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Come prendersela meno quando gli altri ci feriscono

Scrivo questo post in risposta ad un commento pubblicato di recente su "Il rapporto con la realtà plasma il tuo mondo". Il lettore osserva come i comportamenti altrui (specie se maleducati) influenzino negativamente i nostri stati d'animo; mi chiede se sia il caso di imparare a fregarsene, o forse di sviluppare una sorta di imperturbabilità in stile "saggio orientale".

Perché siamo influenzati dagli altri - ed è inevitabile

La domanda è ottima, perché riguarda praticamente chiunque: siamo tutti sensibili a come gli altri ci trattano. Uno sgarbo, una critica, una battuta tagliente, un insulto, od anche solo un'occhiata malevola, possono rovinarci l'umore o abbassarci l'autostima. Vediamo quindi di comprendere perché ci sentiamo così e come imparare a difenderci, o quantomeno a minimizzare gli effetti di questi eventi.

Spesso le persone o le situazioni ci toccano, anche quando non vorremmo. Questo accade principalmente perché siamo "animali sociali", cioè la nostra specie è abituata a vivere in comunità dove tutti siamo collegati e dipendiamo gli uni dagli altri. Anche se oggi è relativamente più facile vivere in modo isolato, per milioni di anni invece ogni essere umano ha dipeso dal suo gruppo per sopravvivere: isolato dalla sua tribù o respinto dal villaggio, un individuo da solo sarebbe quasi certamente morto. Questo stile di vita sociale ci ha resi molto attenti agli umori altrui, proprio perché inimicarsi le persone intorno poteva rivelarsi assai pericoloso.
Oltre a questo, alcune persone hanno ferite emotive o certe fragilità che le rendono particolarmente sensibili alle reazioni altrui (vedi Punto 5).

Prenderla con filosofia

Poiché il più delle volte non possiamo controllare le persone o le situazioni, è inevitabile essere toccati da essi. E' però possibile imparare, o "allenarsi", a non farcene turbare eccessivamente.
Come menzionato dal commento, diverse filosofie orientali hanno considerato questo problema e come affrontarlo (per esempio il buddismo e le sue "Quattro Nobili Verità", di cui la prima riconosce che "la vita comporta sofferenza"), ma non sono le sole. Un esempio occidentale è la filosofia Stoica nata nell'antica Grecia.

In pratica, potremmo così sintetizzare certi insegnamenti: "Poiché il mondo è imperfetto e certe sofferenze inevitabili, se io lo riconosco posso adattare le mie aspettative ed esserne così meno colpito, imparando ad accettare quello che non controllo". Ciò non cancella le cause, ma diminuisce la mia sofferenza o il mio stress a riguardo.
Anche la "Preghiera della Serenità" di Reinhold Niebuhr espone un concetto simile: "Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso, e la saggezza per comprendere la differenza."

In concreto, questo si traduce in un atteggiamento che io definisco "da adulto", ovvero di chi si assume la responsabilità della propria vita e del proprio benessere - invece di pretendere che il mondo sia "su misura" e pestare i piedi quando si rimane delusi (atteggiamento infantile).


Come prendersela meno

Ma come applicare tutto ciò in pratica? Di seguito elenco alcuni principi e strategie.
  1. Non prendere gli eventi sul personale
  2. Non metterti al centro del mondo
  3. Non fissarti sull'aver ragione
  4. Non aspettarti troppo dalle persone
  5. Riconosci le tue "ferite" e le tue reazioni personali

1. Non prendere gli eventi sul personale

Se un giorno il vicino è scorbutico, o una collega ti ignora, è facile che non abbia nulla a che fare con te; la spiegazione più probabile è che stiano attraversando una giornata storta o un periodo difficile, per cui sono assorbiti dal loro malumore e poco disponibili (ovviamente è diverso se fanno sempre in tal modo). Allo stesso modo, il guidatore che ti supera in modo avventato o l'autista dell'autobus che parte senza aspettarti è probabile che non ti abbiano nemmeno notato.
Invece noi tendiamo a pensare che le persone si comportino male in modo intenzionale, e/o che ce l'abbiano con noi. "Oggi il mondo sembra avercela con me!" è una frase che si ode spesso. Ma la realtà è che il mondo va per la sua strada, e così le altre persone. Il più delle volte, le persone sono concentrate su se stesse - o i loro pensieri - e a malapena ci notano (ricordarlo può aiutarci quando abbiamo paura che tutti siano intenti a giudicarci).

---> Come superarlo
Se credo che le persone ce l'abbiano con me, se penso che mi trattino male apposta, coltiverò sentimenti di angoscia, rabbia e magari vendetta. Mi sentirò vittima della cattiveria altrui e tenderò a vedere "nemici" anche dove non ci sono. Poiché inoltre tutti abbiamo bisogno di approvazione e sentirci benvoluti, queste convinzioni mi porranno in una condizione di malessere.
Se invece riconosco che ognuno va per la sua strada, e certe cose mi succedono solo perché "passavo di lì in quel momento" (cioè per caso), mi sarà più facile lasciar perdere, o dar poco peso ad eventi di importanza minima. Magari noterò che può capitare anche a me di comportarmi così, e sarò quindi più tollerante - e rilassato - verso i passi falsi altrui.

2. Non metterti al centro del mondo

Alcuni si aspettano che il mondo "giri intorno a loro": che persone ed eventi corrispondano ai loro desideri o aspettative, che nessuno li contraddica o li deluda, ecc. Questo accade specialmente a chi:
  • ha un Ego esagerato (vedi al fondo);
  • oppure è cresciuto in famiglie "figlio-centriche", dove i genitori sono al servizio dei figli e li assecondano sempre;
  • o magari è rimasto coinvolto nell'ondata di individualismo iniziata negli anni '90 (alimentata anche dal marketing: "Tu sei speciale", "Perché tu vali"; "Ti meriti il meglio"...);
  • oppure è una persona particolarmente fragile o insicura, che per compensare cerca di controllare tutto e tutti (è il caso di molti idealisti o attivisti ossessionati dalle loro cause).
Immagino che nessuno ammetta di essere in tal modo; ma se reagisci abitualmente agli eventi spiacevoli con furore, indignazione o senso di "lesà maestà" ("Come si permettono...!", "E' intollerabile!"...), è possibile che sia il tuo caso.
Il fatto è che tu sei uno su una popolazione di oltre otto miliardi di persone (> 8.000.000.000!), il che vuol dire che conti meno del due di coppe a briscola ;-) e così chiunque altro. Per cui aspettarsi che il mondo si adatti a te, o che ti riservi un trattamento di favore, è un'illusione che può solo portare a cocenti delusioni.

---> Come superarlo
E' più saggio adottare la mentalità esposta dal protagonista del film "Z la formica" (1998): "Quando sei il figlio di mezzo in una famiglia di cinque milioni, non ricevi nessuna attenzione". Cioè restare consapevole di essere creature piccole in un mondo sconfinato, e moderare le proprie aspettative.
Questo non vuol dire rassegnarsi o pensare di essere "nessuno". Certo va bene inseguire i propri sogni e cercare la felicità (proprio come fa la formica Z nonostante la sua condizione svantaggiata). Però è anche necessario rendersi conto che il mondo è tanto più immenso di noi, che il più delle volte siamo noi a doverci adattare ad esso, non viceversa.

3. Non fissarti sull'aver ragione

A volte hai tutte le ragioni del mondo... ma questo non cambia i fatti. La vita non è "giusta" o equa, e spesso accadono cose senza senso (bambini che muoiono, brave persone a cui capitano cose cattive, Paesi già poveri colpiti da catastrofi naturali...). Quindi se ti fissi sul fatto di aver ragione, o che ogni cosa dovrebbe accadere nel modo che ritieni "giusto", ti bloccherai in un ruolo di "vittima" sempre arrabbiata. Il che è un ben triste modo di vivere, sia che tu abbia ragione o meno.
Infatti in psicologia esiste questo concetto: "Preferisci aver ragione o essere felice?". Spesso questi due aspetti si contrappongono, ed è necessario fare una scelta. Per esempio se la mia partner mi ferisce ed io ritengo lei sia in torto, posso fare due cose:
  1. Incaponirmi sul fatto di aver ragione e pretendere che lei si scusi e faccia ammenda (ma lei potrebbe vederla diversamente).
  2. Oppure decido che l'aver ragione non ha molta importanza, archivio l'evento come "Tutti sbagliamo", e faccio pace con la mia partner senza insistere su chi ha sbagliato cosa.
E' ovvio che la prima opzione blocca la relazione in uno stallo di conflitto e infelicità, mentre la seconda aiuta a ritrovare l'armonia di coppia.

---> Come superarlo
Viviamo in un modo imperfetto popolato da persone imperfette. Quindi è del tutto normale che accadano cose ingiuste, o che chi ha ragione possa perdere. L'unico modo di mantenere una certa serenità o pace interiore, è di accettare questo fatto e lasciar perdere l'orgoglio che ci dice "Ho ragione, quindi resterò furioso finché verrà fatta giustizia".
Certo va bene rivendicare le proprie ragioni e diritti, quando possibile. Ma nei casi in cui ci proviamo e realizziamo che non serve, l'ostinazione servirà solo ad alimentare il nostro malessere: il risentimento ci corroderà dentro, e non ne ricaveremo nulla.

Anche se sei convinto di aver ragione, potresti sbagliarti

  • Inoltre, a volte non c'è un torto o ragione: a volte le cose accadono e basta, per caso o fatalità. A che scopo cercare un colpevole?
  • Altre volte la situazione può essere considerata da diversi punti di vista: così magari Tizio la vede blu, Caio azzurra e Sempronio celeste. In questi casi nessuno ha torto, bensì ciascuno ha le proprie ragioni (ma di solito ognuno tende a vedere solo la sua). Pensiamo ai concorsi di bellezza, dove ognuno è convinto dell'esattezza del proprio giudizio, ma in realtà ogni giudizio è altamente soggettivo (altrimenti ci sarebbe l'unanimità).
  • Infine, delle volte ci ostiniamo su opinioni che sono semplicemente errate (ma per ignoranza, cocciutaggine od orgoglio non vogliamo riconoscerlo). Ammettere almeno in teoria che potrei essere in errore non è debolezza, bensì richiede forza di carattere e coraggio.

Se ho abbastanza apertura mentale da considerare le ragioni altrui (anche se non le condivido), posso passare da uno stato d'animo di opposizione e conflitto ad uno di educato disaccordo, in cui opinioni diverse possono convivere civilmente. Potrei persino empatizzare con l'altro, ovvero comprendere quello che sente e che lo porta a quella posizione, anche se diversa dalla mia.

"La tragedia di questo mondo è che ognuno ha le sue ragioni."
(Jean Renoir, nel film "La regola del gioco")

4. Non aspettarti troppo dalle persone

Molti hanno aspettative idealistiche verso gli esseri umani: ritengono che tutti dovrebbero essere sempre onesti, gentili, corretti e rispettosi (forse perché loro stessi si sforzano di esserlo, quindi si aspettano altrettanto). Certo sarebbe molto bello... ma purtroppo la vita non funziona così. Le persone tendono ad essere opportuniste, ovvero spesso fanno quello che gli conviene invece di quello che sarebbe giusto (da notare che questo vale per entrambi i generi allo stesso modo, a dispetto della propaganda femminista e delle sue pretese di una "superiorità morale" femminile).
La verità è che siamo tutti imperfetti e spesso irrazionali, per cui a volte capita di sbagliare, di mentire, di approfittarci delle situazioni, di essere egoisti, cocciuti o menefreghisti; e magari ce ne rendiamo conto solo dopo (o mai). Non vuol dire che siamo malvagi, ma solo che quella è la natura umana. Se non sei d'accordo con me, ti invito a considerare la storia umana con tutte le sue meschinità, follie e tragedie: mi sembra che comprovi quanto ho detto.

---> Come superarlo
Perciò avere aspettative elevate verso le persone non potrà che portare a frequenti delusioni e malumori. Invece, mantenere aspettative moderate ci aiuterà a non prendercela troppo, e persino a piacevoli sorprese quando capita che gli altri si dimostrino migliori di quanto ci aspettiamo.
Un trucco che uso quando qualcuno mi delude con un'azione criticabile (per esempio una manovra azzardata in auto, una risposta poco garbata, una battuta infelice), è di chiedermi: "Succede anche a me di fare così?". Se sono onesto, la risposta è quasi sempre "Beh sì, a volte mi è capitato". Così facendo mi rendo conto che, appunto, tutti possiamo sbagliare e agire male; e che non è il caso di prendersela per questo (ovviamente non parlo di azioni davvero gravi o pericolose).

Uniti nell'imperfezione

Questo può anche diventare un esercizio di empatia: se invece di aspettarmi la perfezione vedo gli altri come essere fallibili (proprio come me, in fondo), quando le cose vanno storte mi sarà più facile perdonarli e sentirmi connesso con loro. Passando quindi da una mentalità di conflitto ad una di "fratellanza" (siamo tutti accomunati dalle nostre imperfezioni e debolezze).

5. Riconosci le tue "ferite" e le tue reazioni viscerali

A volte quello che ci fa stare male non è tanto l'evento in sé, bensì il fatto che esso va a sollecitare qualche "ferita emotiva" del passato che non abbiamo mai superato, oppure qualche convinzione negativa che giace nel nostro inconscio. Possiamo riconoscere questi casi dal fatto che la nostra reazione è esagerata rispetto alla causa, o particolarmente viscerale:
  1. Qualcuno fa una battuta od un'osservazione neutra (senza intenzione di offendere), ma tu ti senti aspramente criticato e parti al contrattacco (in casi del genere è bene ricordare che la nostra percezione dei fatti può essere errata).
  2. Un'auto ti sorpassa con una manovra imprevista, e ti ritrovi ad urlare "Ti ammazzo bastardo! Se ti prendo ti faccio a pezzi...!!!".
  3. Ad una festa vedi un amico e gli vai incontro per salutarlo, preparandoti ad abbracciarlo; ma lui sta corteggiando qualcuno, per cui ti saluta distrattamente e subito si gira verso la nuova fiamma. Ti viene una vampata alle guance, ti senti mancare, e ti riprometti di non guardarlo mai più in faccia.
  4. Tuo figlio gioca entusiasta con un giocattolo, che gli sfugge di mano e candendo va in frantumi, e tu sbotti "Ma sei deficiente? Non hai nessun rispetto per le cose! Non ti compro più niente!".
Chi ci sta intorno rimane stupito e persino sconvolto da queste reazioni, che ai loro occhi appaiono inspiegabili. E in effetti la vera spiegazione è nascosta nella psiche, e la persone stessa spesso ne è ignara: interrogata a riguardo sa solo balbettare delle vaghe giustificazioni.

Ma cos'è successo davvero? Naturalmente ci possono essere molteplici spiegazioni, ma ne ipotizzo una per ciascuno dei casi sopra esposti:
  1. Se siamo cresciuti in mezzo a persone critiche, esigenti o severe, potremmo esserci abituati a prendere ogni osservazione come rimprovero. Ovviamente da piccoli un ambiente del genere ci ha provocato grave sofferenza, che torna a galla ogni volta che incontriamo qualsiasi cosa che ci sembra una critica.
  2. Se un bambino non è stato rispettato o è stato punito senza motivo, magari da genitori nervosi o litigiosi, questo può creargli una "ferita del rispetto" o una "ferita di ingiustizia". Per cui ogni volta che qualcuno si comporta scorrettamente nei suoi confronti, questo sollecita la ferita ancora aperta e scatena una rabbia esagerata.
  3. Un bambino può essere stato ignorato o trascurato, magari da genitori freddi o troppo indaffarati. Questo ha creato nella sua mente una convinzione del tipo "Tu non conti ed a nessuno importa di te"; poiché questo è un pensiero molto doloroso, è stato nascosto nell'inconscio e lui non ne è consapevole. Ma quando qualcuno a cui lui vuole bene sembra ignorarlo o metterlo da parte, quel dolore viene riattivato e si manifesta con una lacerante tristezza ed una chiusura difensiva.
  4. Se uno è cresciuto in una famiglia severa e dalle scarse risorse, può avere assorbito la convinzione che ogni piccolo spreco è inaccettabile, e chi lo compie va inevitabilmente punito. Così quando suo figlio rovina senza volerlo un gioco da pochi euro, sorge in lui una severità fuori luogo ed un impulso a punirlo (perché è così che lui è stato trattato da piccolo).

---> Come superarlo
Quando ci rendiamo conto (o ci viene fatto notare) che abbiamo reazioni eccessive rispetto alle cause, possiamo guardarci dentro e cercare se abbiamo una ferita che ha guidato la nostra reazione. Magari c'è una parte del nostro passato che teniamo nascosta anche a noi stessi, o con cui non abbiamo ancora fatto i conti. Forse c'è in noi una parte dolente che ha bisogno di attenzione e comprensione.
Riconoscendo e accettando che abbiamo una ferita emotiva, possiamo imparare a prendercene cura e col tempo sanarla (o almeno attenuare la sua intensità). Questo ci aiuta a non prendercela con gli altri quando non c'è un reale motivo, e quindi anche a vivere più sereni ed in pace. Può anche essere utile imparare a non dare peso ai giudizi altrui.

Negazioni categoriche

Certe persone negano vigorosamente la possibilità di queste spiegazioni inconsce, o le ridicolizzano, o affermano con decisione che non può essere il loro caso. In genere questo tipo di negazioni categoriche è un segno del contrario: che la persona ha realmente una qualche ferita emotiva, ma ne è così spaventata da respingerla. Di nuovo, una reazione viscerale indica che c'è sotto qualcosa che ci è ignoto, o che non vogliamo vedere.

Piccoli conflitti o gravi scontri?

Quanto esposto finora riguarda i piccoli conflitti quotidiani: screzi, giudizi, incomprensioni, atti sgarbati, battute fuori luogo, ecc. Eventi su cui spesso è meglio non prendersela troppo, oppure lasciarseli scivolare addosso.

Diverso è il discorso per comportamenti ben più seri, come aggressioni, violenze (fisiche o psicologiche), bullismo, mobbing, gravi mancanze di rispetto o persone che cercano di "calpestarci". In questi casi la pazienza, l'accettazione o la comprensione possono non essere la risposta più adeguata, anzi possono incoraggiare l'aggressore o legittimarlo nel suo atteggiamento inaccettabile.
Qui non posso approfondire, ma direi che è bene opporsi a questi comportamenti con fermezza, respingendoli con decisione e dichiarando apertamente che non siamo disposti a tollerarli (quando gli altri ci maltrattano, spesso è perché siamo noi a permettere loro di farlo). In certi casi è utile chiedere il supporto di amici e familiari, oppure di figure di autorità (insegnanti, superiori) e forze dell'ordine.

E' forse il tuo Ego che se la prende?

Dedico infine una sezione all'Ego (*), che spesso ci rende vulnerabili: quando ce la prendiamo molto, è possibile che sia proprio perché il nostro Ego si è sentito attaccato (è un problema simile a quello del Punto 2, ma qui è più radicale). La missione dell'Ego è farci sentire "grandi", speciali, cioè di valore. Per cui ogni volta che ci sentiamo sminuiti o invalidati da qualcuno o qualcosa, esso reagisce vigorosamente, di solito con un senso di irata indignazione o di "lesa maestà": "Come si permettono... Io sono importante... Tutti dovrebbero fare X... Nessuno dovrebbe mai fare Y...".

Più o meno tutti abbiamo un certo Ego, ma in misura ragionevole non crea particolari problemi. Qui però mi riferisco ad Ego "esagerati", che tendono a dominare la personalità. Chi ha un Ego "ingombrante" si atteggia come se fosse il "padrone del mondo", ma in realtà ha toni e atteggiamenti simili a quelli di un bambino tirannico e capriccioso. Costoro si riconoscono da frequenti atteggiamenti del tipo:
  • E' convinto di avere sempre ragione. Non considera mai l'idea di essere in errore: solo gli altri sbagliano.
  • Cerca sempre occasioni di mettersi in mostra o primeggiare, o di apparire migliore degli altri.
  • Quando le cose gli vanno male, non se ne assume la responsabilità ma tende a fare la vittima d'abitudine, fino al punto di assumere una mentalità paranoide: "Ce l'hanno tutti con me. Non ci si può fidare di nessuno. Sono tutti stronzi. Tutti gli uomini / donne sono...", ecc.

---> Come superarlo
Chi ha un Ego del genere non può semplicemente liberarsene, ma può però prenderne consapevolezza e quindi "tenerlo a bada": imparare a riconoscere le "sparate" del proprio Ego e dargli poco peso, o vederne la scarsa fondatezza. Se una persona si riconosce in questa tipologia (e non è facile), potrebbe riuscire a rendersi conto che, il più delle volte, non è il mondo ad essere sbagliato, ma piuttosto che spesso è lui ad essere troppo suscettibile o con pretese troppo elevate.
Magari potrebbe anche indagare cosa nasconde il suo Ego: le ferite che ha ricevuto nell'infanzia (è stato ignorato, trascurato, deriso, disprezzato...?), il fatto che non si accetta per come è, il suo disperato bisogno di attenzione e approvazione, ecc.

(*) Cos'è l'Ego

"Ego" è un termine che può indicare diverse parti della psiche. Qui lo intendo come una parte "fasulla" della nostra personalità, che serve a coprire insicurezze e fragilità. In pratica, l'Ego cerca di farci sentire "grandi" anche se in realtà ci sentiamo "piccoli". Ma poiché è solo una "facciata", una recita (ovvero non corrisponde ad un valore reale), non fornisce mai una reale sicurezza di sé, ma è sempre alla ricerca di conferme.

"Non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti."
(Epitteto)

"Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a capire noi stessi."
(Carl G. Jung)

"Per raggiungere la pace mentale, smetti di voler fare il direttore generale dell'universo."
(Larry Eisenberg)


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