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Riflessioni sulla morte

Ho scritto queste riflessioni in seguito all'annuncio della morte improvvisa di un giovane conoscente. Ho pensato che poteva essere interessante condividerle con voi.

Non lo sappiamo mai

Non sappiamo mai quando arriva il nostro momento... potrebbe essere tra 50 anni; oppure il mese prossimo, domani, persino oggi.
Ma tutti cercano sempre di dimenticarlo. La nostra società ha orrore della morte: è uno dei grandi tabù. Nessuno vuole pensarci, nessuno ama parlarne, forse perché tutti ne sono terrorizzati.

Eppure, è saggio confrontarsi con la morte... perché è reale; è inevitabile; è l'unica certezza che abbiamo.
Volerla dimenticare, illuderci immortali, è una fuga infantile: è come il bambino che chiude gli occhi davanti a ciò che lo spaventa, pensando che così lo farà sparire.
La morte è il complemento della vita; danzano insieme, come la notte e il giorno; l'una completa l'altra. Senza l'altra, l'una non avrebbe senso.

Ma qual è il senso della vita?
Io non lo so bene... però so che non è trascinarsi sopravvivendo, fare la "corsa del topo", dannarsi facendo cose che non amiamo, inseguire "la sicurezza degli oggetti", baloccarsi con attività frivole e senza importanza...
C'è di più. Molto di più. Ci deve essere. Vivere è ben altro che questo, ne sono convinto; altrimenti, davvero vivere e morire non avrebbe senso.

La morte ci insegna

Io non ho paura della morte. Anzi, ne sono affascinato.
Un po' perché tendo a credere nella reincarnazione, quindi non la vedo come una fine, ma come un passaggio verso un nuovo inizio, una "avventura" misteriosa, un "viaggio".
Non ho fretta di intraprenderlo ma, al tempo stesso, sono curioso di sapere dove mi porterà... :-)

Ma soprattutto, apprezzo la morte perché mi "aiuta" a vivere.
Sì, perché sapere che abbiamo un termine (e ce l'abbiamo tutti: non è splendidamente egalitario?), se lo teniamo presente, ci aiuta a non sciupare i nostri giorni.
Se vivessimo in eterno, sarebbe facile trascinarci pigramente, evitando rischi e impegni, tanto "C'è sempre tempo...". La parte statica, elusiva e timorosa dell'essere umano prenderebbe il sopravvento.

Invece, l'antica esortazione "Ricordati che devi morire" - per quanto scomoda - ci riporta alla realtà, alla vita: al fatto che ci è dato un certo tempo definito, e che faremmo meglio a spenderlo in modo saggio, fruttuoso, significativo.
Non a caso, chi si dispera sul letto di morte è chi non ha vissuto, chi ha sciupato il suo tempo; invece, chi ha ben speso i suoi giorni se ne va sereno, in pace con se stesso. Senza rimpianti.

La domanda più importante

E' così facile perdersi dietro le chimere dei media e del consumismo, illudendoci che la felicità risieda negli oggetti, nell'evasione, negli svaghi e nel ciclo infinito lavorare-accumulare-spendere (che mi ricorda la corsa del criceto nella ruota, sempre più frenetica ma che non va da nessuna parte).
Questa illusione ci porta - inevitabilmente - a una vita vuota, per quanto piena di "cose"; e quindi alla paura della morte.
E invece, potreste chiedermi, in cosa consiste la felicità vera?
Io non posso saperlo per voi, ognuno ha il suo modo di essere felice, e sta a ciascuno definire la sua personale "ricetta".
Quello che so è che le cose più importanti della vita, quelle che contano davvero, non si possono comprare: l'amore, l'amicizia, l'autostima, la serenità, l'intimità, la forza, la compassione, la saggezza...

Per me, non è la quantità di anni che conta, ma come li spendiamo; preferirei vivere 30 anni "succhiando tutto il midollo della vita", piuttosto che 90 spesi occupandomi di cose senza importanza, tra noia, routine e giorni sempre uguali.
Il "dono" che la morte ci porta, è quello di indurci a chiedere a noi stessi, ogni giorno: "Cosa voglio farne del mio tempo?"

La risposta che diamo a questa domanda (o l'assenza di risposta), determina la vita che faremo.


"Non temere tanto la morte; temi piuttosto lo squallore della vita."
(Bertolt Brecht)

"Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita."
(Rita Levi Montalcini)

"Se desiderate veramente vivere, dovete essere pronti a morire."
(Osho)


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5 commenti:

  1. Scusi, volevo chiederle il permesso di aggiungere una delle sue riflessioni in un libro che sto scrivendo su wattpad. Le ritengo al quanto affascinanti veritiere ed è per questo che ci tengo ad inserirle nel mio libro. Ovviamente le darò totale credito sulla riflessione.

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    1. Grazie dell'apprezzamento, sono onorato della sua richiesta.

      Le concedo volentieri il permesso di includere un estratto del mio testo nel suo libro, a condizione - come da lei già specificato - che ne venga menzionata l'origine.
      Auguri per la sua opera :-)

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    2. bellissimo

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  2. Caro Valter, e se uno dopo aver a lungo vissuto e dopo aver sperimentato di tutto, scopre che alla fine tutto è uguale e questo enigmatico senso della vita non sta da nessuna parte? Cosa gli resta da fare? Io credo solo concentrarsi sul momento presente, prendere le cose come vengono e cercare di soffrire il meno possibile. Altre soluzioni non ne vedo. Sarà un modo di dichiararsi sconfitti forse, ma alla fine verremo tutti sconfitti. Quello che avremmo ottenuto in una vita intera di battaglie, fosse anche un impero come Cesare o cento miliardi di dollari come Bill Gates, lo perderemo. Siamo animali, alla fine, come loro limitati e mortali. Perchè dovremmo cercare un significato nelle cose quando gli animali non lo fanno e sono quasi sempre più felici di noi? Non lo scrivo per qualche forma di convinzione nichilistica ma perchè questo mi ha insegnato l'esperienza. La felicità è qui e ora e da nessun altra parte. Ecco cosa credo :))

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    1. Uno che il senso della vita e dell'esistenza l'ha esplorato a fondo (ci ha pure scritto diversi libri, tra cui il famoso "Alla ricerca di un significato della vita"), è Viktor Frankl. Egli ha concluso che la vita non ha un senso a priori, ma ognuno ha il compito di dare un senso alla propria; ed io concordo con lui.
      Quindi non dobbiamo aspettarci che sia la vita a rivelare il suo senso, ma cercare quello adatto a noi.
      Tenendo anche presente che, in assenza di un senso, diventa difficile andare avanti - specialmente di fronte alle grandi difficoltà (Frankl è sopravvissuto ai campi di sterminio).

      Se il sistema che hai individuato ti funziona, e ti aiuta a vivere meglio, allora è giusto per te :-)

      Sul fatto che la felicità esista solo nel qui e ora, sono completamente d'accordo.

      Questo non esclude che si possa trovare felicità e profonda soddisfazione anche nello sviluppare progetti a lunga scadenza, magari volti anche a creare un lascito che ci sopravviva.
      Un albero piantato, una casa costruita, una persona aiutata, un'idea comunicata, continuano ad esistere ed arricchire il mondo anche dopo la nostra morte.

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