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Relatività relazionale: una mappa per capire le relazioni

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Solitamente, suddividiamo le relazioni umane in due ambiti ben distinti: l’amicizia e le relazioni sentimentali; e consideriamo questi due ambiti separati e "impermeabili" fra loro. In altre parole, consideriamo le due esperienze mutualmente esclusive (l’uno oppure l’altro). Inoltre, tendiamo a vederli in termini assoluti, specialmente le relazioni sentimentali (cerchiamo il grande amore, la donna perfetta, il principe azzurro, ecc.).
Invece, in questo post intendo mostrare come le relazioni umane, in realtà:
  • avvengano sempre all’interno di un continuum qualitativo formato da infinite gradazioni, senza divisioni nette, ma anzi con frequenti sovrapposizioni e mutamenti;
  • e come esse siano sempre relative (in accordo con l’intrinseca limitatezza e relatività dell’essere umano).

Il modello relazionale standard

Di seguito una figura che rappresenta il modello relazionale standard (fig. 1), come comunemente percepito nella nostra cultura:

Fig. 1 - Modello relazionale standard

E’ un modello rigido, tradizionale. Si esprime in termini assoluti, esclusivi, ed in "bianco e nero" (l’uno oppure l’altro): se due persone si relazionano, o sono amici, oppure sono partner/amanti; non sono previste altre possibilità. La sessualità viene concepita solo all’interno della relazione amorosa.

Fig. 2 - Modello relazionale standard - moderno

Ne esiste anche una variante meno rigida e più moderna (fig. 2): i due ambiti prevedono un’area di sovrapposizione (per quanto limitata) - in altre parole, i due concetti non sono più visti come assolutamente "impermeabili". Questa sovrapposizione include concetti come "Il mio partner è anche il mio migliore amico", oppure sentire amore per l’amico del cuore.
La sessualità è ancora vista come esclusiva della relazione amorosa, ma in casi limitati può anche lambire l’area dell’amicizia.

Il modello di Relatività Relazionale

A mio parere, il modello standard non corrisponde alla vera natura umana, ma è una semplificazione e una forzatura culturale; una specie di "camicia di forza" imposta alla naturale varietà e ricchezza di sfumature, proprie delle relazioni umane; a questa "camicia di forza" veniamo abituati fin dalla nascita, e la diamo quindi per scontata.
In realtà, come accennavo all’inizio, le infinite possibilità delle relazioni umane si rappresentano meglio con un modello lineare e progressivo (continuum) piuttosto che binario ed esclusivo: il modello di Relatività Relazionale (fig. 3).

Fig. 3 - Relatività Relazionale: ogni relazione si pone in qualche punto del continuum (clic sull'immagine per ingrandirla)

A prima vista questa rappresentazione può apparire confusa (ma, peraltro, non lo sono sovente anche le relazioni umane? ;-). Vediamo, in modo sintetico, le parti che la compongono.

Fig. 3A - Relatività Relazionale: struttura base. In basso il continuum di Qualità Relazionale

Prima di tutto, notiamo gli estremi entro cui il modello si sviluppa (asse orizzontale del continuum di Qualità Relazionale, in basso): esso va dal punto Zero, gli estranei, a un punto massimo (Max), che corrisponde all’Utopia Romantica.
Il continuum riprende i due ambiti dell’Amicizia e dell’Amore (di coppia), nel riquadro centrale, ma la linea che li separa (indicata dal simbolo ~ di approssimazione) ci ricorda che è un confine approssimativo, sfumato (a volte i due ambiti si confondono) e mobile (cambiandone la definizione a seconda della cultura) - nonché culturale (non naturale).

Fig. 3B - Relatività Relazionale: aree relazionali, in colore

Vengono ora evidenziate tre diverse aree relazionali, tramite i colori:
  • L’area dell’Amicizia, in verde.
  • L’area dell’Amore, in arancio, che si sviluppa in un’ampia zona di "Relazioni relativamente buone", e nella piccola fascia del "Paradiso Relazionale".
  • Abbiamo poi una "Area ambigua", in azzurro, che include relazioni che sfuggono a definizioni precise, in cui Amicizia e Amore si mescolano (e, per questo, travalica il confine che separa i due ambiti).

Fig. 3C - Relatività Relazionale: schema completo

Infine, la zona curvilinea sottostante, colorata in grigio, indica l’attività sessuale. Di nuovo, vediamo come questa non rispetti i confini: certo la possibilità di sesso - mediamente - aumenta con l’aumentare della Qualità Relazionale, ma accade anche al di fuori delle relazioni amorose / di coppia, e pure con estranei (come indicato alla sinistra del grafico).

In sintesi, se pensiamo ad una qualsiasi relazione (amici, amanti, coppie…), vediamo che si può situare in svariati punti del continuum, e può includere o meno il sesso. Inoltre, la stessa relazione può evolversi, cambiando intensità, qualità e posizione sul continuum. Quindi essa è relativa, mai assoluta come nel modello standard.
Ovviamente, tutto quel che riguarda i fenomeni complessi non è riducibile a schemi fissi e precisi, e questo include le relazioni umane. Quindi le mie definizioni sono solo una indicazione approssimativa, una mappa che offre dei punti di riferimento, ma non pretende di essere né categorica né esaustiva (possiamo dire che, per sua natura, anche la Relatività Relazionale è… relativa ;-).

Vediamo ora in dettaglio gli elementi sopra esposti.

Il continuum di Qualità Relazionale (asse orizzontale)

  • All’estrema sinistra c’è il punto Zero, ovvero gli estranei, persone sconosciute con cui non abbiamo (ancora) alcuna relazione.
  • All’estrema destra c’è il punto di massima qualità (Max), che corrisponde a quella che chiamo l’Utopia Romantica.
Nell’arco tra questi due estremi, esistono infinite sfumature di intensità e variazioni nella modalità di relazionarsi. Proprio come, in natura, i colori non esistono in sette bande nettamente separate, ma in infinite tonalità, così le relazioni accadono in svariati "colori".
Da notare che la Qualità Relazionale non è necessariamente correlata al tipo di relazione: come tutti avrete avuto modo di notare, esistono amicizie molto più profonde e affettive di certe coppie, così come relazioni giovani possono essere più autentiche e intense di relazioni di vecchia data.
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L’Utopia Romantica

L’Utopia Romantica è il mito sentimentale della relazione ideale, perfetta, di amore incondizionato ed eterno, fra due persone che trovano l’una nell’altra tutto quello di cui hanno bisogno. Come tutti i miti, viene creduto sia perché ripetuto continuamente e dato per scontato dalla cultura ufficiale, sia perché seducente: ci crediamo perché è bello crederci.
Ma, in pratica, L’Utopia Romantica non accade mai. Peraltro come potrebbe accadere, fra due esseri umani imperfetti, una relazione perfetta? Quando ci innamoriamo perdutamente ci sembra di aver realizzato questa utopia, ma è una illusione che, prima o poi, ha termine.

Con questo non voglio dire che non possano esistere relazioni di amore profondo e duraturo; certamente esistono, ma sono abbastanza infrequenti. Le ho inserite in quello che chiamo Paradiso Relazionale (estremo destro dell’area dell’Amore); sono relazioni "quasi perfette", fra due persone altamente compatibili.
Per un approfondimento sull'Utopia Romantica (e i pericoli inerenti), vedi questo post.
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L’area dell’Amore (di coppia)

A differenza del modello standard, dove l’amore esiste in una sorta di bolla spesso non meglio definita, nel modello di Relatività Relazionale anche le relazioni di coppia si sviluppano secondo un loro continuum. Ho suddiviso quest’area in una zona maggiore di "Relazioni relativamente buone", e in una ristretta fascia che chiamo "Paradiso Relazionale".
Le "Relazioni relativamente buone" sono tutte quelle in cui tra i partner la soddisfazione e/o compatibilità è - appunto - relativa. Questo accade nonostante quasi tutte le coppie, almeno in teoria, si prefiggano l’Utopia Romantica (quantomeno all’inizio). Quello che però poi accade in realtà, molto spesso, è che la coppia diventa (o è sempre stata) una coppia "incompleta": una relazione non abbastanza valida da dare ai suoi componenti un pieno e completo appagamento, ma - al tempo stesso - abbastanza funzionale da motivare la sua continuazione (a volte in attesa di incontri più fruttuosi…).
Questa insoddisfazione è però spesso mascherata, per numerose ragioni. In queste relazioni è quindi quasi sempre presente un certo livello di negazione, di fingere che vada tutto bene, di "scopare i problemi sotto il tappeto"; questo inganno accade sia verso se stessi, che verso il partner.

Naturalmente, anche le relazioni "relativamente buone" hanno un arco che va da un minimo "Meglio che niente" (al di sotto del quale la coppia tende a sciogliersi) ad un massimo (ma comunque non ottimale) di "Piuttosto buona".
Oltre questo livello, c’è la zona delle coppie che funzionano davvero bene, dall’elevata compatibilità e intesa, in cui la relazione è "quasi perfetta": quella che chiamo "Paradiso Relazionale". Le coppie davvero felici, quelle che tutti invidiano (che sono una minoranza: probabilmente solo il 10-20% delle unioni). Da notare che anche queste relazioni presentano imperfezioni e incompatibilità (inevitabili per l’umana natura), ma i partner che le vivono sanno minimizzarle, accentuando invece i lati positivi e accettando il partner per come è. Quindi le relazioni migliori, che dall’esterno possono apparirci "perfette", non sono tali in virtù di magie o incredibili colpi di fortuna, ma grazie all’impegno e alla creatività dei partner.
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L’area dell’Amicizia

Va detto che anche l’area dell’Amicizia, come quella dell’Amore, si sviluppa secondo un suo continuum (dal semplice conoscente all’amico fraterno), ma non ho ritenuto necessario rappresentare queste differenze nel grafico.
Inoltre, anche se nel grafico il livello più elevato di amicizia confina con il livello più scarso di amore, questa è una imprecisione dovuta al fatto che una semplice scala lineare (come quella di Qualità Relazionale) non può rappresentare adeguatamente la complessità e la variabilità delle relazioni umane. In realtà, la Qualità Relazionale di una grande amicizia è per molti versi superiore a quella di coppie medie o mediocri.
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L’Area ambigua

L’Area ambigua (in inglese "Gray Area"), include tutte quelle relazioni che non sono proprio, o soltanto, di amicizia, ma nemmeno di coppia nel senso stretto del modello standard. Come indicato dal grafico, questa area è alquanto estesa, sia perché include elementi sia dell’amicizia che dell’amore, sia perché ha un’ampia variabilità di Qualità Relazionale (da superficiale a molto profonda).
Alcuni esempi di relazioni che ricadono in quest’area sono:
  • Più che amici: fondamentalmente amici, ma in cui c’è qualcosa che va oltre, che può includere anche elementi sessuali.
  • Amici con benefici (dall’inglese "Friends With Benefits", FWB); ovvero amici che hanno anche rapporti sessuali. In italiano si usa il termine "trombamici", ma viene usato più nel senso di sesso casuale, mentre FWB si riferisce più a vere amicizie.
  • Amicizie amorose: relazioni amicali che hanno una profondità affettiva simile a quella di una coppia, ma che - per varie ragioni - non diventano una coppia. Possono includere o meno l’elemento sessuale.
  • Amanti: relazioni con una intensità passionale simile a quella di una coppia, ma che per ragioni personali (es. di non impegno) o funzionali (es. persone sposate) non diventano coppie a tutti gli effetti.
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L’Area del sesso

A differenza del modello standard, in cui si afferma che il sesso esiste solo e soltanto (o dovrebbe esistere) insieme all’amore, qualunque persona che abbia una minima conoscenza del mondo reale sa che il sesso accade quasi ovunque, e in svariati tipi di relazioni.
Vediamo così nel grafico che il sesso può avvenire anche nell’area dell’Amicizia (benché in misura minore e meno frequente che altrove), e sicuramente nelle relazioni incluse nell’Area ambigua. Inoltre, non dimentichiamo che rapporti sessuali accadono anche con estranei (vedi piccola zona in grigio a sinistra): sesso casuale, incontri di una notte, ecc. Questi avvengono vuoi per improvvisa e irresistibile attrazione, vuoi per altri fattori più o meno contingenti (per esempio l’alcol), ma anche intenzionalmente, per puro e semplice desiderio. Il sesso è quindi un’attività (e un bisogno) che non è necessariamente collegato al tipo di relazione, né alla sua qualità.

Benché il livello di attività sessuale (o probabilità che avvenga) viene rappresentato nel grafico con un andamento progressivo, legato al crescere della Qualità Relazionale, questo rappresenta soltanto una tendenza, una media. In realtà, in alcuni casi l’intensità o frequenza dell’attività sessuale non rispecchia questa curva: alcune relazioni fuori dall’Area dell’amore possono presentare una sessualità travolgente (sesso casuale, amanti), così come in alcune relazioni di coppia la sessualità ha livelli scarsi o infrequenti (specialmente avvicinandosi alla zona del "Meglio che niente").
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I perché della Relatività Relazionale

Ci si potrebbe chiedere perché complicarsi la vita con tutti questi elementi, quando il modello relazionale standard descrive comunque la maggioranza dei casi (benché in modo estremamente semplificato).
La mia risposta è che la vita è complicata, per sua natura, e il modello standard non la semplifica; anzi la complica ulteriormente, perché ci confonde le idee. La mia idea di Relatività Relazionale è nata dal notare una gran quantità di relazioni fuori dallo schema standard, che pure esistono ed - anzi - continuano ad aumentare (man mano che la società si evolve e i vecchi schemi diventano sempre meno adeguati). E non solo il modello standard le ignora, ma nella nostra cultura mancano spesso anche le parole per descrivere questa molteplicità: ci troviamo quindi a vedere e vivere, tutti giorni, esperienze di cui è persino difficile parlare, perché per la nostra cultura sono "invisibili" (o deprecate), e spesso ci mancano anche gli strumenti per capirle. La Relatività Relazionale vuole essere uno strumento in tal senso.

Il modello standard non solo è severamente limitato, ma è molto ingannevole: finché ragioniamo (e parliamo) nei termini del modello standard, tendiamo a ignorare o dimenticare tutte le (numerose) possibilità relazionali che esulano da esso. E tendiamo a squalificarle, se non addirittura a condannarle: perché non le comprendiamo, perché ci sembrano sbagliate, o perché il loro essere "strane" ci disturba (in quanto smentisce la semplicità artificiosa e rassicurante del modello standard, e ci spinge a sforzarci per afferrare la loro complessità).
Noi usiamo i modelli come delle mappe, per capire la realtà e muoverci in essa. Ma se il modello non rispecchia la realtà, esso ci confonde e ci conduce a sbagliare. Se ci basiamo sul modello standard (che, come abbiamo visto, ha ben poco a che fare con la natura complessa e variegata delle relazioni reali) per capire gli altri e per le nostre scelte personali, inevitabilmente non potremo capire loro e non sapremo fare le scelte giuste per noi; la "mappa" ci porterà fuori strada. Non troveremo mai la nostra felicità seguendo uno schema altrui. Pensiamo a tutte quelle persone i cui gusti e desideri escono dagli schemi tradizionali, che si sentono giudicati e sbagliati e magari lottano contro la propria natura.

Il potere normativo del modello standard è soffocante, anche perché ad esso si associano altri imperativi sociali: la coppia stessa (per cui l’essere single viene visto come sospetto o segno di inferiorità); l’Utopia Romantica (a cui tutte le coppie dovrebbero giungere, o quantomeno tendere); il modello di "famiglia felice" con inclusa procreazione (e quindi anche eteronormativo); la monogamia a vita; ecc.
Tutti questi imperativi pesano sulle persone che non possono (o non vogliono) seguirli: pensiamo a chi non trova (o non vuole) un partner, a chi divorzia, agli omosessuali, a quelli che non desiderano figli, o a cui non interessa formare una famiglia, o che - ancora - desiderano una famiglia non tradizionale, a chi è attratto da una sessualità alternativa… Per tutti costoro, la Relatività Relazionale mostra come non ci sia nulla di male nelle loro scelte o preferenze, perché il mondo reale delle relazioni è variegato.
Il limite maggiore del modello standard è che funziona in modo assoluto, in "bianco e nero", perciò ci porta a ragionare nello stesso modo: ma siccome la vita reale non è mai assoluta, seguendolo ci ritroveremo sempre confusi, spiazzati e delusi. Invece, accettando che le relazioni sono sempre relative, ci approcceremo ad esse in modo realistico e aperto: senza aspettative illusorie o ricette irragionevoli, saremo in grado di viverle al meglio.
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Valore di mercato relazionale

Uno dei concetti utili associati alla Relatività Relazionale, è che anche il nostro personale "valore" nelle relazioni è relativo; ovvero, le reazioni che riceviamo dalle altre persone, e la qualità delle nostre relazioni, sono collegati alla nostra qualità come individui (a partire dalla capacità di creare e coltivare relazioni positive).
In altre parole, ognuno ha quello che potremmo chiamare "Valore di mercato relazionale", ed è formato da tutto quello che possiamo offrire agli altri. Questo nostro "valore" influenza grandemente il successo che abbiamo nelle relazioni, e specialmente nel riuscire a conquistare (o meno) le persone che desideriamo.
Per una descrizione approfondita del "Valore di mercato relazionale", vedi questo post.

Anche il matrimonio è relativo

E' il caso di ricordare che il modello di matrimonio (e di relazione sentimentale) normalmente ritenuto l'unico "giusto", ovvero quello di coppia monogamica chiusa basata sull'amore e sulla fedeltà, è una "invenzione" relativamente recente. Esso si è sviluppato a partire dalla fine del XVIII secolo, ed è giunto a diventare lo standard (quantomeno in Europa e USA), solo nella metà del XX secolo. Nelle epoche precedenti, e nell'arco delle varie culture e società, i modelli di relazione e matrimonio sono stati molti e variegati. Il che conferma ulteriormente l'ampia relatività delle relazioni umane.
A questo proposito, vedere l'ottimo libro "Marriage, a History" ("Storia del matrimonio"; info nella Bibliografia) di Stephanie Coontz, dove vengono esposte le varie possibilità e le sorprendenti variazioni che la relazione sentimentale ha assunto (e ancora assume) nel corso del tempo.

Conclusioni

In sintesi, noi tendiamo a considerare le relazioni (specialmente sentimentali) in modo assoluto: le pensiamo o vogliamo complete, illimitate, costanti, per sempre; mentre in pratica esse esistono in modo più o meno relativo: incomplete, limitate, mutevoli, temporanee (come, peraltro, praticamente tutto nell’esistenza umana).
Le vediamo assolute sia perché la nostra cultura ci spinge in tal senso, ma ancor più perché ci piacerebbe che fosse così:
  • Quando c’è una persona a cui siamo legati, vorremmo essere speciali per costei, e non rischiare di perderla.
  • Quando viviamo una storia d’amore, vorremmo credere di essere unici e insostituibili per il nostro partner, e quando siamo felici vorremmo che quella felicità durasse per sempre.
Chi mai vorrebbe sentirsi dire "Sei relativamente importante", "Sei temporaneo", "Sei sostituibile", "Sono legato a te perché ti trovo meraviglioso, ma in futuro potrei incontrare qualcuno ancor più meraviglioso"? Sentirselo dire sarebbe inquietante, destabilizzante e persino spaventoso; ci indurrebbe un’ansia continua. Ed è proprio per questo che, quando pensiamo e viviamo le relazioni, coltiviamo l’illusione dell’assoluto. Per tenere lontane l’incertezza e la sofferenza. L’assoluto ci conquista perché ci offre una (spesso illusoria) sicurezza.

Ci comportiamo similmente verso l’idea della nostra morte, un fatto inevitabile e indubitabile, ma che facciamo di tutto per dimenticare e tenere lontano dalla nostra coscienza, talmente ci spaventa. Ma questo tipo di "perdite di coscienza", questa "forzose dimenticanze", per quanto umanissime, non ci aiutano a relazionarci in modo efficace con la vita reale, ed anzi diventano spesso ostacoli a comportamenti efficaci e costruttivi.

E quindi, in conclusione, dovremmo chiedere a noi stessi: preferisco credere alle "favole", o piuttosto vedere le relazioni come realmente operano?
Passare da una visione rigida e schematica delle relazioni, ad una comprensione della loro fluidità, ci permette di evitare la trappola di svalutare o rifiutare ogni relazione "relativa" (cioè incompleta rispetto ai nostri ideali, ma comunque di qualche valore); consentendoci invece di viverla ed apprezzare ciò che di positivo ha da offrirci. Viceversa, finché rimaniamo in una visione tradizionale dei rapporti e restiamo aggrappati all’ideale dell’Utopia Romantica, tenderemo a rifiutare tutte le opportunità di relazione incomplete (ma che ci offrirebbero comunque elementi di felicità, nutrimento e crescita), restando in attesa di una perfezione che potrebbe anche non arrivare mai.


"Non esistono relazioni perfette. Non ci sono partner perfetti.
Le relazioni sono, per loro stessa natura, caotiche, movimentate e impegnative."

(Dott. Robert A. Glover)

"Siamo resi saggi dalla quantità, la profondità e la diversità delle nostre relazioni."
(Tad Hargrave)

"Le relazioni non finiscono mai, semplicemente si trasformano."
(Osho)


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Quanto vali come partner?
Il tuo 'valore di mercato' nelle relazioni

In questo post esploro un concetto trascurato dai più, ma che ha un influsso fondamentale nel campo delle relazioni sentimentali (e non solo): e cioè che ognuno ha un diverso valore agli occhi degli altri. Questo "valore" influenza grandemente il successo che abbiamo nelle relazioni, e specialmente nel riuscire a conquistare (o meno) le persone che desideriamo. Più in generale, il nostro "valore relazionale" influenza ogni genere di interazione (anche sociale o lavorativa), ma qui mi concentrerò sull'ambito sentimentale.
Definisco questo parametro "Valore di Mercato Relazionale", d'ora in poi abbreviato in VMR (uso il termine "Mercato" perché le relazioni funzionano, per certi versi, in modo simile ai mercati economici: vedi in fondo "Mercati e relazioni").

Cosa definisce il nostro valore relazionale

Le reazioni che riceviamo dalle altre persone, e la qualità delle nostre relazioni, sono collegati alla nostra qualità come individui (a partire dalla capacità di creare e coltivare relazioni positive). Come un qualsiasi oggetto ha un valore di mercato (a seconda delle sue caratteristiche e dell’interesse di eventuali compratori), che determina quanto sarà richiesto e le reazioni degli acquirenti, così anche ogni persona ha un "valore" per le altre persone, in base a quello che può offrire.
Questo concetto incontra solitamente molta resistenza: sia perché è un argomento quasi sempre ignorato e quindi sconosciuto ai più, sia perché sentirsi misurati e valutati genera fastidio (specialmente alle persone che hanno poca stima di sé). Però appare ovvio che, ai nostri occhi, ogni persona ha un valore diverso; e così è per noi stessi agli occhi altrui. Voglio però precisare che con "valore" non intendo qui il valore come persona, bensì quello "di mercato", cioè il livello di interesse o disinteresse altrui verso di noi.

Di solito, le persone credono che i risultati ottenuti sul piano relazionale dipendano solo da fattori semplici (bellezza, denaro, sex appeal), oppure che siano casuali, che dipendano dalla fortuna o da fattori imponderabili. Molti amano credere che "tutti abbiamo lo stesso valore", il che è ovviamente rassicurante; ma basta ipotizzare che uomini come George Clooney o Brad Pitt abbiano lo stesso "valore relazionale" (cioè piacciano o attraggano) quanto Woody Allen o Danny De Vito, per vedere come questa ipotesi sia tanto idealistica quanto infondata.

La somma delle nostre qualità

In realtà, il nostro VMR è formato da tutto quello che possiamo offrire agli altri (e che gli altri apprezzano). In teoria potremmo ipotizzare una persona che non ha nulla da offrire (avrebbe VMR = zero), ed una che ha tutte le qualità possibili (VMR = 100). In pratica questi estremi sono improbabili, e la maggior parte delle persone tenderà ad avere un VMR mediano (intorno al 50), con i più dotati che superano un valore di 90.
In parte il VMR è relativo, non assoluto, nel senso che dipende anche dai gusti delle persone che abbiamo di fronte (non tutte le qualità sono apprezzate allo stesso modo da tutti). Ma è relativo fino a un certo punto, perché certe qualità (come l'essere in salute o la fiducia in se stessi) tendono ad avere un valore universale.

Il VMR risponde ai bisogni

In pratica, il VMR è composto dalle nostre qualità:
  • Qualità più o meno "universali" come bellezza, gioventù, forza, intelligenza, cultura, humour, saggezza, beni materiali, ecc.
    Queste qualità sono - in genere - apprezzate da chiunque. Di solito corrispondono ai fattori che suscitano attrazione per ragioni evoluzionistiche.
  • Ed altre qualità più "particolari" (di valore per alcuni ma non per altri), quali certe abilità (p.es. saper cucinare o suonare), gusti e inclinazioni (un certo tipo di sessualità, attenzioni materne), interessi specifici (per i viaggi o il rock), certi caratteri fisici (lentiggini, villosità).
    Queste qualità rispondono alle preferenze e ai bisogni specifici dei vari individui. Ciò implica che il VMR da solo non determina tutto: una persona può avere un VMR pari o superiore al mio, ma avere comunque delle incompatibilità che me la rendono inaccettabile. E' un'indicazione valida in generale, ma non in ogni caso.
L'interesse che noi suscitiamo in qualcuno, equivale ai suoi bisogni che siamo in grado di soddisfare (anche solo potenzialmente, o che egli immagina noi potremmo).

Come funziona il VMR

Il VMR in una relazione tende ad essere bilanciato: perché quelli con VMR inferiore non ci interessano, e quelli con VMR superiore non sono interessati a noi.
Questo non vuol dire che due persone debbano per forza avere le stesse qualità per essere compatibili: diverse qualità nei due individui possono compensarsi (esempi tipici sono: uno più avvenente, l'altro più ricco; uno più colto, l'altro più amorevole; uno più giovane, l'altro più saggio). L'importante è che le qualità dell'uno bilancino quelle dell'altro, quindi il VMR di entrambi tenda ad essere simile. Se invece il VMR nella coppia è sbilanciato, questo porterà nel tempo a insoddisfazione, conflitti e probabile rottura.

Percezione del proprio VMR

Tendiamo a percepire intuitivamente il nostro VMR: trascuriamo le persone con VMR inferiore al nostro; ci sentiamo in soggezione di fronte a persone con VMR superiore. Ma può capitare di sopravvalutarci, e di aspirare a persone che sono fuori dalla nostra portata - vanamente. Perché il VMR risponde alla "legge della domanda e dell'offerta": più si è richiesti o apprezzati, più si può pretendere. Ecco perché qualcuno che ha VMR = 50, non ha chance con un VMR = 90: quest'ultimo sa che può avere molto di più che un 50 (ovvero un partner con molte più qualità), quindi perché dovrebbe accontentarsi?

Tutti desideriamo il meglio, ma solo pochi se lo possono "permettere". Chi ignora questi concetti manca di una auto-valutazione realistica, e tende a puntare troppo in alto, a volere tutto (specialmente le donne, o gli uomini più immaturi), senza mai ottenerlo. Due esempi classici di inconsapevolezza del proprio VMR:
  • L'uomo comune che corteggia la modella, o la più bella donna della compagnia.
  • La donna comune che spera di conquistare il dirigente di successo dove lavora (stile Bridget Jones), o l'affascinante istruttore della palestra, ambìto da tutte.
Voler conquistare persone ben al di sopra del proprio VMR è fallimentare; rare volte si può avere un colpo di fortuna, ma anche quando accade il risultato non è positivo (vedi più avanti). Più facilmente, se costoro sembrano ricambiarci, è perché sono interessati ad ottenere qualcosa da noi, a "usarci" temporaneamente.

Il vantaggio di avere chiaro il proprio VMR, è che conosciamo i nostri punti forti e deboli; perciò possiamo migliorare quello che offriamo (coltivando le qualità, limando i difetti), e quindi aumentare il nostro VMR.

Aumentare il proprio valore relazionale

Poiché il VMR è formato dalle qualità, se vogliamo aumentarlo dobbiamo migliorare le nostre qualità: diventare una persona migliore, più dotata, più interessante, più capace. Questo comporta, ovviamente, un investimento significativo di tempo e sforzo; ma non dimentichiamo che i risultati ci porteranno maggiori soddisfazioni non solo a livello sentimentale, ma anche nelle relazioni in generale e sul piano lavorativo: una persona migliore suscita reazioni migliori, ovunque.
Qualcuno potrebbe lamentarsi che questo non è giusto, e che ognuno dovrebbe essere apprezzato per come è. Certo sarebbe bello, ma qui sto parlando di come funziona la realtà, non di come dovrebbe essere. La realtà è competitiva e meritocratica, in senso darwiniano: o accettiamo le sfide, o restiamo indietro.

Per capire cosa suscita attrazione, e quindi quali fattori lavorare, è utile leggere il post sulle regole dell'attrazione. Per gli uomini, può essere utile anche quelli sui maschi attraenti (e non) e sul mostrare "valore elevato" (diverso dal VMR).
  • L'aspetto fisico ha grande importanza, e su quello non possiamo fare miracoli. Ma prendersi cura della propria forma e della propria salute, oltre ad aumentare il nostro VMR, è anche un investimento in qualità della vita, quindi sempre consigliabile.
  • Le facoltà intellettive contano non poco: a chi piacciono gli stupidi o gli ignoranti? Leggere libri, frequentare corsi (o tornare a scuola), coltivare degli hobby, allargare i propri interessi, sono tutti "investimenti" validi.
  • La propria personalità: avere più fiducia in se stessi, diventare più cordiali, meno timidi, esprimere più apertamente le proprie idee ed emozioni, essere più gentili, saper ascoltare, non farsi dominare dalle emozioni negative (rabbia, aggressività, intolleranza), sono elementi che influiscono positivamente sulle persone che abbiamo intorno.
  • Può essere utile fare un lavoro mirato, decidere quale tipo di persone ci interessano, e lavorare sulle qualità che esse maggiormente apprezzano.

Il VMR come "bussola" delle relazioni

Il concetto di VMR può aiutare a comprendere meglio l'andamento della propria vita relazionale. Per esempio, riconoscere di avere un VMR basso (poche qualità da offrire) può aiutare a capire il motivo se veniamo spesso rifiutati. Oppure se tendiamo a ritrovarci in relazioni deludenti o fallimentari: quasi mai è dovuto alla malasorte o solo ai difetti altrui ma, piuttosto, al fatto che tendiamo a ritrovarci con persone che hanno un VMR simile al nostro (bilanciamento).
Quindi se ho scarse capacità relazionali, non sarò in grado di creare una relazione ottimale; ed anche i miei partner avranno limiti simili. Riconoscerlo può essere duro da digerire; ma non farlo, ci impedisce di vedere i propri limiti, che quindi diventano impossibili da superare (non possiamo risolvere un problema che non vediamo - o che non vogliamo vedere).

Perché non abbiamo successo con gli altri

Naturalmente, gli insuccessi relazionali possono dipendere anche da molti altri fattori. Per esempio:
  • Frequentare un ambiente non in sintonia con noi.
    Se le persone che abbiamo intorno sono molto diverse da noi, con altri gusti, valori e obiettivi, sarà difficile incontrare persone che apprezzano le nostre qualità.
  • Interessarsi a persone che non apprezzano il nostro VMR.
    Anche se abbiamo un VMR alto, non possiamo piacere a tutti. Se puntiamo a qualcuno a cui non interessa ciò che abbiamo da offrire (per esempio un intellettuale che insegue una modella), ci sarà una discordanza tra domanda e offerta.
Gli insuccessi non sono solo una questione di VMR alto o basso, ma anche di orientarsi verso chi può apprezzare il nostro personale VMR (che, ricordiamo, non ha valore assoluto). Specialmente se ci lasciamo guidare solo dall'attrazione (che può facilmente essere fuorviante), o se seguiamo modelli imposti dalla società, invece di scoprire cosa ci piace veramente, rischiamo di inseguire persone a noi "aliene".

Conquistare qualcuno con VMR più alto

Molti sognano di conquistare un partner molto più dotato di se stessi (ovvero con VMR superiore al proprio): la donna bellissima, l'uomo affascinante e di gran successo. Si immagina che questo partner straordinario ci renderà felici, ci farà sentire speciali; un po' come vincere alla lotteria.
Ovviamente, per le ragioni finora esposte, questo accade di rado. Ma anche quando accade, di solito il risultato è tutt'altro che positivo. Proprio perché il VMR tende a bilanciarsi, queste coppie non trovano un'armonia:
  • Il partner con VMR inferiore si sentirà sempre insicuro, timoroso di perdere l'altro (di cui sa di non essere all'altezza), in dovere di fare continui sforzi per tenerlo vicino a sé.
  • Il partner con VMR superiore, col tempo, svilupperà insoddisfazione, sentirà di poter avere di meglio (e tenderà a cercarlo), e scaricherà questa frustrazione sull'altro, sminuendolo o criticandolo (poiché lo percepisce inferiore a sé).
Quindi, per chi persegue una stabilità di coppia e una felicità duratura, e non solo una gratificazione momentanea, risulta importante essere realisti e non puntare a persone "fuori dalla propria portata" (VMR molto più alto del nostro). A dispetto di quanto ci suggeriscono le commedie romantiche, volere un partner "perfetto" (il "principe azzurro" o la "principessa dorata") porta non solo a frustrazioni continue (quasi mai veniamo ricambiati), ma anche a relazioni squilibrate (nel caso ci riuscissimo).

Anzi, se si desidera un partner fedele, devoto, adorante, può essere consigliabile sceglierne uno "inferiore" a noi. Costui, sentendo di avere vicino qualcuno superiore a sé, sarà grato e gratificato, difficilmente cercherà altrove, ed è improbabile che finisca per dare il partner per scontato (come invece spesso succede), perché avrà sempre la sensazione di poterlo perdere.

Col tempo perdiamo di valore: meglio non aspettare

Chi aspetta il "grande amore" o la "persona giusta", senza far nulla, perde progressivamente di VMR (proprio come un capitale non utilizzato). Anche se il mito romantico dice il contrario (in particolare alle donne): che più aspetti, più appari "preziosa". In realtà il tempo passa, insieme alla gioventù, e col tempo subentrano amarezza e frustrazione (che non risultano per nulla seducenti).
Proprio come un capitale va investito o messo a frutto (altrimenti si svaluta), anche il nostro VMR si incrementa se:
  • Investiamo sulla nostra crescita personale (anche se siamo single).
  • Mettiamo "a frutto" il nostro "capitale umano" in una relazione, anche se non ideale (ma comunque positiva), perché relazionarci può renderci persone migliori, più ricche e profonde, più desiderabili.
Quindi, nelle relazioni come in materia economica, in generale è meglio mettersi in gioco che restare in attesa passiva.

Mercati e relazioni

Nel concetto di VMR uso il termine "Mercato" perché le relazioni umane presentano numerose dinamiche simili a quelle che governano i mercati, cioè gli scambi economici. Questo potrebbe apparire insensato, se non consideriamo che i mercati sono comunque creati da esseri umani, che fanno delle scelte guidate dai loro bisogni, impulsi ed emozioni - similmente a ciò che accade nelle relazioni (in questo senso, branche recenti dell'economia, quali la finanza comportamentale - behavioral economics - spiegano le nostre scelte meglio dell'economia classica; vedi p.es. i lavori di Dan Ariely).

Quest'idea può sembrare assurda a quelli convinti che l'amore accada "magicamente", o che l'attrazione fra due persone sia un fenomeno misterioso (ma che invece si può spiegare).
In realtà, le relazioni non accadono per caso o per ragioni imperscrutabili, ma sono basate sui bisogni di ciascuno: siamo attratti da chi può soddisfare i nostri bisogni, o che noi pensiamo potrebbe farlo. Ovviamente a nessuno piace l'idea di essere una "merce", e certamente non intendo dire che consideriamo gli altri alla stregua di oggetti. Ma ci relazioniamo comunque guidati dai nostri desideri e bisogni, e reagiamo alle persone che abbiamo davanti anche in base a quello che possono offrirci. In altre parole, se una persona può darci molto (cioè può soddisfare gran parte dei nostri bisogni), essa avrà per noi grande importanza; viceversa, verso una persona che non può darci nulla proveremo scarso interesse.

Essere amati per ciò che siamo, o per quello che diamo

Con questo non voglio dire che siano solo i bisogni ad ispirare o creare le relazioni; ma che i nostri bisogni fanno sempre parte di esse - poiché nessuno è privo di bisogni.

Questa visione "funzionale" delle relazioni (vederle fondate sui bisogni, e quindi sul dare e avere), contrasta con l'esigenza - che tutti sentiamo - di essere amati per quello che siamo, non per quello che diamo; e quindi di essere insostituibili per l'altro: "Ti amo perché tu sei tu". In realtà, come ho spiegato in questo post, in generale le relazioni contengono sia una parte "funzionale" (dare e avere), sia una parte basata sull'unicità dell'altro.

La resistenza a "vendersi"

Restando in tema di mercati, osservo che molte persone hanno una forte resistenza a vedere le relazioni come un "mercato", dove proporsi e "vendersi" (per esempio sui siti di dating online come Meetic o Tinder). Ma in realtà funziona proprio così: anche le relazioni sono basate su scambi, sul dare e avere. Non basta esistere, bisogna saper mostrare agli altri le proprie qualità, in modo che loro le riconoscano e ne siano interessati (altrimenti rimaniamo "invisibili" e ignorati).
E' necessario sapersi proporre in modo positivo e valorizzarsi, esporre le proprie caratteristiche, toccare i bisogni altrui... per attrarre l'attenzione delle persone compatibili con noi. Queste dinamiche sono sempre presenti, sia nelle relazioni che negli ambiti lavorativi: è sempre un incontro tra domanda e offerta.
E questa "attitudine a vendersi" vale sia nella vita reale che su Internet: in fondo, quando ci prepariamo prima di uscire, ci laviamo, vestiamo e profumiamo... non stiamo operando una specie di "strategia di marketing" per presentarci al meglio e piacere? Lo stesso atteggiamento rimane valido anche in altri ambiti.

Valore di Mercato Relazionale, e Sessuale

Ho derivato l'idea del VMR dal concetto di "Sexual Market Value" o SMV ("Valore di Mercato Sessuale"). L'SMV indica il "valore sessuale" (l'attrattività) di ogni uomo o donna per il sesso opposto. Per quanto dibattuto e variamente interpretato, l'SMV è utile per capire come il nostro "valore di mercato" varia in basi a diversi fattori, età inclusa, nonché segua regole diverse per maschi e femmine.


Poiché però le relazioni sentimentali non si basano solo sull'attrazione sessuale, ho ritenuto utile espandere il concetto, includendo ogni qualità apprezzabile dagli altri.


"Nessuno è così povero da non avere nulla da dare agli altri, e nessuno è così ricco da non aver bisogno degli altri."
(Proverbio)


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Utopia Romantica: la favola dell'amore perfetto

L’Utopia Romantica è il mito sentimentale della relazione ideale, perfetta, di amore incondizionato ed eterno, fra due persone che trovano l’una nell’altra tutto quello di cui hanno bisogno. E’ un mito diffuso e perpetuato da molte fonti, in primis canzonette e film commerciali. Come tutti i miti, viene creduto sia perché ripetuto continuamente e dato per scontato dalla cultura ufficiale, sia perché seducente: ci crediamo perché è bello crederci. A tal punto che tendiamo a crederci, anche quando i fatti intorno a noi lo smentiscono ampiamente.

L'utopia è un luogo inarrivabile

Quindi, in pratica, l’Utopia Romantica non accade mai. Peraltro come potrebbe accadere, fra due esseri umani imperfetti, una relazione perfetta? Siamo tutti individui, ciascuno è diverso dagli altri e desidera cose diverse (almeno in parte), quindi nessuna coppia sarà mai compatibile al 100%. Quando ci innamoriamo perdutamente ci sembra di aver realizzato questa utopia, ma è una illusione che, prima o poi, ha termine: è dimostrato che l’innamoramento è "programmato" per durare, al massimo, due-tre anni (e sovente si esaurisce ben prima).

Con questo non voglio dire che non possano esistere relazioni di amore profondo e duraturo; certamente esistono, ma sono relativamente rare e comunque imperfette. Nel modello in cui descrivo la complessa realtà delle relazioni umane (vedi Relatività Relazionale), le ho inserite in quello che chiamo "Paradiso Relazionale"; sono relazioni "quasi perfette", fra due persone altamente compatibili. Quello che intendo è che l’Utopia Romantica (come tutte le utopie) non si raggiunge mai; indica un assoluto a cui si tende, ma che non esiste nella realtà.

L'utopia e il "vero amore"

Molti usano l'espressione "vero amore" per indicare questo tipo di amore eterno, ideale e idilliaco a cui ambiscono; con il sottinteso che ogni forma di amore al di sotto di tale perfezione, non sia veramente amore. Questa convinzione è pericolosa, perché spinge a svalutare ogni sentimento (e persona amorevole) che mostri mancanze o umane debolezze. Ma poiché siamo tutti imperfetti (chi può dire di saper amare perfettamente?), rischia di portare chi ci crede ad una delusione dietro l'altra, a fare continue critiche al partner, ad una ricerca senza fine.

I pericoli dell’Utopia Romantica (UR)

Ritengo importante evidenziare i numerosi rischi impliciti in questo mito, poiché - come per tutti i miti - il rischio di farsi confondere le idee ed esserne sedotti (con tutte le conseguenze) è elevato. L’UR ci presenta l’idea di un "partner ideale", perfetto, unico e destinato ad unirsi a noi (in inglese "the One" - ovvero l’eletto, l’unico e il solo), la persona "giusta", l’anima gemella come unica persona a me destinata. Però:
  • Abbiamo già osservato come nessun essere umano reale possa essere un partner perfetto. Peraltro, semanticamente parlando, "ideale" è proprio l’opposto di "reale".
  • Unico vuol dire che, se non ci capitasse mai di incontrare questa persona, saremmo sentimentalmente perduti. Il che è spaventoso e deprimente.
  • E se invece che uno, ci fossero molti partner possibili per ciascuno di noi, altamente compatibili, al mondo? E’ di certo un’ipotesi più incoraggiante (oltre che più probabile).
  • Moltissime persone non incontrano mai questo fantomatico ideale: vuol dire che il destino si è dimenticato di loro? O che questo destino vale solo per pochi eletti? O, piuttosto, che questo presunto destino è immaginario?
L’UR ci induce ad aspettarci l’assoluto, ad aspettarci dal partner una perfezione impossibile: che egli soddisfi tutti i nostri bisogni; che indovini i nostri desideri senza bisogno di parlare; che si comporti sempre nel modo migliore per noi; che non provi mai desiderio verso altre persone. E questa aspettativa prima o poi ci porta a soffrire per l’inevitabile delusione, e a prendersela col partner per averci deluso: a condannarlo per la sua imperfetta umanità.

L’UR implica, per molti, l’illusione che la persona "giusta" mi amerà semplicemente perché sono io, senza che io debba fare o dare nulla. Ma questo tipo di amore "passivo", in cui si viene amati per il solo fatto di esistere, accade solo tra genitori e figli (ed anche lì, è tutt’altro che scontato). Una relazione sana fra adulti, invece, è tanto più funzionale quanto più ciascuno è in grado di nutrire i bisogni dell’altro. Il che richiede una partecipazione attiva, capacità di cambiare e crescere, di adattamento e compromesso: in pratica, veniamo amati anche per quello che sappiamo dare al partner (vedi "Il tuo 'valore di mercato' nelle relazioni"). Al contrario, l’UR consente alle persone immature di sfuggire la necessità di evolversi (e quindi sviluppare le doti per costruire una relazione efficace), cullandole nell’attesa della persona "giusta" che - magicamente - li amerà a prescindere (anche se sono in grado di dare poco o nulla).

L’UR ci spinge a rifiutare relazioni positive ma incomplete (relative, invece che assolute), e quindi a vivere meno intensamente: più poveri, soli e denutriti (affettivamente e sessualmente); l’UR ci esorta a rifiutare qualsiasi relazione che non rientri nei suoi modelli idealizzati (il grande amore, la donna perfetta, il principe azzurro, "finché morte non ci separi", ecc.) (vedi più avanti il paragrafo "Aspettando Godot"). Vale la pena ricordare come sia scientificamente provato che il contatto tattile e una buona attività sessuale sono importanti per la salute sia fisica che psicologica; e questo funziona anche se la relazione non è pienamente appagante.

L’UR ci porta a credere che l’amore possa mantenersi sempre uguale a se stesso, che i sentimenti possano essere stabili e immutabili. In realtà, tutto cambia nella vita, ed emozioni e sentimenti sono particolarmente inclini al cambiamento. Nessuno sente la medesima emozione di un mese prima, nessuno ama qualcuno allo stesso identico modo di un anno fa. Amare una persona per tutta la vita è possibile, ma anche quell’amore cambia, si trasforma ed evolve nel tempo. Pensare che l’amore debba rimanere sempre uguale, ci spinge ad aggrapparci al passato ed a negare quello che man mano diventiamo (quindi a mentire).

L’UR ci convince che una relazione valida debba necessariamente durare tutta la vita, essere monogamica ed esclusiva. Però:
  • Molte relazioni hanno una durata relativa. E, per buona parte di questa durata, sono spesso positive e felici. Il fatto che finiscano, non implica che non abbiano valore. Il valore di una relazione non dovrebbe essere misurato dalla sua durata, ma dalla sua qualità, dall’intensità, dalla felicità che reca ai partner, e - si spera - dall’incoraggiare i partner a diventare persone migliori.
  • La monogamia va benissimo, a condizione che sia una libera scelta e finché funziona per entrambi i partner. Ma non di rado, e specialmente col tempo, uno o entrambi i partner si ritrovano limitati e costretti da essa. A volte sorgono bisogni che il partner non vuole (o non può) soddisfare; a volte le persone scoprono in sé un’inclinazione naturale ad intessere relazioni molteplici; a volte ci si ritrova ad amare più persone. In questi ed altri casi, l’esclusività si trasforma da dono a prigione. E’ quindi importante non escludere la possibilità di aprirsi, nel corso del tempo, a modalità relazionali alternative (vedi ad esempio la visione poliamorosa - in inglese Polyamory - e un libro sull'argomento), che possono diventare più funzionali e appaganti per la relazione; una possibilità che l’ideale dell’UR nega a priori.

L’Utopia Romantica è un istinto naturale?

Una possibile obiezione alla mia critica, è che le persone tendono naturalmente verso l’Utopia Romantica: in parte è vero, perché gli esseri umani ambiscono istintivamente all’assoluto, al massimo, specialmente nelle questioni emozionali (chi desidera un amico scadente o un amore blando?). In parte, però, questa tendenza è alimentata dalla cultura "romantica" in cui viviamo, dove l’UR è fortemente e continuamente propagandata, attraverso tutti i media (mentre modalità relazionali alternative, come le amicizie amorose o le relazioni aperte, vengono solitamente disprezzate o viste con sospetto). E questo accade non perché la nostra cultura sia particolarmente sentimentale, ma perché le relazioni stabili e la monogamia sono utili alla società stessa: e la società, come tutte le istituzioni, ha più a cuore il proprio sviluppo che la felicità dei suoi membri.

L’UR è utile alla società (perché la coppia stabile contribuisce alla stabilità sociale, e perché le persone che reprimono la loro libido sono più controllabili), e per la crescita dei figli (che, ovviamente, traggono giovamento da un’unione stabile). Non è utile, invece, alle coppie stesse, poiché le infonde di idealizzazioni, illusioni e pretese reciproche; spingendole a basare la loro relazioni su basi irreali, in molti casi ne favorisce il fallimento (come esposto sopra).
Quindi, non crediate che il modello relazionale standard (rigido ed esclusivo) e l’UR siano pensati per rendervi felici: essi sono nati in primo luogo per rendervi "sudditi" (ovvero, componenti efficienti della collettività). La felicità individuale si raggiunge solo attraverso scelte personali, non tramite direttive rigide emanate dall’alto. Peraltro, come potrebbe rendervi felici puntare ad un obiettivo che non si può raggiungere? E’ una "corsa del topo", e infatti quelli che inseguono ossessivamente l’UR sono sempre frustrati o soli (o affliggono i loro partner con pretese continue).

Certo, le coppie realmente felici esistono (benché rare), ma non sono "utopiche", sono anzi realistiche: sanno accettare le imperfezioni del partner e della relazione (come nel caso del "Paradiso Relazionale" che ho citato all'inizio).

Aspettando Godot

Vivere in attesa della "persona giusta", ideale, o della relazione perfetta che non ci deluderà mai, rischia di metterci nella situazione di "aspettare Godot". Ovvero, come accade nel testo teatrale di Samuel Beckett "Aspettando Godot", attendere indefinitamente ed invano qualcosa che potrebbe anche non arrivare - e che, sovente, non arriva davvero mai. Una vita in eterna attesa, invece che vissuta.
Ma che razza di vita è questa? Sembra una vita da zombie: una vita-poco-viva, una non-morte molto prima della morte fisica (almeno dal punto di vista affettivo / sentimentale). Eppure, è proprio quello che rischia chi aderisce obbediente al dettame dell’UR, per cui solo una relazione perfetta è degna di essere vissuta, e quelle imperfette (quindi umane, relative e reali) sono da scartare senza ombra di dubbio.

In buona sostanza, l’Utopia Romantica è - per molti versi - simile alla pornografia: è eccitante e seducente, rappresenta qualcosa che a molti piacerebbe vivere, ma è altamente irreale. Come la pornografia, può essere godibile e funzionale se confinata a momenti ricreativi e di evasione, ma non andrebbe presa come riferimento per la vita vera.
L’UR, come tutte le utopie, non è qualcosa che si raggiunge, ma serve ad indicare una direzione, a rammentarci un obiettivo elevato. I sogni sono una cosa bellissima, ma confondere sogno e realtà è solitamente fuorviante e pericoloso.

"L'amore è eterno finché dura."
(Henri de Régnier)

"L'adesione identificativa a un modello romantico, ideale, porta a vivere il rapporto reale, quello col compagno abituale, come una relazione di serie B e lo rende difficile. I romantici vivono insomma in attesa di ciò che non accadrà mai e svalutano ciò che hanno."
(Raffaele Morelli)

"In confronto alle aspettative elevate del Romanticismo, l'amore reale è necessariamente sempre una terribile delusione."
(sito The School of Life, "Johann Wolfgang von Goethe")


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Maschi attraenti e non: Alfa, Beta e bravi ragazzi



(questo post è anche disponibile come documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

Tra i maschi è diffusa la convinzione che alle donne piacciano gli uomini "cattivi" (stronzi, bastardi, egoisti...). In realtà è un grosso equivoco: quello che attrae molte donne sono le caratteristiche da "maschio Alfa dominante"; l'essere stronzi o egoisti sono - eventualmente - conseguenze di quel carattere, non la causa dell'attrazione.

Perché il maschio Alfa attrae

Il motivo per cui alle donne piacciono i "cattivi ragazzi" è ormai noto in psicologia.
In realtà i motivi possono essere diversi, ma la spiegazione più diffusa è quella fornita dalla psicologia evoluzionistica. In natura, le femmine sono "geneticamente programmate" per desiderare i maschi dominanti, quelli che tra i mammiferi sociali sono i capobranco. Di solito è il maschio più grosso, forte ed aggressivo. Questi esemplari sono definiti "maschi Alfa", e questo termine è usato anche per definire gli uomini che presentano simili caratteristiche, sia nel fisico che nel comportamento.
Perché le femmine ne sono attratte? Perché il maschio Alfa è quello che meglio soddisfa il bisogno evoluzionistico delle femmine, di un maschio che presenti ottimi geni e le migliori possibilità di nutrire e proteggere i cuccioli. In pratica, accoppiarsi col maschio Alfa è la migliore "assicurazione" per la propagazione dei propri geni. Questo istinto naturale è ancora vivo e presente anche in noi umani, anche se di rado ne siamo consapevoli: per quanto possiamo essere più evoluti degli animali, molti nostri comportamenti - specialmente nelle relazioni - nascono dalla nostra parte animale (istinti ed emozioni), non da quella razionale.

In pratica, una femmina cerca istintivamente un partner "decisamente maschio" (quello che molte percepiscono come "vero uomo"); e la personalità Alfa manifesta forti segnali di mascolinità. Viceversa se un uomo appare "scarsamente mascolino" (tipico dei Beta), poco virile, le donne tenderanno a non trovarlo attraente (pur magari stimandolo per altre qualità).

Comportamenti da Alfa

Il comportamento degli animali Alfa è - appunto - dominante, aggressivo, di sfida, di superiorità, sicuro di sé. Gli uomini Alfa presentano le stesse caratteristiche: sono fortemente virili, egocentrici, sessualmente esuberanti, vitali e prepotenti, persino un po' violenti. Hanno generalmente un livello elevato di testosterone (il che spiega la virilità, l'aggressività e la libido, superiori alla norma).
Tra gli esseri umani, chi si comporta in quel modo tende ad essere "bastardo", stronzo o menefreghista, sia perché se ne frega delle opinioni altrui, sia perché se lo può permettere (sa di essere desiderato), sia perché l'elevato testosterone induce comportamenti aggressivi ed egocentrici.
In sintesi, quello che attrae le donne sono i tratti da maschio Alfa, non l'essere "bastardo": quest'ultimo è solo un "sottoprodotto" di quel tipo di personalità. L'errore che fanno molti è pensare che sia l'essere bastardo ad attrarre. Ma non è così. E' come pensare che un'auto sportiva va veloce perché ha lo spoiler; è piuttosto vero il contrario, ha lo spoiler perché va veloce.

Il ritratto dell'Alfa

Se osserviamo bene gli uomini che - generalmente - le donne ritengono attraenti, noteremo che presentano alcune delle seguenti caratteristiche:
  • Sicurezza di sé
  • Disinvoltura
  • Autoaffermazione
  • Indipendenza, autonomia
  • Indifferenza alle opinioni altrui
  • Attitudine al rischio
  • Impulsività
  • Intenso e passionale
  • Tendenza aggressiva e dominante
  • Sessualmente disinibito e promiscuo
  • Certe caratteristiche fisiche fortemente mascoline (muscolatura sviluppata, spalle larghe, torace "a V", mascella squadrata, voce profonda, ecc.)
Sono tutti tratti da maschio Alfa, dominante, e sono questi che istintivamente attraggono le femmine, che spesso non sanno nemmeno loro spiegare il motivo (in realtà il motivo è inconscio ed origina dalla parte più antica del cervello, quella presente anche negli animali, il "cervello rettiliano"). E' questo il tipo di maschio che molte donne intendono parlano di "vero uomo" (anche se, in effetti, quando una donna dice "vero uomo" può voler dire tante cose diverse).
Da notare che queste caratteristiche appartengono anche ai capi, ai leader, agli imprenditori di successo e, in generale, ai "vincenti". Tra gli esseri umani come in natura, quel tipo di individuo tende ad affermarsi e ad arrivare "in cima" (non c'è da stupirsi che risulti affascinante).

Una volta capito questo, diventa evidente che, se in aggiunta alla lista di caratteristiche sopra elencate, un uomo è anche bastardo o meno, non cambia granché... non è quello il punto. Un uomo come George Clooney può avere molti di quegli elementi, non comportarsi da bastardo, e piacere alla grande.
Il punto non è nemmeno essere dolce o gentile. Un uomo che ha tutti gli elementi da Alfa, ed è pure gentile, attrae allo stesso modo (magari anche di più).

Diversi tipi di Alfa

Sia chiaro che l'Alfa non corrisponde ad un tipo unico di uomo. Un Alfa può fare l'imprenditore, il professionista, l'atleta, il politico, il mafioso od anche l'operaio. Può essere un intellettuale o un artista, un filantropo o un delinquente. Non dipende tanto da quello che fa, ma dal modo in cui è. Quello che ogni Alfa ha in comune è di essere in qualche modo "superiore", "in cima", "vincente" nel proprio habitat (se operaio, sarà quello che i colleghi ammirano e il capofficina rispetta).
Una femmina ne è attratta perché istintivamente sente che un maschio del genere può proteggere e prendersi cura di lei e della prole, meglio dei maschi circostanti. E' la scelta migliore in termini evoluzionistici (anche se può essere deludente per altri aspetti).

Il "lato oscuro" degli Alfa e la contraddizione femminile

Se alle donne il maschio Alfa piace così tanto, ci si potrebbe chiedere, come mai poi le donne si lamentano spesso di questi uomini? (perché sono egoisti, inaffidabili, poco disponibili, promiscui, ecc.) Il fatto è che l'attrazione non ha nulla a che fare con l'intesa o la compatibilità tra le personalità; la sua funzione è puramente evolutiva.
Le donne possono essere attratte dai maschi Alfa, ma poi si scontrano con aspetti del carattere o comportamenti tipici degli Alfa (la prepotenza, i tradimenti...), che non gradiscono affatto. E' una contraddizione vistosa (evidente per chi osserva da fuori, più difficile da riconoscere per chi la vive), che però non è facile da risolvere; perché molto spesso la mente vuole delle cose, ma l'istinto ne brama altre. Un esempio classico è la donna che dice di volere un uomo dolce, ma poi è affascinata dal "bel tenebroso" di turno: in apparenza è una contraddizione (che sconcerta non pochi maschi), ma in realtà sono "semplicemente" esigenze diverse in lei, entrambe vere, che però hanno diversa priorità (di solito gli istinti prevalgono sulla mente).

Idealmente le donne sognano un maschio Alfa che però sia "addomesticato", cioè legato solo a lei, fedele e sempre disposto ad assecondarla (in pratica il "Principe Azzurro"). E' di nuovo un'evidente contraddizione, che nella realtà non può esistere: sarebbe come volere un leone fiero e selvaggio, che sia però come un gattino affettuoso con voi.

Differenze tra Alfa e Beta

Il fatto che un uomo venga percepito come attraente oppure non attraente a livello di personalità e atteggiamento, non viene determinato dall'essere bastardo o gentile, ma dal manifestare caratteristiche da maschio Alfa oppure Beta.

Il "Beta" è tipicamente una persona remissiva, passiva, insicura, timida, timorosa, sottomessa, sessualmente inibita, ecc.: sono tutti tratti non attraenti per le donne. In altre parole, il tipo Beta è assai poco mascolino, mentre il tipo Alfa è molto mascolino e virile; e le donne sono generalmente attratte dalla mascolinità.
Un altro tratto comune a molti Alfa è la presenza di un "lato selvaggio" ben sviluppato (che risulta spesso attraente per le donne). Viceversa, i Beta reprimono la loro parte selvaggia, soffocando la propria energia istintiva e animalesca (con risultati negativi, perché forza ed energia sono attraenti).

Inoltre, spesso il Beta esprime bisogno e disperazione verso le donne, le osserva con sguardo impaurito e impacciato, affamato e dipendente: questo non è per nulla attraente, perché comunica scarso valore (se so di valere, sono sicuro di me; se penso di non valere, ho sempre paura).

Infine, il Beta spesso si vergogna di se stesso (specialmente della sua sessualità e dei suoi desideri), non si piace, è a disagio con se stesso. Viceversa, l'Alfa non si vergogna di come è, anzi è spesso fiero del suo modo di essere. L'auto-accettazione e l'auto-approvazione risultano attraenti (comunicano valore), mentre la tensione e i conflitti interni tipici dei Beta spengono l'interesse altrui (se non piaci nemmeno a te stesso, come puoi aspettarti di piacere agli altri?).

Tipicamente i Beta fanno i "bravi ragazzi", dolci e gentili, e pensano che sia quello a renderli non attraenti. Ma in realtà sono i tratti da Beta (e l'assenza di quelli Alfa) che contano.

Alfa e Beta in azione

Per fare un esempio delle differenze:
  • Quando un maschio Alfa incontra una femmina che gli piace, lo esprime apertamente (mostrando intensità e ardore*), ma al tempo stesso comunica che può fare a meno di lei (mostrando sicurezza e autonomia*).
    (* qualità attraenti)
  • Nella stessa situazione, un Beta fa l'esatto contrario: non esprime il desiderio o lo fa timidamente o in modo confuso (mostrando tiepidezza, passività, insicurezza**), ma comunica bisogno e dipendenza (mostrando debolezza e fragilità**).
    (** qualità respingenti)
In pratica, l'Alfa dice "Ti voglio, ma non ho bisogno di te"; mentre il Beta esprime "Sono esitante nel volerti, ma ho un disperato bisogno di te". Vi piaccia o meno, alle donne il primo comportamento intriga, il secondo le respinge (peraltro, nessuno è attratto dalle persone appiccicose). Ancora una volta, l'attrazione non si gioca sull'essere bastardo o gentile, ma sulle qualità - attraenti o respingenti - che vengono espresse dal maschio.

Un'altra differenza fondamentale è questa: sia Alfa che Beta hanno desideri e paure (come ogni essere umano), ma:
  • nel tipo Alfa predominano la passione e il desiderio (sessuale, di affermarsi, di vincere), quindi tende a buttarsi ed agire;
  • nel tipo Beta predomina la paura (di esporsi, di essere giudicato, di soffrire), perciò tende ad esitare e sfuggire.
Per questo l'Alfa appare intenso, coraggioso e virile (anche magari agendo stupidamente), mentre il Beta può apparire debole, insicuro e codardo (anche se magari agisce in modo più ragionevole). E, di nuovo, le donne sono attratte ed eccitate dai comportamenti passionali, audaci ed impetuosi - non da quelli cauti e timorosi. Nel comportamento, l'Alfa esprime forza (che poi sia vera o apparente conta poco), il Beta esprime debolezza (fisica o psicologica). La paura negli occhi dei Beta (che le donne colgono facilmente) è assolutamente antierotica.

Alfa e Beta: un esempio televisivo

Di maschi Alfa nello spettacolo ce ne sono molti: da Rhett Butler di "Via col vento" a Tony Stark di "Iron Man", passando da James Bond, John McClane ("Die Hard") e Indiana Jones. Ma una delle "coppie" Alfa-Beta più rappresentativa è quella dei fratelli Charlie e Alan Harper nelle prime otto stagioni della sit-com "Due uomini e mezzo". Charlie (interpretato da Charlie Sheen) è il classico Alfa sicuro di sé, sfrontato e seduttore; Alan (l'attore Jon Cryer) è il tipico Beta insicuro, bisognoso e dipendente. Osservare questi personaggi può aiutare a identificare le caratteristiche delle due modalità.

Il Beta, l'eterno amico

Generalmente, e specialmente in gioventù, gli uomini Beta si sentono dire spesso la fatidica frase: "Ti apprezzo perché sei un buon amico" (oppure "Per me sei solo un amico"). Magari detto dalla donna di cui sono innamorati. Non di rado, la stessa donna confida a quell'amico le sue "pene d'amore" con un maschio Alfa, con cui fa sesso ma che non ricambia l'interesse di lei.
Sono quelle classiche situazioni in cui c'è Alberto che ama Bruna, ma Bruna vuole invece Carlo, che però non è interessato a lei (magari perché ne ha a disposizione altre dodici). In situazioni come queste, è facile ingannarsi e credere che a vincere sia il maschio più spietato, oppure che "In amore vince chi fugge": ma queste non sono le vere ragioni, sono solo ciò che appare in superficie.

L'attrazione, l'innamoramento e l'amore sono dinamiche complesse, che hanno basi in gran parte inconsce; solo scoprendo i "meccanismi nascosti" dell'attrazione e di come scegliamo i partner, possiamo capire davvero le ragioni del nostro (e altrui) comportamento.

Valore elevato o basso valore

Un altro modello che possiamo usare per capire cosa rende attraente un uomo, è quello del valore: le donne sono istintivamente attratte da uomini che mostrano di avere un "valore elevato", e ignorano (o disprezzano) quelli che mostrano un "valore scarso" (sia ben chiaro che in questo caso "valore" non ha a che fare col valore umano, né morale, né economico; è più che altro un indice della posizione di un maschio in una ipotetica gerarchia. Stiamo parlando di impulsi che si sono sviluppati durante milioni di anni di vita selvatica).

Quindi cosa dimostra valore e cosa no? Se guardiamo le caratteristiche Alfa elencate prima, vediamo che ognuna mostra valore:
  • Sicurezza di sé ---> Sono sicuro di me quando so di valere, quando sono certo di avere buone qualità.
  • Disinvoltura ---> Quando so di valere sono tranquillo e rilassato, non ho motivo di temere.
  • Auto-affermazione ---> Affermo le mie opinioni perché sono certo che esse valgano; affermo i miei diritti perché so di valere e di meritare.
  • Indipendenza, autonomia ---> Quando valgo posso bastare a me stesso, cavarmela da solo, e non ho bisogno di attaccarmi a qualcuno.
  • Indifferenza alle opinioni altrui ---> Quando so di avere un valore elevato, concedo poco peso a chi mi contraddice o mi contrasta.
  • Attitudine al rischio ---> Quando sono certo delle mie capacità, posso permettermi di rischiare.
  • Sessualmente disinibito e promiscuo ---> E' il comportamento di chi agisce per ottenere ciò che vuole (auto-affermativo), non si preoccupa di essere rifiutato o lasciato (perché sa di avere sempre nuove opportunità), e non si fa frenare dai rischi (sicuro e coraggioso).
In pratica, i comportamenti sicuri e disinvolti sono tipici di persone con valore elevato, mentre al contrario i comportamenti deboli, timorosi od insicuri sono associati a basso valore. I tratti che mostrano valore elevato sono tipici delle persone "vincenti", dei leader, di chi si fa strada nella vita (il tipo Alfa); mentre quelli che denotano scarso valore sono tipici delle persone psicologicamente più fragili e limitate (il tipo Beta):

Respinti perché perdenti, non perché buoni

Molti uomini "di basso valore" si comportano in modo buono e gentile (perché è il loro carattere, o per ottenere approvazione), e credono di non essere voluti proprio a causa del loro essere buoni e gentili. Pensano che le donne siano respinte da quelle qualità, ma si sbagliano di grosso: essi sono ignorati perché mostrano scarso valore, perché appaiono come "sfigati" (cioè perdenti, persone con poche o nessuna qualità, che "valgono poco", che vivono male e sono le prime a non credere in se stesse).
Le donne non sono respinte da bontà e gentilezza (anzi, di solito le apprezzano), ma riconoscono facilmente - ed evitano - i perdenti e gli sfigati. Credere di essere respinti perché buoni e gentili, è un comodo alibi per non riconoscere la vera ragione, cioè il proprio scarso valore.

Ho sviluppato estesamente l'argomento del "valore elevato" nel post "Per sedurre, mostra di avere valore".

Beta: scarsa mascolinità e figura paterna

Una caratteristica frequente nei maschi Beta è la scarsa mascolinità (sia fisica che caratteriale); questa carenza è spesso collegata al rapporto col padre. Due casi in cui questo accade sono i seguenti:
  1. A volte il padre è una figura poco presente (perché impegnato nel lavoro, per indifferenza verso il figlio, per via di un divorzio...), quindi al figlio viene a mancare un modello maschile a cui ispirarsi.
  2. Certe volte il figlio è in conflitto col padre (magari perché lo vede freddo, violento od oppressivo), quindi il figlio rifiuta la propria parte maschile, perché la collega alla figura paterna negativa.

1. Il padre assente

I genitori servono anche da modelli di riferimento per sviluppare i nostri potenziali. Se un padre è assente, il figlio fatica a imparare cosa vuol dire "essere un uomo", sia come personalità che come capacità concrete (questo può valere anche per le figlie femmine, per cui diventa difficile sviluppare la propria parte maschile).
Un possibile rimedio in età adulta è cercare altrove dei modelli maschili positivi, da usare come riferimento e ispirazione. Possono essere sia persone vicine che distanti, reali o immaginarie: l'importante è trovare in loro dei tratti maschili che ammiriamo e vorremmo sviluppare in noi. Possiamo ammirare l'amore per ogni creatura di San Francesco, l'impegno civile di Gandhi, le qualità da leader del capitano Kirk in Star Trek... ma anche l'intelligenza di uno scrittore, la passione di un insegnante, o la professionalità di un collega - e trovare in loro esempi da imitare (non nel senso di essere uguali a loro, ma di sviluppare qualità simili).

2. Conflitto col padre

Io stesso ho avuto un rapporto problematico con mio padre, ed ero molto più legato a mia madre. Perciò per molti anni ho sviluppato la mia parte femminile molto più di quella maschile: col risultato di avere grande sensibilità ma virilità assente, e questa era una delle ragioni per cui non suscitavo attrazione nelle ragazze (ero il classico "buon amico").
Quando in seguito ho recuperato e integrato la mia parte maschile, sono diventato un uomo più equilibrato ed anche più attraente; ho continuato ad avere una valida parte femminile, ma insieme ad essa ho sviluppato una parte maschile ben presente (vedi il percorso verso il "maschio integro" nel post sul "bravo ragazzo").

N.B.: Ognuno di noi ha dentro di sé una parte maschile ed una femminile, a prescindere dal proprio sesso biologico; una persona completa ed integrata ha sviluppato entrambe. Maschile e femminile sono archetipi ed energie, non riguardano l'avere un pene o una vagina. Credere che un "vero uomo" abbia solo una forte parte maschile è ingannevole: in realtà sarebbe un uomo virile ma incompleto e poco equilibrato (idem per una "vera donna" solo femminile).

La sindrome del "bravo ragazzo"

Uno dei meccanismi che maggiormente portano un uomo a risultare poco attraente e ad avere scarso (o nullo) successo col sesso opposto (e non solo), è proprio il comportamento da "bravo ragazzo". Questo fenomeno è talmente diffuso da essere stato descritto dallo psicologo americano Robert Glover nel libro "No More Mr. Nice Guy" ("Smetti di fare il Bravo Ragazzo"; info nella Bibliografia).

Dall'introduzione:
I bravi ragazzi cercano di ricevere approvazione e fare ciò che è "giusto". Sono più felici quando stanno facendo felici gli altri. I bravi ragazzi evitano i conflitti come la peste e fanno di tutto per evitare di irritare chiunque. I bravi ragazzi sono particolarmente attenti a compiacere le donne e ad apparire diversi dagli altri uomini. In poche parole, i bravi ragazzi credono che se saranno buoni, generosi e attenti agli altri, in cambio saranno felici, amati ed appagati.

Caratteristiche dei "bravi ragazzi"

Possiamo notare che, per molti versi, la figura del "bravo ragazzo" assomiglia al "maschio Beta" citato prima. Non solo il "bravo ragazzo" manca di tutte le caratteristiche di un Alfa, ma ne è addirittura l'opposto: nella lista sottostante, ogni tratto risulta l'antitesi del comportamento Alfa.
  • Cercano sempre l'approvazione altrui.
  • Cercano in ogni modo di evitare i conflitti.
  • Credono di dover nascondere i loro difetti ed errori.
  • Mettono i bisogni e desideri altrui prima dei loro.
  • Reprimono i loro veri sentimenti ed emozioni.
  • Sacrificano il loro potere personale e spesso adottano il ruolo di "vittima".
  • Tendono ad essere separati dagli altri uomini e dalla propria energia maschile.
  • Spesso cercano di essere diversi dai loro padri.
  • Creano relazioni insoddisfacenti.
  • Non riescono ad ottenere il sesso che vorrebbero.
  • Spesso non riescono ad esprimere appieno il loro potenziale.

N.B.: Ho approfondito la problematica del "bravo ragazzo", e dei motivi del suo insuccesso, nel post "Perché il 'bravo ragazzo' non attrae e fallisce".

L'evoluzione da Beta ad Alfa

A questo punto molti si chiederanno "Come smettere di essere un Beta? Come diventare Alfa?". Purtroppo non è un cambiamento che si ottiene per puro sforzo di volontà. Alcuni fingono comportamenti Alfa (cosiddetto "fake alpha" nella comunità PUA), ma questo porta risultati dubbi, e comunque solo di breve durata (si sa, le bugie hanno le gambe corte). Può essere comunque utile prendere certi comportamenti Alfa come modello, per coltivare simili qualità in se stessi (per esempio: dare poca importanza ai giudizi altrui, esprimere apertamente la propria sessualità, osare di più, integrare la propria "parte selvaggia").
Poiché questi comportamenti sono collegati alla nostra natura profonda, i risultati migliori si ottengono con la propria evoluzione personale, e questo richiede impegno e tempo. Un ottimo libro che illustra quel tipo di percorso (oltre a fornire un'ampia serie di consigli sull'approcciare le donne e diventare un uomo attraente), è "Models: attract women through honesty" di Mark Manson ("Modelli: attrarre le donne essendo autentici"; info nella Bibliografia).
Un altro elemento fondamentale per diventare persone più interessanti e sicure di sé, è imparare ad accettare se stessi.

In pratica, il comportamento non attraente ha le sue radici nella paura, nella debolezza, nella passività, nella finzione. Per uscirne, bisogna coltivare in sé qualità opposte, quali il coraggio, la forza, l'agire determinato, l'autenticità. Sono, non a caso, qualità che hanno sempre contraddistinto la mascolinità luminosa.
In altre parole, si tratta di evolvere da "mezzo uomo" a "uomo completo", integro. E' un potenziale che è in tutti noi, quindi tutti possiamo arrivarci - se siamo disposti a pagarne il prezzo.

Non solo Alfa

Per finire, voglio chiarire alcune cose:
  • In questo post parlo di Alfa e Beta come categorie opposte, per semplificare, ma le persone reali non sono in "bianco e nero", in un modo oppure nell'altro: ognuno di noi può avere alcuni tratti (più o meno marcati) dell'una e/o dell'altra modalità.
  • Quando parlo di Alfa, non parlo di una personalità univoca, ma di un insieme di tratti e comportamenti: non esiste un "maschio Alfa" assoluto, invece ogni persona può avere molti, alcuni o nessuno di questi tratti Alfa. Allo stesso modo, un uomo può non avere tratti Alfa prima, ma svilupparli in seguito.
  • Parlando dell'attrattività degli Alfa, non intendo affatto dire che solo loro possono attrarre o avere relazioni appaganti (anzi, spesso hanno vite amorose tormentate).
Se è vero che le qualità Alfa sono generalmente apprezzate e suscitano attrazione (ma non vale per tutte le donne), è anche vero che ci sono molte altre qualità che provocano interesse nel sesso opposto: fattori come il carisma, i talenti, un sorriso radioso o la nobiltà d'animo (per non parlare dell'intelligenza o della cultura), possono attrarre la persona che sa apprezzarli.

Mai pensare che le donne siano tutte uguali o che cerchino tutte le stesse cose: il punto di partenza per conquistare una donna, sta proprio nel capire la sua unicità e cosa cerca in particolare (e poi, ovviamente, riuscire ad offrirglielo).
La chiave nell'avere successo, nelle relazioni come in altri campi, sta nell'essere una persona di qualità e valore; quindi se non siete Alfa o non vi interessa esserlo (e non c'è nulla di male), dedicatevi a sviluppare le vostre qualità e a diventare una persona fantastica: sarà ancora meglio che essere un Alfa. :-)

"Non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell'attrazione."
(Algernon Charles Swinburne)


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