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Per stare in coppia bisogna accontentarsi

Quando vediamo una coppia di lunga data (oltre due-tre anni), e specialmente se di età superiore ai 30 anni, possiamo essere abbastanza certi che queste persone, in qualche modo, si accontentano*.
  • Entrambi avranno difetti, mancanze ed imperfezioni (cosa inevitabile, essendo umani).
  • Entrambi non troveranno nel partner tutto quello che desiderano, o di cui hanno bisogno (a meno che abbiano creato quella persona su misura, in laboratorio). Non esiste il partner perfetto.
  • Entrambi avranno tratti o comportamenti che l'altro trova fastidiosi o irritanti.

Ma se queste persone continuano a restare in coppia, vuol dire che - nonostante quanto sopra - hanno deciso:
  • Che le qualità positive del partner superano quelle negative o mancanti.
  • Di concentrarsi sugli aspetti positivi e piacevoli della relazione, piuttosto che su quelli spiacevoli o negativi.
  • Che la propria vita è migliore insieme a quella persona, piuttosto che senza.

* Cosa significa "accontentarsi"

"Accontentarsi" vuol dire essere contenti per qualcosa, anche se non è la perfezione o il massimo. Dal dizionario Treccani: accontentarsi = essere o ritenersi contento. Implica un grado di soddisfazione adeguato o accettabile, anche se non ideale. Non vuol dire rassegnarsi o subire, oppure fare finta di essere appagati. Il vecchio detto "Chi si contenta gode" indica proprio questo: colui che non pretende di andare oltre le sue possibilità, e si gode quel che ha raggiunto.
Non esclude nemmeno ambire a qualcosa di meglio: posso benissimo godermi questo momento, e al tempo stesso progettare un futuro migliore (come chi lavora e studia).

Purtroppo nell'uso comune "accontentarsi" viene spesso usato come indice di mediocrità o fallimento; come se si potesse sempre ottenere il massimo, e chi non ci arriva è una persona scadente. Ma in realtà la perfezione non esiste, e ben pochi hanno le capacità (e la fortuna) necessari ad arrivare in cima; alla maggior parte di noi, nella maggior parte dei casi, tocca accontentarsi.
Anche se la pubblicità spesso vuol farci credere il contrario (così da indurci a comprare cose superflue o inutili).

In pratica, le persone più soddisfatte sono proprio quelle capaci di accontentarsi nella vita - ovvero di essere contente e godersi ciò che hanno. Mentre quelle troppo ambiziose ed arriviste non sono mai soddisfatte, perché sempre impegnate ad inseguire un traguardo dopo l'altro.
Senza contare che nessuno può fare o avere tutto nella vita - e questo vale anche nelle relazioni.

“Le persone più soddisfatte
sono proprio quelle
capaci di accontentarsi”

C'è sempre qualche compromesso

Poiché nessuno è perfetto, ogni partner avrà delle caratteristiche che apprezziamo, ed altre di cui faremmo volentieri a meno. In altre parole, in coppia ci adattiamo sempre a qualche compromesso (anche quando non ne siamo consapevoli). Vediamo qualche esempio:
  • Spesso quando troviamo un partner molto attraente, siamo meno esigenti (cioè ci accontentiamo di più) sulle sue mancanze a livello di carattere o comportamento.
  • Oppure, al contrario, un partner con qualità straordinarie a livello di personalità o talenti, ci induce ad accontentarci riguardo il suo aspetto fisico.
  • Magari lui è un uomo affascinante, ma ha la fastidiosa abitudine di flirtare con altre donne.
  • Magari lei è una donna molto sexy, ma ci irritano le sue lunghe telefonate, o il suo continuo fare shopping, o la sua tendenza ai comportamenti drammatici.
  • Lui è alto, ma ha pochi capelli
  • Lei ha belle gambe lunghe, ma poco seno
  • Lui ha un ottima posizione o guadagna bene, ma è spesso assente o ha poco tempo per la famiglia
  • Lei è tanto dolce e disponibile, ma a volte risulta appiccicosa o soffocante
  • Lui è un marito premuroso e un padre affettuoso, ma è poco virile
  • Lei è una compagna fedele e affidabile, ma ha perso ogni interesse per il sesso
  • Lui russa, o si lava poco, o veste in modo trascurato
  • Lei adora guardare programmi TV imbarazzanti, o passa ore sui social network
  • Si scopre di avere pochi argomenti di cui parlare, o pochi interessi in comune
  • Ci si ritrova a litigare spesso per delle sciocchezze
  • E così via...

Ma si resta ugualmente in coppia: perché comunque quella persona ci piace, perché ne abbiamo bisogno, perché nonostante tutto le vogliamo bene... o a volte per abitudine o paura della solitudine.

Qualità contrapposte

E' necessario capire che certe qualità sono opposte fra loro, quindi la stessa persona non può averle entrambe. Per esempio è alquanto improbabile che:
  • Un uomo con un carattere forte e sicuro di sé, sia anche molto sensibile e dall'animo poetico.
  • Una donna molto emotiva, impulsiva e passionale, sia anche estremamente seria e affidabile.

E' anche per questa ragione che non può esistere l'uomo perfetto, e nemmeno la donna ideale (a dispetto del mito romantico della "persona giusta"). Più si possiede una qualità di un certo tipo, meno si avrà la qualità di tipo opposto. Chi vorrebbe entrambe le qualità in un partner, quindi, si trova dover scegliere quale preferire.

“Certe qualità sono opposte fra loro,
quindi una persona
non può averle entrambe”

Quando ci accontentiamo senza saperlo

A volte ci accontentiamo ma non ce ne rendiamo conto: ci auto-convinciamo di essere del tutto appagati, o che il partner sia in tutto e per tutto la persona che vogliamo al fianco (è un processo inconscio, che tende ad evitarci frustrazioni, conflitti interni o dissonanze cognitive). In pratica facciamo come nella favola de "La volpe e l'uva": ci convinciamo di volere quello che abbiamo, o di non volere quello che ci manca.
Questo spiega perché certe coppie dichiarino una piena soddisfazione (in buona fede), anche se dall'esterno le mancanze della coppia, o il loro accontentarsi, ci appare evidente.

La fase dell'innamoramento

All'inizio ho parlato di "coppie di lunga data", perché l'inizio di una relazione funziona in modo particolare. Di solito all'inizio siamo preda di una infatuazione o dell'innamoramento, che ci portano a vedere l'altro come perfetto e meraviglioso, come la persona ideale che vorremmo avere sempre accanto. Finché dura questa fase idilliaca, ci sentiamo del tutto appagati, non ci stiamo accontentando.
Purtroppo l'innamoramento finisce sempre (di solito entro 12-18 mesi), dopodiché iniziamo a vedere l'altro per come è realmente.

Dall'infatuazione alla disillusione

Alla fine dell'innamoramento o dell'infatuazione, arriva necessariamente una fase di disillusione: quando ci rendiamo conto che l'altro non è il partner ideale come ci era sembrato, ma è umano, limitato e fallibile.
  • Chi riesce a superare questa disillusione, ed apprezza comunque le qualità del partner, continua la relazione su basi più realistiche.
  • Chi invece non la supera, e magari rimane attaccato ad un ideale romantico di relazione perfetta ed innamoramento eterno, respingerà il partner ormai "decaduto", e ne cercherà uno nuovo con cui inseguire il sogno.

“Nell'innamoramento
vediamo l'altro come
perfetto e meraviglioso”

Gioventù e maturità

In apertura ho parlato di coppie dopo i 30 anni, perché spesso da giovani ci comportiamo diversamente. E' più raro che una coppia di ventenni scelga di accontentarsi, perché da giovani:
  • Si è più immaturi ed impulsivi, quindi magari si salta da una relazione all'altra alle prime crisi, o prima di stancarsi.
  • Si è dominati dagli ormoni, per cui l'attrazione fisica è spesso un fattore cruciale; quindi se troviamo il partner attraente, il resto passa in secondo piano.
  • Si è più ingenui ed inesperti, non si sa bene cosa vogliamo, quindi si è meno esigenti e più facilmente contenti.

Vari livelli di compatibilità

Naturalmente accontentarsi non significa prendere tutto quello che capita. Per stare bene con qualcuno, ci dev'essere una compatibilità adeguata. Il livello di compatibilità può variare molto:
  • Sotto un certo livello, l'insoddisfazione o la frustrazione sono talmente elevate che la coppia si scioglie (oppure, se i due partner sono particolarmente dipendenti, continua in modo fortemente conflittuale).
  • Ad un buon livello di compatibilità, la coppia è abbastanza legata e felice - nonostante le inevitabili incomprensioni, conflitti e litigi.
  • Ma anche a livelli elevati, la compatibilità non sarà mai totale.

(per approfondire il tema dei vari livelli di compatibilità, vedi il post sulla Relatività Relazionale, e in particolare il paragrafo sull'amore di coppia)

Anche la "persona giusta" è una persona

Il limite maggiore del mito romantico della "persona giusta", è che immagina una compatibilità totale: i due partner sembrano fatti l'uno per l'altra, sono sempre felici insieme e si amano in modo incondizionato.

Questo mito è ovviamente seducente (per questo così tanti ci credono), ma purtroppo irreale: anche la "persona più giusta" è comunque una persona, cioè un individuo unico con gusti, preferenze e interessi propri, che non combaciano mai al 100% con quelli del partner. Invece il mito romantico presenta una coppia dove i partner vivono in funzione dell'altro, privi di impulsi egoistici, rinunciando alla propria individualità per uno stato di "fusione emotiva" che ricorda la simbiosi tra madre e neonato.
Nella fase dell'innamoramento questa compatibilità totale sembra esserci, perché i partner sono come "drogati di endorfine"; ma quando questo effetto decade, gli elementi di incompatibilità si rivelano.

L'illusione di essere speciali

Messi di fronte a queste argomentazioni, molte persone e coppie reagiscono dicendo "Per me/noi sarà diverso!". Cioè si attaccano all'idea di "essere speciali", e che per loro funzionerà in modo diverso dal resto del mondo. Sembra superfluo dire che questa è, nella maggior parte dei casi, un'illusione:

“Quello che accade alla maggioranza,
probabilmente
succederà anche a noi”

Quello che ottengo dipende da quanto offro

Naturalmente, chi ha maggiori qualità da offrire (cioè possiede un "valore di mercato" relazionale più elevato) potrà puntare più in alto e accontentarsi meno - mentre chi ha "minore valore" dovrà accontentarsi di più. Ma ognuno si troverà comunque ad accontentarsi in qualche modo.

La pretesa di volere più di quanto si vale

Un errore che fanno molti, specialmente in ambito sentimentale, è voler credere di poter fare o avere cose straordinarie, anche se sono persone ordinarie. Ma da un seme di pomodoro non può nascere una quercia. Anche in amore, le cose non capitano per caso: le relazioni che saprò creare dipenderanno dalle mie capacità, dal mio valore.

In altre parole, se sono un uomo qualunque o una donna ordinaria, è inverosimile che una persona di qualità eccezionale mi scelga come partner: tale persona sa bene che può aspirare al meglio, quindi cercherà di ottenerlo. Questo vuol dire che se sono una persona comune, a maggior ragione dovrò accontentarmi per creare e mantenere una relazione. Anche se incontrassi una persona straordinaria con tutte le qualità che desidero, costei vorrà un partner altrettanto straordinario - non me che sono "uno qualsiasi".

Chi crede diversamente si attacca ad un "pensiero magico" (pensare che qualcosa possa avvenire senza causa o spiegazione plausibile, come "per magia"), senza nessuna base reale, per cui l'amore accade senza una ragione - e quindi tutto è possibile.

“Se sono una persona comune,
a maggior ragione
dovrò accontentarmi”

Le coppie che durano a lungo

Se leggiamo interviste a coppie felici di lunga data (qualche esempio: Di-Lei [in italiano], The Atlantic, Women's Health [in inglese]) vediamo che nessuno dice di aver trovato un compagno perfetto. Invece, tutte queste coppie rivelano elementi in comune:
  • Si sono impegnati per far funzionare la relazione, persistendo nei momenti difficili
  • Si sono andati incontro accettando dei compromessi
  • Hanno imparato ad apprezzare l'altra persona per come è (sono capaci di gratitudine)
  • Hanno posto l'accento sugli elementi positivi, sorvolando su quelli negativi.

Insomma, per stare bene insieme ed amarsi a lungo, "essere un partner capace" (cioè avere le capacità necessarie a far prosperare una relazione) sembra più importante di "trovare la persona ideale".

Le bugie romantiche danneggiano le relazioni

Ovviamente questo discorso va a "smontare" miti romantici del tipo "E vissero per sempre felici e contenti", o dell'amore eterno e invincibile. Ma per vivere bene le relazioni è necessario rendersi conto che molte idee romantiche sono ingannevoli e, invece di arricchire l'amore, lo danneggiano.

Perché è importante riconoscere queste verità, scomode ma comuni? Per una serie di benefici:
  • Se crediamo al partner perfetto, arriveremo a scartare ogni partner reale - in quanto imperfetto e inadeguato (questo è uno dei motivi per cui certe persone si ritrovano sempre sole).
  • Se crediamo che si possa restare sempre innamorati, o che l'innamoramento equivalga all'amore, quando l'innamoramento decade crederemo che anche l'amore sia finito, e "butteremo via" la relazione nella speranza che il prossimo partner sia la "persona giusta".
  • Quando attraverseremo la fase della disillusione, saremo in grado di capire che siamo noi stessi ad esserci illusi, e non è stato l'altro che ci ha ingannati.
  • Se riconosciamo che il partner non sarà mai perfetto (come d'altronde non lo siamo nemmeno noi), avremo meno aspettative esagerate ed irrealistiche, e ci verrà più facile accettare ed apprezzare il partner per come è (facendolo quindi sentire più amato).
    Viceversa, se critichiamo e/o disprezziamo il partner perché non sappiamo apprezzare quello che ci offre, col tempo i suoi sentimenti per noi si raffredderanno (tutti abbiamo bisogno di sentirci apprezzati), e prima o poi ci abbandonerà.
    In altre parole, apprezzamento e gratitudine alimentano la relazione, mentre pretese e critiche la logorano.

In pratica, rinunceremo ad una visione idealizzata e favolistica dell'amore, per una più reale e umana. A tutto vantaggio di una relazione sana, matura ed appagante - per quanto imperfetta.


"La donna ideale esiste solo per chi non conosce le donne. Come l'uomo ideale, solo per chi non conosce gli uomini."
(Roberto Gervaso)

"Non aspettare che la persona giusta entri nella tua vita. Cerca di essere la persona giusta che entra nella vita di qualcuno."
(Antonia Gravina)

"La caratteristica più radicata nell'umana natura è il bisogno di essere apprezzati."
(William James)


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Perché siamo spesso insoddisfatti o frustrati?

Perché è così raro sentirci felici o appagati?

Perché così tante persone si lamentano?


Secondo me, l'essere umano moderno (inteso quello occidentale, perché in altre parti del mondo può essere ben diverso) ha a disposizione una grande abbondanza, ma non se ne rende conto e quindi non sa apprezzarla. La maggior parte di noi ha a disposizione (a volte anche gratuitamente):
  • Acqua corrente potabile
  • Cibo a portata di mano (nei negozi e nella propria dispensa)
  • Riscaldamento quando fa freddo
  • Energia elettrica e illuminazione
  • Impianti sanitari e fognature
  • Mezzi di trasporto rapidi e comodi, individuali o pubblici
  • Ampia sicurezza (niente predatori, banditi o pirati)
  • Medicine e assistenza sanitaria
  • Possibilità di comunicare col mondo intero
  • Cultura e informazione su qualsiasi argomento
  • Musica di qualsiasi genere sempre disponibile
  • Intrattenimento a profusione

Stiamo meglio di un Re

In pratica, l'uomo medio moderno vive in modo più abbondante e confortevole di un monarca di qualche secolo fa - per non parlare dell'uomo comune di qualche secolo fa (o di tanti asiatici e africani odierni), che non aveva nulla di quanto elencato sopra. Siamo circondati da tanti piccoli piaceri e comfort, ma li diamo per scontati o non ci facciamo caso. Proviamo a pensare di vivere senza una sola delle risorse elencate sopra... e ci rendiamo subito conto di quanto la nostra vita diverrebbe più povera, scomoda o angosciante.
Quindi la maggior parte di noi occidentali vive immersa in un'abbondanza mai vista prima nella storia dell'umanità... eppure non ce ne accorgiamo e ci sentiamo spesso insoddisfatti e infelici. Io trovo questo un grandissimo spreco. Spesso siamo come una persona che ha a disposizione un enorme supermercato... ma si lamenta perché gli manca il caviale!

Dal negativo al positivo

L'errore che sovente compiamo è di concentrarci sul negativo, sulle mancanze o su quello che non funziona, invece di concentrarci sul positivo, notando l'abbondanza intorno a noi ed assaporandola appieno. Finché una persona si concentra sul negativo, si sentirà sempre frustrata, insoddisfatta e carente, a prescindere dalle condizioni oggettive (come nell'esempio del supermercato).

La gratitudine fa vivere meglio

Una delle chiavi più potenti e semplici per vivere meglio è la gratitudine: la capacità di riconoscere e apprezzare quanto abbiamo di positivo nella nostra vita, e di sentirci fortunati ad averlo, invece di darlo per scontato. Chi manca di gratitudine si sentirà sempre misero - in tutti i sensi.

Il vittimista si lamenta sempre

Un atteggiamento opposto alla gratitudine è quello di chi "fa la vittima". Ovvero chi si lamenta in continuazione, non si assume la responsabilità di sé e ha la pretesa che sia il mondo a renderlo felice:
Chi si comporta in tal modo dimostra una mentalità "infantile", ovvero da bambino incapace di occuparsi di sé, che si aspetta siano gli altri a risolvergli i problemi. Costui ha bisogno di diventare "genitore di se stesso": cioè imparare a prendersi cura di sé e dei propri bisogni - che è una capacità fondamentale dell'essere adulto.

La vita non è fatta per renderci felici

Infine, uno dei motivi fondamentali per cui soffriamo, è che questo è parte naturale e inevitabile dell'esistenza: il mondo non è creato per renderci felici - e il nostro errore è di aspettarci che lo faccia. Una volta che accettiamo la sofferenza come inevitabile (almeno a volte, come insegna il Buddismo), e non vediamo la felicità come un diritto, diventa più facile coltivare la gratitudine e godere delle opportunità positive che la vita ci offre.


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).


"L'uomo è infelice perché incontentabile."
(Giacomo Leopardi)

"L'ottimista vede opportunità in ogni difficoltà, il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità."
(Winston Churchill)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Pensare in positivo ti migliora la vita

Uno dei fattori che più limitano la nostra felicità è il trascurare (o dare per scontati) tutti gli elementi positivi nella nostra vita: non ci facciamo caso o ce ne dimentichiamo, e così non li apprezziamo. Invece molto spesso ci concentriamo sugli eventi negativi oppure su quello che ci manca.
Se ascoltiamo le lamentele delle persone intorno a noi, possiamo notare come quasi sempre si focalizzino su quello che non funziona o che non c'è, ma raramente si rammentano di quello che hanno o che funziona (sia per quanto riguarda la loro vita personale, sia per quanto riguarda il mondo in generale). Infatti molti si lamentano che "Il mondo va sempre peggio", mentre in realtà il mondo continua a migliorare - ma essendo concentrati sugli aspetti negativi, loro non se ne rendono conto.

Gli effetti di pensare in negativo o in positivo

Per quanto pensare "in negativo" ci venga istintivo, è però controproducente per il nostro benessere. Infatti avere la mente occupata da pensieri negativi:
  • peggiora l'umore;
  • ci rende insoddisfatti, lamentosi e sfiduciati (quindi anche più sgradevoli alle altre persone);
  • aumenta il livello di ansia e tensione;
  • indebolisce il sistema immunitario, diminuisce l'energia fisica e psichica, ci predispone ad ammalarci;
  • ci rende pessimisti, e quindi meno inclini ad agire, osare, impegnarci e creare.

Al contrario, concentrarci sugli eventi positivi e su pensieri piacevoli porta diversi benefici:
  • migliora l'umore;
  • ci sentiamo più soddisfatti, sereni, in pace;
  • la salute e il livello di energia migliorano;
  • siamo più fiduciosi verso noi stessi e la vita, quindi tendiamo ad agire, prendere iniziative, buttarci e fare quello che desideriamo.

“Avere la mente occupata
da pensieri negativi
ci rende insoddisfatti, lamentosi e sfiduciati”

Ecologia della mente

Si può pensare a questo equilibrio tra pensieri negativi o positivi come ad una ecologia della mente: proprio come viviamo meglio se l'aria e l'acqua che assorbiamo sono privi di elementi tossici, così la nostra mente mantiene uno stato efficace e funziona meglio se il livello di pensieri negativi è basso.

E se nella mia vita manca il positivo?

Alcuni potrebbero pensare di avere nella propria vita pochi elementi positivi a cui porre attenzione... Ma io scommetto che la maggior parte di voi è invece più "fortunata" di quanto pensa, e che le loro vite sono piene di cose preziose e piacevoli - a cui però non fanno caso.
Per scoprire tutto quello che di buono ci circonda, è necessario smettere di dare tutto per scontato, e concentrare la nostra attenzione su ogni cosa utile, piacevole o positiva che abbiamo a disposizione. In breve tempo ci renderemo conto di avere un'infinità di motivi per essere grati.

La lista della gratitudine

Un modo semplice per apprezzare tutti questi elementi positivi nella propria vita, è compilare una lista con ogni cosa buona ed utile che abbiamo: a questo argomento ho dedicato il post "La tua vita è migliore di quanto credi - La lista della gratitudine".

Specialmente quando le cose mi vanno male o mi sento scoraggiato, notare tutti questi elementi utili, benefici e preziosi mi aiuta a riconoscere che la mia vita va meglio di come sembra. E' dimostrato che provare gratitudine migliora la qualità della vita: come scrivo nella serie di post dedicati a diventare più felici, la gratitudine è la scorciatoia per la felicità.

I pensieri sono molto concreti

I pensieri possono sembrare cose astratte, poca cosa rispetto ai fatti. Ma invece essi influenzano moltissimo come viviamo, anche più dei fatti stessi. Pensiamo per esempio a due diverse abitazioni:
  • Paolo possiede un appartamentino di 60 mq, che ha scelto e sistemato con cura, di cui apprezza ogni giorno il comfort e il calore.
  • Nicola invece ha una casa di 200 mq, lussuosa e arredata finemente, ma pensa continuamente che vorrebbe una villa a Montecarlo, come hanno alcuni suoi conoscenti.
A livello di fatti appare ovvio che Nicola sta meglio di Paolo. Ma il modo in cui pensano fa sì che Paolo sia soddisfatto e in pace, mentre Nicola sia frustrato e non si goda quello che ha. Quindi, la felicità di queste persone viene determinata molto più dai loro pensieri che dai fatti concreti.

“I pensieri influenzano
come viviamo
anche più dei fatti stessi”

Perché tendiamo a notare il negativo e ignorare il positivo

Ma se "pensare in positivo" è così benefico, come mai tendiamo a non farlo? Per diverse ragioni.

La mente privilegia il negativo

La prima ragione è che la mente umana tende istintivamente a dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi:
  • Le notizie negative attirano maggiormente la nostra attenzione (ed è per quello che i media, per aumentare l'audience, puntano ad evidenziare gli eventi drammatici).
  • Non facciamo caso al semaforo verde o alla coda veloce, ma siamo subito infastiditi dal semaforo rosso o dalla coda lenta.
  • La perdita oppure la vincita di 100 euro non ci toccano allo stesso modo: perderli ci procura decisamente più sofferenza del piacere di riceverli.
Questa diversità di reazione ha una spiegazione evoluzionistica: reagire immediatamente ad ogni possibile pericolo è utile per sopravvivere (o almeno lo era quando vivevamo in uno stato selvaggio), mentre godere dei piaceri ha una minore priorità.

Questa maggiore importanza che diamo istintivamente al negativo ci porta a vedere la realtà (sia sul piano personale che collettivo) peggio di come realmente sia. Infatti a molti sembra che la povertà o i crimini aumentino, mentre in generale essi sono diminuiti negli ultimi decenni.
Anche il "peso" dei pensieri negativi nella nostra mente è maggiore: alcuni hanno calcolato che per controbilanciare l'effetto di un pensiero negativo, ne occorrono almeno tre positivi.

Essere negativi ci viene insegnato

Un altro motivo per cui ci concentriamo sul negativo è per via dell'educazione. A molti viene insegnato che bisogna essere seri, preoccupati, che è giusto star male per i problemi del mondo, altrimenti siamo persone superficiali.
Altre volte lo facciamo per imitazione, perché lo fanno le persone intorno a noi, e temiamo che fare diversamente ci attirerebbe sospetto e disapprovazione. Se qualcuno è sempre lieto e di buon umore, molti lo giudicano male: quante volte abbiamo sentito dire "Cosa c'è da ridere?!?" o "Il riso abbonda sulla bocca degli stolti".

La positività è una scelta cosciente

Quindi è necessario uno sforzo intenzionale, consapevole, per guidare la propria mente verso il positivo e distoglierla dal negativo - e così elevare il proprio stato d'animo e visione della vita. Nonché per apprezzare quello che siamo ed abbiamo.
Come una barca lasciata a se stessa va alla deriva, così la mente non disciplinata tende verso i pensieri negativi.

“La mente umana tende
a dare più importanza
agli eventi negativi”

Il negativo esiste, ma fissarlo non ci aiuta

Alcuni diranno "Ma gli eventi negativi esistono, il male esiste!". Certamente sì (anche se "bene" o "male" sono concetti relativi). Però concentrarsi su di essi non produce alcun beneficio, anzi: preoccuparsi non ha mai risolto nulla (semmai quel che serve è impegnarsi per migliorare, che è ben diverso dal pensare o lamentarsi). L'errore di molte persone è credere che il semplice preoccuparsi o lamentarsi produca risultati: purtroppo non è affatto così.

Concentrarsi sulle ingiustizie non serve

Si può pensare che sia legittimo lamentarsi per eventi ingiusti o che dovrebbero essere migliori. Forse, ma è comunque controproducente. Perché si rischia di cadere nella trappola del "Sarò felice quando...", rimandando lo stare bene e l'apprezzamento al futuro: e siccome è un futuro utopico (la perfezione non è di questo mondo, e la vita non è fatta per renderci felici), non ci si arriva mai.

Incolpare i genitori non serve

Molte persone si lamentano delle proprie esperienze infantili, e/o accusano i genitori perché non li hanno amati abbastanza o nel modo giusto, provocando loro tutta una serie di problemi. A questo proposito, qualcuno ha osservato che se i genitori si sono presi cura dei figli, li hanno nutriti e protetti - invece di "buttarli nel cassonetto" - gli è già andata bene; l'osservazione è chiaramente provocatoria, ma sottolinea come spesso ignoriamo quello che ci è andato bene, per concentrarci su quello che abbiamo vissuto come affronto o ingiustizia.

La vita è come un prato di campagna

Possiamo vedere la vita come fosse un prato di campagna: in esso ci sarà abbondanza sia di fiori che di sterco lasciato dagli animali che vi pascolano. Sta a ciascuno scegliere se concentrarsi sui fiori oppure sullo sterco. Allo stesso modo, la vita di ognuno presenta aspetti positivi e negativi, e il modo in cui ci sentiamo dipende in buona parte se poniamo la nostra attenzione sui "fiori" o sullo "sterco".
Concentrarsi sui fiori non vuol dire far finta che lo sterco non esista; sappiamo benissimo che c'è, ma scegliamo di non farci troppo caso (a meno che ci sia utile) e di godere invece di tutti quei fiori.

Essere positivi non significa ignorare il negativo

Sottolineo che "pensare in positivo" non significa negare la realtà (ignorando gli eventi negativi) o rinunciare a migliorarla. Significa invece dare ampio spazio agli eventi positivi, per apprezzarli e riconoscere quanto siamo "fortunati "; ma questo non esclude il considerare gli eventi negativi, quando sia necessario o utile, e cercare di migliorarli o eliminarli.

Il problema è che di solito ci concentriamo sul negativo solo per lamentarci o attribuire colpe, senza però produrre alcun risultato. Questo tipo di atteggiamento vittimistico può farci sentire temporaneamente meglio, ma in realtà non ci porta alcun vantaggio (se non un breve sollievo).

“Ci concentriamo sul negativo
solo per lamentarci o attribuire colpe,
non per cambiare”

Non c'è nessun "segreto"

Quando parlo di "pensare in positivo", non parlo dell'eliminare completamente i pensieri negativi dalla mente (oltre che impossibile, sarebbe pure pericoloso).
Né sostengo quella visione ingenua e un po' infantile (chiamata anche "legge di attrazione") per cui basterebbero i pensieri positivi per creare tutto quello che vogliamo (resa famosa da libri come "The Secret - Il Segreto", pagina Wikipedia, e da vari "guru" più o meno truffaldini).
Pensare in positivo (ed essere ottimisti) sicuramente aiuta nel realizzare i propri desideri, ma di certo non basta: per riuscire occorrono anche tempo, impegno, capacità, studio, perseveranza... ed anche un po' di fortuna. Niente si crea dal nulla.

Ignorare il negativo, apprezzare il positivo

Riassumendo, lamentarci del negativo ci viene naturale, apprezzare il positivo molto meno; però il primo atteggiamento peggiora la nostra vita, mentre il secondo la migliora. Vale quindi la pena impegnarsi per tenere i pensieri negativi ai margini della nostra mente (o farlo solo quando vogliamo e possiamo cambiare una situazione), e invece notare e apprezzare tutti i "doni" che arricchiscono la nostra vita.

"La gente si preoccupa troppo delle cose negative, di ciò che non va...
Perché non provare a vedere le cose positive e, con un semplice tocco, a farle fiorire?"

(Thich Nhat Hanh)

"Per attrarre ancora di più le benedizioni che la vita ha da offrire, devi sinceramente apprezzare quelle che già hai."
(Ralph Marston)

"Per quanto ci sia di cui lamentarsi, c'è assai di più di cui essere grati."
(Larry O'Connor)


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La tua vita è migliore di quanto credi [Lista della gratitudine]

Uno dei fattori che più limitano la nostra felicità è il trascurare (o dare per scontati) tutti gli elementi positivi nella nostra vita: non ci facciamo caso o ce ne dimentichiamo, e così non li apprezziamo. Invece molto spesso ci concentriamo sugli eventi negativi oppure su quello che ci manca.
Per quanto pensare "in negativo" ci venga istintivo, è però controproducente per il nostro benessere. Al contrario, concentrarci sugli eventi positivi e su pensieri piacevoli porta diversi benefici. Per approfondire gli effetti di queste due modalità, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".

E se nella mia vita manca il positivo?

Alcuni potrebbero pensare di avere nella propria vita pochi elementi positivi a cui porre attenzione... Ma io scommetto che la maggior parte di voi è invece più "fortunata" di quanto pensa, e che le loro vite sono piene di cose preziose e piacevoli - a cui però non fanno caso.
Per scoprire tutto quello che di buono ci circonda, è necessario smettere di dare tutto per scontato, e concentrare la nostra attenzione su ogni cosa utile, piacevole o positiva che abbiamo a disposizione. In breve tempo ci renderemo conto di avere un'infinità di motivi per essere grati.

“La maggior parte di voi
è probabilmente più 'fortunata' di quanto pensa”


La lista della gratitudine

Un modo semplice per apprezzare tutti questi elementi positivi nella propria vita, è compilare quella che chiamo la "Lista della gratitudine" (in inglese il concetto viene chiamato "Count your blessings" - "Elenca le tue benedizioni").
Compilare questo lista può essere utile specialmente quando ci sentiamo abbattuti e sfiduciati, quando ci sembra che la vita ci tratti male, o che il mondo ce l'abbia con noi.

Prendiamoci un po' di tempo e scriviamo su un foglio tutto ciò che abbiamo nella nostra vita e contribuisce a farci stare bene, e che ci mancherebbe se non fosse presente. Poiché la tendenza a dare questi elementi per scontati è molto forte, qui sotto riporto un elenco di esempio:

Il fisico

  • Sono vivo.
  • Sono in salute (anche solo in parte).
  • Ho tutti e quattro gli arti funzionanti:
    braccia e mani per lavorare, abbracciare, creare e difendermi;
    gambe e piedi per camminare, saltare, correre e danzare.
  • I miei cinque sensi funzionano: posso vedere e scoprire, ascoltare parole e musica, assaporare cibi deliziosi, annusare i fiori, toccare le persone che amo.

La mente

  • Ho intelligenza: posso comprendere il mondo, elaborare idee e progetti, e imparare tutto quello che mi interessa.
  • Ho conoscenze utili: so leggere e scrivere, far di conto, so fare varie cose che io ed altri apprezzano.
  • So comunicare: posso capire gli altri e farmi capire, posso collaborare, e chiedere aiuto quando mi serve.

La casa

  • Ho una casa che mi ripara da freddo e caldo, pioggia e vento (anche se vivo in affitto).
  • Ho il riscaldamento, l'acqua corrente per bere e lavarmi, i servizi igienici, l'energia elettrica per la luce e numerosi apparecchi.
  • Ho un frigo e una dispensa con abbondante cibo.
  • Ho il telefono, computer e Internet per comunicare col resto del mondo.
  • Ho radio e TV che possono divertirmi e informarmi.
  • Ho abbondanza di abiti e calzature per tutte le stagioni.
  • Ho un letto comodo e accogliente.

Paese e ambiente

  • Vivo in un Paese senza guerre, circondato da altri Paesi che non muovono guerra al mio.
  • Vivo in una nazione democratica, senza dittatura, polizie segrete e torture.
  • Ho a disposizione una serie di servizi (gratuiti o a costi accessibili), come istruzione pubblica, assistenza sanitaria, trasporti pubblici, forze dell'ordine.

Varie

  • Ho a disposizione libertà, opportunità e scelte pressoché infinite (in misura che in passato sarebbe stata impensabile).
  • Ho a disposizione tutta la conoscenza e la cultura umana (in gran parte gratuitamente).
  • Posso ascoltare in ogni momento tutta la musica che mi piace.
  • Ho nella mia vita persone che mi vogliono bene (e probabilmente anche tu, in qualche modo: che siano partner, amici, genitori).
  • Ho un'automobile che può portarmi dove voglio, e una bicicletta per spostarmi a costo zero.


Sembra poco, ma se non ci fosse...

Se quanto elencato sopra ti sembra banale o poco significativo, prova a considerare ogni elemento e immagina come vivresti senza di esso:
  • Senza l'acqua corrente: fare chilometri per attingere l'acqua da un pozzo, lavarsi in una tinozza.
  • Senza servizi igienici: costretto a fare i propri bisogni in una latrina in cortile, magari con la pioggia o il gelo.
  • Senza energia elettrica: al buio, al freddo, senza elettrodomestici, TV, computer.
  • Senza la salute o l'assistenza sanitaria: dolorante, infermo, dipendente dagli altri, magari in fin di vita.

“Prova a considerare come vivresti
senza acqua corrente”

Per migliaia di anni, per buona parte della civiltà umana, ogni persona:
  • Poteva essere coinvolta in una guerra in qualsiasi momento
  • Era alla mercé di banditi e malfattori
  • Era soggetta a piaghe ricorrenti quali carestie ed epidemie
  • Se si ammalava poteva contare solo sui metodi rozzi di cerusici o stregoni
  • Doveva vivere secondo i dettami della Chiesa e dei nobili...
Il fatto che oggi tutto questo non sia più così (almeno per chi vive in un Paese occidentale come il nostro), mi sembra un balzo epocale e di cui essere grati ogni giorno. Il cittadino medio odierno ha più possibilità, ed uno stile di vita più ricco e confortevole, di un re del passato.

Alimentare la gratitudine

Specialmente quando le cose mi vanno male o mi sento scoraggiato, notare tutti questi elementi utili, benefici e preziosi mi aiuta a riconoscere che la mia vita va meglio di come sembra. Mi incoraggia, mi ridà fiducia, mi fa sentire più "fortunato" e privilegiato (in particolar modo rispetto ai miliardi di persone più svantaggiate di me).
E' dimostrato che provare gratitudine migliora la qualità della vita: come scrivo nella serie di post dedicati a diventare più felici, la gratitudine è la scorciatoia per la felicità.

I pensieri sono molto concreti

I pensieri possono sembrare cose astratte, poca cosa rispetto ai fatti. Ma invece essi influenzano moltissimo come viviamo, anche più dei fatti stessi. Pensiamo per esempio a due diverse abitazioni:
  • Paolo possiede un appartamentino di 60 mq, che ha scelto e sistemato con cura, di cui apprezza ogni giorno il comfort e il calore.
  • Nicola invece ha una casa di 200 mq, lussuosa e arredata finemente, ma pensa continuamente che vorrebbe una villa a Montecarlo, come hanno alcuni suoi conoscenti.
A livello di fatti appare ovvio che Nicola sta meglio di Paolo. Ma il modo in cui pensano fa sì che Paolo sia soddisfatto e in pace, mentre Nicola sia frustrato e non si goda quello che ha. Quindi, la felicità di queste persone viene determinata molto più dai loro pensieri che dai fatti concreti.

Notiamo il negativo e ignoriamo il positivo

Ma se "pensare in positivo" è così benefico, come mai tendiamo a non farlo? Alcune ragioni principali sono:
  • La mente umana tende istintivamente a dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi.
  • Essere negativi ci viene insegnato.
  • A volte lo facciamo per imitazione.

Quindi è necessario uno sforzo intenzionale, consapevole, per guidare la propria mente verso il positivo e distoglierla dal negativo - e così elevare il proprio stato d'animo e visione della vita. Nonché per apprezzare quello che siamo ed abbiamo.

La lista della proprie qualità

In modo simile alla "Lista della gratitudine", si può anche fare una "Lista delle qualità" in cui elencare tutte le proprie qualità e capacità (anche quelle che ci sembrano ovvie, comuni o poco importanti). Invece di lamentarci, sentirci in colpa o "sbagliati" per quello che non sappiamo (ancora) fare o essere, possiamo portare l'attenzione su tutto quello che siamo o sappiamo fare. Questo ci aiuterà a sentirci meglio ed aumentare la considerazione di noi stessi.

Lamentarsi è facile, apprezzare no

Riassumendo, lamentarci per quello che ci manca o che va male ci viene naturale, apprezzare quello che abbiamo di positivo molto meno; però il primo atteggiamento peggiora la nostra vita, mentre il secondo la migliora. Vale quindi la pena impegnarsi per non dedicare attenzione agli elementi negativi (o farlo solo quando vogliamo e possiamo cambiare una situazione), e invece notare e apprezzare tutti i "doni" che arricchiscono la nostra vita.

Per approfondire gli effetti del pensare in negativo o in positivo, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".


"Per quanto ci sia di cui lamentarsi, c'è assai di più di cui essere grati."
(Larry O'Connor)

"Il segreto della felicità consiste nel contare le tue benedizioni, mentre gli altri continuano a sommare problema su problema."
(William Penn)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Nessuno può avere tutto, fare tutto, essere tutto (le rinunce sono parte della vita)

Il dolore della rinuncia

Rinunciare a un desiderio è per tutti fonte di sofferenza. Esiste in noi un meccanismo istintivo molto potente, che ci spinge a soddisfare un desiderio anche quando si tratti di cose minime, o anche se provoca serie conseguenze negative:
  • pensiamo alla persona in sovrappeso che non rinuncia ai cibi calorici;
  • al diabetico che non rinuncia ai dolci;
  • al fumatore che non smette pur avendo problemi respiratori...
In molti casi la difficoltà non nasce dall'importanza della cosa desiderata (che spesso è un'inezia), ma proprio dalla sofferenza provocata dal rinunciare: è per evitare quest'ultima che tendiamo ad assecondare il desiderio. Viviamo la rinuncia come una "perdita" dolorosa da evitare a tutti i costi, e non di rado proviamo un'avversione esagerata (e persino rancorosa) verso ciò che ci induce alla rinuncia:
  • La limitata disponibilità economica
  • La bilancia che ci indica la necessità di dimagrire
  • Un amico che ci sconsiglia un acquisto d'impulso
Il fatto che viviamo questi stimoli alla rinuncia come un affronto personale, o come una grave ingiustizia, dimostra come l'avversione alla rinuncia sia un meccanismo fortemente emotivo, e ben poco razionale: rinunciare alle patatine fritte o al centesimo paio di scarpe non ci cambia di sicuro la vita... eppure spesso reagiamo come se così facesse.

La paura di perdersi qualcosa (FOMO)

Un aspetto recente di questa avversione alla rinuncia, è il fenomeno chiamato "Fear of Missing Out" (FOMO), ovvero "Paura di perdersi qualcosa" (occasione, evento od opportunità). Fenomeno stimolato dalla diffusione pervasiva degli smartphone, che tramite i social network ci ricordano continuamente come altri godano di esperienze od oggetti fuori dalla nostra portata.
Una persona razionale riconosce come sia semplicemente impossibile avere tutto quello che altri hanno, o incontrare tutte le persone che altri frequentano, o visitare tutti i luoghi che altri vedono. Ma la continua esposizione, tramite Internet, a vite altrui che ci appaiono più ricche e appaganti della nostra, provoca negli individui più deboli, ansiosi o insicuri la costante angoscia di rinunciare a qualcosa che vorrebbero vivere.

“Rinunciare alle patatine
o al centesimo paio di scarpe
non ci cambia di sicuro la vita...
eppure spesso reagiamo come se così fosse”

Capire che la rinuncia è parte della vita

Anch'io, come tutti, pativo questa difficoltà a rinunciare, finché anni fa realizzai che non è mai possibile, per nessuno, avere tutto quel che si vuole. Attraversavo un periodo di scarsità economica, quindi soffrivo per tutto ciò che non potevo comprare. Ma a un certo punto mi resi conto che, anche se avessi guadagnato dieci volte tanto, ci sarebbero sempre stati acquisti fuori portata. Mi guardai intorno, e mi accorsi che a tutti succede di rinunciare a qualcosa, per limiti personali o universali.

Se io fossi abbastanza...

Spesso ci culliamo nell'illusione che se fossimo "abbastanza qualcosa" (ricchi, belli, potenti...), allora potremmo avere tutto quel che desideriamo. Ma è ingannevole, perché anche in quei casi esistono sempre dei limiti:
  • Anche la persona più ricca al mondo vorrà qualcosa che il denaro non può comprare (essere amato, la saggezza, l'immortalità).
  • Anche la donna più affascinante verrà respinta da qualcuno che ha gusti differenti.
  • Anche l'uomo più potente avrà ambizioni oltre la sua portata, o semplicemente impossibili.

Siamo piccoli e limitati

Pensateci: se qualcuno volesse esplorare stelle lontane, portare la pace nel mondo, eliminare la sofferenza umana, o anche solo riportare in vita una persona cara defunta... non potrebbe farlo, anche se si impegnasse con tutte le forze, anche se fosse la persona migliore del mondo. Noi umani siamo piccoli e limitati, e questa è una delle cause per cui spesso le rinunce sono inevitabili: non c'è mai abbastanza tempo, soldi o potere per fare tutto quello che vorremmo.

Le conseguenze della scelta

A tutto questo si aggiunge l'inevitabilità della scelta: in ogni momento noi ci troviamo a compiere delle scelte, e per ogni opzione che scegliamo ne escludiamo altre. Per ogni carriera, partner, vacanza, casa, auto o direzione che scelgo, mi trovo necessariamente a rinunciare ad altre possibilità. E se sono fra quelle persone che cercano di fare più cose contemporaneamente, quasi sicuramente mi ritroverò a farle in modo mediocre. La ricerca dell'eccellenza in un campo, infatti, richiede di concentrare le proprie risorse su quell'area a discapito di altre (almeno per un certo periodo).

Scegliere: da vittima a protagonista

Alcuni patiscono la necessità di scegliere, perché non vorrebbero rinunciare alle alternative. Vedono la scelta come una rinuncia, e questo li porta a vivere in un continuo stato di conflitto, perché scegliere è inevitabile: anche non scegliere è una forma di scelta.
Una prospettiva più creativa è quella di vedere la rinuncia come una scelta: allora posso vedere ogni rinuncia non come una perdita, ma come una scelta (consapevole e ponderata) verso la soluzione che ritengo migliore in quel momento. Con questa prospettiva:
  • Non rinuncio a dormire e vado a lavorare ogni mattina perché sono obbligato, ma perché lo scelgo per i benefici che mi porta.
  • Non rinuncio ad un'avventura galante per vergogna o per paura di essere scoperto, ma perché scelgo di valorizzare la mia relazione.
  • Non rinuncio ad un piacere momentaneo perché non ho abbastanza denaro, ma perché scelgo di impiegare quei soldi verso un obiettivo più importante.
In tutti questi casi le condizioni possono essere viste come limitanti, ma se adotto la prospettiva di scelta consapevole, mi sento protagonista e timoniere della mia vita (invece che vittima impotente delle condizioni).

“Se adotto la prospettiva di scelta consapevole,
mi sento protagonista e timoniere della mia vita”

Scegliere le priorità

L'inevitabilità della scelta comporta che, per ottimizzare la soddisfazione nella propria vita, è essenziale stabilire quali sono le nostre priorità: poiché non possiamo avere tutto, fare tutto, essere tutto (nessuno può), per raggiungere gli obiettivi che più ci stanno a cuore è necessario sceglierli consapevolmente, accantonare le alternative, e dedicarci ad essi con tutto il nostro impegno.

Molte vite vengono sprecate dedicandosi agli obiettivi più facili o immediati, trascurando o ignorando quelli davvero importanti, con la convinzione che ci sarà tempo più avanti. Ma il tempo scorre inesorabile, per tutti, e prima o poi arriva il giorno in cui ci si rende conto che si è vissuto in modo futile e superficiale - ma ormai è troppo tardi, e si rimane con il rimpianto per le occasioni perdute.
L'unico modo di evitare quel rimpianto, l'unico modo di costruire una vita appagante, è quello di scegliere le nostre priorità e dedicarsi ad esse. La scusa banale di chi disperde la propria vita è che "Non c'è abbastanza tempo", ma come disse il filosofo romano Seneca:
"Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto."

“Nessuno può avere tutto,
fare tutto, essere tutto”

Mal comune...

Riassumendo, è importante rendersi conto di quanto le rinunce siano parte della vita stessa, non conseguenze della nostra debolezza o di un destino avverso: tutti ne sono soggetti, nessuno escluso. E se le rinunce sono in buona parte inevitabili, allora possiamo accettarle con maggiore serenità, come accettiamo il calare della notte o una giornata di pioggia; non sempre è quello che vorremmo, ma sapendo che tanto non possiamo evitarle, e che toccano tutti, non diamo loro più di tanto peso.

A questo proposito, è utile ricordare la Preghiera della serenità: essa ci ricorda che ci sono eventi che possiamo cambiare (e verso cui serve allora impegnarsi), ed eventi fuori dal nostro controllo (contro i quali è quindi vano lottare). Saper distinguere tra i due è prezioso per evitare di farci il sangue amaro inutilmente.

L'importanza della gratitudine

Infine, un buon metodo per diminuire la frustrazione causata dalle rinunce è quello di coltivare la gratitudine: ovvero porre la propria attenzione su quello che abbiamo e che di positivo esiste nella nostra vita (ed apprezzarlo appieno), piuttosto che sul quel che ci manca o che vorremmo. In questo modo si alimenta il senso di soddisfazione e abbondanza, invece che il senso di mancanza o di scarsità.

Spesso tendiamo a dare per scontato tutto quello che già abbiamo, e per questo la nostra vita ci appare "povera". Se è anche il vostro caso, provate a fare una lista (per iscritto) di tutti gli elementi positivi che avete a disposizione (materiali e immateriali); anche le cose "banali" come l'acqua corrente, il riscaldamento, la corrente elettrica, il letto, cibo nel frigo, per non parlare del vivere in un Paese democratico o dell'assistenza sanitaria.
Se provate a immaginare di vivere senza tutte quelle cose, credo vi renderete rapidamente conto cosa vuol dire davvero vivere una vita povera e piena di rinunce.


"La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità."
(Bertrand Russell)

"Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto, o di essere capace di fare tutto, non potrai sbagliare: costui è un imbecille."
(Confucio)


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La grande importanza delle piccole cose

Spesso non abbiamo chiaro cosa ci rende davvero felici, e non di rado seguiamo convinzioni che si rivelano ingannevoli. Nella nostra cultura sono diffuse idee molto nette riguardo alle cose che dovrebbero renderci felici: crediamo che per sentirci davvero soddisfatti, dovremmo perseguire dei piaceri che siano...

Rari, esclusivi, inarrivabili

Abbiamo ereditato dal Romanticismo una certa diffidenza verso le cose ordinarie (che vengono ritenute mediocri, noiose ed insignificanti), come pure la convinzione che le esperienze straordinarie, difficili da realizzare o esotiche siano quelle che naturalmente possono deliziarci in maggior misura.
Per esempio, in amore diamo per scontato che il vicino sia una persona qualunque e poco interessante, mentre la compagnia di un attore o un cantante deve per forza essere più eccitante e appagante. Similmente, spesso sottovalutiamo le persone che sono interessate a noi, ma troviamo intrigante chi ci ignora o si mostra difficile da conquistare.

Costosi

Un prezzo elevato ci rassicura, perché lo vediamo come una conferma di qualità. Se qualcosa è a buon mercato o gratuito, ci viene più difficile apprezzarlo. Per esempio, l'ananas ha perso il suo status di frutto prezioso e ambito quando il suo prezzo è passato da esorbitante (nel XIX secolo costava l'equivalente di centinaia di euro) ad abbordabile.
Il caviale continua a sembrarci più interessante delle uova di gallina. Una fuoriserie ci sembra un'auto assai più desiderabile di una familiare - anche se la prima potrebbe rivelarsi molto meno comoda, funzionale e utile della seconda.

Famosi

In un esperimento affascinante, un celebre violinista ha indossato abiti trasandati ed ha suonato in una stazione della metropolitana, venendo in buona parte ignorato. Eppure, in tutto il mondo molte persone affollano grandi sale da concerto per sentirlo suonare gli stessi brani.

Importanti

Ci concentriamo principalmente su grandi progetti, perché prevediamo che possano fornirci le maggiori soddisfazioni: il matrimonio, la carriera, i viaggi, acquistare una casa nuova.

Il pregiudizio contro l'ordinario

Questi approcci non sono propriamente errati, ma presentano tutti un pregiudizio ostinato e inconsapevole contro ciò che è a buon mercato, facilmente disponibile, ordinario, familiare e modesto.
Di conseguenza:
  • Se qualcuno racconta di avere fatto un viaggio alle Seychelles con un jet privato, automaticamente ci aspettiamo che si sia divertito molto più di qualcuno che è andato al parco in bicicletta.
  • Immaginiamo che visitare il museo del Louvre a Parigi sia sempre più appassionante che leggere un romanzo tascabile nel giardino dietro casa.
  • Una cena al ristorante in cui viene servita l'aragosta ci sembra assai più deliziosa di un panino al formaggio preparato in casa.
  • Ci sembra scontato che il momento culminante di un week-end dovrebbe essere una lezione di deltaplano, piuttosto che alcuni minuti spesi a guardare il cielo rannuvolato.
  • Suona strano ipotizzare che un modesto vaso di margherite (i fiori più economici presso molti fioristi) potrebbe portare più soddisfazione che un quadro di Van Gogh.

Eppure l'aspetto paradossale e incoraggiante del piacere è quanto anomalo e imprevedibile possa essere. Non si trova ordinatamente riposto nelle boutique più costose. Può sparire velocemente anche nelle vacanze più sofisticate. E' straordinariamente vulnerabile ai turbamenti emotivi, alle reazioni imbronciate e al malumore. Una discussione iniziata per un piccolo disaccordo su come si pronuncia una parola, può finire per distruggere ogni beneficio di un hotel a cinque stelle.
E viceversa, una passeggiata vicino a casa può portarci un inaspettato momento di letizia.

Saper apprezzare

Ci sono piaceri che possono sembrare alquanto modesti - mangiare una banana, farsi un bagno, parlare con il nonno, o sfogliare album con foto di quando si era bambini - e tuttavia portare grande soddisfazione: se adeguatamente apprezzate, questo genere di attività possono essere tra le più emozionanti e soddisfacenti che possano capitare.
Apprezzare ciò che è a portata di mano non è una forma di pigrizia, né una mancanza di ambizione: è una forma di saggezza. E' del tutto inutile fare progetti per il futuro se non siamo in grado di godere del momento presente e delle cose che abbiamo intorno: finché non sappiamo apprezzare quello che abbiamo, non sapremo gustare nemmeno le eventuali grandi conquiste.

Rivalutare le piccole cose

Fondamentalmente, la modestia dei piccoli piaceri non indica la loro importanza o quanto possano offrirci: piuttosto, è indice di quante cose positive abitualmente ignoriamo e trascuriamo. Un piacere semplice è un piacere importante che non è stato ancora riconosciuto, e che attende che qualcuno lo scopra.

Farsi guidare dalle proprie emozioni

Apprezzare i piccoli piaceri significa avere fiducia nelle proprie sensazioni e reazioni. Troppo spesso ci basiamo sulle opinioni altrui per individuare ciò che è valido e prezioso; dovremmo invece seguire il nostro istinto e decidere in autonomia cosa ci fa stare bene e arricchisce la nostra vita. Non ha senso attendere che sia il mondo a dirci cosa è bello o importante; occorre invece ascoltare i propri impulsi più autentici, e farcene guidare, anche se gli altri potrebbero non essere d'accordo.

I pericoli dell'ambizione

La cultura in cui viviamo ammira l'ambizione: pensiamo di dover sempre migliorare le nostre relazioni, il lavoro e la vita personale. Crediamo che lo sforzo e l'impegno continui siano sinonimi di successo; che non dovremmo mai accontentarci di qualcosa a lungo.
Ma se perseguiamo continuamente il miglioramento e l'eccellenza, la nostra corsa non finirà mai: qualunque traguardo non sarà mai abbastanza, e non ne sapremo godere. E mentre corriamo e corriamo, ci lasceremo sfuggire tutte quelle piccole cose, quei piaceri modesti - eppure godibili - che abbiamo tutto intorno.

Il rischio di trascurare i piccoli piaceri, è di cercare sempre quello che manca e non apprezzare quello che c'è; e - quindi - sentirsi "poveri" anche quando siamo circondati dall'abbondanza.

Ambizione: lati luminosi e oscuri

Voglio però precisare che l'ambizione non è in sé negativa: certamente serve come spinta per raggiungere traguardi difficili e impegnativi - questo è il suo lato costruttivo e "luminoso". Il suo lato oscuro e distruttivo, invece, è quando ci domina al punto che siamo completamente concentrati sul futuro e non godiamo nulla del presente; oppure (come detto sopra), quando ci porta a valutare solo i grandi obiettivi, e ignorare ogni piccola gioia.


(parte di questo post è liberamente adattata da "Why small pleasures are a big deal", The School of Life)


"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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