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Accontentarsi fa vivere meglio

Anche se non ci piace ammetterlo, tutti ci accontentiamo di qualcosa, anche se non è proprio quello che vorremmo. E questo accade in ogni settore della vita:
  • Per esempio, chi non vorrebbe vivere in un'isola tropicale, o in una meravigliosa villa? Ma ovviamente quasi tutti devono accontentarsi di sistemazioni ben più modeste.
  • Oppure, chi non vorrebbe fare un lavoro prestigioso, appagante e ben remunerato? Ma pochi arrivano a farlo.

Accontentarsi in amore

Lo stesso accade nelle relazioni (anche se qui, ancor più che in altri settori, difficilmente lo ammettiamo). Chi da giovane non sogna il Principe azzurro, o la Principessa dorata? E magari qualcuno lo incontra anche - salvo poi col tempo rendersi conto che non è proprio come sembrava all'inizio. Altri non lo incontrano mai, allora col tempo e le esperienze "abbassano" le proprie mire (magari senza nemmeno rendersene conto), e si "accontentano" di un partner abbastanza vicino ai propri desideri (o di quello disponibile al momento).

D'altronde, come si suol dire "Nessuno è perfetto". Quindi come sarebbe possibile trovare un partner "su misura"? Nella realtà l'uomo perfetto oppure la donna ideale non esistono.
Chi si ostina a cercarli non riesce a creare nessuna relazione appagante, perché nessuna persona reale sarà mai all'altezza di quell'ideale. Qualsiasi partner avrà limiti ritenuti inaccettabili e verrà inesorabilmente criticato o scartato. Il non sapersi accontentare porterà quindi ad una continua infelicità relazionale (o a lunghi periodi di solitudine).

“L'uomo perfetto
o la donna ideale
non esistono”

Illusioni e aspettative romantiche

Questa posizione scandalizzerà gli animi più romantici, quelli convinti che tutti meritino il "grande amore" o che nella scelta del partner non dovrebbero esserci compromessi. Purtroppo viviamo anche in una cultura romantica che alimenta questi ideali sentimentali illusori; col risultato di creare aspettative troppo elevate e di conseguenza devastanti delusioni - non ultima quella dell'ideale monogamico che s'infrange di fronte a tradimenti e separazioni.

Le coppie che superano la prova del tempo non sono quelle con una perfetta armonia (che esistono solo nelle opere di fantasia), ma quelle fra persone che hanno imparato ad accettare imperfezioni e limiti del partner - ovvero ad "accontentarsi" della persona che hanno di fianco (e delle sue qualità), rinunciando ad un'ideale di perfezione.

Bugie del marketing

Mi rendo conto di quanto questo argomento sia impopolare, specialmente in una società dove il marketing continua a dirci che "Tutti meritiamo il meglio" (Carrefour), "Perché voi valete" (L'Oreal), "No limits (Nessun limite)" (Sector), che puoi fare tutto, ecc. (di solito per venderci qualcosa).
Ma uno slogan è ben diverso dalla realtà.

Tutti vorremmo il meglio

Il fatto è che tutti desideriamo istintivamente il meglio - ma ben pochi sono capaci di ottenerlo. Tutti vorremmo una vita straordinaria, per un aspetto o per l'altro (amore, lavoro, avventure, passioni...). Ma siccome siamo quasi tutti persone ordinarie, lo straordinario rimane quasi sempre fuori dalla nostra portata.

“Tutti desideriamo il meglio,
ma pochi sono capaci
di ottenerlo”

Volere tutto

Potrebbe sembrare che chi non si accontenta ottiene di più. A volte può funzionare ma, nella maggior parte dei casi, chi non si accontenta mai arriva a ben poco, perché tende a rifiutare le opportunità in attesa di "quella giusta" - che magari non arriva mai. Finisce così col vivere pieno di amarezza e risentimento, rancoroso verso la vita perché ritiene che avrebbe meritato di più, e spesso invaso dai rimpianti.
In poche parole, chi vuole tutto quasi sempre si ritrova con poco o nulla.

Peraltro avere tutto, fare tutto o essere tutto è impossibile, perché semplicemente sovrumano. La rinuncia è parte inevitabile della vita, proprio come l'accontentarsi (quantomeno certe volte).

Abbastanza buono è sufficiente

A mio parere, nella vita è sano e saggio adottare un criterio di "abbastanza buono" ("good enough" in inglese): se ci impegniamo e diamo il nostro meglio e otteniamo un risultato abbastanza buono, anche se non eccelso o inferiore a quello altrui, è già un buon successo e qualcosa di cui essere contenti. Vedi per esempio il concetto di "genitore abbastanza buono" sviluppato dallo psicanalista Donald Winnicott.
Non ha senso svalutare i risultati intermedi o solo discreti:
  • Non sempre è possibile, o ragionevole, o sensato, arrivare al massimo in qualcosa (potrebbe richiedere un impegno sproporzionato ai vantaggi).
  • Raggiungere un risultato di 4, 5 o 6 (su una scala da zero a 10), è comunque molto meglio di zero, non qualcosa da disprezzare o di cui vergognarsi.
Chi sente il bisogno di essere sempre al top, chi non accetta di essere mai mediocre o sconfitto, è di solito una persona nevrotica e complessata, che usa le conquiste per nascondere le sue insicurezze.

Consideriamo pure che l'opposto dell'abbastanza buono è il perfezionismo: un atteggiamento che - come ben sa chi ne soffre - non porta alla perfezione ma all'ossessione e alla nevrosi (perché per costui nulla è mai abbastanza buono).

Accontentarsi troppo

Naturalmente esiste anche un "accontentarsi troppo", ovvero adattarsi eccessivamente e passivamente ad una situazione, rinunciando a tutto quello che davvero vorremmo.
Un caso del genere accade quando ci accontentiamo di qualsiasi partner pur di non restare soli (oppure di qualsiasi amico, qualsiasi lavoro, ecc.). Di solito questo accade quando abbiamo scarsa stima di noi stessi, quindi disperiamo di poter trovare di meglio; oppure abbiamo troppa paura dell'ignoto o dell'incertezza, quindi ci aggrappiamo a situazioni familiari anche se deludenti.

Se è vero che sapersi accontentare aiuta a vivere con più serenità e appagamento (invece di rincorrere sempre un "meglio" che spesso è fuori portata), è anche vero che accontentarsi eccessivamente produce infelicità:
  • Ci induce ad ignorare o rinnegare i nostri desideri autentici
  • Ci porta a fossilizzarci in situazioni disarmoniche e infelici (relazioni sterili e frustranti, lavori deprimenti, ambienti in cui ci sentiamo fuori posto...)
  • Frena la naturale tendenza allo sviluppo e alla crescita personali

Insomma, come per tante cose anche nel sapersi accontentare "la virtù sta nel mezzo". Volere troppo o - al suo opposto - farci andare bene qualsiasi cosa, invece, tendono a diminuire la qualità della nostra vita.

Abbastanza positivo o troppo negativo?

Ma se le soluzioni ideali sono rare, e accontentarsi è spesso necessario, come capire se la situazione in cui ci stiamo accontentando ha senso, vale comunque la pena, oppure stiamo ingannando noi stessi a restare in qualcosa che ci fa male? (pensiamo a un partner violento o che ci maltratta di continuo, a un lavoro che ci induce alla depressione, ad un ambiente familiare che distrugge la nostra autostima).
Posto che ogni situazione ha pro e contro, dobbiamo chiederci se l'essere in quella situazione deriva da una scelta gioiosa oppure da una scelta forzata:
  • Nel primo caso la situazione, pur con aspetti negativi, tenderà a darci nutrimento, soddisfazione, piacere e benessere (anche se non sempre o con episodi di frustrazione).
    Il bilancio sarà in positivo: il bene sarà superiore al male; il "guadagno" superiore ai "costi". Saremo in quella situazione perché, in fondo, ci piace esserci (scelta gioiosa).
  • Nel secondo caso, anche se ne traiamo qualche vantaggio (altrimenti non staremmo lì), gli aspetti negativi saranno in maggioranza: ricaveremo più dolore che piacere, più frustrazione che soddisfazione, più rabbia che pace.
    Il bilancio sarà negativo: più male che bene; molta sofferenza, poca gioia. Probabilmente restiamo lì controvoglia, per paura, disperazione o risentimento (scelta forzata).

Cosa significa accontentarsi

Con "accontentarsi" non intendo dire non avere preferenze, prendere tutto quel che arriva, o non avere ambizioni. E' importante avere desideri, ambizioni e sogni per la propria vita, e impegnarsi per realizzarli: se non puntiamo in alto, non avremo occasione di spiccare il volo.
Ma siccome la realtà non si adatta a noi, a volte è più utile e costruttivo essere noi ad adattarci a lei; specialmente quando abbiamo provato di tutto, o non vediamo alcuna possibilità migliore. "Accontentarsi", per come la vedo io, vuol proprio dire avere questa capacità di adattamento, di adattarsi alle condizioni della vita quando questa non gira come vorremmo; adattarsi in senso evolutivo, cioè saper operare nella maniera più efficace rispetto alle condizioni dell'ambiente.

Quando vorremmo "10" ma la vita ci offre "5", accontentarsi (o adattarsi) significa prendere quel "5" e saperselo godere; mentre chi pretende o rifiuta orgoglioso, con tutta probabilità si ritroverà con zero.

“La realtà non si adatta a noi,
ma noi possiamo
adattarci a lei”

Chi s'accontenta gode

Accontentarsi non significa per forza vivere male, frustrati o insoddisfatti. Usando le proprie capacità creative e di adattamento, è possibile accontentarsi (quando non si riesca a fare di meglio) e raggiungere comunque risultati appaganti. Di seguito alcuni esempi:
In pratica, il fatto che spesso non riusciamo ad avere esattamente quello che vogliamo non esclude di poter trovare delle alternative - magari non ideali ma comunque interessanti. Poiché praticamente ogni situazione presenta aspetti positivi e negativi, per vivere bene è importante saper apprezzare la parte positiva, e minimizzare quella negativa (per esempio limitando gli aspetti irritanti o cercando altrove quel che manca).

Mettere assieme i pezzi

Secondo questo approccio possiamo vedere la nostra vita come un puzzle: ogni cosa che desideriamo, o per noi importante, è un pezzo del nostro puzzle, e più risulta completo meglio ci sentiamo. Invece di vedere la felicità come un obiettivo unico, magari legato ad una singola condizione ("Sarò felice quando avrò / sarò / farò..."), il modello del puzzle ci mostra come la felicità personale sia un "mosaico" di tanti elementi che contribuiscono alla nostra realizzazione ed appagamento.
Diventa così più facile coltivare i singoli elementi, magari in ambiti diversi. In questo modello "accontentarsi" può voler dire trovare una soddisfazione da una fonte inaspettata o diversa da quella che vorremmo:
  • Se nel mio lavoro non è possibile utilizzare la mia creatività, la posso applicare in altri ambiti.
  • Se voglio condividere una passione col mio miglior amico, ma a lui non piace, posso trovare un'altra persona a cui interessi.
A volte restiamo nell'infelicità perché ci ostiniamo a voler trovare qualcosa in una certa situazione, dove però non è possibile, invece di cercare altrove.

“La nostra vita è come un puzzle:
più risulta completo,
meglio ci sentiamo”

Accontentarsi nelle relazioni

Questo discorso è particolarmente vero nelle relazioni. Poiché siamo tutti imperfetti e limitati, anche le nostre relazioni lo saranno:
  • qualsiasi partner ci offrirà aspetti positivi ed altri meno;
  • qualsiasi persona potrà contribuire alcuni pezzi al nostro puzzle, ma non altri.
L'ideale romantico dice che il partner dovrebbe darci tutto e non presentare aspetti negativi, ma questo è umanamente impossibile. In questo ambito, "accontentarsi" di un partner significa che invece di pretendere tutto ci adattiamo alla situazione in modo elastico:
  • Da una parte apprezziamo e godiamo di tutti i "doni" del partner, di tutti gli aspetti positivi che ci arricchiscono l'esistenza, e gliene siamo grati.
  • Dall'altra accettiamo i suoi limiti ed imperfezioni, però senza necessariamente subirli: se un comportamento ci ferisce troviamo un accordo per cui venga evitato o ridotto; se abbiamo un bisogno che l'altro non può soddisfare, possiamo cercare altrove quel "pezzo" mancante:
    • Se tua moglie non sa fare il risotto che ti piace tanto, puoi imparare a cucinarlo tu.
    • Se tuo marito odia i pomeriggi di shopping, puoi passarli con le amiche.
    • Se il tuo compagno è taciturno (ma possiede altre qualità), trova altre persone con cui fare lunghe chiacchierate.
In questi casi "accontentarsi" non vuol dire rinunciare, ma trovare una soluzione creativa - anche se magari non ideale.

Trovare alternative in altre persone

Anche in ambito affettivo o sessuale, se il partner non soddisfa un nostro bisogno importante o lo fa solo in parte, possiamo considerare la possibilità di cercare in altri quello che non troviamo nella coppia (ovviamente è un'ipotesi di cui discutere insieme per trovare una soluzione che funzioni per entrambi).
Ad alcuni questo potrà sembrare un "volere tutto". Ma può anche essere visto come una soluzione di compromesso (quindi un accontentarsi), invece di soluzioni "estreme" come forzare il partner a cambiare (cosa impossibile) oppure lasciarlo perché carente (tanto a qualsiasi partner mancherebbe comunque qualcosa). Anche sopportare stoicamente una grave mancanza non è una vera soluzione, perchè col tempo porta inevitabilmente all'accumulo di malessere e risentimenti, che avvelenano la relazione fino ad ucciderla.

Naturalmente questa possibilità si scontra con l'ideale romantico della coppia chiusa, in cui il partner dev'essere l'unica fonte di soddisfazione affettiva, erotica ed esistenziale (è l'altro che definisce il mio valore). Ma pretendere che il partner soddisfi ogni mio bisogno è un atteggiamento infantile; è una forma di delegare la propria felicità ("Occupatene tu"), invece di prendermene la responsabilità come fa un adulto.
Nel modello del puzzle, è una mia responsabilità trovare i vari pezzi che arricchiscono la mia vita; nessuno ha il dovere di completare il mio puzzle (anche se ovviamente può contribuirvi, se vuole).


"Se nessuno attorno a voi è all'altezza delle vostre aspettative, forse esse sono troppo alte."
(Bill Lemley)


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Di fronte alla bellezza siamo come cani di Pavlov

Un riflesso condizionato

Noi reagiamo alla bellezza similmente ai cani nell'esperimento di Pavlov: apprezzare e perseguire la bellezza è una forma di "riflesso condizionato" (dalla nostra biologia e dall'evoluzione) che raramente mettiamo in discussione.
Il parallelo tra l'esperimento di Pavlov sui riflessi condizionati e l'effetto della bellezza è questo:
  • Nell'esperimento, i cani venivano condizionati a salivare quando suonava un campanello, associandolo al cibo. Ma questo accadeva poi anche in assenza di cibo.
  • Noi siamo istintivamente condizionati a reagire alla bellezza, associandola al piacere e alla felicità. Ma questo accade anche quando detta bellezza non porta piacere e addirittura produce infelicità (per esempio se continuo a perseguire una persona attraente che mi rifiuta).

Perdere la testa

Possiamo vedere qualcuno che ci affascina e "perdere la testa": questa persona può sembrarci il partner ideale, quello che abbiamo sempre cercato, il compagno per la vita, persino quello con cui avere dei figli... senza che sappiamo nulla di lui o lei! - solo per via del suo aspetto.
Per quanto ne sappiamo potrebbe essere Jack lo squartatore o una serial killer, eppure ne siamo incantati. Perdiamo letteralmente la ragione.

“Perdiamo la testa
senza sapere nulla
di lui o lei”

Un potere che non mettiamo in discussione

Molto spesso inseguiamo le donne o gli uomini più attraenti (anche se fuori dalla nostra portata), scartiamo le persone meno dotate esteticamente (anche quando ricche di altre qualità), e quasi mai mettiamo in discussione questo impulso.
Persino quando questa "dipendenza dalla bellezza" ci rende infelici, o peggiora la nostra vita relazionale, il più delle volte viene data per scontata - soprattutto in gioventù. Quante discussioni ho visto (specialmente fra uomini, ma non solo) che gravitano esclusivamente sui vari livelli di bellezza o su altri attributi estetici.

Non solo la bellezza ha su di noi un enorme potere, ma questo potere ha uno status quasi mitico, è una sorta di imperativo a cui quasi sempre ci inchiniamo.
Le rare persone che cercano di sfuggire al suo influsso (dando meno peso alla bellezza, o anteponendo altre qualità nella ricerca dei partner) appaiono come strane o anomale.
Mi chiedo quanto questo perseguire la bellezza sempre e comunque sia una "sudditanza biologica" (la Natura comanda e noi ubbidiamo passivamente), e quanto sia conformismo ("Se tutti fanno così, allora è la cosa giusta"). Quest'ultimo fattore è accentuato dal bombardamento mediatico che esalta l'aspetto, che così assume un'importanza ancora più assoluta.

“La bellezza ha su di noi
un potere enorme”

L'attrazione non è garanzia di felicità

Senza contare che l'attrazione non offre alcuna garanzia di compatibilità, intesa o felicità relazionale: possiamo essere molto attratti e trovare quella persona insopportabile. Quindi basare la relazione principalmente sull'attrazione (come accade in molte coppie e persino matrimoni), può portare ad emozioni intense sul breve periodo, ma è una base altamente fragile e inaffidabile nel tempo.

La bellezza ci porta a sottometterci

L'attaccamento alla bellezza del partner porta anche ad uno squilibrio di potere: ne diventiamo dipendenti, e tendiamo a sottometterci per non perderne l'approvazione ("Farò di tutto per averti - o non perderti").

Questo è un problema specialmente per i maschi, perché in genere mettersi in una posizione di sottomissione verso una donna diminuisce la stima e l'attrazione che lei prova per lui (in teoria è gratificata dalla sua devozione, ma in pratica lui perde di valore agli occhi di lei). Il tipico "Sei bellissima!" espresso con occhi adoranti ad una femmina attraente, provoca in lei una reazione di noia e disinteresse, perché lui è l'ennesimo che glielo dice.
Siamo attratti da persone che hanno un valore uguale o superiore al nostro, ma mostrarci sottomessi o dipendenti è un segnale di minor valore - quindi non attraente.

Superare gli istinti naturali

Secondo me, il fatto che il potere della bellezza sia naturale non significa che sia innocuo o che non vada messo in discussione. E' molto simile al potere delle cose dolci (zuccheri e carboidrati in generale): quando ne mangiamo il nostro cervello rilascia dopamina (molecola del piacere), e proviamo l'impulso di mangiarne ancora e ancora.
Non serve un nutrizionista per capire che imbottirsi di zuccheri (specialmente se raffinati) porta solo danni. Basta guardare l'epidemia di obesità, diabete e altre patologie legate ad un'alimentazione insana: certamente mangiare cibi sfiziosi ci viene istintivo e naturale, ma ci porta anche risultati che non vorremmo.

Allo stesso modo, se ci lasciamo condizionare passivamente dall'istinto verso la bellezza, ne diventiamo schiavi. E rischiamo di fare scelte relazionali che possono portarci un piacere momentaneo (se tutto va bene), ma sul lungo termine condurci a vite relazionali infelici o disfunzionali. Due esempi classici sono:
  • L'uomo che corre sempre dietro a donne tipo modelle, con grande dispendio di tempo e denaro, ma con scarsi risultati e nessun appagamento profondo.
  • La donna che si interessa solo ai maschi più seducenti e appariscenti, che sono tipicamente egocentrici e narcisisti, per cui si ritrova regolarmente tradita e trascurata.

“Il potere della bellezza
è simile
al potere delle cose dolci”

Andare oltre la propria natura

L'obiezione più ovvia è "Ma se qualcuno non mi piace esteticamente (o non mi attrae), non me lo posso far piacere. Va contro la mia natura". Certo, perché è un condizionamento innato, come dicevo all'inizio.
Però a volte può essere importante e necessario andare "contro natura". Per usare un'altra metafora alimentare, a me d'istinto non piaceva l'insalata. Ma sapendo che era saggio mangiarla, ho trovato un modo appetitoso di prepararla, ed ora la gradisco molto. Potrei dire che apprezzare l'insalata "non era nella mia natura"? Oppure che non sapevo apprezzarla, ed era un mio limite che ho superato?

Similmente, è naturale aver paura di volare: va decisamente contro la nostra natura di animali terrestri. Eppure riusciamo a ignorare quell'istinto. Idem per la paura del buio: crescendo impariamo a superarla.
Non sto dicendo che dobbiamo farlo, ma che possiamo farlo. La nostra personale natura non è incisa nella pietra: in realtà cambiamo continuamente. Solo che farlo in modo costruttivo richiede uno sforzo cosciente, per esempio:
  • Abituarsi ad apprezzare maggiormente le qualità meno appariscenti.
  • Ignorare (almeno momentaneamente) l'impulso che ci porta a scartare una persona per ragioni estetiche, e insistere nel conoscerla se ha altre qualità che apprezziamo.
L'alternativa è rimanere schiavi condizionati dagli istinti.

A volte l'essenziale è invisibile allo sguardo

Un esempio personale: anni fa conobbi una donna con cui c'era una forte intesa intellettuale. Esteticamente non ci piacevamo ma, siccome ci piaceva molto la mente e la personalità dell'altro, non ci siamo fatti frenare e abbiamo continuato a conoscerci. Quando siamo arrivati a fare sesso abbiamo scoperto che il contatto di pelle risultava delizioso, e i nostri corpi stavano benissimo insieme! Il risultato è stata la relazione più importante che avevamo mai vissuto, e il sesso migliore che avessimo mai sperimentato.
Anche altre volte, in cui l'aspetto di lei non corrispondeva ai miei canoni, si sono poi sviluppate relazioni intense sia a livello sentimentale che sessuale.

Come diceva il "Piccolo Principe" nel romanzo omonimo, "L'essenziale è invisibile all'occhio". Se ci facciamo limitare dall'aspetto visivo, potremmo perdere opportunità preziose. Certamente non sempre gli sviluppi sono positivi com'è accaduto a me, ma non farsi limitare dallo sguardo - paradossalmente - allarga i nostri orizzonti.

Anche la bellezza, ma non solo

Ovviamente non propongo di ignorare completamente la bellezza, quanto di considerarla come uno dei fattori di attrazione (non l'unico o il principale), e di diffidare del suo potere di farci sragionare: questo è uno di quei casi in cui le emozioni possono ingannarci e portarci fuori strada.


"La bellezza ci può trafiggere come un dolore."
(Thomas Mann)

"L'amore costruito sulla bellezza muore presto, come la bellezza."
(John Donne)

"E' straordinario che sia così perfetta l'illusione che la bellezza è bontà."
(Lev Tolstoj)


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