatti sono contenti, e non cercano oltre:
  • Un cane che abbia il suo pasto quotidiano lo mangia sempre di gusto; non pretende varietà, ed una volta sazio non va a cercare altro cibo.
  • Un leone che ha il suo branco di femmine non va in giro a cercarne sempre di nuove.
  • Un predatore che ha il suo territorio non cerca di espandere continuamente il suo "impero" (purché vi trovi cibo a sufficienza).
  • Anche i primati, nostri simili, magari si ingegnano inventando nuovi metodi per trovare cibo; ma una volta che i loro bisogni alimentari, sessuali e di sicurezza sono soddisfatti, non cercano altro.
In poche parole, tutti gli animali (non umani) hanno esigenze elementari, ed una volta soddisfatte quelle vivono sereni.

(*) Rammento che gli umani sono animali, per la precisione primati; e con gli animali abbiamo molto in comune.

E gli umani invece?

Unica nel regno animale, la nostra specie ha sempre cercato di più:
  • Non ci è bastato il riparo naturale di una caverna: abbiamo costruito capanne di paglia, case di legno, e poi di pietra, e poi di cemento armato.
  • Non ci è bastato il cibo che trovavamo attorno a noi: abbiamo cercato cibi nuovi e particolari, sapori esotici e spezie, e finanche creato nuove specie tramite incroci.
  • Non ci è bastato il nostro territorio: abbiamo sempre cercato di espandere i nostri confini, con guerre ed invasioni, sottomettendo o sterminando animali ed altri umani, fino a creare imperi che coprivano interi continenti.
  • Non ci è bastato camminare: abbiamo addomesticato cavalli, e poi inventato biciclette, macchine a vapore, automobili, aerei e razzi spaziali.
  • La nostra ambizione non si è limitata alla materia: abbiamo voluto espandere i confini della nostra conoscenza, sviluppando matematica, fisica, filosofia, psicologia e astronomia.
  • E l'ambizione non ha avuto solo motivazioni egoistiche: abbiamo anche costantemente migliorato la società e le sue regole, sviluppando l'etica, diminuendo la povertà, estendendo i diritti, diminuendo le disparità.
Senza questa ambizione saremmo ancora nudi nella savana africana, cacciando gazzelle e raccogliendo tuberi.

Non è mai abbastanza

Ma qualunque siano le nostre conquiste, risultati ed invenzioni, non ci fermiamo mai e non ci accontentiamo mai. Non solo siamo sempre protesi verso nuovi traguardi, personali o collettivi... spesso non sembriamo capaci di godere di ciò che già abbiamo. I più si affannano verso il futuro e trascurano il presente.

Si potrebbe pensare che l'ambizione di cui parlo non è così dannosa. Ma secondo me molti dei "vizi" che condanniamo sono collegati ad essa:
  • l'egoismo nasce spesso dal volere di più, anche a discapito degli altri;
  • l'avidità non è che l'impulso ad accumulare sempre di più (l'avido non è mai sazio);
  • oppure l'opportunismo: quando sappiamo che fare X è la "cosa giusta", ma invece fare Y ci aiuta a realizzare la nostra ambizione, tendiamo a fare Y (magari giustificandoci tramite alibi).

Con questo non voglio demonizzare l'ambizione, ma solo evidenziare la sua pervasività, i suoi "lati oscuri" e le conseguenze che produce.

In alto come in basso

Quando si considera questa ambizione di solito si pensa ad esempi "in alto" (politici, industriali, dittatori; in passato re e conquistatori), perché sono più vistosi. Ma in realtà è onnipresente, solo che ciascuno la applica a seconda delle sue possibilità:
  • Un re vuole espandere il suo regno; un faraone vuole la piramide più grande; un partito vuole più voti e più potere; un dirigente vuole che la sua azienda conquisti altri mercati.
  • Ma in modo simile, seppure su scala più ridotta, anche la persona comune persegue una casa più grande o quella per le vacanze, l'auto più prestigiosa, l'accessorio firmato, la posizione direttiva, o un partner più avvenente e sexy.
A qualsiasi livello, il fattore comune a tutte queste ambizioni è "Ancora di più". Ed una volta raggiunte, comunque non basta e si inseguono nuovi obiettivi. Naturalmente la nostra ambizione personale ci appare del tutto naturale e giustificata... mentre quella altrui può apparirci esagerata, insensata o disprezzabile.

“Qualunque siano le nostre conquiste,
non ci fermiamo mai
e non ci accontentiamo mai”

L'ambizione che caratterizza gli umani

In pratica, è proprio questa ambizione insaziabile quella che più ci distingue dagli altri animali. Non l'uso di attrezzi (anche i primati li usano), non l'intelligenza (diverse specie manifestano una sorprendente intelligenza), non la razionalità (siamo spesso più dominati da istinti ed emozioni di quanto ci piaccia ammettere), non il linguaggio: molte specie condividono con noi queste capacità, anche se in forma meno sviluppata.
Invece il tratto che solo gli umani hanno - e nessun altro animale - è proprio questa illimitata ambizione, ovvero il volere sempre di più.

L'espressione di questa ambizione varia tra le varie culture: alcune la esaltano (tipico esempio gli USA), altre la moderano (il cattolicesimo, gli Amish). Ma è comunque onnipresente; per esempio nel nostro sud Italia è importante fare sempre bella figura davanti a parenti e concittadini, oppure in certi luoghi i matrimoni devono essere all'insegna dello sfarzo (come in India), che ce lo si possa permettere o meno.

Verso l'infinito e oltre

Pensiamo al mondo com'era un milione di anni fa: gli uomini vivevano in condizioni simili agli altri animali (a parte l'utilizzo di attrezzi rudimentali).
Oggi gli animali ancora presenti sono simili, e vivono in modo molto simile, a come facevano un milione di anni fa; con eventuali piccole differenze.

Invece noi umani siamo a malapena riconoscibili:
  • Non più ricoperti di peli, ma vestiti in modi sofisticati.
  • Non comunichiamo più gesticolando e con suoni gutturali: abbiamo una serie di linguaggi articolati, comunichiamo a distanza, abbiamo giornali e riviste, televisione, Internet e smartphone.
  • Siamo passati dalle caverne ai grattacieli.
  • Siamo passati dal cercare ogni giorno cibo (senza mai la certezza di trovarne) a supermercati, centri commerciali e consegne a domicilio.
  • Siamo passati dallo sciamano ai neurochirurghi, alle terapie geniche, ad una aspettativa di vita sempre più estesa.
  • Siamo passati dal terrore primordiale verso una natura incomprensibile, all'esplorazione di altri corpi celesti.
  • Siamo passati dagli scontri con bastoni e pietre, alla diplomazia internazionale, ai trattati di pace e commerciali, alle iniziative per lo sviluppo globale - se non sempre, in buona parte dei casi.

E nonostante questo vertiginoso sviluppo ed innumerevoli progressi, ancora non ci fermiamo. Anzi, ogni giorno lottiamo per guadagnare di più, avere più diritti, creare nuove tecnologie, diminuire ingiustizie e sofferenze.

Il lato oscuro dell'ambizione

Penso che siamo più o meno tutti d'accordo che queste trasformazioni abbiano nel complesso migliorato la nostra esistenza (fatto salvo alcuni inevitabili effetti collaterali, come l'inquinamento).

Ma questa ambizione, pur con tutti i vantaggi che ha prodotto, presenta anche una serie di aspetti inquietanti:
  • Ogni volta che un'altra specie, od una situazione naturale, ha ostacolato il nostro sviluppo, non abbiamo avuto remore a sterminarla o livellare l'ostacolo. Siamo diventati la specie dominante del pianeta non solo per le nostre abilità, ma anche per la nostra assenza di scrupoli.
  • Ovviamente questa attitudine non si rivolge solo verso la natura, ma anche verso gli altri esseri umani. Nel corso della storia, abbiamo sistematicamente sfruttato, schiavizzato ed ucciso altri popoli se ciò serviva a raggiungere i nostri obiettivi.
  • Siamo l'unica specie che fa guerre in modo sistematico (anche se non siamo gli unici animali che muovono guerre). E la guerra è sempre mossa dall'ambizione: la ricerca di più territori, più ricchezze, più risorse, più potere, più controllo; anche le guerre di religione sono un modo di espandere il proprio controllo ed influenza.
    Chi oggi si scandalizza di certo "imperialismo", sembra dimenticare che gli imperi esistono da migliaia di anni, ed hanno iniziato a "passare di moda" solo 70 anni fa; e probabilmente anche la propria nazione ha attraversato quella fase.
  • Su scala nazionale o globale, questa ambizione ci spinge a consumare sempre più risorse, più energia e più territorio; ad aumentare la deforestazione; e la popolazione continua a crescere (nonostante il calo della natalità, si prevede che raggiunga i 10 miliardi), incrementando questi consumi.
  • A livello individuale, fenomeni come furti e rapine, corruzione, evasione fiscale, stupri, omicidi, delinquenza organizzata, ecc. sono in buona parte riconducibili alla stessa ambizione: se ognuno vuole di più e non può ottenerlo, o non facilmente, ci sarà una tendenza ad arrivarci con metodi manipolativi, illegali o criminali.

Per tutti i fenomeni sopra elencati possiamo trovare varie spiegazioni di tipo emozionale, culturale o sociale. Ma ciò che accomuna tutti è la tendenza - tipicamente umana - al "Voglio di più" e "Non è mai abbastanza".
Anche per questo è miope, ed ipocrita, vedere certi comportamenti come "anormali"; essi sono piuttosto espressioni - a volte estreme - di un'attitudine che ci appartiene come specie.

“Questa ambizione
ci spinge a consumare
sempre più risorse, più energia e più territorio”

Effetti del volere sempre di più, nel quotidiano

Fin'ora ho esaminato più che altro gli effetti dell'ambizione insaziabile su vasta scala: guerre, invasioni, imperialismo, ecc. Problemi che attribuiamo a chi sta "in alto". Ma se guardiamo bene, vediamo che l'ambizione brucia dentro tutti quanti, seppure in varia misura, anche a livelli più ordinari e quotidiani.
  • Un effetto frequente è la tendenza a prevaricare gli altri, in modi sottili o gravosi: scavalcare un collega per la promozione, magari barando ("Voglio quel posto!"); saltare le code ("Ho fretta!"); minacciare qualcuno ("Dammi X, altrimenti..."); passare col rosso o superare i limiti di velocità ("Non ho tempo!"); fare il bullo od umiliare gli altri, per sentirsi superiore; ecc.
  • Mentire o truffare per ottenere qualcosa manipolando l'altro.
  • Evasione fiscale: "Voglio tenermi tutti i soldi che ho guadagnato, anche a svantaggio della comunità", "Non voglio fare rinunce per il bene altrui" (l'evasione danneggia l'intera nazione).
  • Corruzione per ottenere denaro, vantaggi od opportunità.
  • Rubare, che significa impossessarsi di qualcosa violando i diritti altrui. Dal furto di oggetti d'ufficio fino al crimine organizzato.
  • Disuguaglianze: volere ed ottenere più degli altri, invece di condividere (vedi più avanti).
  • Atteggiamenti "NIMBY", cioè "Voglio un vantaggio ma lo svantaggio deve subirlo qualcun altro" (es. volere la raccolta rifiuti ma respingere la costruzione di un inceneritore vicino), oppure "Io ho X, però mi oppongo al tuo avere X perché andrebbe a mio svantaggio" (es. costruzione case davanti alla propria).

Anche le brave persone lo fanno

Quelli elencati sopra sono comportamenti antisociali, quando non illegali, ma che comunque associamo a "brutte persone". Però anche le brave persone sono mosse da una continua ambizione - pur se di solito in modi più accettabili - e spesso ne patiscono le conseguenze.
  • La ricerca di uno stipendio più elevato.
  • Il desiderio di fare carriera.
  • L'acquisto di una casa più grande o elegante, od in una posizione migliore; e poi una per le vacanze, ed una come investimento...
  • La tendenza verso automobili sempre più potenti, ingombranti (es. SUV), accessoriate e lussuose.
  • L'acquisto di smartphone di alta gamma, con funzioni sempre più sofisticate.
  • Viaggiare più spesso possibile, o le vacanze in posti sempre più lontani ed esotici (rammento che viaggiare è sempre stata un'attività da ricchi; questo è cambiato solo da pochi decenni).
  • La ricerca di esperienze gastronomiche eccitanti o insolite, fino ad arrivare alle manie da "foodie".
  • L'acquisizione di "beni Veblen", il cui scopo primario non è il godimento del bene in sé, ma il dimostrare la propria superiorità sugli altri (status symbol).
  • "Keeping up with the Joneses", cioè il bisogno di restare al passo col livello sociale ed economico dei nostri vicini o conoscenti.
  • Per non parlare di quanti "competono" sui social media per fare più bella figura rispetto agli altri (spesso fingendo una felicità o un benessere che non possiedono realmente).
  • Conflitti: quando una parte vuole più X e l'altra più Y, poiché le risorse sono sempre limitate e non si può fare contenti tutti, e nessuno vuole rinunciare, avremo conflitti a livello interpersonale, di coppia, familiare, sociale, politico, internazionale.
    Lei vuole la cucina nuova, lui l'auto nuova; gli anziani vogliono l'aumento delle pensioni, i giovani dell'educazione; la sinistra vuole più sussidi, la destra più infrastrutture... Ed ovviamente ciascuno ha le sue ragioni.
  • Nel corteggiamento e relazioni, la tendenza ad avere standard elevati (es. il "Principe Azzurro", l'ipergamia), od interrompere una conoscenza alla prima delusione, oppure nel dating online la tendenza a scartare persone nella speranza che "il prossimo" sarà migliore ("Posso trovare di meglio").
    Col risultato che sempre più persone si ritrovano sole (una "epidemia di solitudine"), oppure rompono una relazione o matrimonio, perché convinti di "meritare di meglio". Non a caso, il numero di divorzi è cresciuto notevolmente negli ultimi decenni.
  • E l'ambizione non è solo materiale: un autore vuole scrivere un best-seller, un cantante scalare le classifiche, un atleta salire sul podio, uno scienziato inventare X prima degli altri (non solo per motivi pecuniari).

Questa continua corsa verso nuovi traguardi può apparire innocua, ma tende a produrre stati d'animo corrosivi come ansia, stress, senso di inadeguatezza e fallimento, competizione, invidia, insoddisfazione costante, se non addirittura disperazione o depressione. Non è solo il fatto che vogliamo sempre di più (con la pressione associata); è che non arrivarci, o vedere altri che ci riescono mentre noi no, può avvelenarci l'esistenza.

Inseguire un bersaglio mobile

Alcuni potrebbero protestare "Ma è giusto che voglio X. Me lo sono guadagnato!"; e non avrei nulla da obiettare. Però non è questione di giusto o sbagliato; non sto facendo un discorso morale. Noto solo che i nostri desideri non si fermano mai. Un impiegato di oggi gode di maggior comfort di un re medioevale; ma comunque è raramente soddisfatto. Quello che voglio sottolineare è proprio che non c'è mai un punto di arrivo: questa ambizione è un "bersaglio mobile" che sfugge sempre in avanti.

Problemi che ci creiamo da soli

Esaminando i vari effetti di questa ambizione insaziabile, si potrebbe dire che buona parte dei problemi che affliggono gli esseri umani, provengono dagli esseri umani stessi (e non da cause esterne), proprio perché vogliono sempre di più. Come cantava Luciano Ligabue nel 2003 "Tutti vogliono viaggiare in prima. Tutti con il posto finestrino". E nel tempo l'asticella si alza sempre.

"Le cose che una generazione considera un lusso, la generazione successiva le considera necessità."
(Anthony Crosland)

“Un impiegato di oggi
gode di maggior comfort
di un re medioevale;
ma non è comunque soddisfatto”

Ambizione e disuguaglianza

Tra i vari effetti di questa ambizione, c'è quello della disuguaglianza - che non potrà mai essere del tutto eliminata (al massimo moderata). Proprio perché ciascuno desidera di più per se stesso, l'impulso primario negli esseri umani è l'accrescimento personale, non l'equa redistribuzione delle risorse.
Anche coloro che protestano ed invocano eguaglianza, di solito lo fanno a proprio vantaggio (chi spera di guadagnare da una redistribuzione), e/o non intendono raggiungerla a proprie spese (chi invoca una redistribuzione a spese altrui). Praticamente nessuno - tranne San Francesco e pochi altri - decide di rinunciare a quello che ha per donarlo a chi sta peggio. Quindi la maggioranza di quelli che sostengono pubblicamente l'eguaglianza, è in realtà ipocrita; altrimenti rinuncerebbero al superfluo per sé, per trasformarlo in assistenza ai più bisognosi. Ma quanti ne avete visti fare così?
Naturalmente anche questo ha le sue eccezioni: molte persone sono generose, e non pochi donano in beneficenza. Ma comunque in misura limitata.

Gerarchia, non eguaglianza

La dimostrazione che l'eguaglianza è per molti versi "innaturale", ovvero va contro i nostri istinti profondi, è la "gerarchia di disponibilità" che guida i comportamenti di tutti. Ovvero, siamo generosi e disponibili a condividere i frutti della nostra ambizione con chi sta in alto nella gerarchia, e sempre meno scendendo:
  1. Al primo posto mettiamo i figli - e per alcuni il coniuge - che vengono prima di tutti e per cui daremmo tutto, persino la nostra vita.
  2. Dopo vengono i parenti stretti, come genitori, fratelli e sorelle.
  3. Poi la parentela più allargata per alcuni, oppure gli amici speciali per altri.
  4. Poi amici comuni, colleghi, compagni di attività o interessi.
  5. Poi i nostri concittadini, o coloro che fanno parte della nostra cerchia.
  6. Poi i nostri connazionali, o quelli che sentiamo simili a noi.
  7. Dopo di che arrivano tutti gli altri - a cui solitamente dedichiamo ben poco tempo, attenzione o risorse.
(ovviamente ci possono essere eccezioni: persone che detestano il coniuge, odiano i genitori o provano antipatia verso il proprio Paese; ma i più rientrano nello schema appena esposto)

Se quanto elencato è profondamente radicato in noi, come potrebbe realizzarsi una totale eguaglianza? Anche quelli che a parole la sostengono, anteporrebbero i figli a tutti gli altri, o un familiare a degli sconosciuti. Infatti esistono leggi contro il nepotismo proprio perché è un istinto universale (altrimenti a che scopo averle?).

L'eguaglianza forzata non funziona mai

Un'altra dimostrazione di quanto l'eguaglianza ci risulti "innaturale", sono le società dove è stata imposta dall'alto (tipicamente Paesi comunisti come Russia, Cina e Cuba). Tutti questi casi sono stati fallimentari, portando povertà diffusa (*), governi totalitari e forti disuguaglianze (oltre a milioni di morti per repressioni o carestie): il popolo è rimasto povero (nonché oppresso), mentre pochi "compagni" in alto hanno accentrato potere e ricchezze.
Paradossalmente, un sistema basato sull'idea di eguaglianza ha prodotto una disuguaglianza ben peggiore del sistema che voleva sostituire, cioè il capitalismo (nel quale la disuguaglianza è più distribuita).
(*) La crescita economica della Cina è avvenuta solo con le riforme promosse da Deng Xiaoping negli anni '80, che hanno permesso lo sviluppo di un'economia privata sostanzialmente capitalista. Il PIL della Russia è simile a quello dell'Italia, pur avendo oltre il doppio della popolazione, un territorio oltre 50 volte più grande, e vaste quantità di risorse naturali. L'89% delle famiglie Cubane vive in estrema povertà.

Sulle conseguenze di un sistema politico basato sull'eguaglianza, si veda il celebre romanzo "La fattoria degli animali" di George Orwell. Sugli effetti nefasti di un'eguaglianza forzata, si veda l'efficace racconto breve "Harrison Bergeron" di Kurt Vonnegut.

Equità fino a un certo punto

Naturalmente una certa equità è importante per una specie sociale come la nostra. Per questo cercheremo sempre di perseguirla. Ma per le ragioni che ho illustrato, una totale eguaglianza resterà un'utopia. Non per colpa di "cattivoni" o "poteri forti" - come molti amano credere - ma perché tutti vogliamo avere sempre di più per noi stessi, o per chi ci sta vicino.

Perché questa ambizione è così parte di noi

Se questa ambizione presenta aspetti negativi così evidenti, ci si potrebbe chiedere, come mai è rimasta così presente in noi? Credo che la spiegazione sia semplicemente perché fornisce un vantaggio evolutivo: le creature più ambiziose tendono a prevalere sulle altre, ad ottenere di più, a vincere i conflitti ed eliminare gli ostacoli... quindi sono quelle che maggiormente sopravvivono e si riproducono. Per cui questo tratto si è mantenuto ed è cresciuto nei millenni, in quanto "vincente".

Lo stesso vale per l'aggressività: nonostante i suoi lati negativi, le creature (o le specie) aggressive hanno prevalso su quelle più pacifiche. Per cui le prime hanno prosperato, mentre le seconde si sono assoggettate o estinte. E' il darwinismo in azione.

Limitare l'ambizione?

Date le conseguenze, qualcuno potrebbe auspicare che la società limiti questa ambizione. Ma essendo un impulso naturale e innato, questo controllo verrebbe vissuto come una pesante limitazione della libertà personale. In effetti assomiglierebbe ad un "incubo socialista" (come menzionato prima) che finisce con lo schiacciare gli individui.

Ambiziosi, ma non troppo

Con tutto questo, non intendo dire che l'ambizione umana sia l'unica causa dei nostri problemi; il male e la sofferenza hanno spiegazioni molteplici. Però credo di aver dimostrato che buona parte dei nostri problemi vi sono collegati.
Trovo quindi auspicabile diventare consapevoli di questo impulso, e magari imparare ad arginarlo. Non solo per evitare di danneggiare gli altri, ma prima di tutto perché l'ambizione illimitata ci impedisce di godere di quello che abbiamo:
  • Se ho già un tesoro ma non me lo godo, è come se non l'avessi; è come se fossi povero.
  • Se non so assaporare il presente e inseguo sempre un futuro migliore, non proverò mai soddisfazione; correrò la corsa del topo.

La felicità esiste solo assaporando il momento presente, nel qui-ed-ora. Finché mi affanno ad inseguirla, resterà fuori dalla mia portata.
L'ambizione dovrebbe essere al nostro servizio; evitiamo di diventare suoi schiavi.

"L'ambizione, tra tutti i vizi umani, è quella che assomiglia maggiormente a una virtù."
(Sallustio)

"Senza ambizione non si inizia nulla. Senza impegno non si finisce nulla. Il premio non ti verrà regalato. Devi conquistarlo."
(Ralph Waldo Emerson)

"Niente risveglia l'ambizione quanto lo squillo di tromba della fama altrui."
(Baltasar Graciàn)


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Perché le donne preferiscono uomini ricchi?

Perché molte donne scelgono gli uomini in base alla loro posizione economica

In effetti numerose donne tendono a dare una certa (o notevole) importanza al livello economico di un uomo; addirittura, non pochi uomini credono che le donne "guardino solo il portafoglio" quando scelgono un partner.

In realtà le femmine (umane incluse) hanno due impulsi principali nella scelta dei partner, basati su motivazioni evoluzionistiche:
  1. Shopping for genes (acquisire dei - buoni - geni)
  2. Shopping for resources (acquisire risorse)
(nei maschi invece è prevalente solo il primo impulso; è per quello che la bellezza fisica è l'aspetto più importante per gli uomini, mentre altri sono secondari o irrilevanti)

Sono questi istinti inconsci a dominare l'attrazione:
  1. La pulsione verso i buoni geni fa preferire la bellezza, la forma fisica, l'aspetto esteriore.
  2. La pulsione verso le risorse induce a scegliere uomini ricchi, potenti, famosi, dotati di status o prestigio.
Quindi alcune donne privilegiano uomini belli e fascinosi, altre uomini danarosi. Ma la maggior parte delle donne vorrebbe un uomo con entrambe le qualità: bello, ricco e "ben posizionato" (praticamente il classico "Principe Azzurro").

“Le donne hanno
due impulsi principali
nella scelta dei partner:
ricerca di geni e risorse”

Quando le donne si accontentano

Siccome però è difficile conquistare un uomo del genere, di solito le donne tendono ad "accontentarsi" e a dare la priorità ad uno dei due impulsi sopra citati. Tipicamente in gioventù le donne preferiscono la bellezza, in età più matura stabilità e sicurezza (anche se non sempre). Si può notare questa differenza di età nel grafico riportato più sotto.

L'importanza delle risorse

Le femmine (anche in natura) cercano un maschio dotato di risorse, perché queste saranno utili per la sopravvivenza di lei e della prole. Quindi lo scopo primario è proprio quello di favorire la prosecuzione del proprio "patrimonio genetico" (motivazione evolutiva). Poi ovviamente la ricchezza procura tutta una serie di vantaggi pratici ed edonistici, a cui le fanciulle non sono solitamente indifferenti...
  • Studi antropologici mostrano che, nelle culture poligamiche, le donne in genere preferiscono essere la seconda moglie di un uomo ricco, che l'unica sposa di uno povero*.
  • In un seguitissimo dating show cinese, una partecipante ha dichiarato che preferiva "piangere in una BMW" piuttosto che sorridere sul retro della bicicletta del suo ragazzo. Appare probabile che siano in molte a pensarlo (anche se non lo dicono con tanta franchezza).
* (Helen E. Fisher, "Anatomia dell'amore. Storia naturale della monogamia, dell'adulterio e del divorzio")

Natura o cultura?

Alcuni potrebbero pensare che questa preferenza nasca da pressioni culturali, o da situazioni contingenti (per esempio dove le donne non hanno indipendenza economica). A volte può essere così, ma in generale no:
  • In primo luogo perché la preferenza femminile per la ricchezza è un impulso evolutivo (quindi naturale e innato); tanto è vero che possiamo riscontrare comportamenti simili anche nel regno animale.
  • Poi perché questo avviene a prescindere dal Paese o dalla cultura; vedi per esempio (nel paragrafo successivo) la statistica di un sito che opera principalmente negli USA (dove le donne guadagnano quanto gli uomini), che evidenzia quanto l'interesse delle donne per gli uomini aumenti con l'aumentare del reddito di questi ultimi.

Materialismo femminile in azione

Per quelli che vogliono negare questa tendenza materialistica femminile (che è sempre esistita e storicamente documentata, vedi ipergamia), c'è una clamorosa dimostrazione in una ricerca del sito di dating Ok Cupid*, che mostra la quantità di messaggi ricevuti dagli uomini in base al reddito annuo dichiarato:


Possiamo vedere chiaramente come, sopra i 22 anni, gli uomini che dichiarano meno di 40.000$ ricevono pochi o zero messaggi (rosso), mentre la quantità maggiore di messaggi è ricevuta da chi dichiara i redditi più alti (verde scuro).
Questa tendenza è confermata da altre ricerche, come si legge in questi articoli:
* Questa ricerca appare particolarmente significativa perché: 1. E' basata su un campione molto ampio di individui (1.500.000 di utenti attivi); 2. Si basa sui comportamenti effettivi, non su domande e risposte (che potrebbero essere distorte o falsate).

“Gli uomini con reddito
inferiore a 40.000$
ricevono pochi o zero messaggi”

Siamo tutti opportunisti

Certamente si tratta di un atteggiamento opportunistico. Ma d'altronde sarebbe onesto riconoscere che le relazioni hanno come prima motivazione la soddisfazione dei propri bisogni, e solo in seguito - eventualmente - i sentimenti: ci innamoriamo di qualcuno che può farci felici (o almeno lo speriamo), non di qualcuno che non può darci nulla.

E, ovviamente, tutto questo vale per entrambi i sessi. Infatti la fissazione degli uomini per la bellezza femminile, e il loro continuo desiderio di fare sesso, hanno la stessa motivazione di fondo delle preferenze femminili: diffondere il proprio patrimonio genetico. Solo che, per via delle differenze biologiche, ogni genere lo persegue seguendo strategie riproduttive differenti.

Qualche precisazione

Mi rendo conto che l'argomento è delicato, e può urtare la suscettibilità di alcuni. D'altra parte, credo fermamente che sia giusto dire le cose come stanno, anche quando siano scomode.
Peraltro, questo post non esprime un giudizio morale: ognuno è libero di scegliere ciò che preferisce. La preferenza femminile per gli uomini facoltosi è equiparabile al desiderio maschile di fare sesso con tutte le donne attraenti: nessuna delle due pulsioni è giusta o sbagliata in sé, è semplicemente la direzione in cui la Natura (che è amorale) ci spinge. Siamo tutti mossi dai nostri istinti, poi sta a ciascuno fare le scelte che ritiene migliori.

L'attrazione dipende da tanti fattori

Infine, quelle che ho citato all'inizio sono le due motivazioni primarie per l'attrazione, ma non sono le uniche. L'attrazione può essere ispirata da diversi fattori - però in genere quelli evolutivi prevalgono sugli altri. Solo che, essendo inconsci, la maggior parte di noi non ne è consapevole.

"Un uomo con un grosso conto in banca non può essere brutto."
(Zsa Zsa Gabor)

"Nessuna donna farebbe un matrimonio d'interesse: prima di sposare un miliardario, se ne innamora!"
(Cesare Pavese)

"Senza la ricchezza è vano essere un ragazzo simpatico."
(Oscar Wilde)


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Nessuno può avere tutto, fare tutto, essere tutto (le rinunce sono parte della vita)

Il dolore della rinuncia

Rinunciare a un desiderio è per tutti fonte di sofferenza. Esiste in noi un meccanismo istintivo molto potente, che ci spinge a volere sempre di più, a soddisfare un desiderio anche quando si tratti di cose minime, od anche se provoca serie conseguenze negative:
  • pensiamo alla persona in sovrappeso che non rinuncia ai cibi calorici;
  • al diabetico che non rinuncia ai dolci;
  • al fumatore che non smette pur avendo problemi respiratori:
  • alla persona sposata che tradisce il coniuge, rischiando di distruggere il matrimonio...
In molti casi la difficoltà non nasce dall'importanza della cosa desiderata (che spesso è un'inezia), ma proprio dalla sofferenza provocata dal rinunciare: è per evitare quest'ultima che tendiamo ad assecondare il desiderio. Viviamo la rinuncia come una "perdita" dolorosa da evitare a tutti i costi, e non di rado proviamo un'avversione esagerata (e persino rancorosa) verso ciò che ci induce alla rinuncia:
  • La limitata disponibilità economica
  • La bilancia che ci indica la necessità di dimagrire
  • Un amico che ci sconsiglia un acquisto d'impulso
Il fatto che viviamo questi stimoli alla rinuncia come un affronto personale, o come una grave ingiustizia, dimostra come l'avversione alla rinuncia sia un meccanismo fortemente emotivo, e ben poco razionale: rinunciare alle patatine fritte o al centesimo paio di scarpe non ci cambia di sicuro la vita... eppure spesso reagiamo come se così facesse.

La paura di perdersi qualcosa (FOMO)

Un aspetto recente di questa avversione alla rinuncia, è il fenomeno chiamato "Fear of Missing Out" (FOMO), ovvero "Paura di perdersi qualcosa" (occasione, evento od opportunità). Fenomeno stimolato dalla diffusione pervasiva degli smartphone, che tramite i social network ci ricordano continuamente come altri godano di esperienze od oggetti fuori dalla nostra portata.
Una persona razionale riconosce come sia semplicemente impossibile avere tutto quello che altri hanno, o incontrare tutte le persone che altri frequentano, o visitare tutti i luoghi che altri vedono. Ma la continua esposizione, tramite Internet, a vite altrui che ci appaiono più ricche e appaganti della nostra, provoca negli individui più deboli, ansiosi o insicuri la costante angoscia di rinunciare a qualcosa che vorrebbero vivere.

“Rinunciare alle patatine
o al centesimo paio di scarpe
non ci cambia di sicuro la vita...
eppure spesso reagiamo come se così fosse”

Capire che la rinuncia è parte della vita

Anch'io, come tutti, pativo questa difficoltà a rinunciare, finché anni fa realizzai che non è mai possibile avere tutto quel che si vuole, per nessuno. Attraversavo un periodo di scarsità economica, quindi soffrivo per tutto ciò che non potevo comprare. Ma a un certo punto mi resi conto che, anche se avessi guadagnato dieci volte tanto, ci sarebbero sempre stati acquisti fuori portata. Mi guardai intorno, e mi accorsi che a tutti succede di rinunciare a qualcosa, per limiti personali o universali.

Se io fossi abbastanza...

Spesso ci culliamo nell'illusione che se fossimo "abbastanza qualcosa" (ricchi, belli, potenti...), allora potremmo avere tutto quel che desideriamo. Ma è ingannevole, perché anche in quei casi esistono sempre dei limiti:
  • Anche la persona più ricca al mondo vorrà qualcosa che il denaro non può comprare (essere amato, la saggezza, l'immortalità).
  • Anche la donna più affascinante verrà respinta da qualcuno che ha gusti differenti.
  • Anche l'uomo più potente avrà ambizioni oltre la sua portata, o semplicemente impossibili.

Siamo piccoli e limitati

Pensateci: se qualcuno volesse esplorare stelle lontane, portare la pace nel mondo, eliminare la sofferenza umana, o anche solo riportare in vita una persona cara defunta... non potrebbe farlo, anche se si impegnasse con tutte le forze, anche se fosse la persona migliore del mondo. Noi umani siamo piccoli e limitati, e questa è una delle cause per cui spesso le rinunce sono inevitabili: non c'è mai abbastanza tempo, soldi o potere per fare tutto quello che vorremmo.

Le conseguenze della scelta

A tutto questo si aggiunge l'inevitabilità della scelta: in ogni momento noi ci troviamo a compiere delle scelte, e per ogni opzione che scegliamo ne escludiamo altre. Per ogni carriera, partner, vacanza, casa, auto o direzione che scelgo, mi trovo necessariamente a rinunciare ad altre possibilità. E se sono fra quelle persone che cercano di fare più cose contemporaneamente, quasi sicuramente mi ritroverò a farle in modo mediocre. La ricerca dell'eccellenza in un campo, infatti, richiede di concentrare le proprie risorse su quell'area a discapito di altre (almeno per un certo periodo).

Scegliere: da vittima a protagonista

Alcuni patiscono la necessità di scegliere, perché non vorrebbero rinunciare alle alternative. Vedono la scelta come una rinuncia, e questo li porta a vivere in un continuo stato di conflitto, perché scegliere è inevitabile: anche non scegliere è una forma di scelta.
Una prospettiva più creativa è quella di vedere la rinuncia come una scelta: allora posso vedere ogni rinuncia non come una perdita, ma come una scelta (consapevole e ponderata) verso la soluzione che ritengo migliore in quel momento. Con questa prospettiva:
  • Non rinuncio a dormire e vado a lavorare ogni mattina perché sono obbligato, ma perché lo scelgo per i benefici che mi porta.
  • Non rinuncio ad un'avventura galante per vergogna o per paura di essere scoperto, ma perché scelgo di valorizzare la mia relazione.
  • Non rinuncio ad un piacere momentaneo perché non ho abbastanza denaro, ma perché scelgo di impiegare quei soldi verso un obiettivo più importante.
In tutti questi casi le condizioni possono essere viste come limitanti, ma se adotto la prospettiva di scelta consapevole, mi sento protagonista e timoniere della mia vita (invece che vittima impotente delle condizioni).

“Se adotto la scelta consapevole,
mi sento protagonista
e timoniere della mia vita”

Scegliere le priorità

L'inevitabilità della scelta comporta che, per ottimizzare la soddisfazione nella propria vita, è essenziale stabilire quali sono le nostre priorità: poiché non possiamo avere tutto, fare tutto, essere tutto (nessuno può), per raggiungere gli obiettivi che più ci stanno a cuore è necessario sceglierli consapevolmente, accantonare le alternative, e dedicarci ad essi con tutto il nostro impegno.

Molte vite vengono sprecate dedicandosi agli obiettivi più facili o immediati, trascurando o ignorando quelli davvero importanti, con la convinzione che ci sarà tempo più avanti. Ma il tempo scorre inesorabile, per tutti, e prima o poi arriva il giorno in cui ci si rende conto che si è vissuto in modo futile e superficiale - ma ormai è troppo tardi, e si rimane con il rimpianto per le occasioni perdute.
L'unico modo di evitare quel rimpianto, l'unico modo di costruire una vita appagante, è quello di scegliere le nostre priorità e dedicarsi ad esse. La scusa banale di chi disperde la propria vita è che "Non c'è abbastanza tempo", ma come disse il filosofo romano Seneca:
"Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto."

“Nessuno può avere tutto,
fare tutto, essere tutto”

Mal comune...

Riassumendo, è importante rendersi conto di quanto le rinunce siano parte della vita stessa, non conseguenze della nostra debolezza o di un destino avverso: tutti ne sono soggetti, nessuno escluso. E se le rinunce sono in buona parte inevitabili, allora possiamo accettarle con maggiore serenità, come accettiamo il calare della notte o una giornata di pioggia; non sempre è quello che vorremmo, ma sapendo che tanto non possiamo evitarle, e che toccano tutti, non diamo loro più di tanto peso.

A questo proposito, è utile ricordare la Preghiera della serenità: essa ci ricorda che ci sono eventi che possiamo cambiare (e verso cui serve allora impegnarsi), ed eventi fuori dal nostro controllo (contro i quali è quindi vano lottare). Saper distinguere tra i due è prezioso per evitare di farci il sangue amaro inutilmente.

L'importanza della gratitudine

Infine, un buon metodo per diminuire la frustrazione causata dalle rinunce è quello di coltivare la gratitudine: ovvero porre la propria attenzione su quello che abbiamo e che di positivo esiste nella nostra vita (ed apprezzarlo appieno), piuttosto che sul quel che ci manca o che vorremmo. In questo modo si alimenta il senso di soddisfazione e abbondanza, invece che il senso di mancanza o di scarsità.

Spesso tendiamo a dare per scontato tutto quello che già abbiamo, e per questo la nostra vita ci appare "povera". Se è anche il vostro caso, provate a fare una lista (per iscritto) di tutti gli elementi positivi che avete a disposizione (materiali e immateriali); anche le cose "banali" come l'acqua corrente, il riscaldamento, la corrente elettrica, il letto, cibo nel frigo, per non parlare del vivere in un Paese democratico o dell'assistenza sanitaria.
Se provate a immaginare di vivere senza tutte quelle cose, credo vi renderete rapidamente conto cosa vuol dire davvero vivere una vita povera e piena di rinunce.


"La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità."
(Bertrand Russell)

"Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto, o di essere capace di fare tutto, non potrai sbagliare: costui è un imbecille."
(Confucio)


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Citazioni 7
Politica - Educazione - Denaro e lavoro - Animali

Ho sempre amato citazioni e aforismi: il loro potere di condensare la saggezza in poche parole, di illuminare la verità, di incoraggiare il cambiamento... per questo li raccolgo da molti anni. Non di rado ho tratto supporto e ispirazione da essi.
Come ha scritto Isaac Newton, "Se ho visto oltre è perché sono salito sulle spalle di giganti". L'intelligenza e l'acume (a volte anche in una singola frase) di chi è più "grande" di me, mi ha aiutato ad aprire la mente e diventare quello che sono. Abbiamo tutti da imparare.

Ho quindi pensato di raccogliere le citazioni più significative in alcuni post, suddivisi per argomenti:
  1. Amore e relazioni
  2. Matrimonio - Amicizia - Sessualità - Amore per se stessi, Autostima
  3. Felicità e infelicità - Dolore e sofferenza
  4. Psicologia, Esseri umani
  5. Vita, Esistenza, Morte
  6. Filosofia, Etica, Idee
  7. Politica - Educazione - Denaro e lavoro - Animali

Sezioni in questo post:

Politica e società


L'unica razza che conosco è quella umana.
(Albert Einstein)

Non si può prevenire e preparare una guerra allo stesso tempo.
(Albert Einstein)

Non vi è nulla di più distruttivo per il rispetto del governo e delle leggi che l'emanar leggi che non è possibile far rispettare.
(Albert Einstein)

Uno stomaco vuoto non è un buon consigliere politico.
(Albert Einstein)

Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia ci insegna.
(Aldous Huxley)

Per un paese, avere grandi scrittori è come avere un altro governo. Questo è il motivo per il quale nessun governo ha mai amato i grandi scrittori, ma solo quelli minori.
(Aleksandr Solgenitsyn)

Confine: s.m. In geografia politica, linea immaginaria fra due nazioni, che separa i diritti immaginari dell'una dai diritti immaginari dell'altra.
(Ambrose Bierce)

Nessuno può provocare più dolore di un potente che pensa di aver avuto il potere direttamente da Dio.
(Bill Wilson)

Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.
(Cesare Pavese)

Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie.
(Charles Louis de Secondat)

O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell'intelligenza.
(Che Guevara)

La democrazia è il peggior sistema possibile, escluso tutti gli altri.
(Winston Churchill)

Si può indurre il popolo a seguire una causa, ma non a far sì che la capisca.
(Confucio)

Mai pensare che la guerra, anche se giustificata, non sia un crimine.
(Ernest Hemingway)

La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature.
(Franklin Delano Roosevelt)

Il segreto di un candidato politico è di sembrare stupido come chi lo ascolta, così che gli ascoltatori si sentano intelligenti come lui.
(Fred Barnes)

Quando lo stato ti insegna ad uccidere si fa chiamare patria.
(Friedrich Dürrenmatt)

La voce della maggioranza non è garanzia di giustizia.
(Friedrich W. Von Shelling)

Che cos'è mai il patriottismo, se non la vostra convinzione che questo Paese è superiore a tutti gli altri per il semplice fatto che ci siete nato voi?
(George Bernard Shaw)

Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare le tasse.
(George Orwell)

La guerra è una cosa troppo grave per essere affidata ai militari.
(Georges Clemenceau)

Democrazia significa governo degli incolti, mentre aristocrazia significa governo dei maleducati.
(Gilbert Keith Chesterton)

Dovunque si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini.
(Heinrich Heine)

Un politico pensa alle prossime elezioni, un uomo di stato alle prossime generazioni.
(John Clarke)

Non chiedete cosa il vostro Paese possa fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese.
(John F. Kennedy)

La lotta alla miseria deve essere condotta dal Governo, mentre la ricerca della felicità deve essere lasciata all'iniziativa privata. In altre parole bisogna essere socialisti al vertice e liberi imprenditori alla base.
(Karl Popper)

La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini.
(Leonardo Sciascia)

Non c'è legge che torni comoda a tutti.
(Livio)

Il potere corrompe e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
(Lord Acton, 1887)

In Italia negli ultimi anni è legittimamente cresciuta la cultura dei diritti, ma non ha trovato altrettanto spazio una nuova cultura dei doveri.
(Luca Ricolfi)

Che cosa penso della civiltà occidentale? Ritengo che sarebbe un'ottima idea.
(Mohandas K. Gandhi)

Al processo della gallina, la volpe non dovrebbe far parte della giuria.
(Thomas Fuller)

I manager fanno le cose nel modo giusto. I leader fanno la cosa giusta.
(Warren Bennis)

Alcune persone vedono un'impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com'è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante.
(Winston Churchill)

Nella guerra, determinazione; nella sconfitta, resistenza; nella vittoria, magnanimità; nella pace, benevolenza.
(Winston Churchill)


Educazione e figli


La scuola deve far sì che un giovane ne esca con una personalità armoniosa e non ridotto a uno specialista.
(Albert Einstein)

Quando i genitori fanno troppo per i loro figli, i figli non faranno abbastanza per se stessi.
(Elbert Hubbard)

Il rapporto fra madre e figlio è paradossale e per un senso tragico. Richiede il più intenso amore da parte della madre, e tuttavia questo stesso amore deve aiutare il figlio a staccarsi dalla madre e a diventare indipendente.
(Erich Fromm)

O si impara l'educazione in casa propria, o il mondo la insegna con la frusta, e ci si può far male.
(Francis Scott Fitzgerald)

La cosa più bella nei bambini è il ricordo della notte in cui li abbiamo fatti.
(Johann W. Goethe)

I tuoi figli non sono tuoi figli. Sono i figli e le figlie della fame che la Vita ha di sé stessa.
(Kahlil Gibran)

I bambini danno molta più importanza a ciò che i genitori fanno, che a ciò che essi dicono.
(Marie von Ebner-Eschenbach)

Non ho mai permesso che l'istruzione interferisse con la mia educazione.
(Mark Twain)

Nulla è più dolce a udirsi delle parole d'un padre che loda suo figlio.
(Menandro)

E' pericoloso dare gratis ai giovani molte cose che costarono carissime ai più anziani.
(Mino Maccari)

Penso che i figli dovrebbero allontanarsi presto dai genitori e poi vederli il meno possibile, come tutto il regno animale insegna magistralmente.
(Raffaele Morelli)

Il ruolo di un genitore è alimentare nei figli la gioia di vivere e stimolarli a inseguire i loro sogni.
(Randy Pausch)

Imparare significa scoprire quello che già sai. Fare significa dimostrare che lo sai. Insegnare è ricordare agli altri che sanno bene quanto te. Siamo tutti allievi, praticanti, maestri.
(Richard Bach)

Non è difficile diventar padre; essere un padre, questo è difficile.
(Wilhelm Busch)

E' davvero un buon padre quello che conosce suo figlio.
(William Shakespeare)


Denaro, prosperità, lavoro


Le cose che una generazione considera un lusso, la generazione successiva le considera necessità.
(Anthony Crosland)

Si dice che col denaro si compri tutto. No, non è vero. Potete comprarvi il cibo ma non l'appetito, la medicina ma non la salute, un letto soffice ma non il sonno, il sapere ma non il senno, l'immagine ma non il benessere, il divertimento ma non la gioia, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, i capelli grigi ma non la reputazione, giorni tranquilli ma non la serenità. Il denaro può comprare la buccia di tutte le cose. Ma non il seme. Quello non si può avere col denaro.
(Arne Garborg)

Più poveri siamo interiormente, più cerchiamo di arricchirci esteriormente.
(Bruce Lee)

La felicità è più difficile a ottenersi del denaro. Chi pensa che i soldi rendano felici, è senza soldi.
(David Griffen)

Una macchina è in grado di lavorare come cinquanta uomini comuni, ma nessuna macchina può svolgere il lavoro di un uomo straordinario.
(Elbert Hubbard)

Gli italiani guadagnano netto, ma vivono lordo.
(Giuseppe Saragat)

Lavora per te stesso, non diventerai mai ricco se lavori per i sogni degli altri.
(J. Paul Getty)

Le persone che non rispettano il danaro, non ne hanno.
(Paul Getty)

Quando in un'azienda una persona è indispensabile, vuol dire che l'azienda è organizzata male.
(Robert Niederer)

Che cos'è l'avarizia? E' un continuo vivere in miseria per paura della miseria.
(San Bernardo)

Mi piace andare al mercato, a scoprire come sono perfettamente felice senza tante cose.
(Socrate)


Animali


Chi non ha mai posseduto un cane, non può sapere che cosa significhi essere amato.
(Arthur Schopenhauer)

Gli animali non solo provano affetto, ma desiderano essere amati.
(C.H. Darwin)

L'empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo può ricevere in dono.
(Charles Darwin)

L'uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà.
(Charlie Chaplin)

Ho guardato molte volte negli occhi di un maiale e mi sono convinto che dentro quel cervello c'è un essere senziente che mi sta guardando mentre lo osservo e cerco di capire a che cosa stia pensando.
(Dick King-Smith)

E a forza di sterminare animali, s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo.
(Erasmo da Rotterdam)

Gli animali sono miei amici... ed io non mangio i miei amici.
(George Bernard Shaw)

Gli animali sono amici così simpatici: non fanno domande, non muovono critiche.
(George Eliot)

Un animale può essere feroce e anche astuto, ma per mentire bene non c'è che l'uomo.
(Herbert George Wells)

Bellezza senza vanità, forza senza insolenza: nel mio cane, tutte le virtù di un uomo senza vizi.
(Lord Byron)

Di tutti i crimini neri che l'uomo commette contro Dio ed il Creato, la vivisezione è il più nero.
(Mohandas K. Gandhi)

Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
(Mohandas K. Gandhi)

Se sei convinto di essere naturalmente predisposto a mangiar carne, prova anzitutto a uccidere tu stesso l'animale che vuoi mangiare.
(Plutarco)

Non ci sono dubbi scientifici sul fatto che un’alimentazione povera di carne e ricca di vegetali è la più adatta a proteggerci dalle malattie più gravi e mantenerci in buona forma.
(Umberto Veronesi)

La caccia al cervo sarebbe un autentico sport, se solo il cervo avesse il fucile.
(William Gilbert)

Vuoi essere simile alla natura degli dei? Sii misericordioso con gli animali: la dolce misericordia è il vero segno della nobiltà.
(William Shakespeare)


E se per caso siete curiosi di conoscere le mie "perle di saggezza" (con cui non penso certo di competere con i "grandi"), ho raccolto in un post i miei pensieri.


"Le idee migliori sono proprietà di tutti."
(Seneca)


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Guadagniamo di meno o spendiamo di più? [aumento costo della vita]

E' opinione comune che il costo della vita sia aumentato notevolmente, rispetto a qualche decennio fa. O, in altri termini, che il potere d'acquisto dei salari sia fortemente diminuito.
Pur riconoscendo che in parte questo è realmente accaduto, mi sono chiesto quanto sia vero in termini oggettivamente matematici, e quanto invece sia una percezione dovuta all'aumento dei consumi.
Al giorno d'oggi esiste una vasta gamma di consumi, che 30 anni fa semplicemente non esistevano. Poiché la loro introduzione è stata progressiva, essi ci appaiono come parte integrale e scontata dei nostri stili di vita... ma, ugualmente, rappresentano un costo che prima non c'era (o era minore).

Una lunga lista di nuovi "bisogni"

Proviamo a pensare a tutti quegli acquisti, oggi pervasivi, che agli inizi degli anni '80 ancora non esistevano, o non facevano parte dello stile di vita comune... ma che oggi riteniamo bisogni più o meno irrinunciabili:
  • Cellulari e smartphone (in costante rinnovamento), e bisogno continuo di comunicare
  • Computer (e periferiche, accessori, programmi...)
  • Internet, e connessione sempre e ovunque (Wi-Fi, chiavette, computer portatili...)
  • L'invasione dei dispositivi mobili (iPad, iPhone e tutti gli altri...)
  • Televisori LED, 3D, 4K, sempre più grandi
  • Canali TV a pagamento, film e serie televisive "on demand"
  • DVD e Blu-Ray disc
  • Navigatori satellitari
  • Videogiochi e console
  • Climatizzatori
  • Automobili con airbag, ABS, ESP, catalizzatore, navigatore, predisposizioni audio... (tutte cose che rendono un'auto più complessa e costosa). Le auto sono diventate sempre più grandi, potenti e pesanti
  • Abiti firmati
  • Chirurgia estetica
  • Vacanze all'estero, settimane bianche, viaggi nei weekend
  • Scolarità prolungata dei figli
  • Corsi e attività extra-scolastiche per i figli
  • Accompagnare i figli a scuola e alle attività, quindi necessità di una seconda auto in famiglia
  • Fitness, diete, alimenti "speciali"
  • Cure, trattamenti ed esami sanitari recenti
  • Cambiamento nelle ambizioni abitative: c'è stata una forte tendenza verso le case fuori città (il che porta a più auto, più spese di trasporto, meno tempo...) o unifamiliari (mutuo più alto, maggiori spese...). Fino agli anni '70 molti italiani vivevano ancora in case di ringhiera.

“Oggi c'è una gamma di consumi
che 30 anni fa
non esistevano”

Guadagnare 100 e spendere 120

Se in parte è vero che il potere d'acquisto è diminuito, quanta parte del reddito viene assorbita da questi "nuovi" consumi? Questa vasta gamma di bisogni indotti, quanto genera una "impressione di povertà"?
Se ieri guadagnavo 100 e spendevo 80, ed oggi guadagno ancora 100 ma voglio di più e spendo (o vorrei spendere) 120... ecco che mi sento più povero di ieri (anche se il mio stipendio è rimasto uguale).

Facciamo un conto veloce e per difetto (euro al mese, per famiglia):
  • Telefonia cellulare (acquisto, abbonamenti, ricariche) = 40-120
  • Computer (2, ogni 3 anni) = 40-60
  • Internet sempre connessa = 20-40
  • Pay TV = 20-40
  • DVD, videogiochi, media vari... = 40-100
  • Abbigliamento "di moda" = 40-120
  • Seconda auto = 80-120
Totale, da 280 a 600 euro al mese (considerando una famiglia a reddito medio-basso, ed una a medio-alto), solo per questi consumi "nuovi"! (che sono soltanto una parte dell'elenco precedente).

Ipnotizzati dai media

Questo fenomeno è in parte dovuto ai media e alla pubblicità, che contribuisce a farci sembrare "normale" un certo stile di vita (sofisticato, complesso e costoso), perché ci viene continuamente presentato davanti agli occhi. Un fenomeno ulteriormente accentuato dai social network, dove molti si sforzano di mostrarsi al meglio e sfoggiare una vita "al massimo" (che spesso non corrisponde al vero), stimolando sensazioni di tristezza, solitudine e inferiorità.

Da una parte ci si sente quindi "in diritto" di vivere in quel modo e, dall'altra, si tende a farlo per non sentirsi "inferiori" agli altri: una tendenza che, nel mondo anglosassone, è ben conosciuta ed ha anche un nome: "Keeping up with the Joneses". Significa "Stare dietro ai signori Rossi", e indica il bisogno di acquistare ed esibire per non sentirsi inferiori a chi abbiamo intorno. Negli USA è una patologia riconosciuta, nonché una conclamata causa di problemi economici di molte famiglie.

“Sui social network
molti si sforzano
di mostrarsi al meglio”

Consumi in rialzo, anche con l'economia in ribasso

Si potrebbe osservare che il miglioramento delle condizioni di vita e l'aumento dei consumi, fanno parte dell'evoluzione della società. E' vero, ma questi ultimi decenni hanno visto un'espansione dei consumi rapida e straordinaria; i bisogni base della famiglia media inizio anni '80 non erano molto diversi da quelli degli anni '60: oltre alla casa, c'erano automobile, TV, frigorifero e lavatrice. Dopo di che c'è stata una continua accelerazione, specialmente nel settore tecnologico.
E' vero che il costo della tecnologia è progressivamente diminuito, ma la quantità di oggetti tecnologici che riempiono la nostra vita è dilagata (e la loro vita media si è abbreviata).
Inoltre, mentre nel trentennio 1950-1980 l'aumento dei consumi si è accompagnato a una crescita economica, nel trentennio successivo (1980-2010) l'espansione dei consumi è continuata nonostante il progressivo declino dell'economia, a partire dagli anni '90.

Consumi e felicità

A scanso di equivoci, non sto rimpiangendo il passato: non giudico l'oggi meglio o peggio di ieri (di certo è diverso, ma le valutazioni sono soggettive e personali). Mi chiedo solo quanto l'espansione dei consumi possa contribuire ad aumentare la "sensazione di povertà" (più aumentano i bisogni percepiti, meno le risorse appaiono sufficienti).
In tutta onestà, non mi sembra che - mediamente - siamo più felici di 30 anni fa. Personalmente, sono contento del progresso e non rinuncerei ad alcune delle cose elencate sopra... ma riconosco che non contribuiscono significativamente al mio livello di felicità; la felicità non sta negli oggetti.
Lo stesso si può dire della tendenza verso i "consumi vistosi", il cui valore non è intrinseco ma dipende dalla possibilità di aumentare il proprio status sociale (cosiddetti "beni Veblen"): questi consumi non danno soddisfazione in sé, ma solo in quanto ci fanno sentire migliori degli altri. Chi insegue questi status symbol non è mai soddisfatto, perché c'è sempre qualcuno che sfoggia uno status più elevato.

Una riflessione necessaria, a questo proposito, è sulla differenza tra "tenore di vita" e "qualità della vita" - una distinzione ignorata da molti. L'abbuffata consumistica è, in buona misura, dovuta al senso di vuoto e insoddisfazione diffusi: si crede che avere (o fare) sempre più cose possa riempire quel vuoto. Ma quel vuoto è interiore, di natura affettivo/esistenziale, e gli acquisti non possono mai colmarlo; possono dare solo un temporaneo sollievo.

“C'è una grande differenza
tra tenore di vita
e qualità della vita”

Non è colpa mia!

Di fronte a questa mia interpretazione, una possibile (e diffusa) reazione è di negazione: rifiutare la corresponsabilità nel problema, puntare l'indice solo su cause esterne (es. aumento dei prezzi, svalutazione dei salari...). In pratica, fare come i bambini che, presi "con le mani nel sacco", come prima cosa si difendono con un "Non è colpa mia!".
Ovvero, fa sempre comodo (ed è un istinto naturale) attribuire tutte le colpe all'esterno... ma spesso si è - invece - corresponsabili. Anche nel caso del costo della vita, il problema è in parte responsabilità del consumatore, che vuole sempre di più (anche quando non si tratta di beni primari e non se li può permettere).

Consumare non è un "diritto"

Il problema non sono i desideri o i consumi in sé: il problema è quando vengono dati per scontati, considerati un "diritto", e non più solo una possibilità. Quando una cosa ci appare scontata ma non possiamo averla, proviamo frustrazione e rabbia, ci sembra che ci sia stato fatto un torto. Pensiamo che ci sia un colpevole, che il mondo "funzioni male"; tendiamo ad attribuire all'esterno le cause del nostro malessere. Ci sentiamo infelici e crediamo che non dipenda da noi.
Invece, se siamo consapevoli che un desiderio è solo una possibilità, quando non possiamo (più) averla ne siamo - ovviamente - dispiaciuti, ma sappiamo che può accadere, che fa parte della vita; in cui a volte otteniamo quel che vogliamo, ed altre no.


Il tempo scomparso

Una considerazione simile si può fare a proposito del tempo a disposizione. Quando ero ragazzino (30-35 anni fa), la domanda più comune quando ci si ritrovava con gli amici era "Cosa si fa?". Era più facile trovare tempo che qualcosa da fare.
Oggi tutti si sentono terribilmente impegnati - sembra una specie di mania (o smània). Ovviamente, il tempo oggettivo è rimasto tale e quale: il giorno ha sempre 24 ore per tutti quanti. E certe innovazioni o apparecchi ci permettono anche di risparmiarne. Però, le attività possibili si sono moltiplicate, cosicché il nostro tempo ci appare sempre meno adeguato a tutto quello che vorremmo (o dovremmo) fare.

Anche in questo caso, quindi, non è diminuito il tempo a nostra disposizione (anzi, semmai è aumentato), ma è cresciuto a dismisura quello che vorremmo farne.
In altre parole, sembra che siamo tutti vittime di una "voracità" (di consumi, di denaro, di tempo...) in continua e incontrollata crescita.


"Il vero fine dei mezzi di comunicazione non è più quello di informare il cittadino, bensì di formare il perfetto consumatore."
(Giuseppe Altamore)


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