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Perché siamo spesso insoddisfatti o frustrati?

Perché è così raro sentirci felici o appagati?

Perché così tante persone si lamentano?


Secondo me, l'essere umano moderno (inteso quello occidentale, perché in altre parti del mondo può essere ben diverso) ha a disposizione una grande abbondanza, ma non se ne rende conto e quindi non sa apprezzarla. La maggior parte di noi ha a disposizione (a volte anche gratuitamente):
  • Acqua corrente potabile
  • Cibo a portata di mano (nei negozi e nella propria dispensa)
  • Riscaldamento quando fa freddo
  • Energia elettrica e illuminazione
  • Impianti sanitari e fognature
  • Mezzi di trasporto rapidi e comodi, individuali o pubblici
  • Ampia sicurezza (niente predatori, banditi o pirati)
  • Medicine e assistenza sanitaria
  • Possibilità di comunicare col mondo intero
  • Cultura e informazione su qualsiasi argomento
  • Musica di qualsiasi genere sempre disponibile
  • Intrattenimento a profusione

Stiamo meglio di un Re

In pratica, l'uomo medio moderno vive in modo più abbondante e confortevole di un monarca di qualche secolo fa - per non parlare dell'uomo comune di qualche secolo fa (o di tanti asiatici e africani odierni), che non aveva nulla di quanto elencato sopra. Siamo circondati da tanti piccoli piaceri e comfort, ma li diamo per scontati o non ci facciamo caso. Proviamo a pensare di vivere senza una sola delle risorse elencate sopra... e ci rendiamo subito conto di quanto la nostra vita diverrebbe più povera, scomoda o angosciante.
Quindi la maggior parte di noi occidentali vive immersa in un'abbondanza mai vista prima nella storia dell'umanità... eppure non ce ne accorgiamo e ci sentiamo spesso insoddisfatti e infelici. Io trovo questo un grandissimo spreco. Spesso siamo come una persona che ha a disposizione un enorme supermercato... ma si lamenta perché gli manca il caviale!

Dal negativo al positivo

L'errore che sovente compiamo è di concentrarci sul negativo, sulle mancanze o su quello che non funziona, invece di concentrarci sul positivo, notando l'abbondanza intorno a noi ed assaporandola appieno. Finché una persona si concentra sul negativo, si sentirà sempre frustrata, insoddisfatta e carente, a prescindere dalle condizioni oggettive (come nell'esempio del supermercato).

La gratitudine fa vivere meglio

Una delle chiavi più potenti e semplici per vivere meglio è la gratitudine: la capacità di riconoscere e apprezzare quanto abbiamo di positivo nella nostra vita, e di sentirci fortunati ad averlo, invece di darlo per scontato. Chi manca di gratitudine si sentirà sempre misero - in tutti i sensi.

Il vittimista si lamenta sempre

Un atteggiamento opposto alla gratitudine è quello di chi "fa la vittima". Ovvero chi si lamenta in continuazione, non si assume la responsabilità di sé e ha la pretesa che sia il mondo a renderlo felice:
Chi si comporta in tal modo dimostra una mentalità "infantile", ovvero da bambino incapace di occuparsi di sé, che si aspetta siano gli altri a risolvergli i problemi. Costui ha bisogno di diventare "genitore di se stesso": cioè imparare a prendersi cura di sé e dei propri bisogni - che è una capacità fondamentale dell'essere adulto.

La vita non è fatta per renderci felici

Infine, uno dei motivi fondamentali per cui soffriamo, è che questo è parte naturale e inevitabile dell'esistenza: il mondo non è creato per renderci felici - e il nostro errore è di aspettarci che lo faccia. Una volta che accettiamo la sofferenza come inevitabile (almeno a volte, come insegna il Buddismo), e non vediamo la felicità come un diritto, diventa più facile coltivare la gratitudine e godere delle opportunità positive che la vita ci offre.


Questo post fa parte di una serie di risposte brevi a domande frequenti sull'amore, le relazioni e la vita (clicca sul link per leggere l'elenco di tutte le domande e risposte).


"L'uomo è infelice perché incontentabile."
(Giacomo Leopardi)

"L'ottimista vede opportunità in ogni difficoltà, il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità."
(Winston Churchill)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Pensare in positivo ti migliora la vita

Uno dei fattori che più limitano la nostra felicità è il trascurare (o dare per scontati) tutti gli elementi positivi nella nostra vita: non ci facciamo caso o ce ne dimentichiamo, e così non li apprezziamo. Invece molto spesso ci concentriamo sugli eventi negativi oppure su quello che ci manca.
Se ascoltiamo le lamentele delle persone intorno a noi, possiamo notare come quasi sempre si focalizzino su quello che non funziona o che non c'è, ma raramente si rammentano di quello che hanno o che funziona (sia per quanto riguarda la loro vita personale, sia per quanto riguarda il mondo in generale). Infatti molti si lamentano che "Il mondo va sempre peggio", mentre in realtà il mondo continua a migliorare - ma essendo concentrati sugli aspetti negativi, loro non se ne rendono conto.

Gli effetti di pensare in negativo o in positivo

Per quanto pensare "in negativo" ci venga istintivo, è però controproducente per il nostro benessere. Infatti avere la mente occupata da pensieri negativi:
  • peggiora l'umore;
  • ci rende insoddisfatti, lamentosi e sfiduciati (quindi anche più sgradevoli alle altre persone);
  • aumenta il livello di ansia e tensione;
  • indebolisce il sistema immunitario, diminuisce l'energia fisica e psichica, ci predispone ad ammalarci;
  • ci rende pessimisti, e quindi meno inclini ad agire, osare, impegnarci e creare.

Al contrario, concentrarci sugli eventi positivi e su pensieri piacevoli porta diversi benefici:
  • migliora l'umore;
  • ci sentiamo più soddisfatti, sereni, in pace;
  • la salute e il livello di energia migliorano;
  • siamo più fiduciosi verso noi stessi e la vita, quindi tendiamo ad agire, prendere iniziative, buttarci e fare quello che desideriamo.

“Avere la mente occupata
da pensieri negativi
ci rende insoddisfatti, lamentosi e sfiduciati”

Ecologia della mente

Si può pensare a questo equilibrio tra pensieri negativi o positivi come ad una ecologia della mente: proprio come viviamo meglio se l'aria e l'acqua che assorbiamo sono privi di elementi tossici, così la nostra mente mantiene uno stato efficace e funziona meglio se il livello di pensieri negativi è basso.

E se nella mia vita manca il positivo?

Alcuni potrebbero pensare di avere nella propria vita pochi elementi positivi a cui porre attenzione... Ma io scommetto che la maggior parte di voi è invece più "fortunata" di quanto pensa, e che le loro vite sono piene di cose preziose e piacevoli - a cui però non fanno caso.
Per scoprire tutto quello che di buono ci circonda, è necessario smettere di dare tutto per scontato, e concentrare la nostra attenzione su ogni cosa utile, piacevole o positiva che abbiamo a disposizione. In breve tempo ci renderemo conto di avere un'infinità di motivi per essere grati.

La lista della gratitudine

Un modo semplice per apprezzare tutti questi elementi positivi nella propria vita, è compilare una lista con ogni cosa buona ed utile che abbiamo: a questo argomento ho dedicato il post "La tua vita è migliore di quanto credi - La lista della gratitudine".

Specialmente quando le cose mi vanno male o mi sento scoraggiato, notare tutti questi elementi utili, benefici e preziosi mi aiuta a riconoscere che la mia vita va meglio di come sembra. E' dimostrato che provare gratitudine migliora la qualità della vita: come scrivo nella serie di post dedicati a diventare più felici, la gratitudine è la scorciatoia per la felicità.

I pensieri sono molto concreti

I pensieri possono sembrare cose astratte, poca cosa rispetto ai fatti. Ma invece essi influenzano moltissimo come viviamo, anche più dei fatti stessi. Pensiamo per esempio a due diverse abitazioni:
  • Paolo possiede un appartamentino di 60 mq, che ha scelto e sistemato con cura, di cui apprezza ogni giorno il comfort e il calore.
  • Nicola invece ha una casa di 200 mq, lussuosa e arredata finemente, ma pensa continuamente che vorrebbe una villa a Montecarlo, come hanno alcuni suoi conoscenti.
A livello di fatti appare ovvio che Nicola sta meglio di Paolo. Ma il modo in cui pensano fa sì che Paolo sia soddisfatto e in pace, mentre Nicola sia frustrato e non si goda quello che ha. Quindi, la felicità di queste persone viene determinata molto più dai loro pensieri che dai fatti concreti.

“I pensieri influenzano
come viviamo
anche più dei fatti stessi”

Perché tendiamo a notare il negativo e ignorare il positivo

Ma se "pensare in positivo" è così benefico, come mai tendiamo a non farlo? Per diverse ragioni.

La mente privilegia il negativo

La prima ragione è che la mente umana tende istintivamente a dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi:
  • Le notizie negative attirano maggiormente la nostra attenzione (ed è per quello che i media, per aumentare l'audience, puntano ad evidenziare gli eventi drammatici).
  • Non facciamo caso al semaforo verde o alla coda veloce, ma siamo subito infastiditi dal semaforo rosso o dalla coda lenta.
  • La perdita oppure la vincita di 100 euro non ci toccano allo stesso modo: perderli ci procura decisamente più sofferenza del piacere di riceverli.
Questa diversità di reazione ha una spiegazione evoluzionistica: reagire immediatamente ad ogni possibile pericolo è utile per sopravvivere (o almeno lo era quando vivevamo in uno stato selvaggio), mentre godere dei piaceri ha una minore priorità.

Questa maggiore importanza che diamo istintivamente al negativo ci porta a vedere la realtà (sia sul piano personale che collettivo) peggio di come realmente sia. Infatti a molti sembra che la povertà o i crimini aumentino, mentre in generale essi sono diminuiti negli ultimi decenni.
Anche il "peso" dei pensieri negativi nella nostra mente è maggiore: alcuni hanno calcolato che per controbilanciare l'effetto di un pensiero negativo, ne occorrono almeno tre positivi.

Essere negativi ci viene insegnato

Un altro motivo per cui ci concentriamo sul negativo è per via dell'educazione. A molti viene insegnato che bisogna essere seri, preoccupati, che è giusto star male per i problemi del mondo, altrimenti siamo persone superficiali.
Altre volte lo facciamo per imitazione, perché lo fanno le persone intorno a noi, e temiamo che fare diversamente ci attirerebbe sospetto e disapprovazione. Se qualcuno è sempre lieto e di buon umore, molti lo giudicano male: quante volte abbiamo sentito dire "Cosa c'è da ridere?!?" o "Il riso abbonda sulla bocca degli stolti".

La positività è una scelta cosciente

Quindi è necessario uno sforzo intenzionale, consapevole, per guidare la propria mente verso il positivo e distoglierla dal negativo - e così elevare il proprio stato d'animo e visione della vita. Nonché per apprezzare quello che siamo ed abbiamo.
Come una barca lasciata a se stessa va alla deriva, così la mente non disciplinata tende verso i pensieri negativi.

“La mente umana tende
a dare più importanza
agli eventi negativi”

Il negativo esiste, ma fissarlo non ci aiuta

Alcuni diranno "Ma gli eventi negativi esistono, il male esiste!". Certamente sì (anche se "bene" o "male" sono concetti relativi). Però concentrarsi su di essi non produce alcun beneficio, anzi: preoccuparsi non ha mai risolto nulla (semmai quel che serve è impegnarsi per migliorare, che è ben diverso dal pensare o lamentarsi). L'errore di molte persone è credere che il semplice preoccuparsi o lamentarsi produca risultati: purtroppo non è affatto così.

Concentrarsi sulle ingiustizie non serve

Si può pensare che sia legittimo lamentarsi per eventi ingiusti o che dovrebbero essere migliori. Forse, ma è comunque controproducente. Perché si rischia di cadere nella trappola del "Sarò felice quando...", rimandando lo stare bene e l'apprezzamento al futuro: e siccome è un futuro utopico (la perfezione non è di questo mondo, e la vita non è fatta per renderci felici), non ci si arriva mai.

Incolpare i genitori non serve

Molte persone si lamentano delle proprie esperienze infantili, e/o accusano i genitori perché non li hanno amati abbastanza o nel modo giusto, provocando loro tutta una serie di problemi. A questo proposito, qualcuno ha osservato che se i genitori si sono presi cura dei figli, li hanno nutriti e protetti - invece di "buttarli nel cassonetto" - gli è già andata bene; l'osservazione è chiaramente provocatoria, ma sottolinea come spesso ignoriamo quello che ci è andato bene, per concentrarci su quello che abbiamo vissuto come affronto o ingiustizia.

La vita è come un prato di campagna

Possiamo vedere la vita come fosse un prato di campagna: in esso ci sarà abbondanza sia di fiori che di sterco lasciato dagli animali che vi pascolano. Sta a ciascuno scegliere se concentrarsi sui fiori oppure sullo sterco. Allo stesso modo, la vita di ognuno presenta aspetti positivi e negativi, e il modo in cui ci sentiamo dipende in buona parte se poniamo la nostra attenzione sui "fiori" o sullo "sterco".
Concentrarsi sui fiori non vuol dire far finta che lo sterco non esista; sappiamo benissimo che c'è, ma scegliamo di non farci troppo caso (a meno che ci sia utile) e di godere invece di tutti quei fiori.

Essere positivi non significa ignorare il negativo

Sottolineo che "pensare in positivo" non significa negare la realtà (ignorando gli eventi negativi) o rinunciare a migliorarla. Significa invece dare ampio spazio agli eventi positivi, per apprezzarli e riconoscere quanto siamo "fortunati "; ma questo non esclude il considerare gli eventi negativi, quando sia necessario o utile, e cercare di migliorarli o eliminarli.

Il problema è che di solito ci concentriamo sul negativo solo per lamentarci o attribuire colpe, senza però produrre alcun risultato. Questo tipo di atteggiamento vittimistico può farci sentire temporaneamente meglio, ma in realtà non ci porta alcun vantaggio (se non un breve sollievo).

“Ci concentriamo sul negativo
solo per lamentarci o attribuire colpe,
non per cambiare”

Non c'è nessun "segreto"

Quando parlo di "pensare in positivo", non parlo dell'eliminare completamente i pensieri negativi dalla mente (oltre che impossibile, sarebbe pure pericoloso).
Né sostengo quella visione ingenua e un po' infantile (chiamata anche "legge di attrazione") per cui basterebbero i pensieri positivi per creare tutto quello che vogliamo (resa famosa da libri come "The Secret - Il Segreto", pagina Wikipedia, e da vari "guru" più o meno truffaldini).
Pensare in positivo (ed essere ottimisti) sicuramente aiuta nel realizzare i propri desideri, ma di certo non basta: per riuscire occorrono anche tempo, impegno, capacità, studio, perseveranza... ed anche un po' di fortuna. Niente si crea dal nulla.

Ignorare il negativo, apprezzare il positivo

Riassumendo, lamentarci del negativo ci viene naturale, apprezzare il positivo molto meno; però il primo atteggiamento peggiora la nostra vita, mentre il secondo la migliora. Vale quindi la pena impegnarsi per tenere i pensieri negativi ai margini della nostra mente (o farlo solo quando vogliamo e possiamo cambiare una situazione), e invece notare e apprezzare tutti i "doni" che arricchiscono la nostra vita.

"La gente si preoccupa troppo delle cose negative, di ciò che non va...
Perché non provare a vedere le cose positive e, con un semplice tocco, a farle fiorire?"

(Thich Nhat Hanh)

"Per attrarre ancora di più le benedizioni che la vita ha da offrire, devi sinceramente apprezzare quelle che già hai."
(Ralph Marston)

"Per quanto ci sia di cui lamentarsi, c'è assai di più di cui essere grati."
(Larry O'Connor)


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La tua vita è migliore di quanto credi [Lista della gratitudine]

Uno dei fattori che più limitano la nostra felicità è il trascurare (o dare per scontati) tutti gli elementi positivi nella nostra vita: non ci facciamo caso o ce ne dimentichiamo, e così non li apprezziamo. Invece molto spesso ci concentriamo sugli eventi negativi oppure su quello che ci manca.
Per quanto pensare "in negativo" ci venga istintivo, è però controproducente per il nostro benessere. Al contrario, concentrarci sugli eventi positivi e su pensieri piacevoli porta diversi benefici. Per approfondire gli effetti di queste due modalità, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".

E se nella mia vita manca il positivo?

Alcuni potrebbero pensare di avere nella propria vita pochi elementi positivi a cui porre attenzione... Ma io scommetto che la maggior parte di voi è invece più "fortunata" di quanto pensa, e che le loro vite sono piene di cose preziose e piacevoli - a cui però non fanno caso.
Per scoprire tutto quello che di buono ci circonda, è necessario smettere di dare tutto per scontato, e concentrare la nostra attenzione su ogni cosa utile, piacevole o positiva che abbiamo a disposizione. In breve tempo ci renderemo conto di avere un'infinità di motivi per essere grati.

“La maggior parte di voi
è probabilmente più 'fortunata' di quanto pensa”


La lista della gratitudine

Un modo semplice per apprezzare tutti questi elementi positivi nella propria vita, è compilare quella che chiamo la "Lista della gratitudine" (in inglese il concetto viene chiamato "Count your blessings" - "Elenca le tue benedizioni").
Compilare questo lista può essere utile specialmente quando ci sentiamo abbattuti e sfiduciati, quando ci sembra che la vita ci tratti male, o che il mondo ce l'abbia con noi.

Prendiamoci un po' di tempo e scriviamo su un foglio tutto ciò che abbiamo nella nostra vita e contribuisce a farci stare bene, e che ci mancherebbe se non fosse presente. Poiché la tendenza a dare questi elementi per scontati è molto forte, qui sotto riporto un elenco di esempio:

Il fisico

  • Sono vivo.
  • Sono in salute (anche solo in parte).
  • Ho tutti e quattro gli arti funzionanti:
    braccia e mani per lavorare, abbracciare, creare e difendermi;
    gambe e piedi per camminare, saltare, correre e danzare.
  • I miei cinque sensi funzionano: posso vedere e scoprire, ascoltare parole e musica, assaporare cibi deliziosi, annusare i fiori, toccare le persone che amo.

La mente

  • Ho intelligenza: posso comprendere il mondo, elaborare idee e progetti, e imparare tutto quello che mi interessa.
  • Ho conoscenze utili: so leggere e scrivere, far di conto, so fare varie cose che io ed altri apprezzano.
  • So comunicare: posso capire gli altri e farmi capire, posso collaborare, e chiedere aiuto quando mi serve.

La casa

  • Ho una casa che mi ripara da freddo e caldo, pioggia e vento (anche se vivo in affitto).
  • Ho il riscaldamento, l'acqua corrente per bere e lavarmi, i servizi igienici, l'energia elettrica per la luce e numerosi apparecchi.
  • Ho un frigo e una dispensa con abbondante cibo.
  • Ho il telefono, computer e Internet per comunicare col resto del mondo.
  • Ho radio e TV che possono divertirmi e informarmi.
  • Ho abbondanza di abiti e calzature per tutte le stagioni.
  • Ho un letto comodo e accogliente.

Paese e ambiente

  • Vivo in un Paese senza guerre, circondato da altri Paesi che non muovono guerra al mio.
  • Vivo in una nazione democratica, senza dittatura, polizie segrete e torture.
  • Ho a disposizione una serie di servizi (gratuiti o a costi accessibili), come istruzione pubblica, assistenza sanitaria, trasporti pubblici, forze dell'ordine.

Varie

  • Ho a disposizione libertà, opportunità e scelte pressoché infinite (in misura che in passato sarebbe stata impensabile).
  • Ho a disposizione tutta la conoscenza e la cultura umana (in gran parte gratuitamente).
  • Posso ascoltare in ogni momento tutta la musica che mi piace.
  • Ho nella mia vita persone che mi vogliono bene (e probabilmente anche tu, in qualche modo: che siano partner, amici, genitori).
  • Ho un'automobile che può portarmi dove voglio, e una bicicletta per spostarmi a costo zero.


Sembra poco, ma se non ci fosse...

Se quanto elencato sopra ti sembra banale o poco significativo, prova a considerare ogni elemento e immagina come vivresti senza di esso:
  • Senza l'acqua corrente: fare chilometri per attingere l'acqua da un pozzo, lavarsi in una tinozza.
  • Senza servizi igienici: costretto a fare i propri bisogni in una latrina in cortile, magari con la pioggia o il gelo.
  • Senza energia elettrica: al buio, al freddo, senza elettrodomestici, TV, computer.
  • Senza la salute o l'assistenza sanitaria: dolorante, infermo, dipendente dagli altri, magari in fin di vita.

“Prova a considerare come vivresti
senza acqua corrente”

Per migliaia di anni, per buona parte della civiltà umana, ogni persona:
  • Poteva essere coinvolta in una guerra in qualsiasi momento
  • Era alla mercé di banditi e malfattori
  • Era soggetta a piaghe ricorrenti quali carestie ed epidemie
  • Se si ammalava poteva contare solo sui metodi rozzi di cerusici o stregoni
  • Doveva vivere secondo i dettami della Chiesa e dei nobili...
Il fatto che oggi tutto questo non sia più così (almeno per chi vive in un Paese occidentale come il nostro), mi sembra un balzo epocale e di cui essere grati ogni giorno. Il cittadino medio odierno ha più possibilità, ed uno stile di vita più ricco e confortevole, di un re del passato.

Alimentare la gratitudine

Specialmente quando le cose mi vanno male o mi sento scoraggiato, notare tutti questi elementi utili, benefici e preziosi mi aiuta a riconoscere che la mia vita va meglio di come sembra. Mi incoraggia, mi ridà fiducia, mi fa sentire più "fortunato" e privilegiato (in particolar modo rispetto ai miliardi di persone più svantaggiate di me).
E' dimostrato che provare gratitudine migliora la qualità della vita: come scrivo nella serie di post dedicati a diventare più felici, la gratitudine è la scorciatoia per la felicità.

I pensieri sono molto concreti

I pensieri possono sembrare cose astratte, poca cosa rispetto ai fatti. Ma invece essi influenzano moltissimo come viviamo, anche più dei fatti stessi. Pensiamo per esempio a due diverse abitazioni:
  • Paolo possiede un appartamentino di 60 mq, che ha scelto e sistemato con cura, di cui apprezza ogni giorno il comfort e il calore.
  • Nicola invece ha una casa di 200 mq, lussuosa e arredata finemente, ma pensa continuamente che vorrebbe una villa a Montecarlo, come hanno alcuni suoi conoscenti.
A livello di fatti appare ovvio che Nicola sta meglio di Paolo. Ma il modo in cui pensano fa sì che Paolo sia soddisfatto e in pace, mentre Nicola sia frustrato e non si goda quello che ha. Quindi, la felicità di queste persone viene determinata molto più dai loro pensieri che dai fatti concreti.

Notiamo il negativo e ignoriamo il positivo

Ma se "pensare in positivo" è così benefico, come mai tendiamo a non farlo? Alcune ragioni principali sono:
  • La mente umana tende istintivamente a dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi.
  • Essere negativi ci viene insegnato.
  • A volte lo facciamo per imitazione.

Quindi è necessario uno sforzo intenzionale, consapevole, per guidare la propria mente verso il positivo e distoglierla dal negativo - e così elevare il proprio stato d'animo e visione della vita. Nonché per apprezzare quello che siamo ed abbiamo.

La lista della proprie qualità

In modo simile alla "Lista della gratitudine", si può anche fare una "Lista delle qualità" in cui elencare tutte le proprie qualità e capacità (anche quelle che ci sembrano ovvie, comuni o poco importanti). Invece di lamentarci, sentirci in colpa o "sbagliati" per quello che non sappiamo (ancora) fare o essere, possiamo portare l'attenzione su tutto quello che siamo o sappiamo fare. Questo ci aiuterà a sentirci meglio ed aumentare la considerazione di noi stessi.

Lamentarsi è facile, apprezzare no

Riassumendo, lamentarci per quello che ci manca o che va male ci viene naturale, apprezzare quello che abbiamo di positivo molto meno; però il primo atteggiamento peggiora la nostra vita, mentre il secondo la migliora. Vale quindi la pena impegnarsi per non dedicare attenzione agli elementi negativi (o farlo solo quando vogliamo e possiamo cambiare una situazione), e invece notare e apprezzare tutti i "doni" che arricchiscono la nostra vita.

Per approfondire gli effetti del pensare in negativo o in positivo, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".


"Per quanto ci sia di cui lamentarsi, c'è assai di più di cui essere grati."
(Larry O'Connor)

"Il segreto della felicità consiste nel contare le tue benedizioni, mentre gli altri continuano a sommare problema su problema."
(William Penn)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Nessuno può avere tutto, fare tutto, essere tutto (le rinunce sono parte della vita)

Il dolore della rinuncia

Rinunciare a un desiderio è per tutti fonte di sofferenza. Esiste in noi un meccanismo istintivo molto potente, che ci spinge a soddisfare un desiderio anche quando si tratti di cose minime, o anche se provoca serie conseguenze negative:
  • pensiamo alla persona in sovrappeso che non rinuncia ai cibi calorici;
  • al diabetico che non rinuncia ai dolci;
  • al fumatore che non smette pur avendo problemi respiratori...
In molti casi la difficoltà non nasce dall'importanza della cosa desiderata (che spesso è un'inezia), ma proprio dalla sofferenza provocata dal rinunciare: è per evitare quest'ultima che tendiamo ad assecondare il desiderio. Viviamo la rinuncia come una "perdita" dolorosa da evitare a tutti i costi, e non di rado proviamo un'avversione esagerata (e persino rancorosa) verso ciò che ci induce alla rinuncia:
  • La limitata disponibilità economica
  • La bilancia che ci indica la necessità di dimagrire
  • Un amico che ci sconsiglia un acquisto d'impulso
Il fatto che viviamo questi stimoli alla rinuncia come un affronto personale, o come una grave ingiustizia, dimostra come l'avversione alla rinuncia sia un meccanismo fortemente emotivo, e ben poco razionale: rinunciare alle patatine fritte o al centesimo paio di scarpe non ci cambia di sicuro la vita... eppure spesso reagiamo come se così facesse.

La paura di perdersi qualcosa (FOMO)

Un aspetto recente di questa avversione alla rinuncia, è il fenomeno chiamato "Fear of Missing Out" (FOMO), ovvero "Paura di perdersi qualcosa" (occasione, evento od opportunità). Fenomeno stimolato dalla diffusione pervasiva degli smartphone, che tramite i social network ci ricordano continuamente come altri godano di esperienze od oggetti fuori dalla nostra portata.
Una persona razionale riconosce come sia semplicemente impossibile avere tutto quello che altri hanno, o incontrare tutte le persone che altri frequentano, o visitare tutti i luoghi che altri vedono. Ma la continua esposizione, tramite Internet, a vite altrui che ci appaiono più ricche e appaganti della nostra, provoca negli individui più deboli, ansiosi o insicuri la costante angoscia di rinunciare a qualcosa che vorrebbero vivere.

“Rinunciare alle patatine
o al centesimo paio di scarpe
non ci cambia di sicuro la vita...
eppure spesso reagiamo come se così fosse”

Capire che la rinuncia è parte della vita

Anch'io, come tutti, pativo questa difficoltà a rinunciare, finché anni fa realizzai che non è mai possibile, per nessuno, avere tutto quel che si vuole. Attraversavo un periodo di scarsità economica, quindi soffrivo per tutto ciò che non potevo comprare. Ma a un certo punto mi resi conto che, anche se avessi guadagnato dieci volte tanto, ci sarebbero sempre stati acquisti fuori portata. Mi guardai intorno, e mi accorsi che a tutti succede di rinunciare a qualcosa, per limiti personali o universali.

Se io fossi abbastanza...

Spesso ci culliamo nell'illusione che se fossimo "abbastanza qualcosa" (ricchi, belli, potenti...), allora potremmo avere tutto quel che desideriamo. Ma è ingannevole, perché anche in quei casi esistono sempre dei limiti:
  • Anche la persona più ricca al mondo vorrà qualcosa che il denaro non può comprare (essere amato, la saggezza, l'immortalità).
  • Anche la donna più affascinante verrà respinta da qualcuno che ha gusti differenti.
  • Anche l'uomo più potente avrà ambizioni oltre la sua portata, o semplicemente impossibili.

Siamo piccoli e limitati

Pensateci: se qualcuno volesse esplorare stelle lontane, portare la pace nel mondo, eliminare la sofferenza umana, o anche solo riportare in vita una persona cara defunta... non potrebbe farlo, anche se si impegnasse con tutte le forze, anche se fosse la persona migliore del mondo. Noi umani siamo piccoli e limitati, e questa è una delle cause per cui spesso le rinunce sono inevitabili: non c'è mai abbastanza tempo, soldi o potere per fare tutto quello che vorremmo.

Le conseguenze della scelta

A tutto questo si aggiunge l'inevitabilità della scelta: in ogni momento noi ci troviamo a compiere delle scelte, e per ogni opzione che scegliamo ne escludiamo altre. Per ogni carriera, partner, vacanza, casa, auto o direzione che scelgo, mi trovo necessariamente a rinunciare ad altre possibilità. E se sono fra quelle persone che cercano di fare più cose contemporaneamente, quasi sicuramente mi ritroverò a farle in modo mediocre. La ricerca dell'eccellenza in un campo, infatti, richiede di concentrare le proprie risorse su quell'area a discapito di altre (almeno per un certo periodo).

Scegliere: da vittima a protagonista

Alcuni patiscono la necessità di scegliere, perché non vorrebbero rinunciare alle alternative. Vedono la scelta come una rinuncia, e questo li porta a vivere in un continuo stato di conflitto, perché scegliere è inevitabile: anche non scegliere è una forma di scelta.
Una prospettiva più creativa è quella di vedere la rinuncia come una scelta: allora posso vedere ogni rinuncia non come una perdita, ma come una scelta (consapevole e ponderata) verso la soluzione che ritengo migliore in quel momento. Con questa prospettiva:
  • Non rinuncio a dormire e vado a lavorare ogni mattina perché sono obbligato, ma perché lo scelgo per i benefici che mi porta.
  • Non rinuncio ad un'avventura galante per vergogna o per paura di essere scoperto, ma perché scelgo di valorizzare la mia relazione.
  • Non rinuncio ad un piacere momentaneo perché non ho abbastanza denaro, ma perché scelgo di impiegare quei soldi verso un obiettivo più importante.
In tutti questi casi le condizioni possono essere viste come limitanti, ma se adotto la prospettiva di scelta consapevole, mi sento protagonista e timoniere della mia vita (invece che vittima impotente delle condizioni).

“Se adotto la prospettiva di scelta consapevole,
mi sento protagonista e timoniere della mia vita”

Scegliere le priorità

L'inevitabilità della scelta comporta che, per ottimizzare la soddisfazione nella propria vita, è essenziale stabilire quali sono le nostre priorità: poiché non possiamo avere tutto, fare tutto, essere tutto (nessuno può), per raggiungere gli obiettivi che più ci stanno a cuore è necessario sceglierli consapevolmente, accantonare le alternative, e dedicarci ad essi con tutto il nostro impegno.

Molte vite vengono sprecate dedicandosi agli obiettivi più facili o immediati, trascurando o ignorando quelli davvero importanti, con la convinzione che ci sarà tempo più avanti. Ma il tempo scorre inesorabile, per tutti, e prima o poi arriva il giorno in cui ci si rende conto che si è vissuto in modo futile e superficiale - ma ormai è troppo tardi, e si rimane con il rimpianto per le occasioni perdute.
L'unico modo di evitare quel rimpianto, l'unico modo di costruire una vita appagante, è quello di scegliere le nostre priorità e dedicarsi ad esse. La scusa banale di chi disperde la propria vita è che "Non c'è abbastanza tempo", ma come disse il filosofo romano Seneca:
"Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto."

“Nessuno può avere tutto,
fare tutto, essere tutto”

Mal comune...

Riassumendo, è importante rendersi conto di quanto le rinunce siano parte della vita stessa, non conseguenze della nostra debolezza o di un destino avverso: tutti ne sono soggetti, nessuno escluso. E se le rinunce sono in buona parte inevitabili, allora possiamo accettarle con maggiore serenità, come accettiamo il calare della notte o una giornata di pioggia; non sempre è quello che vorremmo, ma sapendo che tanto non possiamo evitarle, e che toccano tutti, non diamo loro più di tanto peso.

A questo proposito, è utile ricordare la Preghiera della serenità: essa ci ricorda che ci sono eventi che possiamo cambiare (e verso cui serve allora impegnarsi), ed eventi fuori dal nostro controllo (contro i quali è quindi vano lottare). Saper distinguere tra i due è prezioso per evitare di farci il sangue amaro inutilmente.

L'importanza della gratitudine

Infine, un buon metodo per diminuire la frustrazione causata dalle rinunce è quello di coltivare la gratitudine: ovvero porre la propria attenzione su quello che abbiamo e che di positivo esiste nella nostra vita (ed apprezzarlo appieno), piuttosto che sul quel che ci manca o che vorremmo. In questo modo si alimenta il senso di soddisfazione e abbondanza, invece che il senso di mancanza o di scarsità.

Spesso tendiamo a dare per scontato tutto quello che già abbiamo, e per questo la nostra vita ci appare "povera". Se è anche il vostro caso, provate a fare una lista (per iscritto) di tutti gli elementi positivi che avete a disposizione (materiali e immateriali); anche le cose "banali" come l'acqua corrente, il riscaldamento, la corrente elettrica, il letto, cibo nel frigo, per non parlare del vivere in un Paese democratico o dell'assistenza sanitaria.
Se provate a immaginare di vivere senza tutte quelle cose, credo vi renderete rapidamente conto cosa vuol dire davvero vivere una vita povera e piena di rinunce.


"La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità."
(Bertrand Russell)

"Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto, o di essere capace di fare tutto, non potrai sbagliare: costui è un imbecille."
(Confucio)


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Citazioni 7
Politica - Educazione - Denaro e lavoro - Animali

Ho sempre amato citazioni e aforismi: il loro potere di condensare la saggezza in poche parole, di illuminare la verità, di incoraggiare il cambiamento... per questo li raccolgo da molti anni. Non di rado ho tratto supporto e ispirazione da essi.
Come ha scritto Isaac Newton, "Se ho visto oltre è perché sono salito sulle spalle di giganti". L'intelligenza e l'acume (a volte anche in una singola frase) di chi è più "grande" di me, mi ha aiutato ad aprire la mente e diventare quello che sono. Abbiamo tutti da imparare.

Ho quindi pensato di raccogliere le citazioni più significative in alcuni post, suddivisi per argomenti:
  1. Amore e relazioni
  2. Matrimonio - Amicizia - Sessualità - Amore per se stessi, Autostima
  3. Felicità e infelicità - Dolore e sofferenza
  4. Psicologia, Esseri umani
  5. Vita, Esistenza, Morte
  6. Filosofia, Etica, Idee
  7. Politica - Educazione - Denaro e lavoro - Animali

Sezioni in questo post:

Politica e società


L'unica razza che conosco è quella umana.
(Albert Einstein)

Non si può prevenire e preparare una guerra allo stesso tempo.
(Albert Einstein)

Non vi è nulla di più distruttivo per il rispetto del governo e delle leggi che l'emanar leggi che non è possibile far rispettare.
(Albert Einstein)

Uno stomaco vuoto non è un buon consigliere politico.
(Albert Einstein)

Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia ci insegna.
(Aldous Huxley)

Per un paese, avere grandi scrittori è come avere un altro governo. Questo è il motivo per il quale nessun governo ha mai amato i grandi scrittori, ma solo quelli minori.
(Aleksandr Solgenitsyn)

Confine: s.m. In geografia politica, linea immaginaria fra due nazioni, che separa i diritti immaginari dell'una dai diritti immaginari dell'altra.
(Ambrose Bierce)

Nessuno può provocare più dolore di un potente che pensa di aver avuto il potere direttamente da Dio.
(Bill Wilson)

Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.
(Cesare Pavese)

Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie.
(Charles Louis de Secondat)

O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell'intelligenza.
(Che Guevara)

La democrazia è il peggior sistema possibile, escluso tutti gli altri.
(Winston Churchill)

Si può indurre il popolo a seguire una causa, ma non a far sì che la capisca.
(Confucio)

Mai pensare che la guerra, anche se giustificata, non sia un crimine.
(Ernest Hemingway)

La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature.
(Franklin Delano Roosevelt)

Il segreto di un candidato politico è di sembrare stupido come chi lo ascolta, così che gli ascoltatori si sentano intelligenti come lui.
(Fred Barnes)

Quando lo stato ti insegna ad uccidere si fa chiamare patria.
(Friedrich Dürrenmatt)

La voce della maggioranza non è garanzia di giustizia.
(Friedrich W. Von Shelling)

Che cos'è mai il patriottismo, se non la vostra convinzione che questo Paese è superiore a tutti gli altri per il semplice fatto che ci siete nato voi?
(George Bernard Shaw)

Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare le tasse.
(George Orwell)

La guerra è una cosa troppo grave per essere affidata ai militari.
(Georges Clemenceau)

Democrazia significa governo degli incolti, mentre aristocrazia significa governo dei maleducati.
(Gilbert Keith Chesterton)

Dovunque si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini.
(Heinrich Heine)

Un politico pensa alle prossime elezioni, un uomo di stato alle prossime generazioni.
(John Clarke)

Non chiedete cosa il vostro Paese possa fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese.
(John F. Kennedy)

La lotta alla miseria deve essere condotta dal Governo, mentre la ricerca della felicità deve essere lasciata all'iniziativa privata. In altre parole bisogna essere socialisti al vertice e liberi imprenditori alla base.
(Karl Popper)

La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini.
(Leonardo Sciascia)

Non c'è legge che torni comoda a tutti.
(Livio)

Il potere corrompe e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
(Lord Acton, 1887)

In Italia negli ultimi anni è legittimamente cresciuta la cultura dei diritti, ma non ha trovato altrettanto spazio una nuova cultura dei doveri.
(Luca Ricolfi)

Che cosa penso della civiltà occidentale? Ritengo che sarebbe un'ottima idea.
(Mohandas K. Gandhi)

Al processo della gallina, la volpe non dovrebbe far parte della giuria.
(Thomas Fuller)

I manager fanno le cose nel modo giusto. I leader fanno la cosa giusta.
(Warren Bennis)

Alcune persone vedono un'impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com'è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante.
(Winston Churchill)

Nella guerra, determinazione; nella sconfitta, resistenza; nella vittoria, magnanimità; nella pace, benevolenza.
(Winston Churchill)


Educazione e figli


La scuola deve far sì che un giovane ne esca con una personalità armoniosa e non ridotto a uno specialista.
(Albert Einstein)

Quando i genitori fanno troppo per i loro figli, i figli non faranno abbastanza per se stessi.
(Elbert Hubbard)

Il rapporto fra madre e figlio è paradossale e per un senso tragico. Richiede il più intenso amore da parte della madre, e tuttavia questo stesso amore deve aiutare il figlio a staccarsi dalla madre e a diventare indipendente.
(Erich Fromm)

O si impara l'educazione in casa propria, o il mondo la insegna con la frusta, e ci si può far male.
(Francis Scott Fitzgerald)

La cosa più bella nei bambini è il ricordo della notte in cui li abbiamo fatti.
(Johann W. Goethe)

I tuoi figli non sono tuoi figli. Sono i figli e le figlie della fame che la Vita ha di sé stessa.
(Kahlil Gibran)

I bambini danno molta più importanza a ciò che i genitori fanno, che a ciò che essi dicono.
(Marie von Ebner-Eschenbach)

Non ho mai permesso che l'istruzione interferisse con la mia educazione.
(Mark Twain)

Nulla è più dolce a udirsi delle parole d'un padre che loda suo figlio.
(Menandro)

E' pericoloso dare gratis ai giovani molte cose che costarono carissime ai più anziani.
(Mino Maccari)

Penso che i figli dovrebbero allontanarsi presto dai genitori e poi vederli il meno possibile, come tutto il regno animale insegna magistralmente.
(Raffaele Morelli)

Il ruolo di un genitore è alimentare nei figli la gioia di vivere e stimolarli a inseguire i loro sogni.
(Randy Pausch)

Imparare significa scoprire quello che già sai. Fare significa dimostrare che lo sai. Insegnare è ricordare agli altri che sanno bene quanto te. Siamo tutti allievi, praticanti, maestri.
(Richard Bach)

Non è difficile diventar padre; essere un padre, questo è difficile.
(Wilhelm Busch)

E' davvero un buon padre quello che conosce suo figlio.
(William Shakespeare)


Denaro, prosperità, lavoro


Le cose che una generazione considera un lusso, la generazione successiva le considera necessità.
(Anthony Crosland)

Si dice che col denaro si compri tutto. No, non è vero. Potete comprarvi il cibo ma non l'appetito, la medicina ma non la salute, un letto soffice ma non il sonno, il sapere ma non il senno, l'immagine ma non il benessere, il divertimento ma non la gioia, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, i capelli grigi ma non la reputazione, giorni tranquilli ma non la serenità. Il denaro può comprare la buccia di tutte le cose. Ma non il seme. Quello non si può avere col denaro.
(Arne Garborg)

Più poveri siamo interiormente, più cerchiamo di arricchirci esteriormente.
(Bruce Lee)

La felicità è più difficile a ottenersi del denaro. Chi pensa che i soldi rendano felici, è senza soldi.
(David Griffen)

Una macchina è in grado di lavorare come cinquanta uomini comuni, ma nessuna macchina può svolgere il lavoro di un uomo straordinario.
(Elbert Hubbard)

Gli italiani guadagnano netto, ma vivono lordo.
(Giuseppe Saragat)

Lavora per te stesso, non diventerai mai ricco se lavori per i sogni degli altri.
(J. Paul Getty)

Le persone che non rispettano il danaro, non ne hanno.
(Paul Getty)

Quando in un'azienda una persona è indispensabile, vuol dire che l'azienda è organizzata male.
(Robert Niederer)

Che cos'è l'avarizia? E' un continuo vivere in miseria per paura della miseria.
(San Bernardo)

Mi piace andare al mercato, a scoprire come sono perfettamente felice senza tante cose.
(Socrate)


Animali


Chi non ha mai posseduto un cane, non può sapere che cosa significhi essere amato.
(Arthur Schopenhauer)

Gli animali non solo provano affetto, ma desiderano essere amati.
(C.H. Darwin)

L'empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo può ricevere in dono.
(Charles Darwin)

L'uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà.
(Charlie Chaplin)

Ho guardato molte volte negli occhi di un maiale e mi sono convinto che dentro quel cervello c'è un essere senziente che mi sta guardando mentre lo osservo e cerco di capire a che cosa stia pensando.
(Dick King-Smith)

E a forza di sterminare animali, s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo.
(Erasmo da Rotterdam)

Gli animali sono miei amici... ed io non mangio i miei amici.
(George Bernard Shaw)

Gli animali sono amici così simpatici: non fanno domande, non muovono critiche.
(George Eliot)

Un animale può essere feroce e anche astuto, ma per mentire bene non c'è che l'uomo.
(Herbert George Wells)

Bellezza senza vanità, forza senza insolenza: nel mio cane, tutte le virtù di un uomo senza vizi.
(Lord Byron)

Di tutti i crimini neri che l'uomo commette contro Dio ed il Creato, la vivisezione è il più nero.
(Mohandas K. Gandhi)

Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
(Mohandas K. Gandhi)

Se sei convinto di essere naturalmente predisposto a mangiar carne, prova anzitutto a uccidere tu stesso l'animale che vuoi mangiare.
(Plutarco)

Non ci sono dubbi scientifici sul fatto che un’alimentazione povera di carne e ricca di vegetali è la più adatta a proteggerci dalle malattie più gravi e mantenerci in buona forma.
(Umberto Veronesi)

La caccia al cervo sarebbe un autentico sport, se solo il cervo avesse il fucile.
(William Gilbert)

Vuoi essere simile alla natura degli dei? Sii misericordioso con gli animali: la dolce misericordia è il vero segno della nobiltà.
(William Shakespeare)


E se per caso siete curiosi di conoscere le mie "perle di saggezza" (con cui non penso certo di competere con i "grandi"), ho raccolto in un post i miei pensieri.


"Le idee migliori sono proprietà di tutti."
(Seneca)


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Il prezzo della felicità è agire

Frequentando ambienti in cui si parla di relazioni e sentimenti, uno dei lamenti più diffusi che osservo è quello relativo a situazioni di incertezza: nel 90% dei casi, l'uomo o la donna si strugge chiedendosi (e tempestando gli altri utenti di domande su) cosa pensa la persona desiderata, se li ricambia, come indovinare le sue intenzioni, perché si comporta così, ecc. Spesso queste situazioni di dubbi assillanti e tormenti emotivi, si trascinano per mesi: e se un simile comportamento in ragazzini di 14 anni può fare tenerezza, in adulti di 40 mi sembra un po' patetico.
Anche perché, alla fin fine, non ci sono ricette magiche o alchimie segrete: se una persona ti interessa ma non si fa avanti, o in qualsiasi altra situazione in cui quel che desideriamo non accade spontaneamente, l'unica via è agire per realizzare il nostro desiderio.

Sono talmente esasperato da questi lamenti, che ho deciso di scrivere questo post per dare loro una risposta una volta per tutte (il che, tra l'altro, è una buona dimostrazione di come la sofferenza possa portare a risultati positivi ;-).
Questo post è dedicato specialmente alle situazioni relazionali, ma il contenuto è valido per ogni situazione in cui rimaniamo bloccati da incertezza e dubbi, e invece di fare qualcosa speriamo che la soluzione arrivi dall'esterno.

La formula NON magica

Quindi, qual è il prezzo da pagare per raggiungere quel che desideriamo?
Il prezzo della felicità è agire per ottenerla: è riconoscere i propri desideri, e agire per realizzarli. Non ci sono segreti, trucchi o scorciatoie.
Agire non ci offre garanzie di successo, ma non agire - in genere - ci garantisce il fallimento. Un po' come accade nei giochi: se giochiamo potremmo perdere, ma finché evitiamo di giocare, di sicuro non vinceremo mai.

Certo, tutti vorremmo trovare qualche sistema per essere felici senza sforzi, ma che io sappia non ce n'è: la vecchia legge di causa ed effetto vige ancora. I media possono stupirci con la storia del genio comparso all'improvviso o di chi è diventato ricco con una brillante idea... ma se scaviamo, scopriremo che dietro ogni successo c'è sempre molto impegno e determinazione: l'atleta si allena costantemente, il musicista (per quanto dotato) si esercita per migliaia di ore, l'imprenditore lavora 7 giorni su 7 per sviluppare la sua idea...

Anche risultati più "modesti", come uscire con la persona che ci piace, richiedono un nostro personale impegno (poi, certo, alcune volte le cose funzionano da sole o abbiamo un colpo di fortuna; ma, come per le lotterie, la fortuna non è cosa su cui fare affidamento).
Ogni cosa di valore ha un prezzo, richiede uno sforzo, un investimento. Ogni risultato significativo nell'esistenza umana, è dovuto a impegno, azione e dedizione. Pensiamo all'arte o alle scienze: non si creano opere d'arte, invenzioni e tecnologie, senza dedicarvi tempo ed energie.
Lo stesso vale nelle relazioni: sia nell'iniziarle, sia nel mantenerle.

Molti passi verso il successo

E' anche importante non scoraggiarsi di fronte a difficoltà e ostacoli. Questi sono quasi sempre inevitabili, e specialmente quando si perseguono obiettivi ambiziosi: l'investimento è spesso proporzionale al risultato desiderato. Non si può pensare di trovare un "grande amore" senza muovere un dito, o trovare il lavoro perfetto al primo colpo: accade solo nelle favole e nei film hollywoodiani.

Quanto più elevato è il nostro obiettivo, tanto più dobbiamo aspettarci di investire energia e superare insuccessi. Anche in campo sentimentale, secondo una mia stima molto approssimativa, una persona normale (mediamente attraente) deve passare tra 10 e 100 tentativi deludenti o fallimentari, prima di arrivare a una relazione appagante (questa prospettiva può apparire scoraggiante, ma l'alternativa - rinunciare alle relazioni o aspettare un "miracolo" - mi sembra anche peggio).

E' ovvio che scoraggiarsi presto fa sì che non si arrivi mai a risultati concreti. Bisogna invece perseverare e vedere i "fallimenti" come passi necessari sul cammino per arrivare al successo (e questo è specialmente vero se impariamo dai nostri errori). Questo principio è valido in amore, come nel lavoro o in qualsiasi interesse (imparare una lingua, danzare, suonare uno strumento...): la "scala" che conduce al "successo" (obiettivo desiderato), è fatta di molti "gradini" che vanno percorsi tutti.

Aspettare la "manna dal cielo"

L'aspettativa che le cose "cadano dal cielo", che gli eventi positivi accadano da soli, o che spetti ad altri crearli, è un atteggiamento infantile, non da adulti: il bambino è per definizione impotente, quindi spetta ad altri soddisfare i suoi bisogni; l'adulto, per contro, è in grado di occuparsi di sé e dei propri bisogni.
Questa differenza tra comportamento "bambino" o "adulto" è ben illustrata nel libro "Alla ricerca delle coccole perdute" di Giulio C. Giacobbe (info nella Bibliografia). Quindi, ogni volta che assumiamo una posizione passiva, di attesa, o che scarichiamo su altri la responsabilità di renderci felici, ci stiamo comportando in modo infantile.

La tua felicità è una tua responsabilità: se tieni a qualcosa, sta a te (e solo a te) agire per ottenerla. Nessun altro lo farà al posto tuo. Gli altri non hanno alcun obbligo di renderti felice (e lo stesso vale per te verso gli altri).
Oppure puoi scegliere di stare seduto sulle tue natiche ad aspettare, lamentarti e piangerti addosso. E' una libera scelta, e quel che ottieni (o non ottieni) nella vita, dipenderà in buona parte dalle scelte che avrai fatto.
Se aspetti invece di agire, metti la tua felicità nelle mani degli altri, o del caso. E in quel modo non sei più tu a guidare la tua vita: sei in balìa del fato.

E' necessario rendersi conto che la vita non è fatta per renderci felici: l'esistenza, il mondo, l'universo, non hanno alcun "meccanismo" incorporato che si occupi di soddisfare i nostri desideri. Quindi, la felicità non è un diritto, qualcosa che possiamo pretendere. La felicità è una possibilità, che possiamo cercare di realizzare agendo e impegnandoci al nostro meglio.
Questa posizione può sembrare pessimista o demoralizzante, ma è invece fortemente creativa: se crediamo che la felicità ci spetti di diritto, resteremo passivi e in attesa, e questo ci porterà ben pochi risultati (più probabilmente nessuno). Quando invece smettiamo di aspettare che arrivi un qualche "babbo natale" a portarci i doni, riconosciamo la responsabilità verso noi stessi, entriamo in azione ed iniziamo a creare risultati.

Il fattore che influenza maggiormente la nostra felicità, sono le nostre aspettative: sono esse a determinare le nostre scelte, le azioni, e il gradimento che consegue ai nostri risultati. Il rapporto che abbiamo con la realtà condiziona il tipo di vita che creiamo.

Passare all'azione

Tornando al tema iniziale di incertezze sentimentali e incontri che non sbocciano, se l'altro vi piace ma non si smuove, sta a voi decidere: o lasciate perdere, o entrate in azione. Fare le "belle statuine", come avete già verificato, spesso non porta da nessuna parte.
Ovviamente prendere l'iniziativa, esporsi, dichiarare il proprio interesse, ci rende vulnerabili e temiamo di venire feriti. Tutti lo temiamo, ed è per questo che tutti tendiamo ad evitarlo. Però, qualcuno deve pur iniziare! :-D
(a quelli che si nascondono dietro luoghi comuni stantii come "l'uomo è cacciatore", rimando al paragrafo finale "Gli alibi dei codardi").

Agli insicuri e pessimisti, magari paralizzati dalla convinzione di venire respinti, voglio ricordare che non possiamo essere certi di quel che pensa l'altro, fino a che non glielo chiediamo apertamente. A volte le nostre paure ci ingannano, prevedendo disastri poco probabili.
Mi piace ricordare le parole del Vangelo di Luca: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". Ovviamente non sempre funziona, ma chiedere a cuore aperto porta risultati più spesso di quanto pensiamo. E tentare porta sempre più risultati che starsene immobili.

Scopritevi - magari con prudenza

Ovviamente non vi sto suggerendo di saltare addosso alla persona che vi piace. A qualcuno potrebbe piacere ;-) ma gli altri si spaventerebbero.
Provate invece a dichiarare apertamente che vorreste conoscere meglio quella persona, anche se magari in modi non troppo impegnativi: l'invito a prendere un caffè (o un gelato) insieme, una passeggiata, la proposta di una mostra, conferenza o altra attività di interesse comune. Se vi sentite audaci, potete esprimere direttamente cosa vi piace o attrae di quella persona: a tutti piace sentirsi apprezzati.
Cercate di evitare i sottintesi, le allusioni, gli accenni velati, insomma ogni forma di comunicazione ambigua: nella maggior parte dei casi l'altro non capirà cosa volete dire (ancor più se è un uomo), o rimarrà nel dubbio. L'unica comunicazione efficace è una comunicazione chiara, diretta e inequivocabile: dite quello che sentite o volete, non girateci intorno.

Tenete presente che, il più delle volte, essere autentici è la miglior forma di seduzione. Se provate sentimenti positivi per l'altra persona, gli state offrendo qualcosa di bello e prezioso: non vergognatevene, anzi, siatene orgogliosi e fieri. Non è da tutti.
Riconoscete il valore del vostro sentimento. Se l'altro non lo apprezza, vorrà dire che non è adatto a voi (non siete compatibili), non che mancate di valore. Ricordate che non si può piacere a chiunque: bisogna andare verso le persone capaci di apprezzarci.

Quando è il caso di lasciar perdere

Naturalmente bisogna considerare la possibilità che se l'altra persona non vi viene incontro, forse è perché non è (abbastanza) interessata a voi (o non più). Come evidenziato nel libro "La verità è che non gli piaci abbastanza" (titolo originale "He's just not that into you"; scritto da due autori della serie "Sex and the City"), in buona parte dei casi in cui qualcuno non mostra abbastanza interesse per voi, il motivo è che davvero ha poco interesse per voi.
A volte l'interesse decade (o sparisce) col tempo, anche se all'inizio era travolgente; e questo accade spesso in modo unilaterale, ovvero uno dei due rimane legato e l'altro si stacca. Purtroppo queste "asimmetrie del desiderio" sono normali: le dinamiche dell'attrazione e della passione sono per loro natura mutevoli. Non pensate che, solo perché un incontro è meraviglioso, questo ne garantisca la durata; tutto scorre.

Sta a voi decidere se vale la pena rischiare, se davvero l'altro vi interessa a tal punto, oppure è meglio lasciar perdere e cercare qualcuno più in sintonia con voi. Se tutti i segnali sono negativi (e magari anche gli amici vi dicono che non c'è nulla da fare), è probabile che sia così, e forse insistere vi porterà solo a farvi male. Ricordiamoci che agire aumenta le chance di successo, ma non fa magie.
Tenete però presente che, se lasciate perdere prima di essere del tutto certi, rimarrete sempre col dubbio di aver perso un'occasione... forse l'altro prova sentimenti simili ai vostri, ma è bloccato dalle medesime paure; forse ci sono di mezzo problemi che sono rimasti inespressi. Anche per questo, il mio consiglio è quello di mettervi in gioco e dichiarare il vostro interesse: anche nel caso peggiore in cui non ci sia nulla da fare, almeno avrete fatto chiarezza e non vi trascinerete rimpianti.

La fine dei dubbi

Qualunque sia la situazione, uno degli effetti più benefici di entrare in azione è quello di uscire dal vortice di dubbi tormentosi, che affliggono coloro che rimangono in stati di attesa. Finché aspettiamo che siano gli altri ad agire o prendere l'iniziativa, non sappiamo mai cosa pensano, se ci vogliono, cosa succederà, se e quando: viviamo in uno stato di costante e sofferta incertezza, che produce uno stress alla lunga devastante.
Nel momento in cui agiamo, comunichiamo le nostre intenzioni e perseguiamo i nostri desideri, usciamo da quel vortice e qualcosa succede: a volte otteniamo quello che vogliamo, a volte no o solo in parte, ma quantomeno non siamo più bloccati in uno stato di impotenza. Ed anche quando non otteniamo il risultato desiderato, smetteremo di tormentarci coi dubbi e di perdere tempo - e questo è già di per sé un successo!

Perché agire è così difficile

Uno dei motivi per cui tendiamo a rimanere passivi, invece di agire, sono le nostre insicurezze, in primo luogo la scarsa stima di sé. Se mi stimo poco:
  • Avrò paura di mettermi in gioco, di provare;
  • riterrò probabile fallire (e quindi a che serve provare?);
  • e avrò paura che, fallendo, la mia autostima crolli ulteriormente.
Molte delle scuse e degli alibi che usiamo per giustificare la nostra passività, nascondono questo tipo di paure. Ma questo non cambia il problema: meno agiamo, meno risultati otterremo, e quindi la nostra autostima tenderà comunque a diminuire (magari anche perché vedremo altri che invece ottengono risultati).
In altre parole, la passività non protegge l'autostima; sulla lunga distanza, invece, la aumenta (nessuno può sentirsi in gamba finché rimane passivo e paralizzato).

Molti persone in questi frangenti, giustificano la propria passività dicendo che sono timidi. Ma la timidezza non è una forma di personalità, in genere è la paura del giudizio altrui: temiamo così tanto di essere giudicati, criticati o rifiutati, che non osiamo esporci. Quindi essere timidi non è un handicap con cui siete nati, ma una fragilità che è parte del nostro essere umani. Tutti abbiamo paura di qualcosa, ma più lasciamo che le nostre paure ci blocchino, meno ci sentiamo vivi e felici.
Una via concreta per superare la timidezza e aumentare l'autostima, è affrontare le proprie paure, sperimentare e migliorare attraverso le esperienze. Anche per questo io consiglio di esporsi e approcciare chi ci piace: le prime volte può essere terrificante, ma ogni volta che superiamo l'esperienza questa ci rafforza, e la volta dopo ci sarà più facile.

Per gli uomini è più grave

Anche se non amo focalizzarmi su un genere specifico, in questo caso devo aggiungere che il problema del non agire è ancora più grave per i maschi. Non solo per il ruolo tradizionale che esige dagli uomini decisione, risoluzione ed azione, ma anche - a livello più profondo - perché l'azione costruttiva è propria dell'archetipo maschile luminoso: una delle caratteristiche che definiscono l'energia maschile (che vale anche per la parte maschile nelle donne), è la capacità di auto-affermazione e di fare le cose che vanno fatte.
Finché restate passivi e non agite, state bloccando la vostra energia maschile, e per un uomo questo comporta lo sminuire la propria mascolinità. Ciò ispira una reazione negativa nelle donne (che non sono attratte dagli uomini passivi) ma, cosa più importante, questo blocco vi impedirà di sentirvi bene con voi stessi.

Il pensiero non basta

Parlando di questo tema sono partito dall'area delle relazioni, ma un'altra area in cui agire è determinante, è quella della prosperità. Possiamo sognare ricchezze e progettare grandi imprese, ma finché non entriamo in azione resteranno solo bei sogni.
Sembrerebbe ovvio ed inutile dirlo, ma negli ultimi decenni certi tipi di pensiero positivo hanno seminato l'idea che basti pensare o desiderare certi risultati, perché questi si manifestino spontaneamente (pensiamo al successo del libro "The Secret - Il Segreto"; pagina Wikipedia). Come molte fonti autorevoli hanno in seguito puntualizzato (ad esempio Steve Pavlina), quel tipo di pensiero è sicuramente favorevole (è dimostrato che l'ottimismo favorisce il successo), ma da solo non basta a manifestare risultati: per ottenerli, è anche necessario avere capacità adeguate, produrre valore ed agire costruttivamente.
Questo principio è valido in qualsiasi area: ricchezza, lavoro, relazioni, realizzazione personale, ecc.

Gli alibi dei codardi

Per concludere, voglio menzionare gli alibi puerili che alcuni usano per non assumersi la responsabilità della propria felicità: quando qualcosa ci preme ma non abbiamo il coraggio o la forza di agire, spesso diamo la colpa all'esterno.
Uno dei modi in cui lo facciamo è attraverso stereotipi, ruoli o proiezioni, che usiamo come alibi per scaricare quella responsabilità addosso agli altri: tocca agli uomini; è una cosa da donne; non è roba per la mia età; non spetta a me; è compito di... Sono tutte fesserie, sono soltanto scuse dovute all'ignoranza o alla paura.
Se una cosa vuoi davvero farla, se ci tieni al risultato, la fai, a prescindere che tu sia uomo o donna, giovane o vecchio, ricco o povero. O almeno ci provi. Il resto sono solo alibi, giustificazioni, vigliaccheria o pigrizia.

Uno stereotipo che vedo spesso usato dalle donne negli approcci è che "L'uomo è cacciatore", quindi tocca a lui esporsi, agire e rischiare il rifiuto. Ma è un po' come se un uomo si lamentasse "Ho fame, ma non muovo un dito perché cucinare è da femmine". Entrambi gli atteggiamenti sono privi di senso, sono relitti di altre epoche: sono solo alibi per scaricare su qualcun altro il proprio bisogno, senza doversi esporre o impegnare in prima persona (perché, ovviamente, è molto più comodo e facile quando sono gli altri a faticare o a rischiare).
Questo tipo di scuse sono semplice ipocrisia: invece di ammettere onestamente "Ho paura; non voglio rischiare il rifiuto; non voglio essere ferita", ci si ripara dietro stereotipi. Come se un secolo di lotte per la parità fosse passato invano.

La vera parità è che ciascuno, a prescindere dal suo sesso, età o censo, sia libero di agire per realizzare i suoi obiettivi. Una libertà che include quella di non agire, se così preferiamo - ma poi non lamentiamoci se nulla succede.

"La fortuna aiuta gli audaci."
(Proverbio)

"Chi è attivo non piangerà quasi mai sulla propria sorte. Con l'azione scacciamo la noia e i demoni della solitudine. Agendo ci si ritaglia un posto tra i vivi."
(Marc Alain)


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Guadagniamo di meno o spendiamo di più? [aumento costo della vita]

E' opinione comune che il costo della vita sia aumentato notevolmente, rispetto a qualche decennio fa. O, in altri termini, che il potere d'acquisto dei salari sia fortemente diminuito.
Pur riconoscendo che in parte questo è realmente accaduto, mi sono chiesto quanto sia vero in termini oggettivamente matematici, e quanto invece sia una percezione dovuta all'aumento dei consumi.
Al giorno d'oggi esiste una vasta gamma di consumi, che 30 anni fa semplicemente non esistevano. Poiché la loro introduzione è stata progressiva, essi ci appaiono come parte integrale e scontata dei nostri stili di vita... ma, ugualmente, rappresentano un costo che prima non c'era (o era minore).

Una lunga lista di nuovi "bisogni"

Proviamo a pensare a tutti quegli acquisti, oggi pervasivi, che agli inizi degli anni '80 ancora non esistevano, o non facevano parte dello stile di vita comune... ma che oggi riteniamo bisogni più o meno irrinunciabili:
  • Cellulari e smartphone (in costante rinnovamento), e bisogno continuo di comunicare
  • Computer (e periferiche, accessori, programmi...)
  • Internet, e connessione sempre e ovunque (Wi-Fi, chiavette, computer portatili...)
  • L'invasione dei dispositivi mobili (iPad, iPhone e tutti gli altri...)
  • Televisori LED, 3D, 4K, sempre più grandi
  • Canali TV a pagamento, film e serie televisive "on demand"
  • DVD e Blu-Ray disc
  • Navigatori satellitari
  • Videogiochi e console
  • Climatizzatori
  • Automobili con airbag, ABS, ESP, catalizzatore, navigatore, predisposizioni audio... (tutte cose che rendono un'auto più complessa e costosa). Le auto sono diventate sempre più grandi, potenti e pesanti
  • Abiti firmati
  • Chirurgia estetica
  • Vacanze all'estero, settimane bianche, viaggi nei weekend
  • Scolarità prolungata dei figli
  • Corsi e attività extra-scolastiche per i figli
  • Accompagnare i figli a scuola e alle attività, quindi necessità di una seconda auto in famiglia
  • Fitness, diete, alimenti "speciali"
  • Cure, trattamenti ed esami sanitari recenti
  • Cambiamento nelle ambizioni abitative: c'è stata una forte tendenza verso le case fuori città (il che porta a più auto, più spese di trasporto, meno tempo...) o unifamiliari (mutuo più alto, maggiori spese...). Fino agli anni '70 molti italiani vivevano ancora in case di ringhiera.

“Oggi c'è una gamma di consumi
che 30 anni fa
non esistevano”

Guadagnare 100 e spendere 120

Se in parte è vero che il potere d'acquisto è diminuito, quanta parte del reddito viene assorbita da questi "nuovi" consumi? Questa vasta gamma di bisogni indotti, quanto genera una "impressione di povertà"?
Se ieri guadagnavo 100 e spendevo 80, ed oggi guadagno ancora 100 ma voglio di più e spendo (o vorrei spendere) 120... ecco che mi sento più povero di ieri (anche se il mio stipendio è rimasto uguale).

Facciamo un conto veloce e per difetto (euro al mese, per famiglia):
  • Telefonia cellulare (acquisto, abbonamenti, ricariche) = 40-120
  • Computer (2, ogni 3 anni) = 40-60
  • Internet sempre connessa = 20-40
  • Pay TV = 20-40
  • DVD, videogiochi, media vari... = 40-100
  • Abbigliamento "di moda" = 40-120
  • Seconda auto = 80-120
Totale, da 280 a 600 euro al mese (considerando una famiglia a reddito medio-basso, ed una a medio-alto), solo per questi consumi "nuovi"! (che sono soltanto una parte dell'elenco precedente).

Ipnotizzati dai media

Questo fenomeno è in parte dovuto ai media e alla pubblicità, che contribuisce a farci sembrare "normale" un certo stile di vita (sofisticato, complesso e costoso), perché ci viene continuamente presentato davanti agli occhi. Un fenomeno ulteriormente accentuato dai social network, dove molti si sforzano di mostrarsi al meglio e sfoggiare una vita "al massimo" (che spesso non corrisponde al vero), stimolando sensazioni di tristezza, solitudine e inferiorità.

Da una parte ci si sente quindi "in diritto" di vivere in quel modo e, dall'altra, si tende a farlo per non sentirsi "inferiori" agli altri: una tendenza che, nel mondo anglosassone, è ben conosciuta ed ha anche un nome: "Keeping up with the Joneses". Significa "Stare dietro ai signori Rossi", e indica il bisogno di acquistare ed esibire per non sentirsi inferiori a chi abbiamo intorno. Negli USA è una patologia riconosciuta, nonché una conclamata causa di problemi economici di molte famiglie.

“Sui social network
molti si sforzano
di mostrarsi al meglio”

Consumi in rialzo, anche con l'economia in ribasso

Si potrebbe osservare che il miglioramento delle condizioni di vita e l'aumento dei consumi, fanno parte dell'evoluzione della società. E' vero, ma questi ultimi decenni hanno visto un'espansione dei consumi rapida e straordinaria; i bisogni base della famiglia media inizio anni '80 non erano molto diversi da quelli degli anni '60: oltre alla casa, c'erano automobile, TV, frigorifero e lavatrice. Dopo di che c'è stata una continua accelerazione, specialmente nel settore tecnologico.
E' vero che il costo della tecnologia è progressivamente diminuito, ma la quantità di oggetti tecnologici che riempiono la nostra vita è dilagata (e la loro vita media si è abbreviata).
Inoltre, mentre nel trentennio 1950-1980 l'aumento dei consumi si è accompagnato a una crescita economica, nel trentennio successivo (1980-2010) l'espansione dei consumi è continuata nonostante il progressivo declino dell'economia, a partire dagli anni '90.

Consumi e felicità

A scanso di equivoci, non sto rimpiangendo il passato: non giudico l'oggi meglio o peggio di ieri (di certo è diverso, ma le valutazioni sono soggettive e personali). Mi chiedo solo quanto l'espansione dei consumi possa contribuire ad aumentare la "sensazione di povertà" (più aumentano i bisogni percepiti, meno le risorse appaiono sufficienti).
In tutta onestà, non mi sembra che - mediamente - siamo più felici di 30 anni fa. Personalmente, sono contento del progresso e non rinuncerei ad alcune delle cose elencate sopra... ma riconosco che non contribuiscono significativamente al mio livello di felicità; la felicità non sta negli oggetti.
Lo stesso si può dire della tendenza verso i "consumi vistosi", il cui valore non è intrinseco ma dipende dalla possibilità di aumentare il proprio status sociale (cosiddetti "beni Veblen"): questi consumi non danno soddisfazione in sé, ma solo in quanto ci fanno sentire migliori degli altri. Chi insegue questi status symbol non è mai soddisfatto, perché c'è sempre qualcuno che sfoggia uno status più elevato.

Una riflessione necessaria, a questo proposito, è sulla differenza tra "tenore di vita" e "qualità della vita" - una distinzione ignorata da molti. L'abbuffata consumistica è, in buona misura, dovuta al senso di vuoto e insoddisfazione diffusi: si crede che avere (o fare) sempre più cose possa riempire quel vuoto. Ma quel vuoto è interiore, di natura affettivo/esistenziale, e gli acquisti non possono mai colmarlo; possono dare solo un temporaneo sollievo.

“C'è una grande differenza
tra tenore di vita
e qualità della vita”

Non è colpa mia!

Di fronte a questa mia interpretazione, una possibile (e diffusa) reazione è di negazione: rifiutare la corresponsabilità nel problema, puntare l'indice solo su cause esterne (es. aumento dei prezzi, svalutazione dei salari...). In pratica, fare come i bambini che, presi "con le mani nel sacco", come prima cosa si difendono con un "Non è colpa mia!".
Ovvero, fa sempre comodo (ed è un istinto naturale) attribuire tutte le colpe all'esterno... ma spesso si è - invece - corresponsabili. Anche nel caso del costo della vita, il problema è in parte responsabilità del consumatore, che vuole sempre di più (anche quando non si tratta di beni primari e non se li può permettere).

Consumare non è un "diritto"

Il problema non sono i desideri o i consumi in sé: il problema è quando vengono dati per scontati, considerati un "diritto", e non più solo una possibilità. Quando una cosa ci appare scontata ma non possiamo averla, proviamo frustrazione e rabbia, ci sembra che ci sia stato fatto un torto. Pensiamo che ci sia un colpevole, che il mondo "funzioni male"; tendiamo ad attribuire all'esterno le cause del nostro malessere. Ci sentiamo infelici e crediamo che non dipenda da noi.
Invece, se siamo consapevoli che un desiderio è solo una possibilità, quando non possiamo (più) averla ne siamo - ovviamente - dispiaciuti, ma sappiamo che può accadere, che fa parte della vita; in cui a volte otteniamo quel che vogliamo, ed altre no.


Il tempo scomparso

Una considerazione simile si può fare a proposito del tempo a disposizione. Quando ero ragazzino (30-35 anni fa), la domanda più comune quando ci si ritrovava con gli amici era "Cosa si fa?". Era più facile trovare tempo che qualcosa da fare.
Oggi tutti si sentono terribilmente impegnati - sembra una specie di mania (o smània). Ovviamente, il tempo oggettivo è rimasto tale e quale: il giorno ha sempre 24 ore per tutti quanti. E certe innovazioni o apparecchi ci permettono anche di risparmiarne. Però, le attività possibili si sono moltiplicate, cosicché il nostro tempo ci appare sempre meno adeguato a tutto quello che vorremmo (o dovremmo) fare.

Anche in questo caso, quindi, non è diminuito il tempo a nostra disposizione (anzi, semmai è aumentato), ma è cresciuto a dismisura quello che vorremmo farne.
In altre parole, sembra che siamo tutti vittime di una "voracità" (di consumi, di denaro, di tempo...) in continua e incontrollata crescita.


"Il vero fine dei mezzi di comunicazione non è più quello di informare il cittadino, bensì di formare il perfetto consumatore."
(Giuseppe Altamore)


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Avere più soldi può renderti infelice?

Una convinzione molto diffusa, è che la felicità cresce di pari passo con la ricchezza. Ma le convinzioni sono spesso ingannevoli, ed anche questa sembra esserlo.
Per esempio, alcune ricerche hanno dimostrato che, una volta raggiunto un certo livello di reddito (che soddisfi le esigenze base), ulteriori aumenti non influiscono significativamente sul livello di benessere o felicità. Lo studio di cui parlo in questo post, mostra come l'incremento della ricchezza possa portare ad una maggiore infelicità, sia a un livello personale che sociale.

“L'aumento della ricchezza
può portare
maggiore infelicità”

Più ricchezza, meno sostanza

Questo studio degli economisti Eaton ed Eswaran, illustra questa ipotesi: man mano che una nazione aumenta la sua ricchezza (oltre uno standard ragionevole), i consumi si spostano verso status symbol privi di valore intrinseco (auto lussuose, abiti firmati, gioielli...). Il loro possesso non fornisce una soddisfazione per se, ma solo in quanto permette di sentirsi "migliori" degli altri.
Tra le conclusioni degli autori:
  • Il paradosso delle società sviluppate: "Nel corso del tempo, diventiamo più ricchi, ma non diventiamo più felici".
  • La possibilità che il consumo di risorse e i danni all'ambiente, non producano reali benefici per la società.
  • Il dubbio che l'enfasi sulla crescita economica (da parte della società e degli economisti) possa essere gravemente illusoria.

“Diventiamo più ricchi,
ma non diventiamo più felici”

L'importanza dell'apparire

Questo studio è basato sul lavoro di un altro economista, Thorstein Veblen, che nel 1899 scrisse il libro "La teoria della classe agiata". Veblen osserva come la ricerca di status passa attraverso "consumi vistosi o appariscenti" ("conspicuous consumption"), il cui valore non è intrinseco ma dipende dalla possibilità di distinguersi dagli altri.
Man mano che l'economia cresce, le persone tendono sempre più a preferire questi cosiddetti "beni Veblen" (status symbol) rispetto ad altri beni. Poiché questi beni non forniscono una soddisfazione intrinseca, non si raggiunge mai un "punto di sazietà", ma si continua in una escalation.
All'interno di questo tipo di società c'è una costante invidia e frustrazione, sia per i "poveri" (chi non può permettersi questi beni), sia per i "ricchi" (che invidiano chi ha più di loro, e desiderano ulteriori "beni Veblen"). Quindi, mentre la ricchezza di un Paese cresce, il livello di felicità medio diminuisce.

Un circolo vizioso

All'aumentare della produzione, produttività e reddito vengono sempre più dissipati nel vano tentativo di distinguersi, attraverso "consumi vistosi" maggiori dei propri vicini. I "beni Veblen" escludono progressivamente tutti gli altri beni e attività che promuovono benessere (inclusi il tempo libero, le attività sociali e pubbliche).
Questo potrebbe spiegare il motivo per cui, negli ultimi decenni, tutti si sentono estremamente impegnati ("Non ho tempo!" è uno dei lamenti più diffusi - nonostante il progresso ci abbia liberati da molte incombenze), ma non per questo più appagati. Probabilmente le vite si riempiono progressivamente di "attività Veblen" (pensiamo a shopping e viaggi, o ai corsi cui si mandano i figli)... col solo risultato di aumentare stress e frustrazione.

A ben guardare, questa dinamica vale anche per i figli. Più viene concesso benessere ai giovani, e più questi - invece che risultarne appagati - sembrano ossessionati dai "beni Veblen" (cellulari, auto e abiti "giusti"...), a cui legano il senso del loro valore. Probabilmente ancora più degli adulti, a causa della loro minore maturità e maggiore dipendenza dall'approvazione dei loro pari.

Inoltre - osservano gli autori - più si tende all'acquisizione di status symbol, meno si ha tempo e disponibilità per aiutare gli altri. Questo danneggia il senso di fiducia e comunità (si frammentano le relazioni, gli individui si sentono isolati), a scapito della società intera.

Abbasso la miseria!

A questo punto, è importante ricordare che negare una cosa, non implica affermare il suo contrario! In altre parole, affermare che "la ricchezza non dà la felicità" non vuol certo dire che la povertà renda felici. Anzi!
Quindi, né io né gli autori citati esaltiamo la miseria. Certamente la possibilità di soddisfare i propri bisogni fondamentali (cibo, riparo, sicurezza...) è fondamentale per sentirsi felici. Ma, una volta superato quel livello, diventa necessario chiarire i propri bisogni autentici. Anche perché siamo sottoposti a forti pressioni che ci inducono bisogni superflui (che, come abbiamo visto, non producono felicità).

Il meglio della vita

E' probabile che il bisogno di "beni Veblen" (oltre ad essere influenzato dai media), nasca dal fatto che è facile perdere di vista le cose che contano. Le cose più importanti e preziose della vita non si possono comprare, ma richiedono sempre un impegno personale. Se non si ha chiaro quali siano queste "cose preziose" (o non si è disposti all'impegno necessario), la vita risulta vuota e insoddisfacente: allora si cade facilmente nell'illusione che più denaro o più oggetti potrebbero riempire quel vuoto. Ma - ovviamente, e come mostra questo studio - il "superfluo" non appaga, piuttosto induce consumo compulsivo e dipendenza (in modo simile alle droghe).

Ma allora, dove trovare la felicità? Di certo, la felicità autentica è qualcosa di più profondo del piacere, del divertimento, dell'eccitazione (che molti scambiano per felicità). E' uno stato di armonia e appagamento che è fondamentalmente dentro di noi. Per questo è bene iniziare a coltivarlo "dall'interno", cambiando i nostri atteggiamenti e modi di pensare.
Senza dimenticare l'importanza delle "piccole cose", i piccoli piaceri e soddisfazioni che spesso diamo per scontati, ma che arricchiscono la nostra esistenza.

“Le cose più importanti della vita
non si possono comprare”

Attento a quello in cui credi

Come dicevo all'inizio, le convinzioni sono pericolose. Quando crediamo in qualcosa, lo diamo per scontato e basiamo la nostra vita su di esso. Anche quando non otteniamo i risultati sperati, tendiamo a perseguire con maggior sforzo la nostra convinzione, piuttosto che metterla in discussione.
Se crediamo che la ricchezza ci renderà felici, possiamo spendere gran parte della nostra vita nell'inseguirla. Ma se non fosse come pensiamo?
Ancora una volta, è il caso di ponderare bene quello che davvero è importante per noi.


"La ricchezza superflua può comprare solo cose superflue. Non serve denaro per comprare ciò che necessita all'anima."
(Henry David Thoreau)


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