- sentendosi sbagliati;
- giudicandosi in continuazione;
- reprimendosi anche dove non necessario;
- disprezzando le proprie imperfezioni;
- sentendosi spesso inadeguati.
Se persone intorno a voi alimentano l'idea distruttiva con critiche e giudizi continui, considerate la possibilità di allontanarle: è difficile guarire da questa attitudine, se l'ambiente intorno a voi la rinforza continuamente.
“Non accettare se stessi
è una ricetta sicura
per una vita tormentata”
La paura di non essere normale
Un motivo per cui fatichiamo ad accettarci, è perché pensiamo di essere sbagliati, diversi, "strani". Vediamo gli altri come "normali", e pensiamo che loro non abbiano le difficoltà che ci affliggono, le paure che ci angosciano, i difetti che ci disturbano, o i nostri gusti sessuali fuori dalla norma. Insomma, temiamo di non essere normali (qualsiasi cosa voglia dire).Ma la verità è che nessuno è normale: tutti hanno difficoltà, paure e difetti simili ai nostri (chi più, chi meno), ma fanno di tutto per nasconderlo. La normalità non esiste realmente, è un valore soggettivo e arbitrario; e il concetto di normalità viene spesso spinto da chi cerca di manipolarci (quindi diffidate da chi ne fa una bandiera, come amici o partner giudicanti, genitori rigidi, personaggi politici o religiosi).
Vai bene come sei
Per uscire da quella trappola distruttiva, bisogna coltivare l'idea risanatrice per cui sono come sono, e va bene così (o un concetto equivalente che funziona per voi).- Questo non vuol dire negare i miei difetti, né giustificare i miei errori, ma convivere serenamente con la mia imperfetta umanità.
- Non vuol dire nemmeno rinunciare a migliorare; posso sempre scegliere di migliorare, ma perché lo desidero, non perché mi sento sbagliato (e questo approccio è sicuramente più efficace).
“Sei come sei
e va bene così”
Basta che fai del tuo meglio
Un altro modo per coltivare l'accettazione, è decidere che per essere delle persone valide, è sufficiente la buona volontà. Non è necessario fare tutto, non sbagliare mai, o essere impeccabili: basta provare a fare del vostro meglio. Se siete ossessionati dalla convinzione che non siete abbastanza, o che dovreste fare molto di più, considerate questi punti:- Si può raggiungere la perfezione?
Ovviamente no, non è di questo mondo, e la frase proverbiale "Nessuno è perfetto" ce lo ricorda. - Si può evitare di sbagliare?
Certamente no, visto che persino individui straordinari come Aristotele, Newton ed Einstein hanno commesso errori clamorosi. - Si può arrivare all'eccellenza?
In teoria sì, ma richiede moltissimo tempo e impegno (vedi la "regola delle 10.000 ore"), per cui è alla portata di pochi.
Puoi esserti amico
Poiché l'idea di accettarsi ed amarsi per come si è, risulta abbastanza estranea alla nostra cultura, spesso fatichiamo a immaginare cosa voglia dire volere bene a se stessi. Un modello utile è quello di trattare me stesso come se fossi il mio migliore amico:- Se il mio amico commette un errore, glielo dico con calma, senza aggredirlo
- Sono paziente con i suoi limiti, e perdono le sue piccole mancanze
- Lo incoraggio, lo sostengo e provo gioia per ogni suo successo (anche se piccolo)
- Noto e apprezzo tutte le sue qualità
“Tratta te stesso
come se fossi
il tuo migliore amico”
Voler bene a te stesso
Nel post in cui spiego cosa vuol dire amare (secondo me), ho elencato diversi modi in cui possiamo amare qualcuno. Questi modi sono validi anche verso se stessi; sono doni con cui diamo a noi stessi quell'amore che tanto desideriamo:- Ascolto (attenzione focalizzata sul tuo sentire; ascoltare le tue emozioni - anche negative; ascoltare il tuo dolore, invece di negarlo o respingerlo)
- Attenzione (concentrarti su te stesso; accantonare il senso del dovere, metterti al centro)
- Accoglienza (nel bene e nel male, nella gioia e nella tristezza, restare aperto e positivo verso quello che sei)
- Assenza di giudizio (giudicare separa, allontana e porta a chiuderti)
- Accettazione (accettarti per come sei, senza critiche, senza volerti cambiare)
- Apprezzamento (notare e apprezzare tutte le tue qualità; celebrare la tua unicità)
- Comprensione (cercare di capire chi sei e come sei, riconoscendo che ogni tua azione ha un suo motivo)
- Compassione (accogliere la tua sofferenza; perdonare le tue mancanze)
- Gentilezza (parlare ed agire verso te stesso con garbo, attenzione e delicatezza)
- Rispetto (non aggredirti o disprezzarti, non pretendere troppo da te stesso, non ignorarti né trascurarti, non darti per scontato)
- Avere a cuore la tua felicità (e agire per raggiungerla)
- Prenderti cura (dei tuoi bisogni, dei tuoi problemi, della tua sofferenza)
- Dare spazio a te stesso per esprimerti liberamente
"Non concepisco più l'amor proprio come forma di vanità, ma come un riconoscimento: sono il mio miglior amico, l'alleato più fedele."
(Marc Alain, "Essere Se Stessi, ogni giorno")
Un disperato bisogno d'amore
Chi non si accetta, spesso prova un bisogno ossessivo di sentirsi amato, oppure brama un amore totale, incondizionato. In pratica, il bisogno d'amore che non trova risposta all'interno di sé, viene completamente proiettato all'esterno e riversato sugli altri; queste persone appaiono spesso come "mendicanti di amore" (atteggiamento che porta gli altri ad allontanarsi).Più ci detestiamo o ci disprezziamo, più tendiamo a sognare qualcuno che possa apprezzarci ed amarci - incluse quelle parti di noi che non sopportiamo. Il guaio è che, siccome gli altri tendono a "farci da specchio", quando non piaciamo a noi stessi, tendiamo a non piacere anche agli altri. Ma anche se incontriamo qualcuno che davvero ci apprezza, tenderemo a non crederci o a sabotare la relazione:
- perché in fondo non crediamo di meritarlo;
- o perché ci vediamo così difettosi, che se qualcuno ci vuole deve avere qualcosa che non va.
L'amore che guarisce è prima di tutto il tuo
Quando abbiamo sofferenze, tensioni e conflitti interiori, l'accettazione di sé è probabilmente la forza guaritrice più grande. Quando ci dicono che "L'amore guarisce" o che "Tutto ciò di cui hai bisogno è amore" (titolo di una famosa canzone dei Beatles), è molto vero - ma dimenticano che l'amore più importante è quello per se stessi. Invece di insegnarci ad amare noi stessi, veniamo educati a dipendere dall'amore altrui.Ma l'amore "esterno" non è quello più potente. Infatti quando sei depresso o sei convinto di essere "sbagliato", se hai vicino qualcuno che ti ama di certo può aiutare e farti sentire meglio; però non ti guarisce. Sei comunque depresso e continui a sentirti sbagliato (chi è da solo può credere che una persona che lo ami lo "salverà" da queste sofferenze, ma chi è in coppia sa che non è sufficiente).
Invece quando arrivi ad amarti, questo può veramente guarire la tua sofferenza: smetti di giudicarti, di criticarti, di condannarti, di vederti inadeguato, di combattere la tua natura. Pur nella tua imperfezione, arrivi a provare una tenerezza, un calore e un apprezzamento per te stesso stupefacenti. Finalmente "ti senti a casa" - dove tutto è in pace e va bene.
"Al di là di una sana disciplina,
sii gentile con te stesso.
Tu sei figlio dell’universo,
non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai il diritto di essere qui."
(Max Ehrmann, dal "Desiderata")
Prova a perdonarti
Un altro elemento necessario per vivere bene con se stessi, è la capacità di perdonarsi. Quasi tutti conviviamo con sensi di colpa per qualche mancanza o errore compiuto. Ma dobbiamo ricordare che commettere errori (anche gravi) è umano: anche quando sbagli, non vuol dire che sei una cattiva persona, ma solo che sei umano e imperfetto - come tutti.Non sempre possiamo evitare di sbagliare; quello che possiamo fare è imparare dagli errori fatti, e cercare di non ripeterli. Inoltre, quando ci sentiamo in colpa per qualche mancanza, dovremmo anche ricordarci tutte le volte in cui abbiamo fatto la cosa giusta, o compiuto azioni positive; probabilmente queste ultime sono molte di più dei nostri sbagli.
E' anche importante saper chiedere scusa: non possiamo cambiare ciò che è stato, ma possiamo "sanare" il presente con il pentimento e la sincera espressione di scuse.
“Anche quando sbagli,
non vuol dire che sei
una cattiva persona”
Accettazione non è rassegnazione
Poiché stiamo parlando di migliorare la propria vita, ovviamente accettazione non vuol dire stasi o passività. Tutti vorremmo essere migliori, e magari migliorare anche il mondo, quindi l'accettazione di cui parlo è una forma di pace e amore con se stessi, da cui partire per coltivare la propria evoluzione. Sembra un paradosso, ma in realtà più mi accetto per quel che sono, e più divento capace di sviluppare le mie qualità e diventare la persona migliore che potrei essere!Mi rendo conto che il conflitto con se stessi è un problema pesante, e i miei suggerimenti non possono fare miracoli. Però diventare consapevoli di questo conflitto, e iniziare a cambiare questo tipo di mentalità, è già un buon punto di partenza. Va detto che, per chi vive in modo particolarmente grave questo conflitto interno, può essere necessario un aiuto esterno (nella forma di terapie psicologiche o counseling).
L'amore per se stessi non è un argomento molto diffuso, specialmente nella nostra lingua. Per chi voglia approfondire, segnalo il libro "Amati! Amare se stessi è la vera rivoluzione" di Fabio Marchesi.
"Essere belli significa essere se stessi. Non hai bisogno di essere accettato dagli altri. Hai bisogno di accettare te stesso."
(Thich Nhat Hanh)
"Esiste un curioso paradosso: quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare."
(Carl Rogers)
"Far pace col proprio corpo, accettarlo così com'è, alimentarlo con le proprie cure, nutrirlo bene, mantenerlo in forma con l'esercizio, ammirarne gli aspetti più belli, onorarlo con vestiti comodi, trattarlo come se fosse un tempio, divertirsi in esso come se fosse una sala da ballo, essere in soggezione di fronte ad esso come se fosse un palazzo reale: tutte queste sono espressioni di gentilezza verso se stessi."
(Daphne Rose Kingma)
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Salve, vorrei infatti porle delle domande a cui non riesco a rispondermi. Io caratterialmente sono sempre stato tranquillo e sensibile e alle medie, ad esempio, ero spesso emarginato e risultavo antipatico senza motivo. Ero quel ragazzino che faceva tutto ciò che reputava "giusto", ero molto influenzabile, semplicemente perchè lo sentivo come "un dovere" quando invece, si ripercuoteva tutto a discapito mio. Penso che anche l'ambiente non mi abbia aiutato in questo ed ero comunque molto insicuro. Cambiando e passando alle superiori, ho avuto la fortuna di conoscere altre persone e sicuramente il cambiamento di ambiente mi ha aiutato a trovare più serenità. Con il tempo ho capito molte cose, ad esempio a 16 anni ho cominciato a capire l'importanza della mia persona, di me stesso e da quel piccolo pensiero ho cominciato la mia metamorfosi, sia fisica e sia caratteriale, cominciando a far palestra ad esempio, formando una nuova comitiva di amici ecc. Più avanti ho trovato difficoltà negli ultimi anni di scuola con il gruppo classe, dove vi erano soggetti per la maggior parte molto ipocriti. Però sa qual'è stata la differenza? La maniera con cui ho affrontato la situazione, non ero più quel ragazzino dalla lacrima facile o quello che si faceva sottomettere, riuscivo a bastarmi, riuscivo a guardare avanti e riuscivo a trovare delle soluzioni "alternative". Ora mi sento si una persona migliore e infatti le chiedo: secondo lei com'è che mi è scattata la scintilla? Il fatto di cominciare ad accettarmi? Com'è che ci sono riuscito? Perchè ho capito la lezione e che dovevo voltare pagina e fare ciò che reputo giusto per me stesso e non per assecondare il volere degli altri? Com'è che questa reazione ha fatto si che io cominciassi a voler migliorare sia esteticamente che caratterialmente? Questo articolo ha cominciato a farmi sorgere molti interrogativi, perchè sembrava darmi una buona parte di spiegazione del mio cambiamento e mi ha reso ancora più convinto di quanto già non ero in precedenza di come vado orgoglioso della mia crescita. Attendo le sue spiegazioni.
RispondiEliminaBenvenuto, e complimenti per la sua evoluzione.
EliminaNon conoscendola personalmente, non posso sapere i motivi che l'hanno generata. Ma leggendo le sue parole, azzardo alcune ipotesi:
- In gioventù, lei lasciava che altri decidessero cos'era giusto e sbagliato; dava loro potere e autorità; dipendeva dal loro giudizio. Non dava importanza a se stesso e si prendeva poca cura di sé.
- In seguito, ha iniziato a decidere in autonomia; ha dato meno importanza ai giudizi. Si è preso cura di lei, ha iniziato a volersi bene, a rispettarsi, ad accettarsi.
Perché è accaduto?
- In parte, è la naturale evoluzione di una persona: da bambini passivi e dipendenti, si diventa adulti forti e autonomi (ma non tutti ci provano, o ci riescono). La nostra natura è andare "verso la luce", verso il positivo (ma per farlo dobbiamo sganciarci da chi "vive nel buio", nel negativo).
- Probabilmente c'è stata della sofferenza, del disagio, che l'ha spinta a cambiare. Spesso, cambiamo quando la sofferenza diventa insopportabile.
- Sicuramente l'accettazione è un passo fondamentale: chi non si accetta vive male ed è in balìa degli altri, chi si accetta trova in sé l'amico migliore possibile.
- Infine, sembra che a un certo punto lei abbia iniziato ad amare se stesso; forse perché non trovava fuori l'amore che voleva, l'ha trovato in sé. Comunque sia successo, questo l'ha portata a prendersi cura di sé, con tutte le conseguenze positive.
Le motivazioni possono essere l'informazione, aver imparato dalla sofferenza a essere più forte (ciò che ha anche detto lei), discutendo, riflettendo. Avendo già un carattere comunque introverso forse questo mi ha aiutato a vedermi bene dentro e aver cercato di capire le cause delle mie carenze caratteriali. Io sono sempre il solito ragazzo tranquillo e sensibile, però in maniera diversa, riesco a dominare più le mie emozioni, riesco a reagire quando un tempo non riuscivo a farlo, riesco davvero ad accettarmi. La ringrazio per avermi dato le sue spiegazioni.
EliminaQuasi dimenticavo, le devo sicuramente delle scuse, se ben ricorda, sono lo stesso ragazzo che l'anno prima ha scritto quel lungo messaggio di indignazione riguardante l'articolo "maschio alfa e maschio beta" e che lei, fortunatamente, ha tolto. Lei stesso, su una domanda postata da me su answer, ha risposto postandomi questo blog, spiegandomi le motivazioni di cosa attrae le donne in linea di massima. Purtroppo non stavo passando un bel periodo e la poca lucidità non mi ha permesso di ragionare, non stando attento davvero al concetto descritto da lei. Vedendo alcune caratteristiche e tipologie mi sono un po' spaventato mi ricordo, perchè in quel momento mi sono sentito inadeguato e infatti, ho scritto il messaggio preso dalla rabbia, come se fosse stato un attacco personale ma ho capito che il problema mio non era ciò che sono, ma ciò che non riuscivo a essere, cioè me stesso, ero convinto di aver raggiungo un certo livello di consapevolezza, ma in realtà non è stato un processo ancora definitivo o ultimato. Facendo un altro giro, nei mesi successivi, ho rivisto altre risposte, dove praticamente lei, non ha insinuato che "alfa è meglio e beta è peggio", lei ha espresso un concetto spiegando le caratteristiche delle due tipologie di maschio, ma nessuno, realmente, possiede tutti i tratti di uno e tutti di un altro, si trattava di incitamento a migliorarsi, a piacersi, a maturare e arricchire se stessi, perchè ognuno di noi è fatto a modo proprio e se le devo dire la verità, io ho anche scritto "non cambierò mai per nessuno" e le volevo spiegare perchè. Io con quella frase intendevo semplicemente che io sono io e per cambiamento ho capito erroneamente Roma per toma e purtroppo è nata un incomprensione vera e propria, io pensavo che per cambiamento dovessi comportarmi in tutt'altra maniera e che invece per cambiamento, avrei dovuto capire subito che intendeva un arricchimento, un migliorare se stesso, cioè il mio essere un ragazzo tranquillo, lo sono e lo sarò sempre, ma si ha sempre la possibilità di essere quella persona tranquilla con più qualità e con più freccie al proprio arco. Se non fosse stato per le risposte di altri utenti e altrettante sue risposte, questa incomprensione poteva ancora persistere e fortunatamente non è stato cosi. Ripeto, ero convinto di essere migliorato, ma si vede che avevo ancora bisogno di migliorarmi e purtroppo mi sono lasciato sopraffare dalla collera del momento. La ringrazio per avermi postato questo blog e di avermi fatto riflettere successivamente, nei momenti dove son riuscito a superare alcuni momenti di difficoltà e a tornare ad agire in maniera più equilibrata e ragionevole, anche questo è uno dei tanti cambiamenti che non mi so spiegare, perchè se ci penso adesso mi dico "come ho potuto comportarmi come un bambino capriccioso" e purtroppo ne esistono altrettanti che, com'ero io in passato, continuano a intestardirsi con questa tesi delle "ingiustizie". Io parto dal presupposto che le ingiustizie esistono, ma dobbiamo essere noi comunque a trovare la soluzione, magari anche chiedendo aiuto, però bisogna tirarsi su e questo deve partire da noi stessi. La ringrazio davvero.
EliminaGrazie per le scuse, e per l'apprezzamento.
Elimina> si trattava di incitamento a migliorarsi, a piacersi, a maturare
E' esattamente questo l'intento dei miei post.
Non dico mai "Sei sbagliato", ma "Puoi essere meglio, se vuoi". Un miglioramento che non è mai andare contro se se stessi o fingere (non avrebbe senso), ma sviluppare i propri potenziali. Non per far contenti gli altri, ma per stare meglio noi.
Come ha scoperto lei stesso, c'era dentro di lei il potenziale di evolversi e vivere meglio.
> si vede che avevo ancora bisogno di migliorarmi
Non si è mai "arrivati"; non si smette mai di crescere :-)
> anche questo è uno dei tanti cambiamenti che non mi so spiegare
La psiche è un cosmo misterioso. A volte è impossibile capire perché siamo come siamo.
In generale, molte delle nostre azioni nascono dall'inconscio (specialmente quando siamo preda di forti emozioni), di cui non siamo padroni. Quando l'inconscio muove i suoi fili, facciamo cose che sembrano senza senso o di cui ci pentiamo - è un po' come essere "posseduti".
Spesso nel nostro inconscio si celano parti di noi ferite e impaurite; quando riusciamo a vederle e ad accettarle, tendono a guarire e il loro potere su di noi si attenua.
grazie per i suoi articoli e la sua ricerca,non posso commentare con altre parole poichè e come leggere i miei pensieri e in un momento difficile della mia vita, i suoi sono di autentico conforto. Grazie
RispondiEliminaGrazie a te.
EliminaMi fa molto piacere sapere di poter essere utile. Un abbraccio :-)
Ciao Valter, condivido tutto, ma avrei una semplice domanda riguardo il " sono come sono, e va bene così ": se fossi un ladro, un assassino, un violentatore o semplicemente un grande egoista, andrebbe ugualmente bene? Dovrei accertarmi comunque?
RispondiEliminaGrazie
E' una bella domanda :-)
EliminaPrimo: accettarsi non vuol dire che tutto mi va bene com'è. Posso accettarmi ma anche ritenere di avere aspetti che voglio migliorare. Quindi mi accetto nella mia "imperfezione" del momento, ma mi impegno anche per evolvere.
La chiave sta nel farlo da una base positiva e amorevole (accettazione), invece che da una negativa (critica, severità, disprezzo di sé). Quella positiva è molto più efficace.
Secondo: se ho una coscienza, essere un ladro o un assassino non mi fa stare bene: sono in conflitto con me stesso. Quindi posso accettarmi ma anche cercare di uscire da quella condizione (a cui magari sono stato condotto da circostanze fuori dal mio controllo), o pentirmi delle mia azioni e cercare una redenzione.
Se invece sono privo di coscienza (p.es. uno psicopatico), allora il problema non si pone. Non mi sottopongo ad alcun giudizio morale, quindi sono oltre l'accettazione: sono nella "a-moralità".
In tutti i casi, accettarmi non vuol dire giustificarmi o che "va tutto bene".
Vuol dire trattarmi con amorevolezza, anche quando sbaglio (la stessa amorevolezza, credo, che Gesù nei Vangeli offre anche ai peccatori). Perché da questa amorevolezza sarà più facile uscire dall'oscurità e andare verso la luce.
Il mio "Sono come sono, e va bene così" non è l'a-moralità dello psicopatico. Assomiglia all'abbraccio affettuoso che diamo all'amico, anche quando ha sbagliato. :-)
Un consiglio. Gradirei avere una breve lista delle ragioni secondo cui, a tuo parere, Valter, una persona non dovrebbe MAI accettarsi. Mi sarebbe molto utile per stare meglio.
RispondiEliminaGrazie infinite
Secondo me non esistono ragioni sensate per non accettarsi (ma "accettazione" è diverso da giustificare o avallare).
EliminaInoltre l'accettazione è rivolta alla persona, non alle azioni: posso giudicare sbagliata una mia azione, ma non vuol dire che sono sbagliato come persona (anche perché tutti sbagliamo, a volte; ma non per questo siamo sbagliati).
Anche il cristianesimo invita a condannare il peccato, ma non il peccatore - quindi distingue tra azioni e persona.
- Io posso condannare le mie azioni, se mi redo conto di aver sbagliato; e questo può avere risvolti positivi: pentimento, chiedere scusa e tentativi di rimediare.
- Ma se mi condanno come persona, quale bene mai ne potrà scaturire? Sarò in conflitto con me stesso, sarò tormentato e angosciato, e questo non mi renderà una persona migliore.
Pensa ad un genitore saggio: se il figlio sbaglia egli condanna lo sbaglio, lo fa notare al figlio, lo invita a prendersi la sua responsabilità e a non ripetere simili azioni. Ma non smette di amarlo :-)
Il genitore fa questo non solo perché è carne della sua carne, ma perché sa che il figlio ha bisogno del suo amore per diventare una brava persona; perché l'amore guarisce, e ci spinge verso il bene.
Non accettarsi è come essere in guerra con se stessi. E si sa, da una guerra escono tutti messi male.
Per cui non accettarsi non solo danneggia se stessi, ma anche il resto del mondo: perché ti fa stare male, e chi sta male riversa il suo male intorno a sé. Possiamo dare agli altri solo quello che abbiamo dentro di noi: per cui se mi amo e mi accetto, allora sarò anche in grado di amare e accettare gli altri.
Se invece mi detesto e disprezzo, cosa mai potrò dare al mondo...?
Quindi non ho la lista che mi chiedi.
Se qualcuno ha fatto qualcosa di terribile, la soluzione non sta nel condannarsi. Sta nell'assumersi la responsabilità delle proprie azioni, e nel cercare di porvi rimedio.
In altre parole: non farsi la guerra, ma perseguire la pace.
Dottor Viglietti, trovo il suo articolo molto condivisibile. Le vorrei chiedere: secondo lei il cambiare alcune sfumature del proprio comportamento (non cambiando però i punti fissi della propria persona, e cioè educazione, cordialità, idee, valori) e il tono della voce in base alla persona con cui ci troviamo è indice di capacità di adattamento oppure del non essere coerenti con il proprio sé? Grazie per l'attenzione
RispondiEliminaCambiare per adattarsi all'altro può avvenire per entrambi i motivi:
Elimina- Una persona sana, equilibrata, con buona intelligenza emotiva, si adatta agli interlocutori naturalmente, per gentilezza, per comunicare meglio, per stabilire una connessione migliore.
- Una persona insicura, fragile, con bassa autostima, può adattarsi agli altri per paura, per bisogno di approvazione, per senso di inferiorità, per conformismo. Questa persona avrà difficoltà a restare coerente col proprio vero sé.
E' chiaro che le motivazioni, nei due casi, sono alquanto diverse.
E altrettanto diversi saranno gli atteggiamenti:
- Nel primo caso rilassato, aperto, cordiale, su un piano di parità.
- Nel secondo timoroso, nervoso, ansioso, sottomesso, "dal basso verso l'alto".
Alcuni credono che le persone forti siano arroganti o prepotenti, e che quelle affabili e gentili siano deboli, ma il più delle volte è il contrario:
- Le persone realmente forti sono tranquille e gentili, perché non hanno paura.
- Le persone deboli possono essere aggressive o egocentriche, perché vivono con paura.
"La persona che non è in pace con se stessa, sarà in guerra con il mondo intero."
(Mohandas K. Gandhi)
Specifico cosa intendo per "Non essere coerenti con il proprio sé" perché credo di non essere stato abbastanza chiaro: intendo "non accettare pienamente il proprio essere, la persona che si è, e quindi non essere una personalità non ben definita". Ad esempio capita di imitare talvolta il modo di parlare e la cadenza di un'altra persona (magari personaggio famoso, non solo uno, ma anche più di uno, cioè una volta viene imitato uno, una volta l'altro) perché così ci si sente più sicuri nella situazione, non essendo però sé stessi nemmeno nel modo di parlare. Grazie ancora
RispondiEliminaDi nuovo, come nella mia risposta sopra, distinguerei tra una personalità sana, sicura, ed una debole e fragile:
Elimina- Il primo può adottare gesti e linguaggio di altri per effetto comico, perché è istrionico, per evidenziare un concetto, ecc. Ma non sta "tradendo" se stesso, semplicemente veste momentaneamente dei panni diversi per ottenere un risultato (come un attore sulla scena).
- Il secondo invece può imitare altri perché ritiene di essere inferiore o inadeguato, e crede che vestendo panni diversi verrà accettato o apprezzato maggiormente. In questo caso il sé reale viene nascosto perché la persona lo ritiene in qualche modo "sbagliato".
Il comportamento può sembrare simile ma, nuovamente, la motivazione è diversa.
Articolo molto utile. Vorrei chiederle: il cambiare involontariamente colore della voce, e averlo con alcune persone molto mascolino e tendente al basso, e con altre persone (con cui forse ci si sente in soggezione) avere invece un colore dalla voce più da bambino, indica che non si accetta sé stessi? Come si potrebbe risolvere?
RispondiEliminaSo troppo poco per dire se queste variazioni indichino scarsa accettazione di sé.
EliminaDa una parte è normale variare il proprio atteggiamento a seconda delle varie situazioni. Ma potrebbe anche essere indice di timore dei giudizi altrui, oppure un modello involontario assorbito nella famiglia di origine. O, ancora, non sentirsi libero di essere se stesso.
Se queste variazioni ti generano perplessità o disagio, sarebbe utile indagare perché avvengono, facendosi delle domande:
- Con quali persone emerge l'una o l'altra voce? Cos'hanno in comune? Mi ricordano qualche figura della mia infanzia?
- Come vedo le persone nell'una e nell'altra situazione? Che valore attribuisco loro?
- Come mi sento quando mi comporto nelle varie situazioni? Avverto qualche paura? O spero di ottenere qualcosa da loro?
- Cosa succederebbe se mi comportassi diversamente?