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Vogliamo sempre di più: l'ambizione umana e le sue conseguenze

L'ambizione ci ha resi la specie dominante ma crea molti dei nostri problemi


Avendo studiato il comportamento umano per tutta la vita, ho sviluppato una serie di spiegazioni per i nostri comportamenti irrazionali o insensati.
Quella di cui voglio parlare oggi è la tendenza, tipicamente umana, di volere sempre di più e non essere mai del tutto contenti. Il che ci ha resi la specie dominante, ma genera anche buona parte dei problemi che affliggono l'umanità. Però di solito non siamo consapevoli di questa ambizione, proprio perché questa tendenza è talmente radicata in noi da risultarci "invisibile"; per noi è semplicemente la norma, come respirare.

Noi e gli animali

Invece questa tendenza diventa peculiare se osserviamo il comportamento degli altri animali (*). Certo anche fra gli animali esiste una certa "ambizione", ma quando i loro desideri elementari vengono soddisfatti sono contenti, e non cercano oltre:
  • Un cane che abbia il suo pasto quotidiano lo mangia sempre di gusto; non pretende varietà, ed una volta sazio non va a cercare altro cibo.
  • Un leone che ha il suo branco di femmine non va in giro a cercarne sempre di nuove.
  • Un predatore che ha il suo territorio non cerca di espandere continuamente il suo "impero" (purché vi trovi cibo a sufficienza).
  • Anche i primati, nostri simili, magari si ingegnano inventando nuovi metodi per trovare cibo; ma una volta che i loro bisogni alimentari, sessuali e di sicurezza sono soddisfatti, non cercano altro.
In poche parole, tutti gli animali (non umani) hanno esigenze elementari, ed una volta soddisfatte quelle vivono sereni.

(*) Rammento che gli umani sono animali, per la precisione primati; e con gli animali abbiamo molto in comune.

E gli umani invece?

Unica nel regno animale, la nostra specie ha sempre cercato di più:
  • Non ci è bastato il riparo naturale di una caverna: abbiamo costruito capanne di paglia, case di legno, e poi di pietra, e poi di cemento armato.
  • Non ci è bastato il cibo che trovavamo attorno a noi: abbiamo cercato cibi nuovi e particolari, sapori esotici e spezie, e finanche creato nuove specie tramite incroci.
  • Non ci è bastato il nostro territorio: abbiamo sempre cercato di espandere i nostri confini, con guerre ed invasioni, sottomettendo o sterminando animali ed altri umani, fino a creare imperi che coprivano interi continenti.
  • Non ci è bastato camminare: abbiamo addomesticato cavalli, e poi inventato biciclette, macchine a vapore, automobili, aerei e razzi spaziali.
  • La nostra ambizione non si è limitata alla materia: abbiamo voluto espandere i confini della nostra conoscenza, sviluppando matematica, fisica, filosofia, psicologia e astronomia.
  • E l'ambizione non ha avuto solo motivazioni egoistiche: abbiamo anche costantemente migliorato la società e le sue regole, sviluppando l'etica, diminuendo la povertà, estendendo i diritti, diminuendo le disparità.
Senza questa ambizione saremmo ancora nudi nella savana africana, cacciando gazzelle e raccogliendo tuberi.

Non è mai abbastanza

Ma qualunque siano le nostre conquiste, risultati ed invenzioni, non ci fermiamo mai e non ci accontentiamo mai. Non solo siamo sempre protesi verso nuovi traguardi, personali o collettivi... spesso non sembriamo capaci di godere di ciò che già abbiamo. I più si affannano verso il futuro e trascurano il presente.

Si potrebbe pensare che l'ambizione di cui parlo non è così dannosa. Ma secondo me molti dei "vizi" che condanniamo sono collegati ad essa:
  • l'egoismo nasce spesso dal volere di più, anche a discapito degli altri;
  • l'avidità non è che l'impulso ad accumulare sempre di più (l'avido non è mai sazio);
  • oppure l'opportunismo: quando sappiamo che fare X è la "cosa giusta", ma invece fare Y ci aiuta a realizzare la nostra ambizione, tendiamo a fare Y (magari giustificandoci tramite alibi).

Con questo non voglio demonizzare l'ambizione, ma solo evidenziare la sua pervasività, i suoi "lati oscuri" e le conseguenze che produce.

In alto come in basso

Quando si considera questa ambizione di solito si pensa ad esempi "in alto" (politici, industriali, dittatori; in passato re e conquistatori), perché sono più vistosi. Ma in realtà è onnipresente, solo che ciascuno la applica a seconda delle sue possibilità:
  • Un re vuole espandere il suo regno; un faraone vuole la piramide più grande; un partito vuole più voti e più potere; un dirigente vuole che la sua azienda conquisti altri mercati.
  • Ma in modo simile, seppure su scala più ridotta, anche la persona comune persegue una casa più grande o quella per le vacanze, l'auto più prestigiosa, l'accessorio firmato, la posizione direttiva, o un partner più avvenente e sexy.
A qualsiasi livello, il fattore comune a tutte queste ambizioni è "Ancora di più". Ed una volta raggiunte, comunque non basta e si inseguono nuovi obiettivi. Naturalmente la nostra ambizione personale ci appare del tutto naturale e giustificata... mentre quella altrui può apparirci esagerata, insensata o disprezzabile.

“Qualunque siano le nostre conquiste,
non ci fermiamo mai
e non ci accontentiamo mai”

L'ambizione che caratterizza gli umani

In pratica, è proprio questa ambizione insaziabile quella che più ci distingue dagli altri animali. Non l'uso di attrezzi (anche i primati li usano), non l'intelligenza (diverse specie manifestano una sorprendente intelligenza), non la razionalità (siamo spesso più dominati da istinti ed emozioni di quanto ci piaccia ammettere), non il linguaggio: molte specie condividono con noi queste capacità, anche se in forma meno sviluppata.
Invece il tratto che solo gli umani hanno - e nessun altro animale - è proprio questa illimitata ambizione, ovvero il volere sempre di più.

L'espressione di questa ambizione varia tra le varie culture: alcune la esaltano (tipico esempio gli USA), altre la moderano (il cattolicesimo, gli Amish). Ma è comunque onnipresente; per esempio nel nostro sud Italia è importante fare sempre bella figura davanti a parenti e concittadini, oppure in certi luoghi i matrimoni devono essere all'insegna dello sfarzo (come in India), che ce lo si possa permettere o meno.

Verso l'infinito e oltre

Pensiamo al mondo com'era un milione di anni fa: gli uomini vivevano in condizioni simili agli altri animali (a parte l'utilizzo di attrezzi rudimentali).
Oggi gli animali ancora presenti sono simili, e vivono in modo molto simile, a come facevano un milione di anni fa; con eventuali piccole differenze.

Invece noi umani siamo a malapena riconoscibili:
  • Non più ricoperti di peli, ma vestiti in modi sofisticati.
  • Non comunichiamo più gesticolando e con suoni gutturali: abbiamo una serie di linguaggi articolati, comunichiamo a distanza, abbiamo giornali e riviste, televisione, Internet e smartphone.
  • Siamo passati dalle caverne ai grattacieli.
  • Siamo passati dal cercare ogni giorno cibo (senza mai la certezza di trovarne) a supermercati, centri commerciali e consegne a domicilio.
  • Siamo passati dallo sciamano ai neurochirurghi, alle terapie geniche, ad una aspettativa di vita sempre più estesa.
  • Siamo passati dal terrore primordiale verso una natura incomprensibile, all'esplorazione di altri corpi celesti.
  • Siamo passati dagli scontri con bastoni e pietre, alla diplomazia internazionale, ai trattati di pace e commerciali, alle iniziative per lo sviluppo globale - se non sempre, in buona parte dei casi.

E nonostante questo vertiginoso sviluppo ed innumerevoli progressi, ancora non ci fermiamo. Anzi, ogni giorno lottiamo per guadagnare di più, avere più diritti, creare nuove tecnologie, diminuire ingiustizie e sofferenze.

Il lato oscuro dell'ambizione

Penso che siamo più o meno tutti d'accordo che queste trasformazioni abbiano nel complesso migliorato la nostra esistenza (fatto salvo alcuni inevitabili effetti collaterali, come l'inquinamento).

Ma questa ambizione, pur con tutti i vantaggi che ha prodotto, presenta anche una serie di aspetti inquietanti:
  • Ogni volta che un'altra specie, od una situazione naturale, ha ostacolato il nostro sviluppo, non abbiamo avuto remore a sterminarla o livellare l'ostacolo. Siamo diventati la specie dominante del pianeta non solo per le nostre abilità, ma anche per la nostra assenza di scrupoli.
  • Ovviamente questa attitudine non si rivolge solo verso la natura, ma anche verso gli altri esseri umani. Nel corso della storia, abbiamo sistematicamente sfruttato, schiavizzato ed ucciso altri popoli se ciò serviva a raggiungere i nostri obiettivi.
  • Siamo l'unica specie che fa guerre in modo sistematico (anche se non siamo gli unici animali che muovono guerre). E la guerra è sempre mossa dall'ambizione: la ricerca di più territori, più ricchezze, più risorse, più potere, più controllo; anche le guerre di religione sono un modo di espandere il proprio controllo ed influenza.
    Chi oggi si scandalizza di certo "imperialismo", sembra dimenticare che gli imperi esistono da migliaia di anni, ed hanno iniziato a "passare di moda" solo 70 anni fa; e probabilmente anche la propria nazione ha attraversato quella fase.
  • Su scala nazionale o globale, questa ambizione ci spinge a consumare sempre più risorse, più energia e più territorio; ad aumentare la deforestazione; e la popolazione continua a crescere (nonostante il calo della natalità, si prevede che raggiunga i 10 miliardi), incrementando questi consumi.
  • A livello individuale, fenomeni come furti e rapine, corruzione, evasione fiscale, stupri, omicidi, delinquenza organizzata, ecc. sono in buona parte riconducibili alla stessa ambizione: se ognuno vuole di più e non può ottenerlo, o non facilmente, ci sarà una tendenza ad arrivarci con metodi manipolativi, illegali o criminali.

Per tutti i fenomeni sopra elencati possiamo trovare varie spiegazioni di tipo emozionale, culturale o sociale. Ma ciò che accomuna tutti è la tendenza - tipicamente umana - al "Voglio di più" e "Non è mai abbastanza".
Anche per questo è miope, ed ipocrita, vedere certi comportamenti come "anormali"; essi sono piuttosto espressioni - a volte estreme - di un'attitudine che ci appartiene come specie.

“Questa ambizione
ci spinge a consumare
sempre più risorse, più energia e più territorio”

Effetti del volere sempre di più, nel quotidiano

Fin'ora ho esaminato più che altro gli effetti dell'ambizione insaziabile su vasta scala: guerre, invasioni, imperialismo, ecc. Problemi che attribuiamo a chi sta "in alto". Ma se guardiamo bene, vediamo che l'ambizione brucia dentro tutti quanti, seppure in varia misura, anche a livelli più ordinari e quotidiani.
  • Un effetto frequente è la tendenza a prevaricare gli altri, in modi sottili o gravosi: scavalcare un collega per la promozione, magari barando ("Voglio quel posto!"); saltare le code ("Ho fretta!"); minacciare qualcuno ("Dammi X, altrimenti..."); passare col rosso o superare i limiti di velocità ("Non ho tempo!"); fare il bullo od umiliare gli altri, per sentirsi superiore; ecc.
  • Mentire o truffare per ottenere qualcosa manipolando l'altro.
  • Evasione fiscale: "Voglio tenermi tutti i soldi che ho guadagnato, anche a svantaggio della comunità", "Non voglio fare rinunce per il bene altrui" (l'evasione danneggia l'intera nazione).
  • Corruzione per ottenere denaro, vantaggi od opportunità.
  • Rubare, che significa impossessarsi di qualcosa violando i diritti altrui. Dal furto di oggetti d'ufficio fino al crimine organizzato.
  • Disuguaglianze: volere ed ottenere più degli altri, invece di condividere (vedi più avanti).
  • Atteggiamenti "NIMBY", cioè "Voglio un vantaggio ma lo svantaggio deve subirlo qualcun altro" (es. volere la raccolta rifiuti ma respingere la costruzione di un inceneritore vicino), oppure "Io ho X, però mi oppongo al tuo avere X perché andrebbe a mio svantaggio" (es. costruzione case davanti alla propria).

Anche le brave persone lo fanno

Quelli elencati sopra sono comportamenti antisociali, quando non illegali, ma che comunque associamo a "brutte persone". Però anche le brave persone sono mosse da una continua ambizione - pur se di solito in modi più accettabili - e spesso ne patiscono le conseguenze.
  • La ricerca di uno stipendio più elevato.
  • Il desiderio di fare carriera.
  • L'acquisto di una casa più grande o elegante, od in una posizione migliore; e poi una per le vacanze, ed una come investimento...
  • La tendenza verso automobili sempre più potenti, ingombranti (es. SUV), accessoriate e lussuose.
  • L'acquisto di smartphone di alta gamma, con funzioni sempre più sofisticate.
  • Viaggiare più spesso possibile, o le vacanze in posti sempre più lontani ed esotici (rammento che viaggiare è sempre stata un'attività da ricchi; questo è cambiato solo da pochi decenni).
  • La ricerca di esperienze gastronomiche eccitanti o insolite, fino ad arrivare alle manie da "foodie".
  • L'acquisizione di "beni Veblen", il cui scopo primario non è il godimento del bene in sé, ma il dimostrare la propria superiorità sugli altri (status symbol).
  • "Keeping up with the Joneses", cioè il bisogno di restare al passo col livello sociale ed economico dei nostri vicini o conoscenti.
  • Per non parlare di quanti "competono" sui social media per fare più bella figura rispetto agli altri (spesso fingendo una felicità o un benessere che non possiedono realmente).
  • Conflitti: quando una parte vuole più X e l'altra più Y, poiché le risorse sono sempre limitate e non si può fare contenti tutti, e nessuno vuole rinunciare, avremo conflitti a livello interpersonale, di coppia, familiare, sociale, politico, internazionale.
    Lei vuole la cucina nuova, lui l'auto nuova; gli anziani vogliono l'aumento delle pensioni, i giovani dell'educazione; la sinistra vuole più sussidi, la destra più infrastrutture... Ed ovviamente ciascuno ha le sue ragioni.
  • Nel corteggiamento e relazioni, la tendenza ad avere standard elevati (es. il "Principe Azzurro", l'ipergamia), od interrompere una conoscenza alla prima delusione, oppure nel dating online la tendenza a scartare persone nella speranza che "il prossimo" sarà migliore ("Posso trovare di meglio").
    Col risultato che sempre più persone si ritrovano sole (una "epidemia di solitudine"), oppure rompono una relazione o matrimonio, perché convinti di "meritare di meglio". Non a caso, il numero di divorzi è cresciuto notevolmente negli ultimi decenni.
  • E l'ambizione non è solo materiale: un autore vuole scrivere un best-seller, un cantante scalare le classifiche, un atleta salire sul podio, uno scienziato inventare X prima degli altri (non solo per motivi pecuniari).

Questa continua corsa verso nuovi traguardi può apparire innocua, ma tende a produrre stati d'animo corrosivi come ansia, stress, senso di inadeguatezza e fallimento, competizione, invidia, insoddisfazione costante, se non addirittura disperazione o depressione. Non è solo il fatto che vogliamo sempre di più (con la pressione associata); è che non arrivarci, o vedere altri che ci riescono mentre noi no, può avvelenarci l'esistenza.

Inseguire un bersaglio mobile

Alcuni potrebbero protestare "Ma è giusto che voglio X. Me lo sono guadagnato!"; e non avrei nulla da obiettare. Però non è questione di giusto o sbagliato; non sto facendo un discorso morale. Noto solo che i nostri desideri non si fermano mai. Un impiegato di oggi gode di maggior comfort di un re medioevale; ma comunque è raramente soddisfatto. Quello che voglio sottolineare è proprio che non c'è mai un punto di arrivo: questa ambizione è un "bersaglio mobile" che sfugge sempre in avanti.

Problemi che ci creiamo da soli

Esaminando i vari effetti di questa ambizione insaziabile, si potrebbe dire che buona parte dei problemi che affliggono gli esseri umani, provengono dagli esseri umani stessi (e non da cause esterne), proprio perché vogliono sempre di più. Come cantava Luciano Ligabue nel 2003 "Tutti vogliono viaggiare in prima. Tutti con il posto finestrino". E nel tempo l'asticella si alza sempre.

"Le cose che una generazione considera un lusso, la generazione successiva le considera necessità."
(Anthony Crosland)

“Un impiegato di oggi
gode di maggior comfort
di un re medioevale;
ma non è comunque soddisfatto”

Ambizione e disuguaglianza

Tra i vari effetti di questa ambizione, c'è quello della disuguaglianza - che non potrà mai essere del tutto eliminata (al massimo moderata). Proprio perché ciascuno desidera di più per se stesso, l'impulso primario negli esseri umani è l'accrescimento personale, non l'equa redistribuzione delle risorse.
Anche coloro che protestano ed invocano eguaglianza, di solito lo fanno a proprio vantaggio (chi spera di guadagnare da una redistribuzione), e/o non intendono raggiungerla a proprie spese (chi invoca una redistribuzione a spese altrui). Praticamente nessuno - tranne San Francesco e pochi altri - decide di rinunciare a quello che ha per donarlo a chi sta peggio. Quindi la maggioranza di quelli che sostengono pubblicamente l'eguaglianza, è in realtà ipocrita; altrimenti rinuncerebbero al superfluo per sé, per trasformarlo in assistenza ai più bisognosi. Ma quanti ne avete visti fare così?
Naturalmente anche questo ha le sue eccezioni: molte persone sono generose, e non pochi donano in beneficenza. Ma comunque in misura limitata.

Gerarchia, non eguaglianza

La dimostrazione che l'eguaglianza è per molti versi "innaturale", ovvero va contro i nostri istinti profondi, è la "gerarchia di disponibilità" che guida i comportamenti di tutti. Ovvero, siamo generosi e disponibili a condividere i frutti della nostra ambizione con chi sta in alto nella gerarchia, e sempre meno scendendo:
  1. Al primo posto mettiamo i figli - e per alcuni il coniuge - che vengono prima di tutti e per cui daremmo tutto, persino la nostra vita.
  2. Dopo vengono i parenti stretti, come genitori, fratelli e sorelle.
  3. Poi la parentela più allargata per alcuni, oppure gli amici speciali per altri.
  4. Poi amici comuni, colleghi, compagni di attività o interessi.
  5. Poi i nostri concittadini, o coloro che fanno parte della nostra cerchia.
  6. Poi i nostri connazionali, o quelli che sentiamo simili a noi.
  7. Dopo di che arrivano tutti gli altri - a cui solitamente dedichiamo ben poco tempo, attenzione o risorse.
(ovviamente ci possono essere eccezioni: persone che detestano il coniuge, odiano i genitori o provano antipatia verso il proprio Paese; ma i più rientrano nello schema appena esposto)

Se quanto elencato è profondamente radicato in noi, come potrebbe realizzarsi una totale eguaglianza? Anche quelli che a parole la sostengono, anteporrebbero i figli a tutti gli altri, o un familiare a degli sconosciuti. Infatti esistono leggi contro il nepotismo proprio perché è un istinto universale (altrimenti a che scopo averle?).

L'eguaglianza forzata non funziona mai

Un'altra dimostrazione di quanto l'eguaglianza ci risulti "innaturale", sono le società dove è stata imposta dall'alto (tipicamente Paesi comunisti come Russia, Cina e Cuba). Tutti questi casi sono stati fallimentari, portando povertà diffusa (*), governi totalitari e forti disuguaglianze (oltre a milioni di morti per repressioni o carestie): il popolo è rimasto povero (nonché oppresso), mentre pochi "compagni" in alto hanno accentrato potere e ricchezze.
Paradossalmente, un sistema basato sull'idea di eguaglianza ha prodotto una disuguaglianza ben peggiore del sistema che voleva sostituire, cioè il capitalismo (nel quale la disuguaglianza è più distribuita).
(*) La crescita economica della Cina è avvenuta solo con le riforme promosse da Deng Xiaoping negli anni '80, che hanno permesso lo sviluppo di un'economia privata sostanzialmente capitalista. Il PIL della Russia è simile a quello dell'Italia, pur avendo oltre il doppio della popolazione, un territorio oltre 50 volte più grande, e vaste quantità di risorse naturali. L'89% delle famiglie Cubane vive in estrema povertà.

Sulle conseguenze di un sistema politico basato sull'eguaglianza, si veda il celebre romanzo "La fattoria degli animali" di George Orwell. Sugli effetti nefasti di un'eguaglianza forzata, si veda l'efficace racconto breve "Harrison Bergeron" di Kurt Vonnegut.

Equità fino a un certo punto

Naturalmente una certa equità è importante per una specie sociale come la nostra. Per questo cercheremo sempre di perseguirla. Ma per le ragioni che ho illustrato, una totale eguaglianza resterà un'utopia. Non per colpa di "cattivoni" o "poteri forti" - come molti amano credere - ma perché tutti vogliamo avere sempre di più per noi stessi, o per chi ci sta vicino.

Perché questa ambizione è così parte di noi

Se questa ambizione presenta aspetti negativi così evidenti, ci si potrebbe chiedere, come mai è rimasta così presente in noi? Credo che la spiegazione sia semplicemente perché fornisce un vantaggio evolutivo: le creature più ambiziose tendono a prevalere sulle altre, ad ottenere di più, a vincere i conflitti ed eliminare gli ostacoli... quindi sono quelle che maggiormente sopravvivono e si riproducono. Per cui questo tratto si è mantenuto ed è cresciuto nei millenni, in quanto "vincente".

Lo stesso vale per l'aggressività: nonostante i suoi lati negativi, le creature (o le specie) aggressive hanno prevalso su quelle più pacifiche. Per cui le prime hanno prosperato, mentre le seconde si sono assoggettate o estinte. E' il darwinismo in azione.

Limitare l'ambizione?

Date le conseguenze, qualcuno potrebbe auspicare che la società limiti questa ambizione. Ma essendo un impulso naturale e innato, questo controllo verrebbe vissuto come una pesante limitazione della libertà personale. In effetti assomiglierebbe ad un "incubo socialista" (come menzionato prima) che finisce con lo schiacciare gli individui.

Ambiziosi, ma non troppo

Con tutto questo, non intendo dire che l'ambizione umana sia l'unica causa dei nostri problemi; il male e la sofferenza hanno spiegazioni molteplici. Però credo di aver dimostrato che buona parte dei nostri problemi vi sono collegati.
Trovo quindi auspicabile diventare consapevoli di questo impulso, e magari imparare ad arginarlo. Non solo per evitare di danneggiare gli altri, ma prima di tutto perché l'ambizione illimitata ci impedisce di godere di quello che abbiamo:
  • Se ho già un tesoro ma non me lo godo, è come se non l'avessi; è come se fossi povero.
  • Se non so assaporare il presente e inseguo sempre un futuro migliore, non proverò mai soddisfazione; correrò la corsa del topo.

La felicità esiste solo assaporando il momento presente, nel qui-ed-ora. Finché mi affanno ad inseguirla, resterà fuori dalla mia portata.
L'ambizione dovrebbe essere al nostro servizio; evitiamo di diventare suoi schiavi.

"L'ambizione, tra tutti i vizi umani, è quella che assomiglia maggiormente a una virtù."
(Sallustio)

"Senza ambizione non si inizia nulla. Senza impegno non si finisce nulla. Il premio non ti verrà regalato. Devi conquistarlo."
(Ralph Waldo Emerson)

"Niente risveglia l'ambizione quanto lo squillo di tromba della fama altrui."
(Baltasar Graciàn)


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Perché facciamo scelte sbagliate: siamo tutti condizionati

Quante volte ci ritroviamo infelici senza capirne il motivo? Quante volte ci rendiamo conto di avere compiuto scelte sbagliate, nonostante le nostre migliori intenzioni? Quante volte ci stupiamo delle nostre azioni, che sembrano andare in direzioni opposte a quello che vogliamo?
Sembra quasi che, dentro di noi, sia in azione uno "spiritello maligno" che opera a nostro sfavore. E, per certi versi, potrebbe essere proprio così.

Quando non siamo padroni delle nostre scelte

Il problema è che, più spesso di quanto crediamo, non siamo padroni delle nostre opinioni né delle nostre scelte. Ogni scelta ed azione è influenzata da idee, valori e convinzioni, ma buona parte di questi possono essere sia inconsci che opposti a quello che siamo e vogliamo. Per esempio:
  • Voglio approcciare una persona che mi piace, che mi ha dato segnali positivi: ma una voce interiore mi scoraggia, dicendomi "Figurati se le interessi, non provarci nemmeno".
  • Ad un esame o colloquio di lavoro, per cui sono qualificato, una tensione nervosa mi porta ad arrivare in ritardo, o a presentarmi male, o ad esprimermi in modo goffo, per cui rendo molto meno di quanto potrei.
  • Compio scelte importanti nella vita (carriera, relazioni, luogo dove vivere...) che a prima vista mi sembrano ottimali, ma che sulla distanza mi procurano più frustrazione e infelicità che altro. Mi ritrovo a dirmi "Cosa ci faccio qui?" o mi sembra di vivere una vita senza senso.
Alla base di queste difficoltà o fallimenti, molto spesso ci sono pulsioni o convinzioni interne che influenzano le nostre azioni e ci sabotano. Ma il più delle volte non sappiamo nemmeno di averle, quindi ci è impossibile opporci od arginarle.
Per esempio, potrei credere in certi pregiudizi (sul sesso opposto; su certe professioni, etnie o partiti), che non corrispondono alla realtà; ma che mi sembrano così scontati da non poterli mettere in discussione. Oppure potrei avere convinzioni negative su me stesso ("Non valgo abbastanza. Sono sbagliato. Non merito amore."), che mi portano a non mettermi in gioco, a chiudermi, alla paralisi; ma che essendo inconsci non posso contrastare.

“Spesso non siamo padroni delle nostre opinioni
né delle nostre scelte”

Non sappiamo cosa è vero

Il problema è che noi crediamo istintivamente che le nostre convinzioni corrispondano al vero, e siano una nostra scelta autonoma. Purtroppo, invece, ci capita sovente di credere a cosa che non sono vere affatto, o lo sono solo parzialmente. E soprattutto molte delle "nostre" convinzioni le abbiamo passivamente ricevute da altri: sono in realtà condizionamenti, a volte quasi un "lavaggio del cervello".

Che cosa mi influenza?

Se ci rendessimo conto di quanti influssi ci condizionano in ogni istante della vita, potremmo almeno cercare di arginarli o controllarli. Purtroppo invece ci piace pensare di essere liberi, autonomi, indipendenti, padroni della nostra mente - anche quando non è affatto vero.
Potremmo invece partire dal chiederci: "Cosa mi influenza?". Di seguito una breve lista di fattori che toccano chiunque.

Biochimica

Nel nostro corpo circolano una quantità di sostanze (principalmente neurotrasmettitori ed ormoni) che influenzano sia l'umore che il comportamento.
---> Un esempio classico è quando ci innamoriamo, o quando siamo preda di forti passioni: per molti versi non è la nostra coscienza che sceglie o decide, è la biochimica che ci spinge.

Pulsioni evoluzionistiche

Nel nostro cervello sono "programmate" una serie di reazioni che puntano alla sopravvivenza e alla riproduzione ottimale. In molti casi non siamo noi a scegliere, ma sono queste reazioni che lo fanno al di là della volontà.
---> Esempi in cui questo accade sono i vari motivi per cui proviamo attrazione, o le reazioni di lotta o fuga (in inglese "fight or flight") di fronte a situazioni minacciose.

Estetica

Anche la reazione alla bellezza ha una valenza evoluzionistica, ma la cito a parte per la sua particolare rilevanza emotiva. Quando noi reagiamo all'aspetto estetico (sia di cose che di persone, sia in modo positivo che negativo), crediamo di scegliere cosa ci piace, ma fondamentalmente quelle scelte sono decise da criteri innati su cui non abbiamo potere.
---> Infatti, non di rado quelle scelte risultano ingannevoli e non ci portano i risultati positivi che ci aspettavamo (la persona attraente che si rivela egocentrica o insopportabile, l'auto fascinosa che si scopre troppo costosa o poco pratica...).

Un altro aspetto per cui l'estetica ci condiziona, è quando ci lasciamo convincere dai modelli di bellezza promossi dalla società o dai media: finiamo così col criticare o rifiutare il nostro aspetto naturale, ed inseguire invece un ideale di bellezza artificioso o impossibile.

Condizionamenti dall'infanzia

Fin dalla nascita, riceviamo una serie di giudizi e idee su cui abbiamo poca o nessuna influenza. Assorbiamo tutte queste informazioni praticamente senza spirito critico, ed esse diventano le "fondamenta" della nostra personalità e delle nostre convinzioni.
---> Col risultato, a volte, di portarci a vivere in un modo che ha ben poco a che fare con la nostra reale natura: e, di conseguenza, a vivere una vita che percepiamo come vuota e insignificante, o che ci rende costantemente infelici.
I primi vent'anni della nostra vita sono così fondamentali che vi dedico un approfondimento più sotto.

Falsità e pregiudizi

Anche dopo che abbiamo raggiunto un'autonomia di pensiero, siamo costantemente esposti ad informazioni errate o ingannevoli a cui spesso crediamo ugualmente: perché abbiamo bisogno di credere a qualcosa, perché non abbiamo modo di verificarle, o perché corrispondono a nostri pregiudizi (tendiamo a credere a quello che conferma ciò in cui già crediamo).
---> Il risultato è che operiamo nella nostra vita basandoci su idee falsate, compiendo scelte erronee - o persino disastrose - a livello personale, sentimentale, sociale, finanziario e politico.

Chi mi influenza?

Quelli elencati sopra sono fattori di influsso (il "cosa" mi influenza), ma un altro modo di considerare i condizionamenti sono le fonti da cui arrivano (il "chi"): la prima e più ovvia è la famiglia, a cui seguono la scuola, le amicizie, i partner, i colleghi, la religione (anche per i non credenti, se è diffusa nel proprio ambiente), e più in generale la società e la cultura in cui viviamo (inclusi i vari media).
Più persone esprimono un'idea o un giudizio, o più autorevoli riteniamo le fonti da cui questi provengono, e più tenderemo a crederci.

Vent'anni di condizionamenti... e oltre

Siamo esposti a influssi e condizionamenti per tutta la vita, ma nessun periodo è così fondamentale per il nostro sviluppo (come persone e come idee) quanto quello dell'infanzia - e, per molti versi, anche dell'adolescenza. Questo principalmente perché, durante quel periodo:
  • Si formano la nostra mente, la nostra personalità e la nostra visione del mondo
  • Siamo altamente influenzabili e privi di capacità critiche
  • Dipendiamo in tutto e per tutto dalle persone intorno a noi (almeno fino ad una certa età)

Dalla nascita all'adolescenza

Dalla nascita fino all'adolescenza, sviluppare un'opinione autonoma è praticamente impossibile: non solo non sappiamo nulla o quasi della vita, ma siamo circondati da persone più sagge e più forti di noi, di cui ci viene istintivo fidarci: genitori, parenti, insegnanti. Anche se ci sorgono timide obiezioni a quel che ci viene detto, esse sono facilmente sgretolate dall'autorità e dal potere degli adulti.
Senza contare che noi dipendiamo da loro in tutto e per tutto: la nostra stessa sopravvivenza è nelle loro mani, per cui impariamo presto che non ci conviene opporci o contrariarli.

In questo contesto, se ci viene detto tutti i giorni che una cosa è vera, che è giusta, che è quello che vogliamo o dobbiamo fare, sarà quasi impossibile non crederci: se tutte queste persone così grandi e capaci ripetono quella cosa, come posso io, piccolo debole e ignorante, saperne più di loro? Il loro pensiero diventa il nostro pensiero.

L'origine dell'identità

Lo stesso vale per la nostra identità: ovvero il senso di chi siamo, di quanto valiamo, l'autostima, l'opinione che abbiamo di noi stessi e delle nostre capacità. L'identità si forma dai "messaggi" che riceviamo e dalle nostre esperienze: se questi sono positivi sviluppiamo un'immagine positiva di noi stessi, e viceversa. Per esempio:
  • Se il bambino viene spesso criticato, svilupperà una tendenza insicura, ansiosa, inibita. Anche da adulto, esiterà ad esprimere il suo vero sé per paura di ricevere giudizi e conseguenze negative.
  • Se i genitori sono rigidi e giudicanti, il bambino potrebbe sviluppare una personalità da "bravo ragazzo", che però non è autentica ma solo una maschera con cui cerca approvazione (senza però trovarla).
  • Se una parte della sua personalità viene criticata fortemente, egli la "rimuoverà" dalla sua coscienza, relegandola nella "parte ombra". Un classico caso di "ombra" è la figura di Hyde nel romanzo "Dr. Jekyll e Mr. Hyde".
  • Spesso, i maschi vengono spinti a reprimere le emozioni e nascondere la fragilità; alle femmine viene insegnato a reprimere l'aggressività. Da adulti, è probabile che costoro diventino uomini duri e insensibili, o donne insicure e deboli: ma queste non sono attitudini innate (come molti credono), bensì ruoli sociali indotti.
  • Se un bambino (o ancor più una bambina) riceve frequenti messaggi negativi sulla corporeità o sulla sessualità, potrebbe sviluppare conflitti verso il proprio corpo (fino ad arrivare a disturbi come anoressia o bulimia), e/o disturbi sessuali (come incapacità di lasciarsi andare e godersi il sesso, anorgasmia, frigidità o problemi collegati).
Questo genere di influssi porta le persone a credere di essere in un certo modo (timide, riservate, remissive, caste, ecc.) anche se quella non è affatto la loro natura, ma solo il risultato di condizionamenti. In pratica, dimentichiamo chi siamo davvero, e crediamo di essere come ci hanno detto che dovremmo essere.

“Dimentichiamo chi siamo davvero”

Durante l'adolescenza

Entrando nell'adolescenza, cominciamo a sviluppare autonomia, capacità critiche e una visione individuale: ci viene naturale dubitare degli adulti ed opporci alle loro opinioni (siamo però ancora dipendenti da essi, per cui in una posizione di debolezza psicologica oltre che fisica).
In questa fase ci confrontiamo con i nostri pari, con gli amici: ma anch'essi sono stati condizionati nell'infanzia, e magari anche loro ci ripeteranno che una certa cosa è giusta o sbagliata. E siccome dipendiamo affettivamente da loro, e abbiamo un fortissimo bisogno della loro approvazione, se tutti gli amici o le amiche sostengono una certa posizione, anche qui ci sarà molto difficile opporci e sostenere un'opinione autonoma. Tenderemo a "seguire il gregge" (vedi "Groupthink" in inglese).

Diventati adulti

Una volta adulti, cominciamo ad affrontare la vita in modo autonomo. Ma lo facciamo carichi di un bagaglio di idee e convinzioni che non sono veramente "nostre", che comunque ci guidano e condizionano le nostre scelte:
  • Scuola
  • Partner
  • Lavoro
  • Persone da frequentare o evitare
  • Persone da temere o da odiare
  • Orientamento politico
Ogni scelta che compiano in tutti questi settori potrebbe essere "sbagliata per noi" (magari non errata in sé, ma inadatta a noi, ai nostri potenziali e aspirazioni, alla nostra felicità), ma rischiamo di sceglierla ugualmente perché ci hanno convinto che è invece quella "giusta".

Solo pochi si ribellano

Solo pochi individui, dotati di spiccata tendenza all'indipendenza e alla ribellione, sviluppano una capacità di pensiero e di opinione autonome già in giovane età. Anch'essi, comunque, rischiano di assorbire alcuni condizionamenti, perché la natura sociale dell'essere umano fa sì che non possiamo mai essere del tutto indipendenti dall'ambiente in cui viviamo.

Anche da adulti l'influsso continua

Anche nella vita adulta i condizionamenti continuano a influenzarci: da una parte quelli che abbiamo assorbito mentre crescevamo e ora sono incorporati dentro di noi; dall'altra quelli che provengono dalle persone intorno a noi, specialmente quelle che ci stanno a cuore o che ammiriamo.
Questo vale in particolare per i genitori: in generale, ci sentiamo spinti a non deluderli, a farli contenti, e lo facciamo anche a costo di ignorare quello che davvero sentiamo o vorremmo fare. Spesso però non vogliamo riconoscere questo conflitto di interessi: perché vorrebbe dire scontrarsi con loro, o perché non assecondarli ci sembra un atto di slealtà o tradimento nei loro confronti.

Convinzioni portate all'estremo

All'estremo, questi condizionamenti possono portare anche a gesti folli o assurdi; che però diventano più comprensibili se li vediamo come il risultato di convinzioni devianti credute ciecamente:
  • Una persona che uccide il coniuge perché è stato tradito, o è stato "offeso nell'onore".
  • Un estremista religioso disposto ad azioni criminali in nome della sua fede.
  • Un kamikaze giapponese durante la seconda guerra mondiale.
Credenze come il razzismo, il sessismo o l'anti-semitismo (e molti "ismi"), non hanno alcuna base razionale o concreta: sono solo idee false che vengono tramandate. Eppure hanno a volte diffusione di massa, e possono portare a tragedie come lo schiavismo o l'Olocausto.

Il risultato è una vita infelice

Molto spesso, il risultato di tutti questi condizionamenti è quello di indurci a vivere vite inadatte a noi, e che quindi producono continuo stress, insoddisfazione e infelicità:
  • Un percorso di studi verso cui non ho reale interesse, affinità o talento...
    Ma che è stato scelto su pressione dei genitori, o in base alle loro ambizioni.
  • Una carriera, o un ambiente di lavoro, con cui non sono in sintonia, che non utilizza le mie capacità o che va contro i miei valori...
    Ma che è stato scelto perché nella mia famiglia o gruppo sociale quello che conta è un certo prestigio, una certa qualifica, un certo reddito.
  • Una certa attività o professione scelta oppure, al contrario, scartata...
    Perché mi è stato insegnato cosa un "vero uomo" - o una "vera donna" - dovrebbe o non dovrebbe fare.
  • Una relazione sentimentale con una persona inadatta a me (per personalità, obiettivi, aspetto fisico, preferenze sessuali o persino genere), con cui c'è scarsa intesa o continui conflitti...
    Perché ho seguito i canoni familiari, o le regole tradizionali, invece di ascoltare quello che davvero mi piace e che mi fa stare bene.
  • Avere dei figli che ostacolano i mie obiettivi, o che influenzano negativamente il mio matrimonio, che ho avuto senza volerli veramente, o prima che fossi pronto...
    Perché mia madre o i miei conoscenti ritengono inaccettabile non averne.

Spesso non è questione di scelte errate in sé, ma di situazioni errate per noi stessi, in disarmonia con la nostra vera natura: come un vestito elegante ma tagliato per un fisico assai diverso dal mio, esso non è sbagliato in sé, ma io non mi sentirò mai comodo o a mio agio indossandolo. Allo stesso modo, una vita lontana dalla mia natura autentica verrà sempre vissuta come disagevole, deludente o soffocante.

“I condizionamenti ci inducono a vivere
vite piene di stress, insoddisfazione e infelicità”

Come liberarsi dai condizionamenti

Una volta compresa l'estensione e la profondità dei condizionamenti che abitano in noi, diventa naturale chiedersi come uscirne:
  • Come liberarci dalle idee errate, o che ci spingono a fare scelte disfunzionali?
  • Come capire quello che è davvero "giusto" ed efficace per noi stessi?
  • Come scoprire le scelte in sintonia col nostro essere, che ci portano verso il benessere e la gioia?
Non è un percorso semplice, perché si tratta di un lavoro di "scavo" alla ricerca della nostra verità, di "ripulitura" dalle bugie che ci hanno raccontato, e di riscoperta della nostra natura autentica. Ma può fare la differenza tra una vita grigia e triste, ed una luminosa e appagante. Di seguito alcuni suggerimenti.

Conosci i tuoi condizionamenti

Prendi consapevolezza dei tuoi condizionamenti e convinzioni. Finché rimangono inconsci, nell'ombra, ti manovrano come fili invisibili. Quando invece inizi a scoprirli, a vedere come agiscono e come ti influenzano, il loro potere su di te diminuisce.

Osserva le parole che usi

Fai caso alle parole che usi: spesso non vengono per caso, e possono indicare influssi di cui non sei consapevole.
  • Verbi come "Devo" o "Dovrei" indicano resistenza, magari verso attività che non fanno per te o di cui non ti importa davvero.
  • Affermazioni come "Non posso" o "Non ce la farò" indicano limiti che credi di avere: chiediti se è davvero così, e come fai a saperlo con certezza.
  • Espressioni come "Vorrei", "Mi piacerebbe", "Che bello se" indicano attività verso cui senti inclinazione, che potrebbero arricchire la tua vita, ma che magari trascuri perché altri le ritengono inutili.

Ascoltati e riconosci le "voci"

Ascoltati, senti la differenza tra una "voce" che arriva dal tuo essere profondo, ed una che invece proviene dall'esterno. Fai attenzione alle sensazioni che ognuna di queste voci ti suscita (ti fa sentire bene, positivo; oppure appesantito, angosciato...).

Osserva i fatti

Osserva i fatti: se una scelta o una situazione ti crea forte disagio, ti fa stare male o ti rende infelice, è molto probabile che non sia adatta a te; anche se presenta evidenti vantaggi o tutti la trovano invidiabile.

Osserva le tue scelte

Per scoprire le convinzioni inconsce su te stesso, osserva le tue scelte: se rimani in una relazione frustrante o un lavoro che non ti piace, è possibile che tu non creda di meritare di meglio; se sei spesso attratto da persone che ti rifiutano o ti svalutano, forse non credi di essere degno d'amore, ecc.
In altre parole, al di là di quello che pensi razionalmente, le tue azioni reali indicano quello in cui credi nel tuo profondo.

La "cosa giusta" non esiste

Infine, ricordati che non esiste la "cosa giusta da fare" in assoluto, perché:

Le "cose giuste" cambiano nel corso del tempo, delle culture e dei luoghi. Quindi, solo tu puoi decidere qual è la "cosa giusta" per la tua vita. Gli altri possono a volte darti utili opinioni, ma alla fine la decisione è solo tua.


"Per ogni idea della cui giustezza sei assolutamente convinto, ci sono milioni di persone che la ritengono sbagliata."
(Wayne W. Dyer)

"Il vero signore è simile a un arciere: se sbaglia il bersaglio, cerca la causa di questo in se stesso."
(Confucio)

"Molto del dolore che provate è da voi stessi scelto."
(Kahlil Gibran)


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La vita è darwiniana: il più adatto vince, il meno adatto stenta o muore

Per agire in modo efficace nella vita, ottenere i risultati desiderati, e creare la propria felicità, è importante capire i princìpi che regolano l'esistenza (come "funziona" davvero la vita), al di là di ideali, tradizioni o concetti morali teorici. Altrimenti "giocheremo" secondo regole infondate, rischiando spesso di "perdere" senza capirne il motivo.
In poche parole la vita è meritocratica, cioè premia le persone più efficaci e dotate; ma "dotate" non necessariamente secondo criteri umani e morali, bensì in termini funzionali. Cioè, una persona disprezzabile ma ricca di abilità riuscirà nella vita più di una brava persona con scarse abilità; alla fine, i fatti contano più delle intenzioni.

Essenzialmente, la vita funziona in modo "darwiniano", ovvero segue il concetto di "sopravvivenza (o successo) del più adatto" (vedi "Survival of the fittest"). In altri termini, l'esistenza non è "giusta" o "equa", perché giustizia ed equità sono invenzioni umane, che non esistono in Natura. Per usare un esempio famoso, pensiamo al leone che insegue la gazzella: sia che la gazzella venga uccisa e mangiata, sia che sfugga ed il leone muoia di fame, nessuna opzione è giusta o equa. Certo possiamo schierarci in base alle nostre simpatie, ma nello stato di Natura non ha senso ragionare in termini di giustizia, diritti o equità: il leone non ha il "diritto" di mangiare la gazzella, né la gazzella ha il "diritto" di salvarsi. E ugualmente la vita non fa preferenze: il più adatto (in senso funzionale - in questo caso veloce, agile, scaltro) raggiunge il suo scopo.

“Giustizia ed equità
sono invenzioni umane,
che non esistono in Natura”

E' per questa ragione che certe specie che a noi appaiono disprezzabili, come topi o scarafaggi, sopravvivono quasi a tutto; mentre altre che riterremmo ben più degne, si sono estinte. Ed è sempre per la stessa ragione che a volte siamo attratti da persone distruttive o inadatte a noi, mentre persone ammirabili non ci suscitano alcun interesse sentimentale; il "gioco dell'attrazione" è guidato dalle leggi naturali di riproduzione (siamo attratti da persone con cui potremmo procreare figli sani), non da criteri morali o di compatibilità psicologica (poi ovviamente entrano in gioco anche altri fattori; qui mi riferisco all'attrazione erotica, immediata e istintiva).

Non esistono diritti in Natura

A volte si parla di "diritti naturali", ed il significato giuridico di "diritti che sono propri di ogni essere umano per nascita" è sicuramente una grande conquista sociale. Ma secondo me l'espressione è fuorviante, poiché la Natura non ci riconosce alcun "diritto" (inteso come "cosa che ci è dovuta"):
  • Un uomo che sta affogando non ha un "diritto" a vivere: il mare non ascolterà certo le sue invocazioni. Si salverà solo se avrà sufficienti abilità natatorie.
  • Le persone non hanno "diritto alla salute": la manterranno solo prendendosene cura attivamente (e comunque salvo problemi genetici e di invecchiamento).
  • Non abbiamo il "diritto" di essere amati - anche perché vorrebbe dire che qualcuno avrebbe il "dovere" di amarci, e a chi mai spetterebbe questo obbligo? La Natura non offre alcuna garanzia in amore: basti vedere la moltitudine di persone che si innamorano di partner sbagliati, o senza essere ricambiate.
    Possiamo portare amore nelle nostre vite quando sviluppiamo certe capacità: di amare noi stessi; di scegliere partner in sintonia con noi; di creare relazioni costruttive.
  • Né abbiamo il "diritto" di essere felici: chi si aspetta che il mondo lo renda felice, coltiva una illusione infantile. Anche qui, avremo la felicità desiderata solo sviluppando le abilità necessarie a realizzare i nostri sogni.
Preciso che non sto parlando di diritti legali o sociali (che sono tutt'altro argomento), né della solidarietà umana (sempre auspicabile), ma solo dell'esistenza in sé, che segue le leggi naturali.

Le religioni si sbagliano?

Mi rendo conto che questa visione dell'esistenza va contro agli insegnamenti di molte religioni, specialmente quelle monoteistiche (che sostengono l'idea di un Dio amorevole, giusto e che governa le vite degli umani). Ma allora chi ha ragione? Poiché non ho la presunzione di sapere tutto, vi invito a decidere per voi: osservate come funziona l'esistenza, e fate caso se conferma la visione religiosa, oppure quella che ho esposto qui. Siate voi i giudici.
Anche se quanto espongo qui vi sembra reale, e la vita appare davvero "darwiniana", non vuol dire che Dio non esiste; ma che, magari, è diverso da quello che crediamo, o che ci hanno raccontato.

“Osserva come funziona l'esistenza,
e fai caso se conferma
la visione religiosa”

Molte aspettative, pochi risultati

Tutto questo spiega perché spesso ci ritroviamo confusi e/o delusi, quando ci comportiamo "bene" ma poi non otteniamo i risultati attesi. Per esempio quando:
Quindi, se non riesci ad ottenere quello che vorresti, è inutile dare la colpa al mondo. Piuttosto, bisogna capire cosa funziona e cosa no, e invece di pretendere la felicità come se fosse un diritto, imparare a costruirla con le proprie capacità.

Anche le relazioni sono meritocratiche

Per esempio, anche le relazioni funzionano in modo meritocratico. Semplificando, più qualità una persona ha da offrire, e più verrà apprezzata e desiderata (ovviamente poi dipende dalle qualità: alcune hanno valore universale, altre valgono solo per alcuni). Viceversa, una persona con poche o nessuna qualità verrà considerata poco o ignorata da potenziali partner. Questo di rado viene riconosciuto dalle persone poco apprezzate o amate, che faticano ad ammettere le proprie carenze, e spesso preferiscono dare la colpa agli altri ("Gli uomini sono bastardi", "Le donne sono stronze", "Il mondo fa schifo"...).

In altre parole, nelle relazioni valgono delle regole che indicano quanto possiamo attrarre; ognuno ha una specie di "valore di mercato" che definisce quanto valiamo agli occhi degli altri: una volta che comprendiamo come funziona questo valore, possiamo incrementarlo. Allo stesso modo, se nessuno mi vuole, è solo capendone le ragioni e risolvendole, che la mia situazione potrà migliorare.

“Ognuno ha un 'valore di mercato'
che definisce quanto vale
agli occhi degli altri”

Non sempre c'è un colpevole

Quando la vita ci fa soffrire, istintivamente pensiamo che sia colpa di qualcuno e tendiamo a cercare un colpevole. Ma siccome l'esistenza non segue le regole umane (e non si cura del nostro benessere), la nostra sofferenza può essere dovuta al caso, ad eventi naturali, o semplicemente alla vita che segue il suo corso - indifferente al nostro destino.
A volte le nostre disavventure non dipendono dalle altre persone. Se nessuno ti ama o non trovi lavoro, non è perché qualcuno ce l'ha con te: probabilmente è perché non ti sai "adattare" (in senso darwiniano*) al tuo ambiente, e manchi delle capacità necessarie. La sofferenza è parte naturale della vita, e quando non possiamo evitarla, possiamo solo accettarla; cercare sempre un colpevole ci fa vedere "nemici" anche dove non esistono.

(* "adattarsi" è inteso non nel senso di subire passivamente, ma di evolversi - migliorarsi attivamente - e cavalcare l'onda del cambiamento)

L'importanza dei valori

Ovviamente non intendo dire che certi valori non abbiano senso o importanza: giustizia ed equità, diritti e doveri sono alla base della civiltà e delle società moderne. Però la vita non segue le regole umane, ed è questa la ragione di tanta sofferenza: la vita non è fatta a nostra misura, né per la nostra felicità.

Diventarne consapevoli ci aiuta a non avere aspettative irreali, e a non rimanere troppo delusi quando le cose vanno storte. Invece, se mi aspetto dall'esistenza un trattamento equo ("Se sarò buono non mi succederà nulla di male", o "La vita premia i giusti e punisce i malvagi"), resterò spesso disorientato e scioccato.
Lo stesso vale se vengo educato a comportarmi come una "brava pecorella" (perché questo fa comodo al mio ambiente o alla società), e credo alla promessa di venire ricompensato.

Voglio precisare che quanto scritto finora non è un invito a comportarsi da "lupo" o "squalo" - a meno che tu stia vivendo da solo in una giungla. Se è vero che fare la "pecora" generalmente non è produttivo, è anche vero che fare il "lupo" comporta una serie di rischi e conseguenze negative, specialmente a lungo termine.
L'esistenza e la società sono due campi che si intersecano ma restano diversi, e hanno regole diverse. Bisogna sia capire come funziona l'esistenza, sia imparare come vivere in armonia con la società.

“Se mi aspetto dall'esistenza
un trattamento equo,
resterò spesso disorientato e scioccato”

Perché scegliere il bene

Infine, qualcuno potrebbe chiedersi "Ma se comportarsi bene non viene premiato, se la vita non considera le nostre virtù, allora perché fare il bene? A che scopo fare 'la cosa giusta', e non quello che mi conviene?". E' un dubbio più che legittimo, specialmente per quelli che non seguono una morale religiosa (o quelli che hanno una crisi di fede). Secondo me, comportarsi in modo "virtuoso" (fare quello che consideriamo "bene", fare la cosa "giusta") è - in generale - la linea migliore da seguire, per le seguenti ragioni:
  • Siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma non di scegliere le conseguenze delle nostre azioni; se ci comportiamo in modo egoistico e distruttivo, spesso le conseguenze non ci piaceranno per nulla.
  • Tutti abbiamo bisogno degli altri; e siccome nessuno ama stare vicino a uno stronzo, inimicarsi gli altri è un buon modo per crearsi una vita miserabile.
    Mentre una persona positiva, generosa, corretta, compassionevole, viene quasi sempre apprezzata e sostenuta.
  • L'esistenza può non premiare i buoni e punire i cattivi, ma la società lo fa (più spesso che no) - a meno che sia un regime totalitario.
  • Il fatto che l'esistenza ignori i tuoi "diritti" e non ricompensi le tue virtù, non giustifica il mancare di rispetto agli altri.
  • Ma soprattutto, fare la cosa "giusta" (secondo il proprio giudizio) ti fa sentire bene con te stesso, ti fa sentire una persona degna, integra, affidabile, di valore. Aumenta la tua autostima - e sappiamo che l'autostima è fondamentale per vivere bene.
    Mentre quando violiamo i nostri valori, anche se sul momento ci conviene, sotto sotto sappiamo di essere delle persone spregevoli. Magari gli altri non lo scopriranno... ma noi lo sapremo sempre.
In sintesi, poco importa se la vita ricompensa o meno le nostre scelte virtuose; ci conviene comunque farle, sia perché i nostri simili reagiscono di conseguenza, sia perché ci fa stare bene con noi stessi.

"Non è la specie più forte che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più ricettiva ai cambiamenti."
(Charles Darwin)


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La normalità non esiste (nessuno è normale)

Molte persone temono di non essere "normali", o si interrogano sulla propria "normalità", o ancora vengono criticate perché non rientrano in quello che altri ritengono sia il comportamento "giusto". Alcuni non riescono ad accettare se stessi, o parti di sé, perché troppo diversi da quello che viene considerato "normale". Tutto questo causa una significativa quantità di ansia, disagio e sofferenza.

Ma cosa vuol dire "normalità"? Ci sono due possibili interpretazioni:
  1. Ciò che definiamo "normale", spesso non è altro che una "media statistica", ovvero il caso più comune e frequente - ma questo non implica che sia quello migliore né il più morale.
  2. "Normale" deriva da "norma", ovvero regola. Quindi si può dire "normale" ciò che si conforma alle regole della società in cui viviamo.

La normalità cambia sempre

Il problema è che entrambi questi parametri cambiano: ciò che viene considerato normale cambia con i luoghi, le culture, le epoche; quindi non è mai un valore assoluto, bensì relativo e fluido. Come esempi bastino lo schiavismo, la lapidazione o il genocidio, pratiche considerate normali per secoli, ma che oggi riteniamo inaccettabili.
Quindi, la cosiddetta normalità è una serie di "standard immaginari" e arbitrari, soggetti a una serie di fattori in continua evoluzione. Questi standard dipendono anche dalle prospettive individuali soggettive: non troverete mai due persone per cui "normale" definisca esattamente le stesse cose. Questo perché tutto è relativo, quindi non esistono opinioni giuste in assoluto - e ritenere tali le proprie porta solo a conflitti (pensiamo ai fanatici o ai terroristi, che non tollerano posizioni opposte alle proprie).
Lo stesso vale per i presunti modelli di "vero" ("vero uomo", "vera donna", "vero amore", "vera famiglia"...): anche questi sono standard illusori, perché ci sono sempre molteplici modi di essere, più o meno validi per ciascuno (e mai nessuno è valido per tutti).

Essere strani è la normalità

Quello che consideriamo normale, molto spesso non corrisponde affatto alla realtà che ci circonda; molti comportamenti che ci appaiono come discutibili o anomali, sono in effetti molto diffusi e comuni:
  • Non ti piace il tuo aspetto
  • Temi di aver sposato la persona sbagliata
  • Pensi ad un'altra persona mentre fai sesso col tuo partner
  • Diventi invidioso per il successo di un amico
  • Ti viene da piangere o da infuriarti quando vieni criticato
  • Sei a disagio quando devi parlare con un estraneo
  • Sei impacciato quando parli con qualcuno di importante
  • Parlare in pubblico ti spaventa
  • Temi di essere molto meno capace di quanto sembri, e che gli altri lo scoprano
  • Provi desiderio per membri della tua famiglia
  • Ti senti attratto da personaggi famosi
  • Ti masturbi spesso
  • Inciampi mentre cammini, o sbatti contro i mobili
  • La possibilità di scoreggiare in pubblico ti terrorizza
  • Non sopporti che altri possano vederti nudo
  • Pensi ancora a una relazione conclusa anni fa
Se ti ritrovi in alcune o in molte voci di questa lista, rilassati: vuol dire che sei molto normale - e in buona compagnia. :-)
Sovente, ciò che viene considerato normale dalla società, è piuttosto qualcosa di ideale e vicino alla perfezione: è quello che dovremmo - o vorremmo - essere, invece di quello che siamo realmente. Non c'è quindi da stupirsi se una gran quantità di persone si sente sbagliata, o non all'altezza. Ma invece di farci condizionare continuamente da questi modelli irreali e irraggiungibili, sarebbe più sano ammettere che siamo tutti un po' matti, strambetti e contorti.

Siamo tutti diversi

La normalità non esiste anche perché siamo tutti diversi, e questo è il motivo per cui, nelle coppie e fuori, passiamo buona parte del tempo in discussioni e battibecchi. Questo smentisce già alla base l'idea che ci siano modi di essere normali che siano validi per chiunque; in realtà, ogni individuo è unico, ha gusti e inclinazioni particolari, e nessuno corrisponde in concreto ai criteri di normalità diffusi.
Per questo Oscar Wilde ha scritto che "Visto da vicino, nessuno è normale": quando conosciamo davvero qualcuno nella sua unicità, scopriamo una serie di aspetti che si discostano dall'idea di normalità - e questo vale per tutti. Le persone normali lo sembrano solo perché le vediamo da fuori, da lontano, o sono nascoste dietro maschere; chi sembra normale, di solito recita una parte perché teme di mostrare la sua "stranezza".

Chi ha bisogno della normalità?

Chi ha molto a cuore la normalità, sia nella sua ricerca di esserlo, sia nel tentativo di imporla agli altri, è probabilmente una persona spaventata, ferita, che si è sentita poco amata. Che esorcizza le sue paure e fragilità attaccandosi a un'idea immaginaria, nella speranza che se tutto intorno fosse "normale", allora si sentirebbe sicura e in pace. Spesso costoro sono persone in conflitto con se stesse, che
faticano ad accettarsi e ad amarsi per come sono.

Perché vogliamo sentirci normali

Ma se il concetto di normalità è così limitante e privo di senso, perché influenza così tanto le nostre vite? Almeno per due ragioni fondamentali:
  • Abbiamo tutti bisogno dell'accettazione e approvazione altrui.
    Al punto che molti danno più importanza all'opinione altrui, che a ciò che davvero è importante per loro; per queste persone, uscire dalla norma appare inaccettabile.
  • Abbiamo tutti paura - in varia misura - di essere giudicati e rifiutati.
    E non è solo conformismo, ma un potente impulso evolutivo: per gran parte della storia umana, essere respinti dal gruppo voleva dire ritrovarsi da soli a fronteggiare un mondo ostile, e morte quasi certa.


Temi su cui la normalità può farci del male

Di seguito esploro una serie di temi su cui l'idea di normalità pesa fortemente, ma che in realtà vengono vissuti da ciascuna persona in modi alquanto diversi.

Sessualità, desideri e fantasie

Partiamo da un'area dove la normalità è stata (e per molti versi è ancora) fortemente imposta e disciplinata. Un'area dove il concetto stesso di "normale" suona particolarmente privo di senso, vista l'enorme varietà di desideri e preferenze (dire che c'è "un modo di fare sesso normale" è come dire che c'è un colore normale, o un gusto di gelato normale). Peraltro, c'è da chiedersi per quale ragione la sessualità dovrebbe riguardare la società, invece che solo le persone coinvolte (almeno finché nessuno viene obbligato o leso).

Il concetto di normalità nel sesso è stato utilizzato in passato in modi francamente ridicoli:
  • Le numerose "crociate" contro la masturbazione.
  • La secolare condanna della Chiesa cattolica verso il sesso che non fosse per procreare.
  • Definire il sesso orale come immorale.
  • Considerare il sesso anale come illegale (ancora in effetti fino al 2003 in parte degli USA).
  • Il principio (nato nel XVIII secolo e trascinatosi fino al XX) per cui le donne sono creature "pure" e senza desideri sessuali.
Dopo secoli di queste scempiaggini, ogni tentativo di "normalizzare" la sessualità dovrebbe apparire come imbarazzante e insensato (nonché far dubitare sull'equilibrio mentale di chi ne sente la necessità).

A causa di tutta questa censura e repressione, sono molte le persone che non riescono a vivere la propria sessualità in modo sereno, positivo ed autentico. Se pensate che i vostri desideri o fantasie siano "strani" o "perversi", voglio rassicurarvi: quasi sicuramente non lo sono, e certamente non siete gli unici ad averli. Per ogni bizzarra pratica sessuale che possa venirvi in mente, state certi che c'è qualcuno - o molti - che la praticano con soddisfazione. Solo per citare alcune categorie, più diffuse di quanto si pensi:
  • Dominazione e sottomissione
  • Rapporti con due o più partner
  • Sadismo e masochismo
  • Esibizionismo
  • Sesso selvaggio e brutale
  • Venire legati e obbligati (con il proprio consenso)
Tutte queste pratiche contano centinaia di migliaia, se non milioni, di appassionati (uomini e donne). E se sono così tanti, come si può parlare di "anomalie"? La verità è che gli esseri umani sono creature fortemente sessuate e variegate (a dispetto dei tentativi secolari di negarlo). Nella sessualità, ancor più che in altri aspetti della vita, non esiste la normalità: i possibili gusti e inclinazioni sono praticamente infiniti, e quello che per alcuni è inconcepibile, per altri è delizioso.

Ma allora, ci si può chiedere, dov'è il confine? E' tutto legittimo? Ovviamente no: esistono limiti che vanno rispettati. La comunità BDSM ha approfondito le tematiche etiche (specialmente il consenso), producendo linee guida come lo SSC (Safe, sane and consensual) o il RACK (Risk-aware consensual kink). Uno dei concetti più semplici e diffusi tra chi vive la sessualità in modi non tradizionali, è questo: ogni pratica sessuale è ok, a condizione che sia fra adulti consenzienti.

Orientamenti sessuali, omosessualità

Anche qui vige una forte pressione normativa, che spinge ogni individuo a identificarsi col proprio sesso biologico, e considera accettabili solo le unioni fra un uomo e una donna. Tutte le altre identità (transgender, intersex, travestiti) e inclinazioni (gay, lesbiche, bisessuali, pansessuali, asessuali) vengono ignorate, svalutate o negate.
Ma chi sostiene che queste siano le uniche forme accettabili, sembra dimenticare che in altre epoche e culture ciò che oggi viene definito "innaturale" era comune e accettato: per esempio, tra gli antichi greci e romani i rapporti omosessuali erano considerati normali. Tra l'altro l'uso del termine "innaturale" è fuori luogo, visto che comportamenti omosessuali sono comuni tra gli animali - quindi in natura (sono stati osservati in oltre 1500 specie).

La normalità viene forzata anche su chi non prova desiderio sessuale (asessuale), o chi ha bassi livelli di libido. Anche queste persone vengono solitamente giudicate e criticate, perché fuoriescono dagli schemi comuni; specialmente i maschi, su cui pesa il luogo comune per cui un "vero maschio" ha sempre voglia di sesso. Invece anche queste sono manifestazioni della varietà umana, e come tali degne di rispetto.

Insomma, sia che ti piacciano le donne, gli uomini, entrambi, o qualsiasi combinazione, non c'è nulla che non va in te. Ama chi ti piace, e siate felici.

Unione romantica

Per molte persone la normalità in ambito sentimentale è il modello romantico dell'amore eterno con un solo partner che soddisfa tutti i nostri bisogni. Peccato che questo modello sia alquanto irrealistico e, peraltro, anche piuttosto recente (nasce circa 250 anni fa); una Utopia romantica che ben pochi riescono a realizzare (e comunque mai nel modo idealizzato che i media ci propongono).
E' una specie di "bugia mediatica", con cui veniamo spinti (specialmente le donne) a cercare la piena realizzazione della propria vita nella coppia - ma è un'illusione:
  • sia perché quel livello di appagamento estatico è una chimera (se non per un breve periodo iniziale);
  • sia perché nessuna relazione - nemmeno la migliore - può riempire una esistenza intera (ci sono molte altre parti di noi che necessitano altri tipi di nutrimento).
E' una bugia come peraltro tante altre falsità sull'amore a cui molti credono.

Il problema di crederci è che se non riusciamo a realizzare questa utopia, non solo ci sentiamo fortemente delusi e frustrati (perché, appunto, crediamo che sia normale arrivarci), ma tendiamo anche a sentirci sbagliati, incapaci, come se ci fosse in noi qualcosa che non va. Molti uomini e donne, ancora giovani, nel realizzare che le loro relazioni sono ben al di sotto del mito romantico che ritengono normale, le vedono come un fallimento e ne traggono la convinzione di non valere abbastanza.
Invece, quel che è veramente normale (perché accade praticamente a tutti) è vivere relazioni almeno in parte insoddisfacenti, incomplete, conflittuali, difficoltose; in una parola "relative" invece che assolute e ideali. Uomini e donne non sembrano fatti per vivere insieme a lungo e felicemente; quei pochi che ci riescono, è perché hanno una insolita maturità emotiva, una elevata compatibilità, una grande accettazione delle reciproche differenze, e - non ultima - un pizzico di fortuna: sarebbe saggio riconoscere che questo livello di relazione è più l'eccezione che la norma.

Essere single, in coppia o sposati

Il modello relazionale normale dice che tutti vogliamo (o dobbiamo) essere in coppia, e che le persone mature si sposano (e mettono su famiglia). Ma questa convinzione porta a giudicare le persone sole (che sia per scelta o per loro difficoltà) come inferiori o difettose; e le coppie che non intendono sposarsi come incomplete o manchevoli. Pensiamo ai giudizi sulle zitelle, o alle posizioni pubbliche importanti che quasi mai vengono affidate a persone non sposate.

Il desiderio di essere in coppia è umanissimo; ma degna del medesimo rispetto è anche la scelta di stare da soli (perché si sta bene con se stessi, per seguire un proprio percorso, per evitare la frustrazione di una coppia insoddisfacente); oppure la condizione di chi desidera una relazione ma non riesce a crearla (una sofferenza che dovrebbe ispirare compassione, non giudizio).
Così come degna di rispetto è la scelta di non sposarsi (perché non ci si sente pronti, perché non si crede nell'istituzione, perché i sentimenti cambiano...). Invece è alquanto penoso (oltre che frustrante) quando parenti e amici lanciano continui giudizi e pressioni su qualcuno (specialmente donna) che non si è ancora "sistemato"... e magari non ne ha nessun desiderio.

Famiglia e figli

Non tutti ambiscono a formare una famiglia, e non tutti desiderano avere dei figli. Invece la normalità dice che chi non vuole farsi una famiglia ha qualcosa che non va, e chi non desidera dei figli è un egoista o peggio. Ma poiché siamo tutti diversi, non tutti siamo fatti per la vita familiare (oppure potremmo non essere ancora a quel punto). Idem per i figli, che sono un impegno importante da non prendere mai alla leggera (e l'egoismo, semmai, sarebbe quello di procreare figli non pienamente voluti).
Come per altri aspetti dell'animo umano, anche famiglia e figli sono decisioni personalissime; per cui non devono mai diventare scelte forzate, dettate dall'opinione comune. Non è un caso che, con l'avanzare dell'eguaglianza fra i sessi e la disponibilità di contraccettivi efficaci, la natalità si sia ridotta praticamente in tutto il mondo: è un segno che le persone non sempre vogliono dei figli - ma quando li fanno, ora tendono a farli per scelta.

Non solo monogamia

Nelle relazioni sentimentali, la normalità è la coppia monogamica chiusa - che viene propagandata come naturale e tradizionale (oltre che l'unica giusta e morale). Questo modello va benissimo per quelli che vi si ritrovano felicemente, ma prescriverla come l'unico giusto non ha senso per una serie di ragioni: Per queste ed altre ragioni, la normalità di coppia (con i suoi limiti) non va presa come inevitabile, ma solo come una fra diverse possibilità; a ciascuno scegliere il modello più adatto a lui, quello che corrisponde al suo modo di relazionarsi.

Inoltre, consideriamo quando una relazione o matrimonio si interrompe, fallisce o incontra gravi problemi: di solito tendiamo a cercare un colpevole (noi stessi e/o il partner) e a sentirci incapaci. Fatto salvo che un esame di coscienza è necessario (potremmo avere delle responsabilità a riguardo), può anche essere che il grosso del problema stia nei limiti del modello normale; a cui magari abbiamo aderito passivamente, ma che si rivela inadatto al nostro modo di essere.
O, ancora, i partner potrebbero essere cambiati nel corso del tempo: e allora bisogna aggiornare i propri obiettivi e priorità, e magari scegliere nuove direzioni. Tutto scorre.

Tutto questo per dire che la normalità monogamica non va data per scontata, ma va messo in discussione se è adatta a noi, o se magari altri modelli alternativi di relazione ci offrono risposte più costruttive e appaganti. Amare è un'esperienza straordinaria, ma amare secondo regole inadatte a noi può trasformarla in un incubo.
Lo psicoanalista Luigi Turinese ha scritto un valido articolo ("Le nuove relazioni") che esamina i cambiamenti intervenuti nelle modalità di coppia, ed esplora le ragioni della diffusione di modalità alternative a quelle convenzionali.

Status, posizione economica e lavorativa

In quest'area il modello normale dice che dovremmo avere un lavoro stabile, ben remunerato, possibilmente prestigioso e che susciti l'ammirazione (nonché l'invidia) altrui. Questo modello implica anche (specialmente per gli uomini) che lo status lavorativo ed economico determina il tuo valore come persona, ed è per questo che molte persone dedicano gran parte della loro vita a raggiungere quello status - spesso a scapito di altre aree come le relazioni, la famiglia, i sogni personali.
A molti questo appare del tutto ragionevole... peccato che, giunti in punto di morte, nessuno dica "Avrei voluto passare più ore in ufficio", e si rimpiangano invece ben altre attività. Questo modello ignora tutte le persone che:
  • prediligono gli affetti o il proprio sviluppo personale alla carriera;
  • danno poca importanza ai beni materiali;
  • amano provare esperienze lavorative diverse;
  • trovano in attività diverse dal lavoro le loro motivazioni primarie.

Di nuovo, chi non aderisce alla normalità in questo campo può sentirsi inadeguato o di scarso valore agli occhi della società. Ricordiamoci che non si può piacere a tutti; e che non è saggio lasciare che sia l'opinione altrui (o le regole comuni) a definire il nostro valore. Possiamo essere persone meravigliose anche con un lavoro umile o senza soldi in tasca. Non sta agli altri definire chi sei o quanto vali, questo lo puoi decidere solo tu.

Bellezza, aspetto fisico

Uno dei criteri di normalità più pervasivi e opprimenti è quello di bellezza. L'aspetto forse più distruttivo è l'ossessione per la magrezza - ossessione abilmente alimentata da pubblicità e media. Forse influenzati dalla "normalità estetica" che i media ci propongono continuamente (cosa c'è di normale in una supermodella abbondantemente ritoccata, o in un giovanotto statuario e palestrato?), sono sempre di più le persone che vogliono modificare il proprio corpo: lifting, liposuzione, ingrandimento dei seni (anche in adolescenti), rimozione dei peli, persino rimodellamento dei genitali. Senza contare l'ambizione di rimanere sempre giovani.
Come in altri casi, tutti questi modelli che tendiamo a rincorrere sono essenzialmente degli "standard immaginari": le persone realmente normali non hanno quell'aspetto da statua greca. Peraltro, non è necessario averlo per piacere ed essere amati (come molti temono): ognuno ha gusti diversi, quindi non esiste un unico modello omologato di bellezza (anche se cercano di farcelo credere). Per esempio:
  • Ad alcuni uomini piacciono le donne minute, ad altri quelle in carne (nonostante il modello di magrezza sbandierata ovunque, in realtà gran parte degli uomini ama le donne prosperose e le curve; non va dimenticato che per tutta la storia umana, tranne gli ultimi 50 anni, il modello di bellezza femminile ideale è sempre stato curvilineo).
  • Certe donne preferiscono gli uomini robusti e muscolosi, altre quelli con un fisico più longilineo.
  • C'è chi preferisce i biondi, e chi i bruni.
  • Alcune donne sono attratte dagli uomini glabri, altre da quelli pelosi.
Senza contare che l'attrazione nasce da molteplici fattori, e il fisico conta solo in parte. Certo tutti apprezziamo la bellezza, ma una persona sana non desidera solo attori o le modelle (e chi vuole solo quelli, proprio sano magari non è).

Molti uomini, e la maggior parte delle donne, si dichiarano insoddisfatti del proprio aspetto fisico. Ma se quasi tutti si vedono come sbagliati, non è il loro aspetto (la realtà) il problema, ma l'idea di normalità (l'ideale) con cui si paragonano. Anche in questo settore, bisogna liberarsi dalla falsa idea di normalità che ci viene proposta, e rendersi conto che siamo normali come siamo, con i nostri difetti e imperfezioni. E che rincorrere una bellezza ideale e irraggiungibile non ci renderà più affascinanti, ma solo più frustrati.

Vivere senza normalità

Poiché siamo tutti diversi (ancorché simili nel nostro essere tutti umani), e poiché ognuno trova la felicità in un suo modo particolare (invece che seguendo modi standard e universali), l'idea di normalità - e che tutti dovrebbero aderirvi - è profondamente lesiva della dignità umana e del benessere individuale. E' una forma di "dittatura psicologica" (non dimentichiamo che la normalità è anche un mezzo che la società usa per farci pressione e manipolarci).
Ovviamente regole sociali comuni e modelli di riferimento sono necessari, ma questi non dovrebbero mai diventare schemi rigidi e imposti forzosamente (tranne, ovviamente, nei casi di comportamenti pericolosi o lesivi delle libertà altrui). Le regole sociali non dovrebbero riguardare i gusti e le preferenze personali, su cui dovrebbe esserci totale libertà.

Per chi si preoccupa che la normalità sia necessaria al buon funzionamento della società, o che teme per la perdita di valori, rammento che le regole e i valori sono sempre cambiati nella storia umana. Nonostante ciò la nostra specie non si è estinta, anzi ha prosperato, ed ha raggiunto condizioni sempre migliori che in passato (chi mai vorrebbe tornare ai tempi dei faraoni, o dei servi della gleba, o dell'inquisizione?).

Concludendo, occorre rendersi conto che perseguire la normalità conduce ad una grigia monotonia di piatta mediocrità. Anche per i credenti, è facile notare come Dio ami la diversità: basta osservare le infinite specie di piante e animali, o come ogni essere umano ha volto, occhi e impronte digitali uniche al mondo.
Insomma, la normalità non esiste realmente, e vivremmo tutti meglio senza.


Sul tema della (presunta) normalità, e su come invece sia importante vivere positivamente la propria soggettività, ho trovato interessante questa intervista allo psicoterapeuta Enrico Maria Secci.

Se avete un tema significativo su cui trovate che la pretesa di normalità produca effetti nocivi, potete proporlo nei commenti; vedrò se mi è possibile aggiungerlo al post.

"Visto da vicino, nessuno è normale."
(Oscar Wilde)

"Le uniche persone normali sono quelle che non conosci molto bene."
(Alfred Adler)

"Nessuno si rende conto che alcune persone spendono quantità incredibili d'energia solo per essere normali."
(Albert Camus)


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