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Essere una brava persona non rende attraente

Valore come persona è diverso da valore di attrazione

Le qualità umane non rendono attraente


  • Certe persone notano, con stupore misto ad amarezza, che le proprie qualità umane non bastano per essere desiderati o amati. Che essere una brava persona non viene granché apprezzato (quantomeno a livello di scelte sentimentali).
  • Ed, al contrario, vedono individui pessimi - egoisti o maleducati o persino violenti - che vengono desiderati dal sesso opposto, e che hanno sempre uno o più partner disponibili*.
* Di fronte a questi casi, negativi ma di successo, alcuni traggono la conclusione errata che sia il comportamento da "cattiva persona" ad attrarre, ma questo è confondere causa ed effetto: di solito queste persone attraggono perché hanno una personalità di tipo "Alfa", e/o presentano segni di "elevato valore" (non in senso morale, vedi oltre); oppure - banalmente - per il loro aspetto fisico.

Valore come persona e "valore di mercato"

Questo accade perché il "valore come persona" ed il "valore di mercato" relazionale sono - per molti aspetti - elementi del tutto diversi. Il primo determina la stima e la considerazione altrui, ma è il secondo a suscitare attrazione, desiderio erotico ed interesse sentimentale (a grandi linee).

Quindi possiamo essere attratti da persone discutibili ma che comunque troviamo intriganti (la bellona stupida ma sexy, il maschio bastardo ma virile...), mentre altre persone magari le stimiamo a livello umano ma non ci eccitano né ci attraggono: Certo anche le qualità umane vengono considerate, ma nella scelta del partner passano per lo più in secondo piano: un individuo bello e intelligente attrae più di uno bello e stupido; ma un individuo bello e poco intelligente viene spesso preferito ad uno brutto e intelligente.

“E' il nostro valore di mercato
che suscita
attrazione e desiderio”

Dipende dall'individuo

Naturalmente non vale per tutti nello stesso modo. Dipende sempre dalla persona e dalle sue preferenze: (le ultime due categorie sembrano però in minoranza)

Non utili, ma nemmeno dannose

Attenzione: quando dico che "Essere una brava persona non rende attraente", non intendo affermare che le qualità da brava persona rendano meno attraenti. Semplicemente, osservo che in generale quelle qualità umane e morali hanno poco peso sul piano dell'attrazione (però nemmeno la spengono - se non con persone particolari, come quelle attratte dai tipi molto dominanti ed egocentrici).

Due esempi televisivi

Una valida rappresentazione di come le qualità umane (da sole) non creino attrazione, si può vedere nelle coppie di due note sit-com (si tratta ovviamente di opere di fantasia, ma che rispecchiano comportamenti reali): In entrambi i casi l'uomo si innamora subito della donna ma lei non lo ricambia, preferendogli uomini più attraenti, virili o Alfa, che però poi la tradiscono o la scaricano. Sia Leonard che Niles hanno ottime qualità umane, che queste donne apprezzano, ma che non suscitano attrazione o interesse sentimentale in loro. Questi uomini buoni, gentili e premurosi vengono visti solo come "ottimi amici".
Solo col tempo e dopo numerose delusioni, queste donne finiscono col rivalutare questi uomini e considerarli come partner (in pratica si "accontentano" di un partner non ideale ma bella persona). Anche quando sono in coppia, però, rimane sempre evidente come queste donne amino il partner in un modo "tiepido", non passionale; non c'è mai in loro l'emozione del tipo "Sono pazza di te" o "Non vedo l'ora di saltarti addosso" (tranne rari casi, quando lui compie un'azione straordinaria per lei; quindi non è rivolta a quello che lui è, ma alla sua "performance"). In realtà non si sono mai innamorate di questi uomini, perché non hanno mai provato per loro un'attrazione istintiva.

Questo è tipico di quando apprezziamo le qualità umane di qualcuno, o quello che può offrirci, ma proviamo poca o nessuna attrazione: possiamo anche amare quella persona, e starci bene insieme, ma molto difficilmente proveremo innamoramento o passione travolgente (da notare che amore e innamoramento sono cose diverse).

Esempi al femminile di personaggi umanamente ricchi ma meno attraenti, che tendono ad essere trascurati o a "fare da tappezzeria", sono stati interpretati da attrici come Alyson Hannigan ("American Pie") e Anna Faris ("La mia super ex-ragazza").

La società ci inganna

Il problema è che la società ci educa all'importanza del "valore come persona" (anche per condizionarci a "fare i bravi", a comportarci bene - il che è utile alla società). Quindi ci aspettiamo che ciò valga anche in amore; ma invece non funziona così (è una delle tante falsità che ci dicono sulle relazioni).
Quando poi vediamo persone orribili che conquistano alla grande (mentre noi - che magari facciamo di tutto per essere gentili, educati e rispettosi - veniamo ignorati), ci crolla il terreno sotto i piedi e restiamo smarriti: perché abbiamo creduto a quelle bugie.

Questo meccanismo vale sia per gli uomini che per le donne: tutti tendiamo ad essere attratti per motivazioni "animalesche" (evolutive), molto più che per aspetti morali o interiori. Questo è ampiamente riconosciuto riguardo gli uomini, ma vale anche per le donne; l'idea per cui le donne cercano soprattutto l'amore spesso non corrisponde ai fatti.

... E le donne pure

Oltre alle "favole" che ci racconta la società, infatti, di questi inganni anche le donne sono in parte responsabili, perché spesso mentono su quello che davvero le attrae (a volte per scelta, altre inconsapevolmente). Così i maschi che ascoltano i loro consigli di seduzione restano ancora più smarriti.
  • Gli uomini, di solito, ammettono di essere attratti in primo luogo dalla bellezza. Perciò le donne sanno cosa aspettarsi da loro.
  • Le donne invece parlano spesso delle qualità "interiori" o morali che desiderano (e di rado ammettono quanto la bellezza o altre doti "esteriori" siano per loro importanti); ma poi vediamo dalle loro scelte che raramente sono le doti interiori a risultare "vincenti" (e le eccezioni confermano la regola).

Quando una donna dice "Cerco un uomo dolce e gentile", in realtà "dimentica" un pezzo: quello che cerca veramente è "Un uomo attraente, che sia anche dolce e gentile". Allo stesso modo, una donna che dice "Voglio solo un uomo che mi ami", in genere vuole un uomo che le faccia sentire le "farfalle nella pancia" (ovvero attrazione viscerale), ed anche che la ami.
Gli uomini che prendono alla lettera questo tipo di affermazioni, poi ovviamente sono stupiti e confusi quando queste stesse donne respingono l'uomo dolce e gentile (ma non abbastanza attraente), oppure quello che la ama (ma non le suscita le "farfalle").

“Le donne spesso mentono
su quello che
davvero le attrae”

La verità sull'attrazione

Ma allora, come funziona realmente l'attrazione? Cosa porta una persona ad essere desiderata sessualmente e/o voluta come partner, oppure scartata? Provo a spiegarlo in modo semplificato:
  • Il "valore di mercato" relazionale (o sessuale) è basato principalmente sui fattori di attrazione: bellezza fisica; sex appeal; forte mascolinità o femminilità (a seconda del genere); atteggiamento da leader o "capobranco", e ricchezza o potere (negli uomini); ecc.
  • Invece il "valore come persona" è basato sulla personalità, sulle qualità morali e sulla capacità di fare (per esempio talenti pratici, risolvere problemi, prendersi cura degli altri).
Pochi hanno chiara questa distinzione tra i due tipi di valori, e quindi non comprendono perché una persona di grande valore umano (ma poco attraente) possa essere scartata dai più, mentre invece qualcuno gretto, meschino o stupido (ma attraente) possa essere molto desiderato.

Il fascino della bellezza e del vincente

Sia chiaro: non è che ci piacciono i maleducati, gli egoisti o gli stupidi. E' che siamo attratti in primo luogo dalla bellezza, e spesso anche da chi è "vincente" o sembra esserlo (specialmente le donne, che ne traggono un vantaggio evolutivo). Chi ha una personalità di tipo "Alfa" (sicuro di sé, egocentrico, aggressivo, ecc.) tende più facilmente ad avere successo nella vita, di chi ha i tratti da brava persona; quindi attrae anche se ha un carattere discutibile.
In fondo anche l'esistenza funziona in modo "darwiniano", ovvero premia il più adatto, non il più buono o virtuoso.

L'eros nasce dall'istinto

Il fatto è che l'attrazione nasce principalmente da impulsi istintivi e primordiali, non dal cuore o dalla mente: nella maggior parte dei casi, è la nostra parte animale che ci fa innamorare, ci accende l'eros, ci fa desiderare quel partner (naturalmente questo vale in generale; poi ogni individuo potrà fare scelte diverse, anche non basate sugli istinti).
L'idea che siano i sentimenti, o i desideri razionali, a guidare le nostre scelte amorose, è in buona parte un'illusione (e i comportamenti di cui stiamo parlando lo confermano ampiamente).

Valori ben diversi

Qualche esempio delle differenze fra i due tipi di valore:
  • L'intelligenza, la sensibilità ed il buon cuore sono elementi che aumentano il valore come persona, ma hanno un peso solo secondario nel valore di mercato. Infatti una persona poco attraente che abbia queste qualità viene stimato, ma raramente desiderato.
    Spesso questo vale anche per coloro che negano questo fatto: di fronte ad una persona con queste qualità, troveranno qualche ragione per scartarla comunque (con alibi tipo "Non è scattata la scintilla", "Gli manca quel quid", "Si vede che non è la persona giusta"... che in realtà sono tutti sinonimi di "Non provo attrazione").
  • Un difetto fisico non cambia il valore come persona, ma può abbassare drasticamente il valore di mercato. Pensiamo alla mancanza di un braccio o di una gamba: non abbiamo problemi ad essere amici di qualcuno con tale menomazione, ma difficilmente lo consideriamo come partner.
  • Se un uomo è poco virile, od una donna poco femminile, questo non influenza il loro valore come persona; ma può diminuire notevolmente la loro attrattività per il sesso opposto (perché tendiamo ad essere affascinati dall'energia opposta alla nostra).

“Un difetto fisico non cambia
il valore come persona,
ma abbassa il valore di mercato”

Brave persone e "bravi ragazzi"

D'altro canto, se essere una brava persona influisce poco sull'attrazione, fare il "bravo ragazzo" (o ragazza) è decisamente poco attraente. Purtroppo molti confondono le due cose:
  • La brava persona ha realmente le qualità morali e umane che dimostra. E' nel suo carattere, e deriva dalla sua educazione. Gli piace comportarsi in quel modo, e lo ritiene la cosa giusta da fare.
    Inoltre, è equilibrato: rispetta gli altri, ma anche se stesso; è buono e gentile, ma non sottomesso o troppo disponibile.
  • Il "bravo ragazzo", invece, si comporta in modo buono, gentile ed educato principalmente per ottenere approvazione ed ingraziarsi gli altri (spesso senza rendersi conto), e/o per conquistare qualcuno. Di solito si stima poco, quindi crede di dover "comprare" l'amore altrui in quel modo.
    Inoltre, lo fa in modo esagerato: non si fa rispettare ma si umilia; si sottomette facilmente; fa di tutto per assecondare gli altri, apparendo "senza spina dorsale"; diventa uno "zerbino". Gli altri tendono ad approfittarsene.
I risultati sono ben diversi: la brava persona viene stimata; mentre il "bravo ragazzo" suscita - alternativamente - tenerezza, pena, insofferenza o disprezzo. Anche se la sua disponibilità può fare comodo, l'ipocrisia del suo comportamento viene percepita; infatti, quando non ottiene quello che cerca (per esempio una ragazza non lo ricambia), passa bruscamente dalla dolcezza alla rabbia.

L'uomo zerbino non piace a nessuna

Inoltre, se alcuni uomini possono apprezzare una donna sottomessa, praticamente nessuna donna è attratta da un uomo sottomesso e zerbino (al contrario, in genere le donne sono attratte da uomini forti ed dominanti). Per cui i "bravi ragazzi" ottengono proprio il contrario di ciò che cercano (essere voluti e amati), ma non si rendono conto di essere loro stessi a provocarlo: spesso credono di essere respinti per via dell'essere dolci e gentili, ma in realtà è il "fare il bravo ragazzo" che azzera il loro sex-appeal.

Strano ma vero?

Comprensibilmente, molti saranno perplessi da quanto ho scritto, forse anche increduli. In fondo va contro gran parte di ciò che ci viene insegnato. Come sempre, non vi chiedo di credermi sulla parola; ma di osservare i fatti e decidere voi cosa è vero oppure no.
Rammento solo che basare le proprie azioni su falsità porta quasi sempre a fallimenti. Invece, come dice il Vangelo di Giovanni, "La verità vi renderà liberi".

"L'amore non sa che farsene delle qualità morali."
(Paul Léautaud)

"Le donne corrono dietro agli stolti; fuggono i saggi come animali velenosi."
(Erasmo da Rotterdam)

"E' raro che gli uomini che nutrono il massimo rispetto per le donne godano di qualche popolarità tra di loro."
(Joseph Addison)


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Se non sei bello puoi trovare l'amore?

Se non sei attraente puoi essere amato?

Se non sei bello non hai speranze?


Non di rado qualcuno osserva che uomini di aspetto medio o "scarso" (pelati, bassi, grassi o mingherlini, poco virili), come lui stesso, si ritrovano sempre single; e si pone le domande elencate qui sopra. In pratica, il dubbio che affligge queste persone è: "L'amore oggi è una cosa riservata alle persone attraenti?" (questo problema riguarda anche certe donne, ma sembra più diffuso fra gli uomini).
Di seguito offro alcuni spunti di riflessione per capire cosa porta a creare relazioni sentimentali (oppure a non riuscirci), ed eventualmente come rimediare. In particolare, nell'ultima parte evidenzio quanto il potere sia un elemento determinante, anche più dell'amore stesso.

La bellezza è al primo posto

Quando si tratta di attrazione e relazioni sentimentali, la bellezza fisica è il fattore di attrazione primario.
Su questo non ci piove. Chi lo nega ha una visione idealizzata del mondo, o si racconta frottole, o si basa solo sulla sua esperienza particolare.
Però la bellezza non è l'unico fattore di attrazione: ce ne sono invece molti.

Le sorgenti dell'attrazione

Ci sono almeno tre sorgenti di attrazione (evoluzionistica, culturale, personale), e ciascuna può includere numerosi fattori. Quindi ci sono numerosi elementi su cui possiamo giocare per aumentare la nostra attrattiva, non uno solo.
Capire come funziona l'attrazione (vedi link sopra), e cosa possiamo mettere in gioco noi stessi, ci aiuta ad avere più chance. Non si tratta solo dei geni che abbiamo ereditato.

“Ci sono almeno
tre sorgenti di attrazione:
evoluzionistica, culturale, personale”

I bisogni vengono prima di tutto

Le relazioni sono basate sulla soddisfazione dei bisogni: andiamo verso le persone che soddisfano i nostri bisogni (o che pensiamo possano farlo). Quindi siamo "appetibili" dagli altri in base a quanto possiamo offrire loro di valore.
Ne consegue che il nostro potenziale di attrazione è la somma delle qualità che possiamo offrire (quello che io chiamo "valore di mercato relazionale" - che è cosa diversa dal valore come persona). La bellezza è solo UNA di quelle qualità.
Dimostrazione: quando vediamo una coppia dove uno dei due è molto meno avvenente dell'altro (cosa di cui molti si stupiscono), la spiegazione è che la persona meno avvenente possiede altre qualità di valore per il partner.

Ragionare solo in termini di bellezza è fuorviante: bisogna ragionare in termini di TUTTE le qualità che si possono offrire, e che gli altri possono apprezzare (tenendo anche conto che è sempre possibile migliorare se stessi, e quindi aumentare le proprie qualità).
Quando valutiamo un'auto o una casa, non consideriamo solo la potenza o i metri quadrati, la carrozzeria o la facciata! Ci sono molti fattori che ci portano a scegliere l'una o l'altra; lo stesso vale nella scelta dei partner.

Passato e presente

Quanto scritto sopra è sempre stato vero (si basa su come funzionano gli esseri umani, non su mode o fenomeni del momento). Però oggi esiste una differenza importante: in epoche passate, prima dell'emancipazione della donna, uno dei valori che l'uomo poteva offrire alla donna era la capacità di sostentamento e sicurezza. In altre parole, quando le donne non lavoravano o guadagnavano poco, e avevano una posizione sociale inferiore, anche un uomo di aspetto e personalità mediocri poteva quantomeno essere ritenuto "appetibile" se aveva un reddito decente, oppure offriva status e stabilità.

Da quando le donne hanno ottenuto maggiore parità e l'indipendenza economica, quella "leva di potere" maschile è venuta meno. Questo è uno dei motivi per cui oggi molti uomini poco attraenti si ritrovano "fuori mercato", e l'aspetto è diventato così importante anche per i maschi: prima le donne avevano il potere sessuale (e/o della bellezza) e gli uomini il potere economico (e/o di status): questo creava un (relativo) equilibrio tra le parti.
Ora che le donne hanno (mediamente) sia il potere sessuale che quello economico, gli uomini si trovano in posizione di svantaggio come potere - a meno che siano molto belli o molto ricchi (il che conferisce maggior potere). E' uno dei motivi per la cosiddetta "crisi del maschio moderno".

“Ora le donne hanno
sia il potere sessuale
che quello economico”

Amore o potere?

Concludo con un'osservazione che può sembrare cinica ma che è semplicemente razionale: se vogliamo capire le relazioni sentimentali mettiamo da parte l'amore, e consideriamo il potere. Che sia l'amore a governare le relazioni è una delle tante bugie che si dicono sull'amore (non sto dicendo che l'amore non esista o non conti, ma che conta meno di quanto ci piace credere).

Se guardiamo alle dinamiche di relazione in termini di potere, tutto diventa più chiaro:
  • Perché le donne tengono tanto al proprio aspetto? Perché dà loro potere sugli uomini.
  • Perché gli uomini tengono tanto al denaro? Dà loro potere in generale, e in particolare sulle donne (la maggior parte delle donne valuta un uomo anche in senso economico).
  • Seduzione e corteggiamento sono tentativi di acquisire potere su una certa persona (notare come l'espressione "conquistare qualcuno" abbia un sapore militaresco di vittoria). Solitamente non li pratichiamo per il piacere di farlo, ma per raggiungere un obiettivo.
  • Perché nelle coppie si litiga? Spesso lo si fa per stabilire chi decide, ovvero chi ha potere.
  • Chi è meno coinvolto dei due ha più potere, e infatti determina la relazione; tende a guidare, mentre l'altro tende a sottomettersi.
  • Perché le donne avversano certe forme di sessualità maschile, come masturbazione, pornografia, prostituzione? Perché le donne usano il sesso per avere potere sul partner; quindi ogni forma di sessualità alternativa diminuisce quel potere, e viene vista come una minaccia.

In sintesi, quando sviluppi qualità desiderabili dall'altro sesso, sviluppi potere su di esso. La bellezza è una notevole fonte di potere, ma non è l'unica fonte.

"L'amore è il desiderio irresistibile di essere irresistibilmente desiderati."
(Mark Twain)

"Le donne hanno un'inclinazione naturale per tutto ciò che è bello, elegante, scintillante e ricco; è un gusto al quale occorre attribuire i più grandi progressi dell'industria e dell'arte."
(Alphonse Karr)

"Non è vero che i belli siano poco intelligenti: sono i brutti, invece, che devono puntare esageratamente tutto sul cervello."
(Gianni Monduzzi)


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Cambiare convinzioni è difficile ma necessario

A volte incontriamo idee che smentiscono convinzioni per noi certe e scontate (perché le sentiamo dire da tutta una vita, perché tutti intorno a noi ci credono, perché ci appaiono ovvie). Quindi tendiamo a respingere queste nuove idee, magari senza nemmeno cercare di soppesarle o di indagare più a fondo.
Così facendo, però, rischiamo di rimanere ancorati a convinzioni errate, antiquate, e magari anche disfunzionali; che ci influenzano negativamente e ci portano a vivere male, o a danneggiare noi stessi e gli altri. Un'idea è immateriale ma è più potente di una bomba: pensiamo ad idee nefaste come lo schiavismo; o che certi popoli siano superiori agli altri, e ciò giustifichi guerre e colonizzazioni.

Se vogliamo vivere bene, essere felici e comportarci in modo costruttivo, è necessario saper rivalutare le proprie convinzioni, analizzarle in modo critico, e cercare la verità - invece di restare ancorati alle vecchie idee, solo perché "Si è sempre fatto così" oppure "Lo dicono tutti" o perché "Sento che è così".
Il problema è che, d'istinto, tendiamo a credere che siano sempre gli altri a cadere in errore, e che noi invece siamo nel giusto. Quindi per trovare la verità occorre coltivare un'abitudine a mettersi in discussione. Per dare un'idea di quanto sia facile - e comune - attaccarsi a convinzioni errate, immaginiamo uno scenario...

“Un'idea è immateriale
ma è più potente
di una bomba”

Il paese delle vecchie idee

Pensiamo a Mario (o Maria), che vive in una cittadina un po' isolata, in cui la maggior parte degli abitanti credono in idee come queste:
  1. La Terra è piatta.
  2. Il nostro pianeta è al centro dell'universo.
  3. Noi esseri umani siamo le creature predilette di Dio, che ci ama in modo speciale.
  4. Esiste una giustizia divina che premia i buoni e punisce i malvagi.
  5. La nostra Nazione è la migliore, col sistema di governo più efficiente e la popolazione più virtuosa (questa idea potrà suonare anomala in Italia oggi; ma è stata creduta in passato ed è tuttora comune altrove, specialmente in regimi autoritari).
  6. Gli uomini sono migliori delle donne. Oppure: le donne sono migliori degli uomini (dipende da luogo ed epoca).

Se queste idee vi sembrano assurde o poco credibili, rammento che alcune sono state credute per millenni; ed altre vengono credute anche oggi da molti.

Il paese delle nuove idee

Un bel giorno Mario si trasferisce lontano, in una grande città dove incontra nuove esperienze ed opinioni diverse, che vengono anche dibattute. Egli si trova così ad affrontare idee nuove, che smentiscono le sue convinzioni, a volte anche con dimostrazioni evidenti:
  1. La Terra è una sfera; gli vengono mostrate fotografie prese dallo spazio.
  2. Leggendo un libro di astronomia, vede che il nostro pianeta è solo un "frammento di roccia" in un angolo remoto di una galassia, spersa fra miliardi di altre galassie.
  3. Gli viene fatto notare che noi esseri umani condividiamo lo stesso destino di ogni altra creatura vivente: nasciamo con paura e dolore, viviamo in competizione per ottenere quel che vogliamo, ci ammaliamo, patiamo la decadenza, e infine moriamo; non siamo quindi "speciali" come ci piace pensare.
  4. Osservando gli avvenimenti, nota quanto spesso i buoni non vengano affatto premiati, né i malvagi puniti.
  5. Informandosi sugli altri Paesi, scopre che in alcuni si vive molto meglio che nel suo; che esistono varie forme di governo, ognuna con pregi e difetti; e che nessuna popolazione è veramente virtuosa (in fondo, siamo tutti umani e fallibili).
  6. Guardando il comportamento delle persone, vede che ogni persona può essere buona o cattiva, a prescindere dal suo genere; e che quel che conta è la qualità dell'individuo, non il suo sesso.

Chi lascia la via vecchia per la nuova...

Possiamo facilmente immaginare come Mario si senta frastornato e confuso di fronte alle idee nuove. E che gli venga istintivo rifiutarle, magari anche di fronte all'evidenza. E' comprensibile: egli è vissuto 30 anni (o 40 o 50) con quelle idee, circondato da persone che le ripetevano convinte. "Com'è possibile - si chiede - che tutti ci credano, eppure si sbaglino?".
E' difficile da mandar giù. E' difficile "buttar via" convinzioni che ci hanno accompagnato per decenni: ci viene da tenercele strette, perché ci rassicurano; ci sembra di non sapere più a cosa credere.

“Com'è possibile
che tutti ci credono,
eppure si sbagliano?”

Siamo tutti Mario

Quello che è successo al nostro Mario, succede praticamente ad ognuno di noi:
  • Tutti abbiamo ricevuto idee e convinzioni false o errate (a partire dai nostri genitori, che le dicevano magari in buona fede).
  • Tutti abbiamo avuto intorno persone che ce le ripetevano convinti.
  • Tutti riceviamo qualche specie di "lavaggio del cervello", in particolare su temi cari ad ideologie dominanti nel nostro ambiente - che siano politiche, sociali o religiose*.
  • Tutti abbiamo la tendenza a respingere le idee nuove, specialmente se scomode o inquietanti.
  • Tutti tendiamo a conservare lo status quo - anche quando non ci piace - e ad aggrapparci alle nostre certezze, perché quello che non ci è familiare ci inquieta, e l'incertezza ci genera ansia.

* Questo diventa evidente ovunque ci sia una polarizzazione, dove ogni parte fa discorsi del tipo "Noi siamo i buoni (abbiamo ragione), loro sono i cattivi (hanno torto)". Per esempi recenti (2020), oltre alla politica italiana, basti guardare alla Brexit nel Regno Unito, ed al conflitto tra Repubblicani e Democratici negli USA.

Oggi più che mai

La capacità di mettersi in discussione e considerare idee diverse è più che mai necessaria oggi: siamo circondati da fonti inaffidabili come social network e media non indipendenti, che producono una pioggia di informazioni sovente manipolate, distorte o del tutto false (pensiamo all'anti-vaccinismo). L'uso di "fake news", "alternative facts" e bugie clamorose è diventato frequente:
  • sia nella politica (specialmente da parte dei populisti);
  • sia nei movimenti sociali (per esempio femminismo ed ecologisti che mentono per sostenere una "giusta causa");
  • sia tra le persone comuni: ognuno tende ad aggrapparsi visceralmente alle proprie posizioni, negando o svalutando qualsiasi alternativa.
Per cui, anche quando ci sentiamo completamente convinti di qualcosa... è bene ricordare che in passato erano altrettanto convinti che la Terra fosse piatta!

“Siamo circondati
da fonti inaffidabili
come social network
e media non indipendenti”

Tutti possiamo sbagliare, tutti possiamo evolvere

Ecco perché, come dicevo all'inizio, è importante imparare a metterci in discussione, a ipotizzare che potremmo sbagliarci, ad affrontare le idee nuove con curiosità e spirito di indagine. Siamo tutti preda di qualche convinzione errata: e quelli che ritengono di non essere mai in errore, sono proprio quelli che si sbagliano più di frequente (rifiutando di mettersi in discussione, non sono in grado di evolvere).

Quindi, ogni volta che incontriamo un'idea nuova o che va contro quello che crediamo, possiamo soppesarla e confrontarla con i fatti (alla fine, sono i fatti che contano, più che le belle teorie). Cercando anche di considerare un panorama più vasto possibile, invece di limitarsi al proprio limitato "giardinetto privato" (problema di chi si confronta solo col proprio circolo ristretto, ed abita una cosiddetta "echo chamber").
Questo non vuol dire credere a tutti. Bisogna imparare a valutare criticamente le informazioni, magari indagando le fonti; senza però rifiutarle a priori, magari solo perché arrivano da una mentalità diversa dalla nostra.

"Riceviamo dalla nostra famiglia sia le idee di cui viviamo che la malattia di cui moriremo."
(Marcel Proust)

"Non sono gli avvenimenti della nostra vita che ci formano, ma le nostre convinzioni su cosa significano quegli eventi."
(Anthony Robbins)

"Per ogni idea della cui giustezza sei assolutamente convinto, ci sono milioni di persone che la ritengono sbagliata."
(Wayne W. Dyer)


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Per stare in coppia bisogna accontentarsi

Quando vediamo una coppia di lunga data (oltre due-tre anni), e specialmente se di età superiore ai 30 anni, possiamo essere abbastanza certi che queste persone, in qualche modo, si accontentano*.
  • Entrambi avranno difetti, mancanze ed imperfezioni (cosa inevitabile, essendo umani).
  • Entrambi non troveranno nel partner tutto quello che desiderano, o di cui hanno bisogno (a meno che abbiano creato quella persona su misura, in laboratorio). Non esiste il partner perfetto.
  • Entrambi avranno tratti o comportamenti che l'altro trova fastidiosi o irritanti.

Ma se queste persone continuano a restare in coppia, vuol dire che - nonostante quanto sopra - hanno deciso:
  • Che le qualità positive del partner superano quelle negative o mancanti.
  • Di concentrarsi sugli aspetti positivi e piacevoli della relazione, piuttosto che su quelli spiacevoli o negativi.
  • Che la propria vita è migliore insieme a quella persona, piuttosto che senza.

* Cosa significa "accontentarsi"

"Accontentarsi" vuol dire essere contenti per qualcosa, anche se non è la perfezione o il massimo. Dal dizionario Treccani: accontentarsi = essere o ritenersi contento. Implica un grado di soddisfazione adeguato o accettabile, anche se non ideale. Non vuol dire rassegnarsi o subire, oppure fare finta di essere appagati. Il vecchio detto "Chi si contenta gode" indica proprio questo: colui che non pretende di andare oltre le sue possibilità, e si gode quel che ha raggiunto.
Non esclude nemmeno ambire a qualcosa di meglio: posso benissimo godermi questo momento, e al tempo stesso progettare un futuro migliore (come chi lavora e studia).

Purtroppo nell'uso comune "accontentarsi" viene spesso usato come indice di mediocrità o fallimento; come se si potesse sempre ottenere il massimo, e chi non ci arriva è una persona scadente. Ma in realtà la perfezione non esiste, e ben pochi hanno le capacità (e la fortuna) necessari ad arrivare in cima; alla maggior parte di noi, nella maggior parte dei casi, tocca accontentarsi.
Anche se la pubblicità spesso vuol farci credere il contrario (così da indurci a comprare cose superflue o inutili).

In pratica, le persone più soddisfatte sono proprio quelle capaci di accontentarsi nella vita - ovvero di essere contente e godersi ciò che hanno. Mentre quelle troppo ambiziose ed arriviste non sono mai soddisfatte, perché sempre impegnate ad inseguire un traguardo dopo l'altro.
Senza contare che nessuno può fare o avere tutto nella vita - e questo vale anche nelle relazioni.

“Le persone più soddisfatte
sono proprio quelle
capaci di accontentarsi”

C'è sempre qualche compromesso

Poiché nessuno è perfetto, ogni partner avrà delle caratteristiche che apprezziamo, ed altre di cui faremmo volentieri a meno. In altre parole, in coppia ci adattiamo sempre a qualche compromesso (anche quando non ne siamo consapevoli). Vediamo qualche esempio:
  • Spesso quando troviamo un partner molto attraente, siamo meno esigenti (cioè ci accontentiamo di più) sulle sue mancanze a livello di carattere o comportamento.
  • Oppure, al contrario, un partner con qualità straordinarie a livello di personalità o talenti, ci induce ad accontentarci riguardo il suo aspetto fisico.
  • Magari lui è un uomo affascinante, ma ha la fastidiosa abitudine di flirtare con altre donne.
  • Magari lei è una donna molto sexy, ma ci irritano le sue lunghe telefonate, o il suo continuo fare shopping, o la sua tendenza ai comportamenti drammatici.
  • Lui è alto, ma ha pochi capelli
  • Lei ha belle gambe lunghe, ma poco seno
  • Lui ha un ottima posizione o guadagna bene, ma è spesso assente o ha poco tempo per la famiglia
  • Lei è tanto dolce e disponibile, ma a volte risulta appiccicosa o soffocante
  • Lui è un marito premuroso e un padre affettuoso, ma è poco virile
  • Lei è una compagna fedele e affidabile, ma ha perso ogni interesse per il sesso
  • Lui russa, o si lava poco, o veste in modo trascurato
  • Lei adora guardare programmi TV imbarazzanti, o passa ore sui social network
  • Si scopre di avere pochi argomenti di cui parlare, o pochi interessi in comune
  • Ci si ritrova a litigare spesso per delle sciocchezze
  • E così via...

Ma si resta ugualmente in coppia: perché comunque quella persona ci piace, perché ne abbiamo bisogno, perché nonostante tutto le vogliamo bene... o a volte per abitudine o paura della solitudine.

Qualità contrapposte

E' necessario capire che certe qualità sono opposte fra loro, quindi la stessa persona non può averle entrambe. Per esempio è alquanto improbabile che:
  • Un uomo con un carattere forte e sicuro di sé, sia anche molto sensibile e dall'animo poetico.
  • Una donna molto emotiva, impulsiva e passionale, sia anche estremamente seria e affidabile.

E' anche per questa ragione che non può esistere l'uomo perfetto, e nemmeno la donna ideale (a dispetto del mito romantico della "persona giusta"). Più si possiede una qualità di un certo tipo, meno si avrà la qualità di tipo opposto. Chi vorrebbe entrambe le qualità in un partner, quindi, si trova dover scegliere quale preferire.

“Certe qualità sono opposte fra loro,
quindi una persona
non può averle entrambe”

Quando ci accontentiamo senza saperlo

A volte ci accontentiamo ma non ce ne rendiamo conto: ci auto-convinciamo di essere del tutto appagati, o che il partner sia in tutto e per tutto la persona che vogliamo al fianco (è un processo inconscio, che tende ad evitarci frustrazioni, conflitti interni o dissonanze cognitive). In pratica facciamo come nella favola de "La volpe e l'uva": ci convinciamo di volere quello che abbiamo, o di non volere quello che ci manca.
Questo spiega perché certe coppie dichiarino una piena soddisfazione (in buona fede), anche se dall'esterno le mancanze della coppia, o il loro accontentarsi, ci appare evidente.

La fase dell'innamoramento

All'inizio ho parlato di "coppie di lunga data", perché l'inizio di una relazione funziona in modo particolare. Di solito all'inizio siamo preda di una infatuazione o dell'innamoramento, che ci portano a vedere l'altro come perfetto e meraviglioso, come la persona ideale che vorremmo avere sempre accanto. Finché dura questa fase idilliaca, ci sentiamo del tutto appagati, non ci stiamo accontentando.
Purtroppo l'innamoramento finisce sempre (di solito entro 12-18 mesi), dopodiché iniziamo a vedere l'altro per come è realmente.

Dall'infatuazione alla disillusione

Alla fine dell'innamoramento o dell'infatuazione, arriva necessariamente una fase di disillusione: quando ci rendiamo conto che l'altro non è il partner ideale come ci era sembrato, ma è umano, limitato e fallibile.
  • Chi riesce a superare questa disillusione, ed apprezza comunque le qualità del partner, continua la relazione su basi più realistiche.
  • Chi invece non la supera, e magari rimane attaccato ad un ideale romantico di relazione perfetta ed innamoramento eterno, respingerà il partner ormai "decaduto", e ne cercherà uno nuovo con cui inseguire il sogno.

“Nell'innamoramento
vediamo l'altro come
perfetto e meraviglioso”

Gioventù e maturità

In apertura ho parlato di coppie dopo i 30 anni, perché spesso da giovani ci comportiamo diversamente. E' più raro che una coppia di ventenni scelga di accontentarsi, perché da giovani:
  • Si è più immaturi ed impulsivi, quindi magari si salta da una relazione all'altra alle prime crisi, o prima di stancarsi.
  • Si è dominati dagli ormoni, per cui l'attrazione fisica è spesso un fattore cruciale; quindi se troviamo il partner attraente, il resto passa in secondo piano.
  • Si è più ingenui ed inesperti, non si sa bene cosa vogliamo, quindi si è meno esigenti e più facilmente contenti.

Vari livelli di compatibilità

Naturalmente accontentarsi non significa prendere tutto quello che capita. Per stare bene con qualcuno, ci dev'essere una compatibilità adeguata. Il livello di compatibilità può variare molto:
  • Sotto un certo livello, l'insoddisfazione o la frustrazione sono talmente elevate che la coppia si scioglie (oppure, se i due partner sono particolarmente dipendenti, continua in modo fortemente conflittuale).
  • Ad un buon livello di compatibilità, la coppia è abbastanza legata e felice - nonostante le inevitabili incomprensioni, conflitti e litigi.
  • Ma anche a livelli elevati, la compatibilità non sarà mai totale.

(per approfondire il tema dei vari livelli di compatibilità, vedi il post sulla Relatività Relazionale, e in particolare il paragrafo sull'amore di coppia)

Anche la "persona giusta" è una persona

Il limite maggiore del mito romantico della "persona giusta", è che immagina una compatibilità totale: i due partner sembrano fatti l'uno per l'altra, sono sempre felici insieme e si amano in modo incondizionato.

Questo mito è ovviamente seducente (per questo così tanti ci credono), ma purtroppo irreale: anche la "persona più giusta" è comunque una persona, cioè un individuo unico con gusti, preferenze e interessi propri, che non combaciano mai al 100% con quelli del partner. Invece il mito romantico presenta una coppia dove i partner vivono in funzione dell'altro, privi di impulsi egoistici, rinunciando alla propria individualità per uno stato di "fusione emotiva" che ricorda la simbiosi tra madre e neonato.
Nella fase dell'innamoramento questa compatibilità totale sembra esserci, perché i partner sono come "drogati di endorfine"; ma quando questo effetto decade, gli elementi di incompatibilità si rivelano.

L'illusione di essere speciali

Messi di fronte a queste argomentazioni, molte persone e coppie reagiscono dicendo "Per me/noi sarà diverso!". Cioè si attaccano all'idea di "essere speciali", e che per loro funzionerà in modo diverso dal resto del mondo. Sembra superfluo dire che questa è, nella maggior parte dei casi, un'illusione:

“Quello che accade alla maggioranza,
probabilmente
succederà anche a noi”

Quello che ottengo dipende da quanto offro

Naturalmente, chi ha maggiori qualità da offrire (cioè possiede un "valore di mercato" relazionale più elevato) potrà puntare più in alto e accontentarsi meno - mentre chi ha "minore valore" dovrà accontentarsi di più. Ma ognuno si troverà comunque ad accontentarsi in qualche modo.

La pretesa di volere più di quanto si vale

Un errore che fanno molti, specialmente in ambito sentimentale, è voler credere di poter fare o avere cose straordinarie, anche se sono persone ordinarie. Ma da un seme di pomodoro non può nascere una quercia. Anche in amore, le cose non capitano per caso: le relazioni che saprò creare dipenderanno dalle mie capacità, dal mio valore.

In altre parole, se sono un uomo qualunque o una donna ordinaria, è inverosimile che una persona di qualità eccezionale mi scelga come partner: tale persona sa bene che può aspirare al meglio, quindi cercherà di ottenerlo. Questo vuol dire che se sono una persona comune, a maggior ragione dovrò accontentarmi per creare e mantenere una relazione. Anche se incontrassi una persona straordinaria con tutte le qualità che desidero, costei vorrà un partner altrettanto straordinario - non me che sono "uno qualsiasi".

Chi crede diversamente si attacca ad un "pensiero magico" (pensare che qualcosa possa avvenire senza causa o spiegazione plausibile, come "per magia"), senza nessuna base reale, per cui l'amore accade senza una ragione - e quindi tutto è possibile.

“Se sono una persona comune,
a maggior ragione
dovrò accontentarmi”

Le coppie che durano a lungo

Se leggiamo interviste a coppie felici di lunga data (qualche esempio: Di-Lei [in italiano], The Atlantic, Women's Health [in inglese]) vediamo che nessuno dice di aver trovato un compagno perfetto. Invece, tutte queste coppie rivelano elementi in comune:
  • Si sono impegnati per far funzionare la relazione, persistendo nei momenti difficili
  • Si sono andati incontro accettando dei compromessi
  • Hanno imparato ad apprezzare l'altra persona per come è (sono capaci di gratitudine)
  • Hanno posto l'accento sugli elementi positivi, sorvolando su quelli negativi.

Insomma, per stare bene insieme ed amarsi a lungo, "essere un partner capace" (cioè avere le capacità necessarie a far prosperare una relazione) sembra più importante di "trovare la persona ideale".

Le bugie romantiche danneggiano le relazioni

Ovviamente questo discorso va a "smontare" miti romantici del tipo "E vissero per sempre felici e contenti", o dell'amore eterno e invincibile. Ma per vivere bene le relazioni è necessario rendersi conto che molte idee romantiche sono ingannevoli e, invece di arricchire l'amore, lo danneggiano.

Perché è importante riconoscere queste verità, scomode ma comuni? Per una serie di benefici:
  • Se crediamo al partner perfetto, arriveremo a scartare ogni partner reale - in quanto imperfetto e inadeguato (questo è uno dei motivi per cui certe persone si ritrovano sempre sole).
  • Se crediamo che si possa restare sempre innamorati, o che l'innamoramento equivalga all'amore, quando l'innamoramento decade crederemo che anche l'amore sia finito, e "butteremo via" la relazione nella speranza che il prossimo partner sia la "persona giusta".
  • Quando attraverseremo la fase della disillusione, saremo in grado di capire che siamo noi stessi ad esserci illusi, e non è stato l'altro che ci ha ingannati.
  • Se riconosciamo che il partner non sarà mai perfetto (come d'altronde non lo siamo nemmeno noi), avremo meno aspettative esagerate ed irrealistiche, e ci verrà più facile accettare ed apprezzare il partner per come è (facendolo quindi sentire più amato).
    Viceversa, se critichiamo e/o disprezziamo il partner perché non sappiamo apprezzare quello che ci offre, col tempo i suoi sentimenti per noi si raffredderanno (tutti abbiamo bisogno di sentirci apprezzati), e prima o poi ci abbandonerà.
    In altre parole, apprezzamento e gratitudine alimentano la relazione, mentre pretese e critiche la logorano.

In pratica, rinunceremo ad una visione idealizzata e favolistica dell'amore, per una più reale e umana. A tutto vantaggio di una relazione sana, matura ed appagante - per quanto imperfetta.


"La donna ideale esiste solo per chi non conosce le donne. Come l'uomo ideale, solo per chi non conosce gli uomini."
(Roberto Gervaso)

"Non aspettare che la persona giusta entri nella tua vita. Cerca di essere la persona giusta che entra nella vita di qualcuno."
(Antonia Gravina)

"La caratteristica più radicata nell'umana natura è il bisogno di essere apprezzati."
(William James)


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8 ragioni per cui tutti soffriamo

Spesso capita di chiedersi le ragioni della propria sofferenza, o di stupirsi nel vedere quanto comune sia vedere persone che soffrono.
  • Molti non si capacitano di tutto questo dolore, forse perché ritengono che sia naturale essere felici, e vedono il dolore come una "anomalia".
  • Alcuni si sentono confusi o smarriti, specialmente se credono ad una figura divina amorevole ed onnipotente: "Se Dio ci ama, com'è possibile che questo accada?".
  • Certi sono convinti che tutto questo sia dovuto a "figure oscure", a qualche personaggio malevolo come rappresentato nei film popolari o di supereroi - dove il "cattivone" viene sconfitto e tutto ritorna in pace.

La vita comporta sofferenza

Sull'argomento della sofferenza io concordo con il buddismo, che afferma: "La vita è sofferenza" (o, per meglio dire, nella vita sono inevitabilmente inclusi sofferenza, impermanenza e cambiamento). Quindi la sofferenza è naturale, è parte dell'esistenza stessa, ed è per molti versi inevitabile.
Se crediamo che così non sia, è perché ci hanno "raccontato delle favole", cioè instillato convinzioni che non corrispondono alla realtà (per esempio l'idea di un dio per cui siamo creature privilegiate, o che siamo tutti buoni ma qualche malvagio rovina tutto, o che la felicità sia un diritto, o che ci venga naturale - tutte cose smentite dai fatti).

Capisco che le mie affermazioni possano lasciare increduli: dopo tutto, se vi siete sentiti dire certe cose da una vita, è difficile metterle in discussione. Quindi elenco otto ragioni che dimostrano come la sofferenza sia "normale", spesso inevitabile, e parte della vita stessa.
Naturalmente non vi chiedo di credermi sulla parola. Considerate ognuna di queste ragioni e confrontatela con la realtà, con i fatti concreti; e decidete voi se corrisponde al vero.


Otto ragioni per cui tutti soffriamo

1. Il mondo non è fatto per renderci felici

Pensare che la realtà sia "al nostro servizio" è una forma di egocentrismo clamorosa. Il mondo esisteva molto prima che noi umani entrassimo in scena (siamo "appena arrivati", in tempi cosmici), e continuerà ad esistere molto dopo che ci saremo estinti. Quindi credere che il mondo esista per farci contenti è una follia, che porta inevitabilmente ad aspettative illusorie, delusione e rabbia.

La felicità non è scontata, è un'arte. L'arte non accade di default, per conto suo: va creata con talento, impegno, sacrificio e un pizzico di (o molta) fortuna. La felicità idem. Se uno non coltiva e mette in atto le sue capacità di creare felicità, questa non avverrà (o avverrà di rado, per colpi di fortuna).

2. Non siamo progettati per essere felici - ma per sopravvivere e riprodurci

La felicità è per noi un sottoprodotto, una casualità, un dono dal cielo. L'amigdala, parte del cervello che domina le nostre scelte istintive e viscerali (reazioni "fight or flight", di lotta o fuga), dà una priorità assoluta alla sopravvivenza, e ben poca alla felicità (semmai favorisce il piacere temporaneo, che è cosa diversa).
Potremmo pensare che la nostra parte razionale (neo-corteccia) compensi. Ma nel nostro cervello le parti istintive ed emozionali (come pure l'inconscio), che puntano alla sopravvivenza e a difenderci molto più che alla felicità, sono preponderanti. La neo-corteccia è, sia in termini evolutivi che funzionali, "l'ultima arrivata".

Similmente, le nostre scelte sentimentali sono per lo più guidate da istinti e pulsioni innate, che non hanno come scopo la felicità o il benessere, ma la riproduzione dei propri geni. Essere attratti da qualcuno non dà alcuna garanzia di una relazione felice: è un "trucco" della Natura per indurci a procreare.
"Il sesso è una trappola della natura per evitare l'estinzione."
(Friedrich Nietzsche)

Non c'è quindi da stupirci se le nostre relazioni sono spesso così complicate, insoddisfacenti e deludenti. Il Romanticismo ci dice che lo scopo dell'amore è essere felici insieme, ma la Natura ha priorità ben diverse.

3. Abbiamo aspettative elevate e illusorie, e che diamo per scontate

A molti sembra naturale essere felici, si aspettano che gli altri li rendano felici (i partner), o che si prendano cura di loro (la famiglia, lo Stato). Di conseguenza vivono come bambini passivi, in attesa della "manna dal cielo".
Non si prendono attivamente la responsabilità della propria vita (o lo fanno solo in parte), delegando ad altri questo compito. Tutte le persone che si lamentano abitualmente, che fanno le vittime e si piangono addosso, ma non agiscono per migliorare la situazione, rientrano in questo schema.

Una differenza con epoche precedenti è che, in passato, le persone non si aspettavano di essere felici (il loro obiettivo primo era sopravvivere): vivevano esistenze ben più difficili, e avevano aspettative molto più basse. Oggi invece ci sentiamo in diritto di essere felici (aspettativa che conduce alla delusione). Molte persone soffrono perché si aspettano una vita a "livello 100", e non sanno godersi la loro vita a "livello 30".

4. I media alimentano le nostre illusioni

Pubblicità, social network, ma anche testate informative, continuano a mostrarci vite ideali e sogni in technicolor che ci fanno sentire inferiori, ed in cui tutti sono più belli e felici di noi. Questo alimenta aspettative irreali (la ragazza che vorrebbe un fisico da modella, l'uomo che vorrebbe il posto da manager...) e una continua rincorsa verso una ipotetica felicità futura ("Sarò felice quando...") che non si raggiunge mai (la felicità esiste solo nel momento presente).

Ma la responsabilità non è solo dei media falsi e manipolatori: spesso ci lasciamo ingannare perché vogliamo essere ingannati (sedotti, illusi). Poiché la realtà è sovente scomoda o deludente, rifiutiamo di riconoscerla ed invece siamo pronti a credere alle favole, ad ascoltare il "canto delle sirene".

Come detto nel punto precedente, la felicità (o sofferenza) è direttamente collegata alle aspettative: se io mi aspetto 25 ed ottengo 50, sarò felice; se mi aspetto 75 ed ottengo 50 sarò addolorato. Eppure in entrambi i casi ho ottenuto lo stesso risultato!
In certe culture (o in alcune epoche passate), dove non si esaltano ego ed individualismo, e dove si insegna la moderazione ("In medium stat virtus", la virtù sta nel mezzo), l'accontentarsi e l'adattarsi (Stoicismo), in media le persone sono meno stressate, più serene e più contente della loro vita.

5. Combattiamo con la realtà, invece di accettarla o di collaborare con essa

Se combatto contro l'inevitabile (come la morte) perderò sempre e comunque. Se mi aspetto che la realtà si adatti a me (invece che essere io ad adattarmi ad essa), avrò risultati scarsi o nulli. Invece di vederci - con umile realismo - come piccole particelle di un mondo sconfinato, spesso ci aspettiamo che sia il mondo a girare intorno a noi.

Questo tipo di mentalità "narcisista" ("Il mondo esiste per me, per servire me") è alla base di molte delle sofferenze moderne. Il narcisismo altrui ci fa arrabbiare, ma il nostro ci appare giustificato. Una tendenza egocentrica o narcisista è insita nell'essere umano, ma la società moderna l'ha alimentata a livelli mai visti prima.

6. I genitori sono incompetenti

Molte sofferenze e problemi nascono da esperienze infantili negative o traumatiche. I genitori sbagliano spesso, anche con le migliori intenzioni, perché:
  • A. Errare è umano e inevitabile
  • B. Praticamente nessuno insegna loro come fare
(da notare che B è rimediabile, mentre A no).

In aggiunta, le persone meno adatte a crescere figli (immature, nevrotiche, infelici, ignoranti, primitive...) sono quelle che più probabilmente fanno figli.
Le motivazioni a procreare sono per lo più irrazionali, e spesso sono reazioni a problemi personali (senso di vuoto, mancanza di scopo, insoddisfazioni, ambizioni irrisolte, solitudine e mancanza d'amore...). Raramente i figli crescono con intorno genitori saggi, sereni ed equilibrati.
Le conseguenze inevitabili sono moltitudini di persone problematiche, complessate e scarsamente capaci di affrontare l'esistenza.

7. La complessità della società aumenta continuamente.

Tecnologia, globalizzazione, legislazione, popolazione... la complessità è in continuo aumento, ovunque. Se da una parte questa complessità crescente ci offre sempre maggiori vantaggi (abbondanza di cibo, informazione, cultura, svago, sanità, comodità e lussi...), dall'altra la complessità ci genera ansia, inquietudine e frustrazione. Ci fa sentire smarriti e impotenti (tutto è sempre più complicato e meno comprensibile o gestibile).

Il contadino del 1300 viveva più sereno di noi, perché il suo mondo era circoscritto e statico; però un terzo dei contadini del 1300 sono stati sterminati dalla peste nera. Non si possono avere i vantaggi della modernità senza patirne gli svantaggi (e viceversa).

8. Il primo problema degli esseri umani, sono gli esseri umani stessi

Nel corso del tempo noi umani abbiamo eliminato, o fortemente ridotto, tutte le fonti di sofferenza esterne: malattie, scarsità, predatori, fattori ambientali (rimane la morte, però sempre più lontana). I problemi che ci creiamo noi stessi, però, rimangono i medesimi: siamo egoisti, miopi, insaziabili, concentrati sul breve periodo, litigiosi, vendicativi, prevaricatori. Dominiamo il pianeta, ma non sappiamo dominare noi stessi.

Di conseguenza, la maggior parte della sofferenza umana è creata da noi stessi: a mio parere, gli esseri umani sono fondamentalmente delle "teste di cavolo".
Disprezziamo le bestie, ma in realtà loro vivono più in pace, sereni e godendosi la vita di noi.


Considerazioni sulla sofferenza

Il mondo va sempre peggio?

Quando si parla di problemi e sofferenza, c'è sempre qualche "catastrofista" convinto di vivere in un mondo orribile che va sempre più decadendo, che la situazione non sia mai stata peggiore, e che in passato si stesse meglio.

Ma nonostante la loro forte convinzione, queste persone sono generalmente in errore:
  • La sofferenza è sempre esistita, e sempre esisterà (vedi citazione dal buddismo all'inizio).
  • Le lamentele sul decadimento della società, sulla perdita di valori, sui giovani che sono peggiori degli anziani, sono sempre esistite. Ne troviamo traccia già negli scritti degli antichi greci e romani.
  • Oggi abbiamo molta meno sofferenza materiale che in passato (il numero di persone in condizioni di povertà è in diminuzione da decenni).
    Però sembriamo avere più sofferenza emotiva e psicologica. Forse perché quando si era preoccupati per la sopravvivenza, non si aveva tempo per depressione o problemi esistenziali.

Quindi questo pessimismo è un errore di prospettiva, di solito dovuto ad ignoranza: chi crede di vivere in un'epoca peggiore del passato... di solito non conosce veramente com'era il passato.

La ricerca di un colpevole

Alcune persone sono convinte che i problemi del mondo siano causati da qualche individuo o gruppo di persone malvagi, che tessono trame oscure per rovinare o dominare le vite altrui. I complottisti rientrano in questa categoria.
Di fronte a problemi e sofferenze, quindi, costoro cercano un "colpevole". Ma esiste sempre un colpevole, un atto malvagio volontario?

Secondo me, a volte ci sono dei colpevoli e a volte no. A volte il dolore è semplicemente parte dell'esistenza. A volte gli eventi negativi succedono e basta, perché il mondo è caotico e non ordinato come vorremmo (vedi i concetti di caos e cosmos - disordine e ordine - nella filosofia greca). In inglese si dice "Shit happens", ovvero "Le cose brutte [merda] semplicemente accadono".

Quindi non sempre c'è un senso - o un colpevole - dietro gli eventi. Di nuovo, il mondo non gira intorno a noi o alle nostre esigenze: va per la sua strada.
Però ci sono sempre delle cause; e a volte noi stessi contribuiamo alle cause (per esempio se scelgo sempre un certo tipo di partner, o non affronto dei miei blocchi psicologici). Ma siccome riconoscere di essere parte del problema (essere con-causa) genera una responsabilità che la maggior parte delle persone rifiuta, costoro preferiscono dare la colpa all'esterno e cercare il colpevole in chiunque - tranne che in se stessi.
  • Chi cerca ossessivamente un colpevole, spesso è proprio chi rifiuta la responsabilità personale della propria sofferenza, quindi ha bisogno di trovare qualcun altro a cui attribuire la colpa.
  • Oppure è chi crede che la felicità sia il default (quello che accade di norma), e la sofferenza sia un'eccezione da eliminare. Quindi pensa "Dovrei essere felice, ma non lo sono, quindi qualcosa non va e dev'essere colpa di qualcuno".
Va anche detto che è normale (se non diventa ossessivo) voler identificare un colpevole, o una causa, per i propri problemi. Detestiamo sentirci all'oscuro, l'incertezza ed il caos, per cui cerchiamo istintivamente spiegazioni a quello che ci accade - anche quando non c'è una risposta logica o soddisfacente (per certi versi, le religioni nascono come tentativo di dare una risposta ai misteri dell'esistenza).

Affrontare la sofferenza, coltivare la felicità

Naturalmente, tutto questo non significa che dobbiamo rassegnarci alla sofferenza, o che dobbiamo subirla passivamente. Anche se l'esistenza non è "progettata" per renderci felici, abbiamo comunque la capacità di sentirci gioiosi, sereni ed appagati (basta non pretendere di esserlo sempre e comunque):
  • Possiamo partire dal distinguere tra quello che possiamo cambiare, e ciò che invece sfugge al nostro controllo e possiamo solo accettare (vedi "Preghiera della serenità").
  • Possiamo imparare ad affrontare la sofferenza - in modo da diventare capaci di subirla meno e gestirla meglio.
  • Quando certi eventi dolorosi si ripetono più volte in modo simile, è probabile che noi stessi contribuiamo ad essi (in qualche modo inconsapevole). Scoprire i meccanismi che ci portano a ripetere quei comportamenti, e capirne i motivi, può aiutarci ad uscirne.
  • Molta sofferenza non necessaria nasce dai conflitti con se stessi: questa può essere superata imparando ad accettarsi ed amarsi come siamo.
  • Infine, va ricordato che a volte la sofferenza può essere utile: può essere un sintomo che ci indica quello che non funziona nella nostra vita, od essere un'esperienza necessaria per imparare qualcosa, o contribuire alla nostra crescita come persona. Quindi a volte è benefico comprenderne il senso, invece di rifiutarla a priori.


"Un uomo che teme di soffrire, soffre già di quello che teme."
(Michel E. de Montaigne)

"Voler evitare ogni incontro col dolore significa rinunciare a una parte della propria vita umana."
(Konrad Lorenz)

"Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci."
(Hermann Hesse)


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Perché le donne amano il dramma, e gli uomini lo detestano

Uomini e donne: pianeti diversi?

Uno dei motivi principali per cui uomini e donne faticano ad andare d'accordo, è che sono per molti aspetti diversi: spesso vogliono cose differenti, hanno gusti diversi, e quello che all'uno piace all'altra irrita - o viceversa.

Un esempio eclatante è la passione maschile per motori e tecnologia, e l'ossessione femminile per scarpe, borse e accessori; categorie di cui al sesso opposto importa in genere poco o nulla. Ma le differenze sono numerose, al punto che a volte uomini e donne sembrano appartenere a "specie diverse". Non a caso, uno dei libri di maggior successo sul tema dei rapporti tra i sessi è "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere" di John Gray (info nella Bibliografia).
Un altro settore in cui presentano grandi differenze è quello della comunicazione, per cui non di rado maschi e femmine non si capiscono.

“Uomini e donne
sembrano provenire
da pianeti diversi”

Tempeste emozionali

In questo post voglio trattare del differente atteggiamento riguardo il "dramma", ovvero:
  • La tendenza a comportarsi in modo fortemente emotivo, melodrammatico, conflittuale, aggressivo o comunque pieno di tensione - tutt'altro che sereno e tranquillo.
  • Reagire abitualmente in modo eccessivo o esagerato rispetto agli eventi o alle cause.
  • Comunicare in modo emotivamente intenso, drammatico, alzando la voce o in tono enfatico, gridando o piangendo, anche quando non c'è un reale motivo.
  • Fino ad arrivare all'estremo, a quelle persone che in inglese vengono definite "drama queen" (le regine del dramma): chi adora fare scenate, alzare la voce, aggredire gli altri o piangersi addosso platealmente - perché ne trae particolare godimento o soddisfazione.

Non di rado queste persone tendono anche a fare le vittime: a dare la colpa agli altri dei loro problemi, a vedersi come impotenti ("Non posso farci nulla!"), a pensare che il mondo ce l'abbia con loro.

Il dramma per le donne, e per gli uomini

Questi comportamenti sono più comuni fra le donne. La maggior parte degli uomini li detestano, si sentono a disagio quando accadono, e non li comprendono:
  • Perché reagire con tanta foga per una sciocchezza?
  • Perché alzare la voce quando la calma è più efficace?
  • Perché fare tutte queste scene quando sarebbe più semplice cercare una soluzione?
(con questo non voglio dire che gli uomini siano esenti dal "dramma": alcuni ci cascano saltuariamente, altri ne dipendono, ma sono più eccezioni che la regola)

Come osserva la blogger e coach Ilaria Cardani nel suo post sull'importanza di controllare l’emotività:
"Agli uomini non piace il 'dramma', non piacciono le donne che si crogiolano nel fare le drammatiche. [...]
Molte donne sono legatissime al 'dramma' e sono convinte che per godersi la vita e l’amore, gli alti e bassi emotivi siano essenziali per vivere i sentimenti in tutta la loro profondità e intensità. [...]
Queste donne sono attaccate al 'dramma' perché hanno una malintesa idea di femminilità (sono convinte che le donne devono essere oltremodo sentimentali) o provengono da una famiglia e da un ambiente dove la modalità 'dramma' ha sempre regolato le relazioni tra persone."

“Agli uomini
non piacciono le donne
che fanno le drammatiche”

C'è sempre un motivo

E' importante capire che chi tende al "dramma" ne trae un "guadagno": anche se difficilmente lo ammettono, questo tipo di persone ricavano dal dramma soddisfazione, riconoscimento o appagamento. Anche se dall'esterno qualcosa può apparire illogico, mai dimenticare che ogni comportamento ha una motivazione.

Ma quali possono essere i motivi per questi atteggiamenti irrazionali? E perché - in genere - le donne sembrano tanto inclini al dramma, e gli uomini così avversi ad esso?

Perché questa differenza

Come spesso accade per i comportamenti umani, i motivi possono essere molteplici. Alcuni sono psicologici, e possono nascere sia dal carattere personale, che dalla cultura. In altri casi può dipendere dalla maturità emozionale della persona.

Donne emotive, uomini razionali

In generale, possiamo dire che le donne sono più emozionali, mentre gli uomini sono più logici e razionali (con le dovute eccezioni). Questo è in parte innato (ci sono differenze nella struttura cerebrale dei due sessi), ed in parte dovuto all'educazione; solitamente:
  • Ai maschi viene insegnato a controllarsi, a trattenere le emozioni, a non mostrare fragilità o debolezza. Vengono educati ad agire, alla produttività, alla competizione.
  • Le femmine sono incoraggiate all'espressione emotiva ed affettiva, all'uso della creatività e fantasia. Vengono educate a sentire, a coltivare le relazioni e all'attenzione verso gli altri.

A disagio con le emozioni

Anche a causa di quanto detto sopra, spesso le emozioni intense mettono in crisi i maschi, che non vi sono abituati e non sanno come gestirle. Specialmente quelli molto razionali (che sono a disagio con le emozioni), oppure quelli tradizionali e di "vecchio stampo" (abituati all'azione e ad ignorare i loro stati d'animo; il modello del "soldato obbediente"). Molti uomini non hanno sviluppato una sufficiente "intelligenza emotiva" per comprendere e gestire le emozioni (le proprie e quelle altrui).
Di fronte al "dramma", questi uomini tendono a chiudersi o fuggire: non perché non tengano alla persona che hanno di fronte, ma per via del loro disagio.

All'estremo opposto, alcune persone non hanno mai imparato a controllare le loro emozioni, oppure a mettere in discussione quello che sentono (specialmente persone con bassa educazione); quindi sanno esprimersi solo in modo emotivo ed impulsivo.

Queste due tipologie di persone (razionali o emotive) difficilmente riescono a capirsi. Anche quando in relazione da tempo, possono rimanere come "estranei" l'uno per l'altra, perché le loro vite interiori sono come mondi diversi.

“Le donne sono più emozionali,
gli uomini sono più razionali”

Dramma come reazione ad una sofferenza

A volte i modi di espressione "drammatici" vengono adottati da persone annoiate, che si sentono sole, affamate di attenzione, o che provano un senso di vuoto. Sono un modo inconsapevole e impulsivo per sentirsi vivi ed eccitati, provare emozioni intense, mettersi in mostra e sentirsi "visti" e riconosciuti, ricevere attenzione o riempire un vuoto.
Possono essere un "grido di disperazione": "Sono qui, guardami, ascoltami, fammi sentire importante, reagisci, mostrami quello che senti...", in particolare da persone che si sentono ignorate o trascurate.

Dramma per scarsa maturità

A volte si tratta di persone immature, infantili, che quindi non hanno la forza di carattere per affrontare le difficoltà in modo calmo e maturo, e tendono invece a reagire esageratamente o a scaricare all'esterno responsabilità e colpe.

Come i nostri antenati

Troviamo un'altra spiegazione nella psicologia evoluzionistica, ovvero quella che spiega i nostri comportamenti in base alle abitudini sviluppate nel corso dell'evoluzione (perché utili alla sopravvivenza o alla riproduzione).
Per milioni di anni, fino alla diffusione dell'agricoltura (circa 10.000 anni fa), gli esseri umani hanno vissuto in tribù dove maschi e femmine avevano ruoli ben diversi:
  1. Gli uomini andavano a caccia e procuravano il cibo, oppure combattevano i nemici.
  2. Le donne restavano nella caverna o nel villaggio, occupandosi di faccende domestiche, preparazione del cibo e cura dei figli.

In queste situazioni, è chiaro che i due tipi di attività portano ad atteggiamenti ben diversi:
  1. L'uomo è occupato in attività ad alto rischio ed eccitazione (caccia, fuga dai predatori, combattimento), che comportano un stress psicologico ed anche fisico.
    Al suo ritorno, è ovvio che abbia bisogno di riposo e quiete. La sua giornata è già stata drammatica, non vuole certo altra tensione.
  2. La donna è occupata in attività noiose e ripetitive, poco stimolanti. La cura dei figli necessita grande abilità nel percepire emozioni e stati d'animo (non potendo i piccoli comunicare verbalmente), che quindi per lei risultano essenziali.
    A fine giornata, desidera un'attività differente per alleviare la noia, e vuole condividere quanto ha fatto per sentisi apprezzata e importante.
Quindi da una parte abbiamo un uomo d'azione stanco che vuole rilassarsi, e dall'altra una donna emotiva annoiata che cerca stimoli. E' uno schema che vi suona familiare? Avendo vissuto in tal modo per il 99% della storia umana, è plausibile che certe modalità siano diventate innate.

Anche oggi, nel mondo moderno in cui lo stile di vita è radicalmente diverso dalla preistoria, lo stesso atteggiamento spesso permane:
  1. A fine giornata, l'uomo torna a casa stanco e stressato, e tutto quello che desidera è mettersi tranquillo con qualcosa che lo distrae dalla tensione della giornata (la TV, il giornale, i videogiochi...).
  2. Mentre la donna - sia che ritorni anch'essa dal lavoro, sia che abbia passato la giornata in casa - ricerca emozioni, connessione ed interazione. Ha voglia di parlare di sé (anche delle quisquilie), di essere ascoltata, di dare risalto a quello che sente - anche a costo di farne una versione "romanzata" e, appunto, drammatica (che è spesso un modo di richiamare attenzione su di sé, o di contrastare un vuoto esistenziale).

“Per il 99% della storia umana,
gli uomini andavano a caccia e
le donne restavano nel villaggio”

Prima lo voglio, poi mi annoia

Un aspetto ironico della vita, è che molte donne aspirano alla stabilità affettiva del matrimonio, alla tranquillità della vita casalinga, o alle soddisfazioni della maternità. Ma quando poi vivono concretamente quelle situazioni, spesso si scoprono annoiate, frustrate e insoddisfatte; in fondo:
  • Passato il primo periodo di novità, la routine e l'abitudine della vita coniugale può facilmente annoiare. Senza contare che gli esseri umani non sono fatti per la monogamia - e questo vale anche per le donne.
  • Occuparsi della propria casa non è sicuramente la più stimolante ed appagante delle attività, anzi. Serie televisive come "Desperate Housewives" ("Casalinghe disperate") nascono proprio per rappresentare il tedio o la frustrazione che si celano dietro esistenze apparentemente serene.
  • Per quanto si ami il proprio figlio, stare dietro a quella creaturina continuamente bisognosa, dipendente e capricciosa può logorare ed esaurire.

In molti casi, la tendenza al dramma è una conseguenza di quella noia e frustrazione. Invece di ammettere che la loro vita non le appaga (o perché non ne sono consapevoli), queste donne usano il "dramma" per sentirsi vive, per provare emozioni intense, per scaricare la rabbia od esternare la sofferenza (lo stesso può accadere ad un uomo infelice nella sua vita, che però non sappia riconoscerlo od ammetterlo).

Qualche suggerimento

Prima di tutto, è necessario riconoscere la diversità degli altri e rispettarla - anche quando ci dà fastidio. Uno degli errori fondamentali nelle relazioni, è credere che gli altri siano come noi, o che dovrebbero esserlo (o addirittura volere cambiare le altre persone).

Poi, occorre riconoscere in noi stessi se apparteniamo all'una o all'altra modalità: finché non ammettiamo i nostri limiti, non potremo mai superarli. Quando invece riconosciamo che tendiamo ad essere molto emotivi, o - al contrario - a rifuggere dalle emozioni intense, possiamo arginare i nostri impulsi ed andare incontro a chi è diverso da noi.

La passione

Per le persone "drammatiche", o per chi tende ad esprimersi con molta enfasi: rendetevi conto che per gli altri può essere stressante o persino insopportabile. Anche se vi è difficile, cercate di contenervi, o di spiegare le vostre ragioni in modi più pacati e meno aggressivi. Ne ricaverete il sentirvi meno respinti e più compresi.
Quando non vi sentite in grado, prendetevi qualche momento per respirare a fondo e calmarvi. Chiedetevi cosa ci guadagnate ad alimentare il dramma, e cosa ci potreste perdere in termini di relazioni.

La ragione

Per chi preferisce la calma e la razionalità: ricordate che l'altro ha le sue ragioni, anche se vi appaiono incomprensibili. Informate il vostro interlocutore che avete bisogno di essere trattati con più rispetto; ma che, in caso contrario, vi allontanerete finché questo non diverrà possibile (l'altro ha diritto di essere come vuole, ma voi non avete il dovere di sopportarlo).
Chiedetevi se avete la tendenza a frequentare persone "drammatiche", ed il motivo; magari questa diversità vi stimola, o forse ne siete segretamente affascinati perché nascondete in voi un simile impulso - che però negate a voi stessi. Oppure vi ricordano una figura genitoriale a cui siete ancora legati.


"Non è che sono contrario al matrimonio; però mi pare che un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi."
(Massimo Troisi)


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