Frequentando ambienti in cui si parla di relazioni e sentimenti, uno dei lamenti più diffusi che osservo è quello relativo a situazioni di
incertezza: nel 90% dei casi, l'uomo o la donna si strugge chiedendosi (e tempestando gli altri utenti di domande su)
cosa pensa la persona desiderata, se li ricambia, come indovinare le sue intenzioni, perché si comporta così, ecc. Spesso queste situazioni di dubbi assillanti e tormenti emotivi,
si trascinano per mesi: e se un simile comportamento in ragazzini di 14 anni può fare tenerezza, in adulti di 40 mi sembra un po' patetico.
Anche perché, alla fin fine, non ci sono ricette magiche o alchimie segrete: se una persona ti interessa ma non si fa avanti, o in qualsiasi altra situazione in cui quel che desideriamo non accade spontaneamente, l'unica via è
agire per realizzare il nostro desiderio.
Sono talmente esasperato da questi lamenti, che ho deciso di scrivere questo post per dare loro una risposta una volta per tutte (il che, tra l'altro, è una buona dimostrazione di come
la sofferenza possa portare a risultati positivi ;-).
Questo post è dedicato specialmente alle situazioni relazionali, ma il contenuto è valido per ogni situazione in cui rimaniamo bloccati da incertezza e dubbi, e invece di fare qualcosa speriamo che la soluzione arrivi dall'esterno.
La formula NON magica
Quindi, qual è il prezzo da pagare per raggiungere quel che desideriamo?
Il prezzo della felicità è agire per ottenerla: è riconoscere i propri desideri, e agire per realizzarli. Non ci sono segreti, trucchi o scorciatoie.
Agire non ci offre garanzie di successo, ma non agire - in genere - ci garantisce il fallimento. Un po' come accade nei giochi: se giochiamo potremmo perdere, ma finché evitiamo di giocare, di sicuro non vinceremo mai.
Certo, tutti vorremmo trovare qualche sistema per essere felici senza sforzi, ma che io sappia non ce n'è: la vecchia
legge di causa ed effetto vige ancora. I media possono stupirci con la storia del genio comparso all'improvviso o di chi è diventato ricco con una brillante idea... ma se scaviamo, scopriremo che dietro ogni successo c'è sempre molto impegno e determinazione: l'atleta si allena costantemente, il musicista (per quanto dotato) si esercita per migliaia di ore, l'imprenditore lavora 7 giorni su 7 per sviluppare la sua idea...
Anche risultati più "modesti", come uscire con la persona che ci piace, richiedono un nostro personale impegno (poi, certo, alcune volte le cose funzionano da sole o abbiamo un colpo di fortuna; ma, come per le lotterie, la fortuna non è cosa su cui fare affidamento).
Ogni cosa di valore ha un prezzo, richiede uno sforzo, un investimento. Ogni risultato significativo nell'esistenza umana, è dovuto a impegno, azione e dedizione. Pensiamo all'arte o alle scienze: non si creano opere d'arte, invenzioni e tecnologie, senza dedicarvi tempo ed energie.
Lo stesso vale nelle relazioni: sia nell'iniziarle, sia nel mantenerle.
Molti passi verso il successo
E' anche importante non scoraggiarsi di fronte a difficoltà e ostacoli. Questi sono quasi sempre inevitabili, e specialmente quando si perseguono obiettivi ambiziosi: l'investimento è spesso proporzionale al risultato desiderato. Non si può pensare di trovare un "grande amore" senza muovere un dito, o trovare il lavoro perfetto al primo colpo: accade solo nelle favole e nei film hollywoodiani.
Quanto più elevato è il nostro obiettivo, tanto più dobbiamo aspettarci di investire energia e superare insuccessi. Anche in campo sentimentale, secondo una mia stima molto approssimativa, una persona normale (mediamente attraente)
deve passare tra 10 e 100 tentativi deludenti o fallimentari, prima di arrivare a una relazione appagante (questa prospettiva può apparire scoraggiante, ma l'alternativa - rinunciare alle relazioni o aspettare un "miracolo" - mi sembra anche peggio).
E' ovvio che scoraggiarsi presto fa sì che non si arrivi mai a risultati concreti. Bisogna invece perseverare e vedere i "fallimenti" come passi necessari sul cammino per arrivare al successo (e questo è specialmente vero se impariamo dai nostri errori). Questo principio è valido in amore, come nel lavoro o in qualsiasi interesse (imparare una lingua, danzare, suonare uno strumento...): la "scala" che conduce al "successo" (obiettivo desiderato), è fatta di molti "gradini" che vanno percorsi tutti.
Aspettare la "manna dal cielo"
L'aspettativa che le cose "cadano dal cielo", che gli eventi positivi accadano da soli, o che spetti ad altri crearli, è un atteggiamento
infantile, non da adulti: il
bambino è per definizione impotente, quindi spetta ad altri soddisfare i suoi bisogni; l'
adulto, per contro, è in grado di occuparsi di sé e dei propri bisogni.
Questa differenza tra comportamento "
bambino" o "
adulto" è ben illustrata nel libro
"Alla ricerca delle coccole perdute" di Giulio C. Giacobbe (info nella
Bibliografia). Quindi, ogni volta che assumiamo una posizione passiva, di attesa, o che scarichiamo su altri la responsabilità di renderci felici, ci stiamo comportando in modo infantile.
La tua felicità è una tua responsabilità: se tieni a qualcosa, sta a te (e solo a te) agire per ottenerla. Nessun altro lo farà al posto tuo. Gli altri non hanno alcun obbligo di renderti felice (e lo stesso vale per te verso gli altri).
Oppure puoi scegliere di stare seduto sulle tue natiche
ad aspettare, lamentarti e piangerti addosso. E' una libera scelta, e quel che ottieni (o
non ottieni) nella vita, dipenderà in buona parte dalle scelte che avrai fatto.
Se aspetti invece di agire, metti la tua felicità nelle mani degli altri, o del caso. E in quel modo non sei più tu a guidare la tua vita: sei in balìa del fato.
E' necessario rendersi conto che
la vita non è fatta per renderci felici: l'esistenza, il mondo, l'universo, non hanno alcun "meccanismo" incorporato che si occupi di soddisfare i nostri desideri. Quindi,
la felicità non è un diritto, qualcosa che possiamo pretendere.
La felicità è una possibilità, che possiamo cercare di realizzare agendo e impegnandoci al nostro meglio.
Questa posizione può sembrare pessimista o demoralizzante, ma è invece
fortemente creativa: se crediamo che la felicità ci spetti di diritto, resteremo passivi e in attesa, e questo ci porterà ben pochi risultati (più probabilmente nessuno). Quando invece smettiamo di aspettare che arrivi
un qualche "babbo natale" a portarci i doni, riconosciamo la responsabilità verso noi stessi, entriamo in azione ed iniziamo a creare risultati.
Il fattore che influenza maggiormente la nostra felicità, sono
le nostre aspettative: sono esse a determinare le nostre scelte, le azioni, e il gradimento che consegue ai nostri risultati.
Il rapporto che abbiamo con la realtà condiziona il tipo di vita che creiamo.
Passare all'azione
Tornando al tema iniziale di incertezze sentimentali e incontri che non sbocciano, se l'altro vi piace ma non si smuove, sta a voi decidere: o lasciate perdere, o entrate in azione. Fare le "belle statuine", come avete già verificato, spesso non porta da nessuna parte.
Ovviamente prendere l'iniziativa, esporsi,
dichiarare il proprio interesse, ci rende vulnerabili e temiamo di venire feriti. Tutti lo temiamo, ed è per questo che tutti tendiamo ad evitarlo. Però, qualcuno deve pur iniziare! :-D
(a quelli che si nascondono dietro luoghi comuni stantii come "l'uomo è cacciatore", rimando al paragrafo finale
"Gli alibi dei codardi").
Agli insicuri e pessimisti, magari paralizzati dalla convinzione di venire respinti, voglio ricordare che non possiamo essere certi di quel che pensa l'altro, fino a che non glielo chiediamo apertamente. A volte le nostre paure ci ingannano, prevedendo disastri poco probabili.
Mi piace ricordare le parole del Vangelo di Luca:
"Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". Ovviamente non sempre funziona, ma chiedere a cuore aperto porta risultati più spesso di quanto pensiamo. E
tentare porta sempre più risultati che starsene immobili.
Scopritevi - magari con prudenza
Ovviamente non vi sto suggerendo di saltare addosso alla persona che vi piace. A qualcuno potrebbe piacere ;-) ma gli altri si spaventerebbero.
Provate invece a dichiarare apertamente che vorreste conoscere meglio quella persona, anche se magari in modi non troppo impegnativi: l'invito a prendere un caffè (o un gelato) insieme, una passeggiata, la proposta di una mostra, conferenza o altra attività di interesse comune. Se vi sentite audaci, potete esprimere direttamente cosa vi piace o attrae di quella persona:
a tutti piace sentirsi apprezzati.
Cercate di evitare i sottintesi, le allusioni, gli accenni velati, insomma ogni forma di comunicazione ambigua: nella maggior parte dei casi
l'altro non capirà cosa volete dire (ancor più se è un uomo), o rimarrà nel dubbio.
L'unica comunicazione efficace è una comunicazione chiara, diretta e inequivocabile: dite quello che sentite o volete, non girateci intorno.
Tenete presente che, il più delle volte,
essere autentici è la miglior forma di seduzione. Se provate sentimenti positivi per l'altra persona, gli state offrendo qualcosa di bello e prezioso: non vergognatevene, anzi, siatene orgogliosi e fieri. Non è da tutti.
Riconoscete il valore del vostro sentimento. Se l'altro non lo apprezza, vorrà dire che non è adatto a voi (non siete compatibili), non che mancate di valore. Ricordate che
non si può piacere a chiunque: bisogna andare verso le persone capaci di apprezzarci.
Quando è il caso di lasciar perdere
Naturalmente bisogna considerare la possibilità che se l'altra persona non vi viene incontro, forse è perché non è (abbastanza) interessata a voi (o non più). Come evidenziato nel libro
"La verità è che non gli piaci abbastanza" (titolo originale
"He's just not that into you"; scritto da due autori della serie "Sex and the City"), in buona parte dei casi in cui qualcuno non mostra abbastanza interesse per voi,
il motivo è che davvero ha poco interesse per voi.
A volte
l'interesse decade (o sparisce) col tempo, anche se all'inizio era travolgente; e questo accade spesso in modo unilaterale, ovvero uno dei due rimane legato e l'altro si stacca. Purtroppo queste "asimmetrie del desiderio" sono normali: le dinamiche dell'attrazione e della passione
sono per loro natura mutevoli. Non pensate che, solo perché un incontro è meraviglioso, questo ne garantisca la durata; tutto scorre.
Sta a voi decidere se vale la pena rischiare, se davvero l'altro vi interessa a tal punto, oppure è meglio lasciar perdere e cercare qualcuno più in sintonia con voi. Se tutti i segnali sono negativi (e magari anche gli amici vi dicono che non c'è nulla da fare), è probabile che sia così, e forse insistere vi porterà solo a farvi male. Ricordiamoci che agire aumenta le chance di successo, ma non fa magie.
Tenete però presente che, se lasciate perdere prima di essere del tutto certi, rimarrete sempre col dubbio di aver perso un'occasione... forse l'altro prova sentimenti simili ai vostri, ma è bloccato dalle medesime paure; forse ci sono di mezzo problemi che sono rimasti inespressi. Anche per questo, il mio consiglio è quello di mettervi in gioco e dichiarare il vostro interesse: anche nel caso peggiore in cui non ci sia nulla da fare, almeno avrete fatto chiarezza e non vi trascinerete rimpianti.
La fine dei dubbi
Qualunque sia la situazione, uno degli effetti più benefici di entrare in azione è quello di uscire dal vortice di dubbi tormentosi, che affliggono coloro che rimangono in stati di attesa. Finché aspettiamo che siano gli altri ad agire o prendere l'iniziativa, non sappiamo mai cosa pensano, se ci vogliono, cosa succederà, se e quando: viviamo in uno stato di costante e sofferta incertezza, che produce uno stress alla lunga devastante.
Nel momento in cui agiamo, comunichiamo le nostre intenzioni e perseguiamo i nostri desideri, usciamo da quel vortice e
qualcosa succede: a volte otteniamo quello che vogliamo, a volte no o solo in parte, ma quantomeno
non siamo più bloccati in uno stato di impotenza. Ed anche quando non otteniamo il risultato desiderato, smetteremo di tormentarci coi dubbi e di perdere tempo -
e questo è già di per sé un successo!
Perché agire è così difficile
Uno dei motivi per cui tendiamo a rimanere passivi, invece di agire, sono le nostre insicurezze, in primo luogo la scarsa stima di sé. Se mi stimo poco:
- Avrò paura di mettermi in gioco, di provare;
- riterrò probabile fallire (e quindi a che serve provare?);
- e avrò paura che, fallendo, la mia autostima crolli ulteriormente.
Molte delle scuse e degli alibi che usiamo per giustificare la nostra passività, nascondono questo tipo di paure. Ma questo non cambia il problema: meno agiamo, meno risultati otterremo, e quindi la nostra autostima tenderà comunque a diminuire (magari anche perché vedremo altri che invece ottengono risultati).
In altre parole, la passività non protegge l'autostima; sulla lunga distanza, invece, la aumenta (nessuno può sentirsi in gamba finché rimane passivo e paralizzato).
Molti persone in questi frangenti, giustificano la propria passività dicendo che sono timidi. Ma
la timidezza non è una forma di personalità, in genere è la paura del giudizio altrui: temiamo così tanto di essere giudicati, criticati o rifiutati, che non osiamo esporci. Quindi essere timidi non è un handicap con cui siete nati, ma una fragilità che è parte del nostro essere umani. Tutti abbiamo paura di qualcosa, ma più lasciamo che le nostre paure ci blocchino, meno ci sentiamo vivi e felici.
Una via concreta per superare la timidezza e aumentare l'autostima, è affrontare le proprie paure, sperimentare e migliorare attraverso le esperienze. Anche per questo io consiglio di esporsi e approcciare chi ci piace: le prime volte può essere terrificante, ma ogni volta che superiamo l'esperienza questa ci rafforza, e la volta dopo ci sarà più facile.
Per gli uomini è più grave
Anche se non amo focalizzarmi su un genere specifico, in questo caso devo aggiungere che il problema del non agire è ancora più grave per i maschi. Non solo per il ruolo tradizionale che esige dagli uomini decisione, risoluzione ed azione, ma anche - a livello più profondo - perché l'azione costruttiva è propria dell'archetipo maschile luminoso: una delle caratteristiche che definiscono l'energia maschile (che vale anche per la parte maschile nelle donne), è la capacità di auto-affermazione e di fare le cose che vanno fatte.
Finché restate passivi e non agite, state bloccando la vostra energia maschile, e per un uomo questo comporta lo sminuire la propria mascolinità. Ciò ispira una reazione negativa nelle donne (che non sono attratte dagli uomini passivi) ma, cosa più importante, questo blocco vi impedirà di sentirvi bene con voi stessi.
Il pensiero non basta
Parlando di questo tema sono partito dall'area delle relazioni, ma un'altra area in cui agire è determinante, è quella della prosperità. Possiamo sognare ricchezze e progettare grandi imprese, ma finché non entriamo in azione resteranno solo bei sogni.
Sembrerebbe ovvio ed inutile dirlo, ma negli ultimi decenni certi tipi di pensiero positivo hanno seminato l'idea che basti pensare o desiderare certi risultati, perché questi si manifestino spontaneamente (pensiamo al successo del libro
"The Secret - Il Segreto";
pagina Wikipedia). Come molte fonti autorevoli hanno in seguito puntualizzato (ad esempio
Steve Pavlina), quel tipo di pensiero è sicuramente favorevole (è dimostrato che
l'ottimismo favorisce il successo), ma da solo non basta a manifestare risultati:
per ottenerli, è anche necessario avere capacità adeguate, produrre valore ed agire costruttivamente.
Questo principio è valido in qualsiasi area: ricchezza, lavoro, relazioni, realizzazione personale, ecc.
Gli alibi dei codardi
Per concludere, voglio menzionare gli alibi puerili che alcuni usano per non assumersi la responsabilità della propria felicità: quando qualcosa ci preme ma non abbiamo il coraggio o la forza di agire, spesso diamo la colpa all'esterno.
Uno dei modi in cui lo facciamo è attraverso stereotipi, ruoli o proiezioni, che usiamo come alibi per scaricare quella responsabilità addosso agli altri:
tocca agli uomini; è una cosa da donne; non è roba per la mia età; non spetta a me; è compito di... Sono tutte fesserie, sono soltanto scuse dovute all'ignoranza o alla paura.
Se una cosa vuoi davvero farla, se ci tieni al risultato, la fai, a prescindere che tu sia uomo o donna, giovane o vecchio, ricco o povero.
O almeno ci provi. Il resto sono solo alibi, giustificazioni, vigliaccheria o pigrizia.
Uno stereotipo che vedo spesso usato dalle donne negli approcci è che "L'uomo è cacciatore", quindi tocca a lui esporsi, agire e rischiare il rifiuto. Ma è un po' come se un uomo si lamentasse
"Ho fame, ma non muovo un dito perché cucinare è da femmine". Entrambi gli atteggiamenti sono privi di senso, sono relitti di altre epoche: sono solo alibi per scaricare su qualcun altro il proprio bisogno, senza doversi esporre o impegnare in prima persona (perché, ovviamente, è molto più comodo e facile quando sono gli altri a faticare o a rischiare).
Questo tipo di scuse sono semplice ipocrisia: invece di ammettere onestamente
"Ho paura; non voglio rischiare il rifiuto; non voglio essere ferita", ci si ripara dietro stereotipi. Come se un secolo di lotte per la parità fosse passato invano.
La vera parità è che ciascuno, a prescindere dal suo sesso, età o censo, sia libero di agire per realizzare i suoi obiettivi. Una libertà che include quella di non agire, se così preferiamo - ma poi non lamentiamoci se nulla succede.
"La fortuna aiuta gli audaci."
(Proverbio)
"Chi è attivo non piangerà quasi mai sulla propria sorte. Con l'azione scacciamo la noia e i demoni della solitudine. Agendo ci si ritaglia un posto tra i vivi."
(Marc Alain)
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