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Perché credi che il mondo peggiori, ma ti sbagli

Mi trovo spesso a discutere con persone convinte che il mondo vada sempre peggio, o che sia diventato peggiore che in passato. Poiché sono convinto del contrario, ho persino scritto un post dove spiego come il mondo vada sempre meglio (anche se certo con alti e bassi), completo di una lunga carrellata storica che lo dimostra.
Ma in queste discussioni ho notato una cosa: anche quando messi di fronte a fatti e prove concrete, queste persone tendono a rimanere fisse sulle loro convinzioni negative - nonostante queste siano sgradevoli e deprimenti. Quindi mi sono chiesto: "Come mai certe persone si convincono che il mondo vada peggiorando (anche se ciò non è oggettivamente vero), e soprattutto perché restano aggrappate tenacemente a questa convinzione?".


Perché crediamo alle brutte notizie

Partiamo dalla prima parte della domanda: come mai molti tendono a credere alle brutte notizie più che a quelle buone? Ci sono diversi motivi.

1. Diamo più peso al negativo

La nostra mente dà molto più peso agli eventi o informazioni negativi, che a quelli positivi. E' lo stesso principio per cui perdere 1000 euro ci fa soffrire molto di più, di quanto ci faccia gioire vincere 1000 euro. Nel nostro cervello, dolore e piacere non hanno lo stesso peso: il primo ha decisamente la priorità.
Questo ha ragioni evoluzionistiche (cioè legate alla sopravvivenza): poiché dare importanza agli eventi dolorosi o rischiosi ci aiuta ad evitare i pericoli, questa tendenza è stata premiata dall'evoluzione. In altre parole, chi si preoccupava del peggio è sopravvissuto di più, quindi questo tratto si è diffuso.

Questo spiega anche perché tendiamo a dimenticare le cose buone nella nostra vita, ma abbiamo sempre presente quello che ci manca. Ciò porta ad una "mentalità di scarsità", per cui ci sentiamo più poveri e svantaggiati di quanto siamo realmente (se non so apprezzare quello che ho, è come se non lo avessi). Lo stesso si applica alla visione del mondo: i più dimenticano i benefici di cui godono, ma si concentrano sugli aspetti negativi.

2. Memoria selettiva

Per una serie di ragioni, di solito le persone hanno un ricordo "edulcorato" del loro passato, o dell'infanzia: ricordano cioè le cose meglio di come realmente fossero, o dimenticando gli elementi negativi. E' per questo che così tanti cadono nella trappola del "Stiamo perdendo i valori" oppure del "Ai miei tempi si stava meglio" : ciò non è quasi mai vero, ma la memoria selettiva lo fa apparire tale.
Per esempio il 50-60enne ricorda i giorni spensierati di quando era ragazzo o il calore familiare... ma dimentica magari le tante privazioni, le volte che i genitori dicevano "Questo non ce lo possiamo permettere", la severità delle punizioni, i bulli che lo angariavano a scuola o durante il militare, senza contare fenomeni di ampia scala come la Guerra Fredda o gli "anni di piombo".
Queste persone, spesso, più che dei tempi passati hanno nostalgia della loro stessa giovinezza ormai perduta.

3. Influsso dei media

Una vecchia regola del giornalismo è che "il sangue fa vendere i giornali" ("If it bleeds, it leads"). Infatti un giornale, o una trasmissione, che enunciasse "Oggi terribile disastro!" avrà certamente più pubblico di uno che dicesse "Oggi tutto bene" - per il motivo esposto al punto 1.
Quindi i media, che come tutte le aziende sono legate al profitto, sono spinti a dare risalto alle notizie negative molto più che a quelle positive. Ne consegue che basarsi sui report dei media ci offre una visione distorta della realtà: se 100 persone sono gentili ed uno solo è un criminale, si parlerà solo di quest'ultimo; facendoci pensare che le persone gentili siano poche o inesistenti.

Alcuni esempi concreti di aree in netto miglioramento, ma che i media invece drammatizzano o ignorano:
  • Omicidi: continuano a diminuire da secoli (qui i dati europei per nazione). In Italia erano 70 per 100.000 abitanti nel 1400, 8 nel 1800, 4 nel 1900, oggi sono meno di 0,5.
    Ma non è questa l'impressione che si riceve dai media.
  • "Femminicidi": sono in calo costante (dimezzati dal 1992 al 2022), e sono la minor causa di morte in Italia (meno di 100 l'anno, lo 0,0003% della popolazione femminile).
    Eppure i media ne parlano come se fossero un'emergenza in aumento.
  • Mortalità infantile: fino al 1900, mediamente nel mondo moriva un bambino su due: il 50% (in Italia nel 1700-1800 era superiore al 40%). Provate a immaginarvelo: mettete al mondo quattro figli e ne muoiono due.
    Al 2020, la mortalità infantile mondiale era scesa al 4,3%. Nei paesi più civilizzati è allo 0,3% (un progresso di oltre il 99,5%). In Italia è intorno all'1%. Ma è molto più frequente sentir parlare di "sanità allo sfascio".

Social media

Questo fenomeno è amplificato all'estremo nei social media: il loro uso degli algoritmi, infatti, permette una visualizzazione filtrata delle informazioni per ogni utente. Per cui ogni utilizzatore tenderà a vedere principalmente:
  • Ciò che più lo emoziona (eventi negativi), ed a cui reagisce maggiormente (punto 1).
  • Ciò che il social media stesso ritiene provochi una maggiore permanenza sulla sua piattaforma (quindi maggiori introiti pubblicitari); cioè eventi negativi o che comunque suscitano le sue reazioni emotive (indignazione, rabbia o paura).
Sono questi meccanismi che generano il fenomeno del doom-scrolling, ovvero del continuare a visualizzare "notizie negative su dispositivi digitali", cosa che può provocare "ansia, incertezza, preoccupazione, paura, angoscia, insonnia, disappetenza e anedonia".

Pubblicità

Questo vale anche per la pubblicità: infatti il marketing usa la paura per vendere di più o cose superflue. Una persona spaventata o preoccupata comprerà più medicine, più assicurazioni, più antifurti, porte più blindate, più armi, auto più grandi (SUV), ecc... tutto ciò che la rassicura (anche quando non ne ha realmente bisogno).

Chi cade in questa sorta di circoli viziosi, si convince sempre di più di quanto il mondo vada a rotoli... perché è tutto ciò che assorbe dai media: non una visione completa e bilanciata della realtà, ma una in cui esistono solo drammi e tragedie.

“I media danno risalto
alle notizie negative
molto più che a quelle positive”

4. Siamo più informati

Un motivo per cui il presente sembra peggiore del passato, è che oggi siamo molto più informati: nel senso che solo alcuni decenni fa non si parlava quasi mai di certi argomenti (pedofilia, violenze domestiche...), e raramente venivamo a sapere di tragedie accadute in altre parti del globo. Per esempio nel 1950 la Cina invase il Tibet, ma non ricordo fosse un argomento diffuso quando ero ragazzo (anni '70); invece quando nel 2014 la Russia ha invaso la Crimea, tutti ne hanno parlato.
In quest'epoca ogni evento negativo viene riportato, analizzato ed amplificato (ma non la maggioranza di quelli positivi): la nostra mente è quindi "bombardata" da brutte notizie che arrivano da ogni parte del mondo, aumentando la sensazione che il mondo stesso stia andando a rotoli. In realtà certe eventi sono sempre accaduti (e ciononostante il mondo è andato avanti ed ha continuato a progredire), ma in passato venivano ignorati o sottaciuti.

5. Ignoranza della storia

Non solo tendiamo a dimenticare molte sofferenze del nostro passato personale (punto 2); ma tendiamo anche ad ignorare, o dimenticare, le tragedie del passato, anche quello relativamente recente. Siamo concentrati sulle "news", ma dimentichiamo la Storia: questo porta ovviamente ad una visione distorta dalle emozioni del momento.
Esempio: in questo periodo (agosto 2025) una notizia di grande risalto è la strage di civili nella striscia di Gaza operata dall'esercito israeliano (al momento oltre 60.000 vittime). Questo ha - giustamente - scioccato molti, e può apparire motivo di pessimismo o di perdita di fiducia nell'umanità. Ma solo se ci dimentichiamo di altre tragedie molto più vaste:
  • Durante la Prima Guerra Mondiale (06-11/1916), nella sola Battaglia della Somme vennero uccisi oltre un milione di soldati.
  • Negli anni 1932-1933 le politiche di Stalin portarono intenzionalmente ad una carestia in Ucraina, chiamata Holodomor ("sterminio per fame"), che produsse dai 3,5 ai 5 milioni di vittime.
  • Nei dieci anni della Rivoluzione Culturale cinese promossa da Mao Tse-Tung (1966-76), vennero uccise tra 1 e 20 milioni di persone, dai loro stessi connazionali.

Certamente lo sterminio a Gaza è gravissimo... ma non possiamo considerarlo peggio degli eventi citati. Per cui prenderlo come dimostrazione, come fanno molti, di "decadenza" o "perdita di valori umani", è frutto di pura ignoranza o "miopia storica".
Per chi ha una decente conoscenza della storia, in effetti, è difficile pensare in termini diversi da "in passato andava peggio, e più andiamo indietro nel tempo peggio andava" (come ho mostrato nel post "Il mondo va sempre meglio").

6. Ci aspettiamo un miglioramento continuo

Rispetto a tutti gli altri animali, gli esseri umani hanno la particolarità di volere sempre di più: è grazie a quell'impulso che siamo passati dalle caverne ai grattacieli, o dal carretto al Jumbo Jet in soli tre secoli. Questa mentalità però ci rende incontentabili, e produce almeno due aspettative irrealistiche.

Tutto deve sempre migliorare

Ci aspettiamo che tutto migliori, mentre è ovvio che ogni progresso comporta pro e contro. E siccome diamo più peso al negativo (punto 1), molti si lamentano dell'inquinamento ma "dimenticano" l'utilità del riscaldamento, delle auto o della produzione industriale (che in effetti inquinano, ma di cui non faremmo certo a meno). Magari rimpiangono l'aria pulita di 100 anni fa... ma "dimenticano" il freddo, la fatica e la fame che pativano le persone di quell'epoca. In pratica gli umani vorrebbero "l'uovo e la gallina", il progresso ma senza effetti collaterali.

Tutto deve migliorare in modo costante

Ci aspettiamo che il progresso sia continuo, ma ciò non è realistico. Non accettiamo che sia del tutto naturale fare due passi avanti ed uno indietro.
  • Per esempio le condizioni economiche delle famiglie occidentali hanno continuato a migliorare dopo il 1950, ma si sono per certi versi stabilizzate negli ultimi 10-20 anni. Ciò è normale: l'economia è ciclica, e nessun economista si aspetterebbe una crescita perenne. Però molte persone vivono una interruzione, od anche solo un rallentamento, come se fosse un peggioramento.
  • Oppure: nel campo farmaceutico si sono fatti enormi progressi, ma naturalmente non vengono inventate cure miracolose ogni anno. Quindi se per esempio certi tumori continuano a mietere vittime, molti lo vivono come un regresso: "Come mai la scienza non fa nulla?!?", ignorando che le cure sono assai migliori di 50 anni fa (ma comunque non infallibili).
  • O, ancora: quando avviene un effettivo peggioramento della situazione (una crisi economica, una nuova guerra, un governo fallimentare...), invece di vederla come un periodo transitorio, spesso lo interpretiamo come una prova di decadenza generale: "La crisi ci butterà tutti su lastrico!", "Arriva la terza guerra mondiale!", "Il Paese ormai è in rovina!", "Le persone sono impazzite"...
Di nuovo, ci si dimentica che l'umanità ha sempre vissuto tragedie e cataclismi, ha sempre attraversato alti e bassi, così come ha sempre superato, prima o poi, ogni crisi.

“Gli esseri umani
hanno la particolarità
di volere sempre di più”

Ragioni particolari o personali

L'elenco sopra - composto da motivi che valgono per ogni essere umano o per una maggioranza - rende più chiaro perché molti rimangano aggrappati ad una visione emotivamente pessimista, anche di fronte a prove contrarie. Ma ci sono categorie di persone ancora più risolute nel negare con forza qualsiasi interpretazione positiva della realtà, per possibili motivi personali che ora proverò ad esaminare.

Confrontare il presente con una utopia

Molti sostengono che "Il mondo fa schifo" perché lo confrontano, magari senza rendersene conto, con una loro visione idealizzata di come il mondo dovrebbe essere. Ovviamente il mondo reale, così come gli esseri umani reali, potranno solo fare una pessima figura rispetto al "mondo perfetto" o all'essere umano "come dovrebbe essere"!
Ogni confronto del genere sarà inevitabilmente fallimentare, perché il mondo non è fatto per renderci felici (e mai lo è stato), e gli esseri umani per loro natura sono imperfetti, fallibili e spesso egoisti o stupidi.
In questo caso l'errore non sta nell'ignoranza o disinformazione, quanto nel non saper distinguere tra utopia immaginaria (per quanto auspicabile) e mera realtà. Costoro sembrano attendere - o pretendere - un mondo in cui nessuno soffra più, nessun delitto e nessuna ingiustizia avvengano, e tutti vivano in fraterna armonia: un sogno fantastico quanto irrealizzabile.

Confrontare il presente con un passato ideale mai esistito

Similmente al caso precedente, alcuni confrontano il presente con un passato ideale od ottimale che non è mai realmente esistito, ma che loro immaginano comunque:
  • Ingenui idealisti, che credono possa esistere, o sia già esistita, una "Età d'Oro".
  • Persone religiose, che credono ad una possibile società ideale basata sulla loro fede, come per i cristiani il "Regno dei Cieli".
  • Femministe, che si convincono come secoli fa la Terra fosse dominata da un "matriarcato" benevolo (a dispetto dell'assenza di prove storiche fondate; "il matriarcato inteso come governo delle donne non è mai esistito").
  • Persino alcuni seguaci di certe aree politiche (specialmente di sinistra, ma non solo), hanno un ricordo alquanto distorto di certi periodi, che quindi rimpiangono con nostalgia: così abbiamo non pochi "sinistroidi" che ricordano l'URSS come un luogo in cui vigeva giustizia sociale e diritti umani (!), così come "destroidi" convinti che Mussolini abbia fatto del bene all'Italia (!!!).

Le ragioni per cui certi individui credono a simili idee in assenza di prove, o addirittura in contrasto con ogni fonte storica, sono da ricercare nella psiche di ciascuno. Certo è che con tali persone ogni ragionamento razionale è vano, in quanto le loro convinzioni sono basate su fantasie e non sulla realtà.

“Alcuni confrontano il presente
con un passato ideale
che non è mai esistito”

Confondere il personale col generale

Spesso prendiamo le difficoltà personali come se fossero prova di un problema generale:
  • Se mi ritrovo disoccupato allora "L'economia sta andando a rotoli"...
  • Se un uomo viene tradito allora "Le donne sono tutte baldracche"...
  • Se una donna non trova una relazione stabile allora "Oggi gli uomini non vogliono impegnarsi"...
  • Se mi rifilano una fregatura allora "Non ci si può più fidare di nessuno"...
  • Se un medico sbaglia una diagnosi allora "Oggi i dottori sono tutti incapaci"...
Immagino che le frasi di cui sopra le abbiate sentite tutti. Ma è davvero così? O, piuttosto, molto spesso il problema riguarda solo noi, od un gruppo ristretto di persone, o magari è stato un colpo di sfortuna...?

Sembra che certe persone trovino insopportabile ammettere che quanto gli accade magari dipende da loro errori (invece che da un problema comune) e quindi, di nuovo, preferiscono dare la colpa al mondo...
O gli piace pensare che tutti siano messi male come loro, perché l'idea che altri stiano molto meglio li fa rodere di invidia...
Oppure cadono in una sorta di "egocentrismo cognitivo", per cui non sanno più distinguere fra loro stessi ed il resto del mondo, o non concepiscono che altri possano vivere in situazioni ben diverse e - non sia mai! - ben migliori della loro...

Pessimismo come proiezione e negazione

Infine, per alcuni il motivo del loro pessimismo è una proiezione verso l'esterno del loro disagio interno. Queste persone soffrono di un profondo malessere interiore: sono depresse, disadattate, disperate, spesso isolate ed incapaci di affrontare efficacemente la realtà, o di trovare soddisfazione in essa. Poiché loro si sentono in modo orribile, ne deriva che il mondo debba essere un posto orribile; come potrebbe essere un bel posto, se loro stanno così male?
Inoltre coltivano una mentalità vittimistica e, proiettando la propria condizione negativa sul mondo, negano di averne responsabilità: invece di ammettere, realisticamente, "La mia vita fa schifo perché ho una serie di gravi problemi", si consolano convincendosi che "La mia vita fa schifo perché il mondo fa schifo: quindi è colpa sua e non mia".
Queste persone faticano ad ammettere che altri possano vivere felici; perché questo implica che il problema sia dentro di loro, non fuori.

Questo vale anche per coloro che insistono a dire che "là fuori" è pieno di persone malvagie od orribili. Di solito queste persone hanno subìto gravi traumi, ma invece di riconoscerli e prendersene cura li proiettano all'esterno. Così, invece di ammettere "Mi hanno fatto cose terribili (ed ora devo farci qualcosa)", si convincono che "Il mondo è pieno di persone terribili".

Non è una novità

L'illusione del "Un tempo si stava meglio", "Una volta c'erano più valori", "Prima le persone erano migliori" sembra essere una costante della nostra specie, non un fenomeno recente: infatti ne vediamo esempi in tutte le epoche, tramite gli aforismi. Un esempio celebre è Cicerone, che ancora prima di Cristo si lamentava della decadenza nella sua epoca dicendo "O tempora o mores!", ovvero "Che tempi, che costumi!".

Possiamo quindi concludere che è tipico dell'essere umano lamentarsi del presente, dimenticando i problemi del passato ed anzi idealizzando i tempi che furono (che di solito erano peggio di come li ricordiamo). In più, alcune persone particolarmente sofferenti o problematiche si attaccano a questo tipo di convinzioni, perché trovano in esse giustificazioni alla loro sofferenza e/o alibi per scaricarne all'esterno la responsabilità.
Quindi la prossima volta che sentirete qualcuno affermare che "Il mondo va sempre peggio...", potete ricordavi che quasi sicuramente non è vero, e quindi mantenere ottimismo e speranza nel futuro - che aiutano a vivere meglio.

"La mente è come Velcro per le esperienze negative, e Teflon per quelle positive."
(Rick Hanson, psicologo)

"La nostra paura del peggio è più forte del nostro desiderio del meglio."
(Elio Vittorini)

"La persona che non è in pace con se stessa, sarà in guerra con il mondo intero."
(Mohandas K. Gandhi)


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Scrivere e pubblicare un libro: info e avvertenze

Quasi tutti hanno un sogno nel cassetto. Per molti, quel sogno è scrivere e pubblicare un libro. Poiché mi è capitato più volte di discutere con persone che coltivano tale sogno, e poiché ho esperienza come grafico sia in campo editoriale che nell'area del self-publishing, ho pensato di raccogliere una serie di suggerimenti per chi voglia finalmente scrivere il proprio libro e magari riuscire a pubblicarlo.
Il post è diviso in tre sezioni: come scrivere un libro; come pubblicarlo; argomenti collegati.


Scrivere un libro

Su questa parte non mi dilungo, sia perché non sono un esperto sia perché altri hanno scritto testi sicuramente più autorevoli. Tra le varie guide alla scrittura, consiglio quella di un "maestro" come Stephen King: "On Writing: Autobiografia di un mestiere".

Elenco comunque alcuni principi di base che non andrebbero mai ignorati.

Chiediti il senso della tua opera

A volte vogliamo scrivere per pura soddisfazione personale. E va benissimo.
Ma se pensiamo di pubblicare, la nostra opera non può essere solo un esercizio egocentrico: deve essere rivolta al pubblico. Quindi per chi ha questo desiderio, suggerisco di farsi una serie di domande: "Un potenziale lettore, perché dovrebbe leggere il mio libro? Per quali ragioni? Perché dovrebbe scegliere il mio in mezzo ad altri simili? Cosa lo invoglierà a proseguire la lettura? Cosa ne ricaverà?".
Se non si riesce a rispondere onestamente (e in modo non narcisistico) a queste domande di base... allora forse è meglio rimanere sullo scrivere per propria soddisfazione, e non sognando improbabili successi editoriali.

Pensa al lettore

Non concentrarti su quello che interessa o piace a te (quantomeno se vuoi pubblicare), ma mettiti nei panni del lettore e chiediti cosa può interessare a lui, come suscitare il suo interesse e mantenerlo, come spiegargli le cose senza annoiarlo, come struttura la narrazione in modo che sia chiara e avvincente, ecc.
Molti dilettanti scrivono in modo "narcisistico", ovvero totalmente concentrati su loro stessi. Ma ciò rende il loro scritto noioso o indigeribile, come un lungo monologo.

Kill your darlings

Cioè "Uccidi ciò che ti è caro". Mentre si scrive è inevitabile inserire frasi, concetti o interi paragrafi che poi "non funzionano", appesantiscono, o semplicemente non aggiungono nulla. Però magari ci stanno a cuore, ci piacciono, e vorremmo tenerli.
Ma se vogliamo scrivere qualcosa che sia letto con piacere (o giudicato pubblicabile), è indispensabile eliminare senza pietà tutto ciò che peggiora o "annacqua" il nostro scritto.

Rileggi e correggi, più volte

Anche scrittori celebri ammettono che la loro prima stesura spesso risulta una mezza schifezza. Figuriamoci quella di noi comuni mortali!
Per cui dopo aver finito è indispensabile rileggere e correggere tutti gli errori grammaticali, le frasi confuse o contorte o troppo lunghe, i paragrafi in cui ci perdiamo in narrazioni superflue, e tutti gli elementi che rendono la lettura poco scorrevole o macchinosa o difficile per il lettore. Se scriviamo un'opera di una certa lunghezza, come un romanzo, è bene ripetere tale processo più volte.
Ovviamente l'uso del correttore ortografico (integrato in ogni programma di scrittura) è d'obbligo.

Biografie: sei sicuro che la tua vita sia così interessante?

A quanto sento da chi legge i manoscritti ricevuti dalle case editrici, ci sono molte persone che vogliono raccontare la propria vita scrivendo autobiografie - pur essendo persone comuni. Non escludo che alcuni abbiano realmente qualcosa di avvincente da raccontare, ma è lecito pensare che ciò non valga per la maggioranza.
Se vuoi raccontare la tua vita, chiediti il motivo. Magari hai solo voglia di sfogarti? O di sentirti ascoltato? O di lamentarti delle tue disgrazie, o di piangerti addosso...? In tali casi, forse avresti bisogno di parlarne con uno psicologo o counselor. Anche scriverne potrebbe essere terapeutico, certo, ma magari non per il lettore.
Se davvero sei convinto che sia importante scrivere della tua vita, chiediti cosa puoi offrire al lettore col tuo racconto, cosa potrebbe trarne lui, quali insegnamenti o crescita personale (vedi anche il primo punto di questo elenco).

Fatti aiutare, magari da un professionista

Infine, ricorda che nessuno sa fare tutto. Ciò vale ovviamente anche per uno scrittore.
Qualunque testo andrebbe letto da altri, che possono rilevare errori sfuggiti all'autore (cosa inevitabile) e notare dove la scrittura non funziona o andrebbe migliorata. Possiamo provare a chiedere ad amici o parenti di darci il loro parere, ma questo ha almeno due limiti:
  • Non sempre sono disponibili a farlo con attenzione, od hanno le capacità necessarie (come una buona padronanza dell'italiano).
  • Non sempre saranno sinceri od obiettivi. Chi ci vuole bene non vuole deluderci o ferirci, quindi potrebbe non essere un buon giudice della nostra opera.

Chi vuole investire sulla propria scrittura potrebbe quindi considerare l'aiuto di un editor /redattore / correttore di bozze (sono tre figure diverse che si occupano della correzione di testi, loro sapranno spiegarvi i dettagli) a pagamento.

Se volete seguire la strada dell'auto-pubblicazione, inoltre, avrete bisogno dell'aiuto di un grafico che si occupi dell'impaginazione e della copertina (lavorando con una casa editrice, invece, saranno loro ad occuparsene). In teoria potreste fare da soli, ma se non avete buone competenze a riguardo i risultati saranno quasi sicuramente mediocri. Se il vostro obiettivo è di guadagnare con la pubblicazione, considerate il costo di un grafico come investimento.


“Anche scrittori celebri
ammettono che la loro prima stesura
spesso risulta una mezza schifezza”



Pubblicare un libro

Bene: avete terminato la vostra opera, l'avete riletta e corretta con cura, ne siete orgogliosi. Adesso desiderate che vada nel mondo e tutti possano conoscerla... Purtroppo è tutt'altro che facile.

Premessa: pubblicare e farsi conoscere è difficile

L'autore inesperto che pensa di aver scritto un "capolavoro" spesso lo invia a varie case editrici, fiducioso di un riscontro positivo. Ahimé, la realtà è molto diversa. Esaminiamo i due ostacoli principali:
  • In parte è un problema di qualità: di libri scritti male, o poco interessanti, o su un argomento che interessa solo l'autore. A sentire chi si occupa di leggere i manoscritti di autori esordienti, circa il 99% di essi è "spazzatura" - o comunque privo di mercato.
  • In parte è un problema di promozione, cioè di farsi conoscere in un mercato enorme: ogni anno vengono pubblicati circa tre milioni di libri (da 500.000 a un milione attraverso case editrici, circa due milioni auto-pubblicati). Ciascuno è quindi una goccia nel mare. Anche se un libro è davvero valido, il problema è farlo conoscere ai potenziali lettori (questo è parte del lavoro che una casa editrice seria compie).
Anche la lingua può essere un ostacolo: se scrivo in italiano, avrò un mercato potenziale minuscolo rispetto allo scrivere in inglese.

Mi dispiace essere così brutale, ma penso sia meglio non alimentare vane illusioni. Ciò non significa che tu abbia zero possibilità. Significa che, per avere una certa chance di successo, il tuo libro dovrà essere: 1) Davvero interessante e ben scritto; 2) Promosso con gran lavoro ed impegno. Quindi sii preparato ad investire una grande quantità di tempo e fatica su questa strada.
Persino autori celebri che oggi vendono milioni di copie, quasi sempre hanno iniziato ricevendo decine di rifiuti prima di trovare un editore che credesse nel loro lavoro (anche Stephen King, e J.K. Rowling di "Harry Potter").

Le due vie della pubblicazione

Le vie per pubblicare un libro sono fondamentalmente due:
  • 1. Trovare una casa editrice interessata a pubblicare l'opera.
  • 2. Auto-pubblicazione, ovvero occuparsi da soli della pubblicazione, e di tutti gli oneri connessi.
Queste due opzioni sono molto diverse, ed ognuna presenta pro e contro (in teoria ne esiste una terza ma è sempre una fregatura, vedi oltre).

1. La casa editrice (seria)

Una casa editrice "seria" (NON quelle a pagamento, vedi oltre) valuta ogni opera che riceve, e la accetta solo quando ritiene si possa vendere in quantità sufficiente (l'editore è comunque un'azienda che necessita di profitti). Solo in quel caso investe sull'autore, perché crede di poterci guadagnare: quindi spenderà tempo e risorse per aiutare l'autore ad arrivare al libro finito nel migliore dei modi (per esempio curando l'editing, l'impaginazione, la copertina) ed al suo successo di vendite (curando la promozione e la diffusione).
Nessuno vi pubblicherà un libro solo perché siete simpatici, avete scritto qualcosa di "originalissimo" (!), od avete inviato alla redazione salumi e formaggi (questi verranno però certamente apprezzati :-).

2. Piattaforme di auto-pubblicazione (self-publishing)

Per pubblicare in autonomia la propria opera, in genere si utilizza una delle varie piattaforme di self-publishing. Queste offrono una serie di servizi connessi, facilitano l'iter, e di solito si occupano anche della stampa e commercializzazione (ricavando una percentuale sul prezzo di vendita).
La piattaforma più famosa è quella di Amazon, chiamata Kindle Direct Publishing (KDP), ma ce ne sono numerose, tra cui:
A differenza di una casa editrice, queste piattaforme accettano qualsiasi opera (purché sia legale e correttamente formattata), proprio perché non investono sugli autori - che devono fare quasi tutto da soli - e si limitano a guadagnare sulle sole copie vendute e/o sui servizi aggiuntivi.

Libro digitale, cartaceo, o entrambi?

Con questa soluzione è bene considerare con cura se si vuole pubblicare solo una versione eBook (ovvero un libro in formato digitale, "elettronico"), oppure anche (o solo) in versione cartacea, cioè in formato fisico stampato. La versione cartacea comporta maggiori complicazioni: sia nell'impaginazione, che nella creazione della copertina, che nel definire i parametri per la stampa cartacea.

Promozione?

Su queste piattaforme, in genere la promozione è tutta sulle proprie spalle. Se pubblicate in tal modo e non fate più nulla dopo, è probabile che non venderete alcuna copia, perché nessuno saprà della vostra opera. Esistono diverse strategie per farsi conoscere ed apprezzare, e molti articoli a riguardo (cercate "how to promote your self-published book"). Qui c'è un valido articolo.

3. "Editori" a pagamento

Potreste anche incontrare questa possibilità, ma vi avviso subito che sono vere e proprie truffe. L'editoria a pagamento è anche chiamata "vanity press", perché fa leva sulla vanità dell'autore, ed il suo risultato in genere si riduce a questo: l'autore si ritrova in mano alcune copie del suo libro (appagando la sua vanità), ma il resto del mondo non ne saprà nulla.
L'editore a pagamento non è quindi un vero editore (vedi punto 1), ma una entità senza scrupoli che elogia ogni autore che gli si propone (anche quelli da "spazzatura"), incoraggiando le sue speranze, in modo da vendergli i propri "servizi editoriali". Ma a quanto ho capito di questo settore, in questi casi i libri non verranno mai diffusi sul mercato come promesso. L'autore riceverà il numero di copie pattuite, ma il libro non verrà realmente promosso e nessuno lo conoscerà; dopo qualche tempo "l'editore" dirà che, per motivi che non dipendono da lui, il libro non è stato ben accolto e non ci sono vendite.

Naturalmente non dovete credermi: in Rete c'è abbondanza di testimonianze negative e avvertimenti sul settore (cercate "editoria a pagamento").

In sintesi, la differenza tra l'editore "serio" e quello "truffaldino" sta sia nella selettività che nel fattore economico:
  • Un vero editore seleziona severamente le opere, ed anche quando ne scelga una spesso richiede revisioni e miglioramenti; inoltre non chiede mai pagamenti all'autore (se tutto va bene sarà lui a pagare l'autore, a suo tempo; a volte può anche offrire un anticipo, ma è difficile che accada con autori nuovi).
  • Invece quello a pagamento accoglie e complimenta qualsiasi opera, per spingere la vendita dei suoi servizi; per cui l'autore si ritrova ad anticipare somme consistenti a fronte di promesse vaghe e che non potrà contestare.

“L'editore a pagamento non è un vero editore:
fa leva sulla vanità dell'autore
per vendergli i propri servizi”

Come funzionano stampa e distribuzione

Per chi non conosce gli aspetti tecnici dell'editoria, spiego in sintesi come funziona la stampa e la distribuzione nei due canali prima descritti, per il formato digitale e quello cartaceo.

eBook (digitale)

L'eBook non ha costi di stampa, perché non viene realmente stampato. E' un prodotto digitale (un file a tutti gli effetti, simile ad un file Word o PDF), che viene preparato e formattato in modo adeguato per venire poi letto da apparecchi appositi (eBook reader, come Kindle o Kobo) oppure programmi / app su computer, tablet o smartphone.
Una volta pronto, venderne dieci o 10.000 non cambia nulla alla piattaforma che lo vende (a parte il guadagno), poiché si tratta solo di inviare quel file via Internet (esiste anche il discorso copyright e protezione dalle copie [DRM], ma non lo tratto qui per la sua complessità).

Cartaceo

Per i libri cartacei, invece, ci sono due strade:
  • 1. La stampa tradizionale tipografica (usata solitamente dalle case editrici).
  • 2. La stampa on-demand (usata solitamente dalle piattaforme di auto-pubblicazione come Amazon KDP), che usa stampanti digitali diverse dalle macchine da stampa tipografica.

Con la prima si stampano sempre almeno un minimo (tipo 300-1000) di copie alla volta, per ammortizzare i costi tipografici. Anche perché se un editore (serio) vuole proporre un libro, deve mandarne delle copie nelle librerie. Quindi oltre ai costi di stampa si hanno anche delle giacenze e del magazzino (altri costi).
Se per ipotesi un autore volesse occuparsi da sé di stampa e distribuzione, non potrebbe dire alla tipografia "Stampami 50 copie per ora, poi si vedrà". La tipografia potrebbe anche farlo, ma il costo per copia sarebbe proibitivo.

Con la stampa on-demand, invece, ne viene stampata una copia per ogni acquisto (on-demand = su richiesta), ed il costo di stampa è compreso nel prezzo proposto dalla piattaforma (esempio immaginario: l'autore decide che il libro verrà venduto a 20 euro, di cui quattro euro sarà il costo di stampa e sei euro il guadagno della piattaforma, quindi l'autore guadagnerà dieci euro per copia).
Con questo metodo la piattaforma non rischia nulla, perché se un libro non vende non gli costa niente; è solo un file parcheggiato sui suoi server. Ecco perché le piattaforme non fanno selezione, se non minima, ed i libri pubblicati in questo modo sono così numerosi: costi e rischi sono a carico dell'autore.

Distribuzione

  • Per l'eBook la distribuzione avviene via Internet, tramite la piattaforma usata (che si occuperà anche del pagamento e degli aspetti fiscali). Oppure personalmente dall'autore (se ha creato l'eBook in modo autonomo), magari da un suo sito (in questo caso sarà l'autore a gestire pagamenti e fiscalità).
  • Per il libro cartaceo la distribuzione avviene tramite la piattaforma di pubblicazione, oppure è a cura della casa editrice (che lo invierà alle librerie oltre a venderlo tramite i suoi canali). Farlo in modo autonomo diventa poco realistico, perché in questo caso l'autore, oltre al pagamento, dovrebbe anche gestire la stampa e la spedizione.


Quante sono le probabilità di vendere il tuo libro?

Anche qui, distinguiamo tra casa editrice ed auto-pubblicazione.

Casa editrice

Se un editore ha scelto la vostra opera, vuol dire che ritiene possa vendere un certo numero di copie. Difficilmente sarà zero. Ma dipende anche dal mercato: in Italia, ad esempio, è noto che la lettura non è un hobby di massa, e ben pochi autori campano di scrittura. Fenomeni editoriali come Andrea Camilleri sono rari.

Auto-pubblicazione

In ambito auto-pubblicazione si sentono molte voci ancora più pessimiste: "Non si vende nulla. Non fatevi illusioni. Il mercato è saturo. Impossibile farsi notare", ecc.
In buona parte questo è vero, almeno per chi è alle prime armi. Ma non è sempre così.
  • Ci sono autori auto-pubblicati che hanno incontrato grande successo (magari dopo anni e anni di tentativi). Io lessi il libro di fantascienza "The Martian", che l'autore Andy Weir distribuiva gratuitamente sul sito Goodreads, molto prima che diventasse un successo e ne venisse tratto il film con Matt Damon. Un altro esempio è l'autrice di "50 sfumature di grigio" E.L. James, che era partita scrivendo fan-fiction. Però costoro sono pochissimi.
  • Altri ricavano un certo guadagno, ma non raggiungono grandi numeri. Non riescono a vivere solo di scrittura, però uniscono questa passione alla creazione di un reddito aggiuntivo. Ma anche questi sono relativamente pochi.
  • La maggioranza vende qualche decina o centinaia di copie, principalmente a parenti, amici e conoscenti.

“Ci sono autori che hanno
incontrato grande successo
dopo anni e anni di tentativi”

Uno su mille ce la fa

A quanto mi risulta, il successo nel mercato editoriale segue una curva fortemente iperbolica: moltissimi autori che vendono poco o nulla (linea piatta o quasi a sinistra e centro), e pochi autori di grande successo (linea che si impenna all'estrema destra).

In sintesi direi: se questo è il tuo sogno, scrivi il tuo libro prima di tutto per soddisfazione personale, e per evitare di avere futuri rimpianti. Mete più elevate sono possibili ma ardue.
Se però sei davvero convinto di avere un grande potenziale, proponiti a degli editori seri (senza scoraggiarti se incontri numerosi rifiuti); oppure segui la strada dell'auto-pubblicazione e preparati ad investirci un sacco di tempo (e magari anche soldi) per farti conoscere, senza però avere alcuna certezza dei risultati.
In entrambi i casi, vale sempre il discorso di cercare dei pareri obiettivi sul tuo scritto prima di investirci troppo tempo o denaro.

Dicono che la fortuna aiuta gli audaci... ed a volte è proprio così.

Quanto guadagno sul mio libro?

Con una casa editrice il guadagno dipende da molti fattori, ed è quasi impossibile da prevedere.

Anche nell'auto-pubblicazione il guadagno è il risultato di una serie di parametri, ma le piattaforme in generano offrono delle pagine o dei calcolatori che aiutano gli autori a definire dei numeri in anticipo (anche se districarsi può essere complicato, specialmente per chi è agli inizi e non conosce i vari tecnicismi).
Per quanto riguarda Amazon KDP:
  • A questa pagina trovate un semplice calcolatore che mostra costo di stampa e guadagno per copia cartacea.
  • In questa pagina vengono illustrati più in dettaglio gli elementi che determinano costi e guadagni, sia per eBook che stampa fisica.

Chi legge i manoscritti

Ma quando si invia un manoscritto ad una casa editrice, che fine fa?
Il manoscritto finisce nella mani di un redattore, incaricato di leggere tutto quello che l'editore riceve e di valutarlo. Alcuni autori pensano che molti manoscritti vengano direttamente cestinati, ma in realtà vengono tutti esaminati: non solo il malcapitato redattore è pagato per quello, ma l'editore spera sempre di pescare la "perla", l'autore inaspettato che gli fa esplodere il fatturato.

Naturalmente molto spesso bastano le prime pagine a capire che si tratta di "spazzatura", e quindi via nel cestino. A quanto ne so, pochissimi vengono letti per intero perché si rivelano abbastanza validi.
Anche per questo suggerisco di fare una "scrematura" iniziale per conto proprio; e spedire solo il meglio che possiamo fare. Altrimenti c'è il rischio che, se mandiamo una serie di obbrobri ad un editore, questo ci classifichi come "Caso disperato"... e poi magari l'ennesima opera avrebbe del potenziale, ma ormai ci hanno affibbiato un'etichetta.

Se volete avere un'idea di cosa succede alle opere inviate, ed anche imparare trucchi e consigli per aumentare le vostre chance, leggete questo resoconto da uno che lo fa di mestiere: "Vita standard di un caporedattore alle prese con manoscritti illeggibili" di Marco Cubeddu.

Servizi per gli autori

Se scegli la via dell'auto-pubblicazione potrei esserti utile: lavoro come grafico da oltre 30 anni, ed ho una discreta esperienza con Amazon KDP. Nonostante questo propongo prezzi concorrenziali per un servizio professionale: per esempio una copertina può partire da soli 100 euro.
Su questo sito puoi osservare alcuni dei miei lavori. I servizi che offro sono:
  • Copertina: design; composizione creativa del titolo; ottimizzazione ed eventuale elaborazione delle immagini; scelta dei colori.
  • Impaginazione: scelta di caratteri e stili per ogni elemento di testo; formattazione testo, titoli e sottotitoli in modo uniforme; suddivisione testo per pagine con controllo "vedove", "orfane" e "righini"; creazione indice.
  • Correzione testo: correzione ortografica e grammaticale; controllo punteggiatura; verifica dell'italiano corretto; annotazione di frasi confuse, incomprensibili o da rivedere.

Puoi contattarmi senza impegno per chiedere informazioni o un preventivo.

"Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane."
(Emily Dickinson).

"Chi scrive in modo trascurato confessa così, anzitutto, che lui per primo non attribuisce un gran valore ai suoi pensieri."
(Arthur Schopenhauer)

"Il mondo è fatto per finire in un bel libro."
(Stephane Mallarmé)



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