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12 idee che ti rendono infelice (ma sembrano sensate)

Di recente ho letto un libro su come essere felici, "How to be Happy" di Cara Stein (la cui versione digitale è gratuita, vedi link al fondo); l'ho trovato decisamente ben fatto ed utile. Ne consiglio la lettura a tutti quelli interessati al tema ma, poiché il libro è in inglese, ho scritto una sintesi degli argomenti, suddivisa in quattro post:
  • Introduzione
  • Prima parte (Strumenti 1-5)
  • Seconda parte (Strumenti 6-10)
  • "12 convinzioni che ci rendono infelici, ma in cui molti credono"
    (Strumento 3: data la sua importanza, gli ho dedicato questo post)
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

I pensieri che ci rendono infelici

Una delle cose più importanti che ho imparato sull'essere più felice è "Non credere a tutto quello che pensi". Sappiamo tutti che i sensi ci possono ingannare, le emozioni possono confonderci, e i nostri ormoni possono farci "sbandare". Ma i nostri pensieri sono sacri! Dobbiamo ascoltarli perché sono la parte razionale... giusto? Non necessariamente. I nostri pensieri sono plasmati dalle nostre opinioni sul mondo, e talvolta quelle opinioni sono errate.

I nostri pensieri sono anche influenzati dai pensieri abituali del passato. I percorsi neurali nel cervello si rafforzano ogni volta che li usiamo, e quelli che non usiamo si indeboliscono: ogni volta che pensiamo a qualcosa, stiamo rinforzando quel percorso nel nostro cervello. Ciò significa che se passiamo molto tempo a pensare alle cose belle della vita, diventa sempre più facile farlo; allo stesso modo, se ci concentriamo sulle cose negative della tua vita, tenderemo sempre più a pensare ad esse.

Inoltre, l'interpretazione degli eventi può essere imprecisa. Ciò è particolarmente vero se pensiamo abitualmente che tutto è orribile. Se vi capita di pensare cose come "Non sarò mai più felice come quando...", mettete in discussione questi pensieri. Pensate in termini concreti: sei sicuro che non sarai mai più così felice? Come fai a saperlo? Eri davvero così felice quella volta?
Ogni volta che ti accorgi di essere giù di morale, esamina criticamente i tuoi pensieri. Chiediti: sto pensando qualcosa che influenza il mio umore? E' vero quello che penso? Ne sono proprio sicuro? Ci può essere un altro modo di guardare questa cosa che sia altrettanto vero, ma meno negativo?

I nostri pensieri hanno il potere di renderci infelici, e molto. In effetti ci sono almeno dodici idee comuni in cui molte persone credono, che le rendono infelici ma non sono affatto vere. E ricordiamoci che quando crediamo in qualcosa, questa tende a realizzarsi: quindi, meglio prestare attenzione a quello che ci gira per la testa.


12 idee che ti rendono infelice

  1. L'opinione degli altri è fondamentale, e se mi rifiutano significa che non valgo nulla
  2. Non devo mai sbagliare nelle cose importanti, o accadrà qualcosa di terribile
  3. Le persone e gli eventi dovrebbero essere conformi alla mia visione del mondo. In caso contrario, sono sbagliati o malvagi
  4. Se qualcosa va storto, è colpa di qualcuno. Meglio accertarmi che non sia mia
  5. Preoccuparsi di qualcosa produrrà risultati migliori che non preoccuparsi
  6. Ogni problema ha una soluzione perfetta. Solo questa soluzione va bene, e devo trovarla più rapidamente possibile
  7. E' più facile evitare situazioni difficili e responsabilità che affrontarle
  8. Se elimino la sofferenza, vivrò meglio e sarò felice
  9. Il mio passato determina la mia vita attuale e futura
  10. Le persone negative e gli eventi dolorosi non dovrebbero esistere, perciò devo arrabbiarmi con essi
  11. Per me è importante avere ragione, e gli altri devono riconoscerlo
    ("Preferisci avere ragione o essere felice?")
  12. Credere alle illusioni romantiche

1. L'opinione degli altri è fondamentale, e se mi rifiutano significa che non valgo nulla

Ci sono numerosi esempi per cui questo è falso: quanti grandi artisti e scrittori non sono stati apprezzati o pubblicati se non dopo la loro morte? Tutto è relativo, anche le opinioni altrui, anche quelle di persone autorevoli o importanti per te. In fondo, tutti possono sbagliare. Chiediti se quella opinione può insegnarti qualcosa, e poi vai oltre.
Ci sarà sempre qualcuno a cui piaci, ed altri a cui non piaci per niente. Vedi se puoi imparare qualcosa dalle persone a cui non piaci (per esempio, aspetti che puoi migliorare o difetti che magari non sai di avere), ma per il resto ignorali.
L'importante è che tu stia facendo quella che per te è la cosa giusta, o comunque del tuo meglio (finché non lo fai, non sarai mai felice); il resto conta poco.

2. Non devo mai sbagliare nelle cose importanti, o accadrà qualcosa di terribile

La paura del fallimento è un serio ostacolo al provare o fare qualsiasi cosa. Molti credono di dover essere perfetti, altrimenti nessuno li amerà e saranno dei falliti: ma questo è del tutto falso. Se hai questa convinzione, chiediti: i tuoi amici sono perfetti? Quando fanno un errore, li odi e li disprezzi? Ovviamente sarebbe assurdo: sono solo esseri umani, no? Tutti facciamo errori; tutti quanti, tu compreso. In realtà, niente viene scoperto o creato senza fare errori. Quante volte Edison ha fallito i suoi esperimenti sulla lampadina prima di arrivare a qualcosa che funzionava? (risposta: migliaia)
Se eviti a tutti i costi fallimenti ed errori, ti costringi a una vita di passività, e questo è il più grande fallimento. Per imparare e crescere, devi fare pasticci. In effetti, a volte i "fallimenti" si rivelano un successo: per esempio, l'adesivo rimovibile che rende possibili i Post-It è derivato dal tentativo fallito di creare un adesivo permanente.

3. Le persone e gli eventi dovrebbero essere conformi alla mia visione del mondo. In caso contrario, sono sbagliati o malvagi

Tutti abbiamo opinioni su come il mondo dovrebbe funzionare. Ma il fatto è che non viviamo nel mondo del "dovrebbe", viviamo nel mondo che "è". Le persone guidano come pazzi o imbranati, lasciano il carrello della spesa in mezzo alla corsia, sporcano in giro, sbagliano le parole, fanno cose assurde... Magari potresti educarli, ma è alquanto improbabile che tu possa cambiarli. Puoi cambiare solo te stesso.
Ogni volta che ti accorgi di dire "dovrebbe", facci caso. Stai sprecando tempo ed energia. Non importa quanto credi che le cose dovrebbero essere diverse, sono come sono, e arrabbiarsi in proposito non aiuterà nessuno. Invece, affronta la vita per come è.

4. Se qualcosa va storto, è colpa di qualcuno. Meglio accertarmi che non sia mia

Succedono cose spiacevoli continuamente, e trovare qualcuno da incolpare non risolve nulla. Anche se una persona è chiaramente responsabile della situazione, rimproverarla sarà raramente di alcuna utilità. Farlo può farti sentire meglio sul momento, ma sul lungo termine danneggia il rapporto (a nessuno piace sentirsi dalla parte del torto, o sentirsi dire "Te l'avevo detto"). Invece, concentrati sul cercare una soluzione al problema.

5. Preoccuparsi di qualcosa produrrà risultati migliori che non preoccuparsi

Se osserviamo criticamente questa convinzione, ci appare del tutto ridicola: come può il solo fatto di preoccuparsi cambiare qualcosa? Però molti si comportano come se fosse vera. Se preoccuparsi porta ad agire per migliorare la situazione, agite pure, ma preoccuparsi in sé non risolve nulla. Eppure spesso ci sentiamo in colpa e manchevoli se non ci preoccupiamo abbastanza.

L'autrice racconta questo suo esperimento: dopo essersi resa conto che si stava preoccupando per un sacco di cose, senza combinare nulla, ha provato a delegare questo "lavoro" di preoccuparsi ad un'assistente immaginaria. Ogni volta che l'autrice stava iniziando a preoccuparsi o a soffermarsi su qualcosa che la turbava, si ricordava che la sua "assistente" lo stava già facendo al posto suo, quindi lei poteva smettere. Alla fine della prova, si è resa conto che la sua mancanza di preoccupazione non aveva prodotto alcun risultato negativo, e lei si era sentita molto meglio. Col tempo, questo "spegnere" la preoccupazione è diventata un'abitudine, ed ora si preoccupa molto meno.

E' chiaro che occuparsi di un problema per risolverlo è utile e necessario, ma è cosa ben diversa dal semplice preoccuparsi: anzi, a volte usiamo il preoccuparci al posto dell'agire (il che porta solo a stress e nessun risultato).

6. Ogni problema ha una soluzione perfetta. Solo questa soluzione va bene, e devo trovarla più rapidamente possibile

Quasi tutti i problemi hanno molte soluzioni possibili. Se si è convinti che esiste solo una soluzione ideale, si può passare così tanto tempo a cercarla da non entrare mai in azione. Intanto, più passa il tempo e più ci innervosiamo perché il problema non è ancora risolto. E''molto più funzionale scegliere una soluzione abbastanza buona e metterla in pratica. Se poi scopriamo una soluzione migliore, possiamo valutare se adottarla (ma dovremo chiederci se passare a quest'ultima valga la pena).

E' sicuramente opportuno fare una valutazione prima di agire, ma non così approfondita da non arrivare mai all'azione (questo blocco viene chiamato "paralisi da analisi", o "paralysis by analysis"). Una decisione presa è raramente un impegno permanente: se non funziona, potete cambiare idea in seguito. E' meglio scegliere una delle tante opzioni accettabili e metterla in pratica, piuttosto che rimanere bloccati nella ricerca della soluzione perfetta, o persino di quella migliore. Il più delle volte, la via più efficace è quella "abbastanza buona".

7. E' più facile evitare situazioni difficili e responsabilità che affrontarle

Questa idea è subdola perché, nel breve termine, evitare queste cose ci sembra la soluzione più facile. Ma col tempo, l'ansia associata a queste difficoltà cresce, e la tensione della dissociazione tra la realtà e le nostre azioni ci rende angosciati. Evitando queste situazioni, in pratica stiamo facendo finta che non esistano; ma questo non le fa certo sparire. Alla fine, la realtà vince sempre: i problemi si ripresentano (magari cresciuti), e veniamo richiamati alle nostre responsabilità. Se vogliamo essere felici, occorre stare alla larga dalla negazione, dalle auto-illusioni, dal fare finta, dallo scansare i problemi, o da qualsiasi cosa che provoca uno scollamento con la realtà.

8. Se elimino la sofferenza, vivrò meglio e sarò felice

Ogni essere umano è guidato da due pulsioni principali:
  1. La ricerca del piacere (o del benessere, o della felicità)
  2. L'evitamento della sofferenza (incluse le paure)
Molti si concentrano sulla seconda, credendo di poter eliminare ogni fonte di sofferenza (magari attraverso il denaro, il potere, l'approvazione, una maggiore sicurezza, ecc.), e che una volta raggiunto questo ideale, ciò produrrà automaticamente benessere e felicità. Purtroppo questa idea è una illusione irraggiungibile, per almeno tre motivi:
  • Eliminare tutta la sofferenza è impossibile. Come ha detto il Buddha 2500 anni fa, "La vita è sofferenza" (non nel senso che lo è sempre, ma che essere vivi comporta necessariamente eventi che ci fanno soffrire).
  • Le due pulsioni sono, in generale, mutualmente esclusive: più mi concentro sull'una, meno mi dedico all'altra. Quindi dedicarsi ad evitare la sofferenza non produce felicità, anzi la riduce.
  • Più ci sforziamo di allontanare rischi e sofferenze, più diventiamo chiusi, rigidi e sulla difensiva; e quindi meno vivi, meno in grado di trovare o creare quello che ci rende felici.
Se teniamo ad essere felici, dobbiamo concentrarci maggiormente su quello che ci porta benessere e soddisfazione, accettando - inevitabilmente - anche la fatica e i rischi che questa ricerca comporta. Se invece privilegiamo l'evitamento di ogni sofferenza, ci riusciremo solo in parte, ma al costo di una vita limitata, relativamente piatta, statica e incolore. Difenderci dalla sofferenza ci porta a circondarci di barriere e protezioni: queste ci riparano, in parte, ma tengono anche lontano ciò che di bello la vita ci offre; se indosso una armatura, sarò protetto da certi pericoli... ma nessuno potrà più accarezzarmi o abbracciarmi.

Questa idea è particolarmente nociva nelle relazioni umane, nella forma "E' possibile proteggermi dalla sofferenza se evito di tenere a qualcuno o di coinvolgermi".
Tante persone cercano di proteggersi rimanendo distaccati. Respingiamo delle opportunità perché ci sembrano troppo belle per essere vere, e non vogliamo essere ingannati o che qualcuno si approfitti di noi. Non ci apriamo agli altri per paura di essere vulnerabili e venire feriti.
Racconta l'autrice: "In passato questa era una delle mie direttive principali, ed ero molto spaventata all'idea di fare il contrario: mostrarmi come sono veramente, difetti inclusi? Non piacerò a nessuno! Ero abituata a fare di tutto perché le persone vedessero di me solo la facciata perfetta che volevo mostrare... e poi mi arrabbiavo perché nessuno mi capiva. Se vi suona familiare, dopo aver provato entrambe le cose, il mio consiglio è: siate autentici".
Magari pensate che rimanendo distaccati vi state proteggendo, ma in realtà vivendo in quel modo soffrirete comunque, e vi impedirete di vivere appieno. Non possiamo fare nulla di significativo se non rischiamo mai di sbagliare o di lasciar veder agli altri che siamo imperfetti. Non puoi avere una relazione davvero profonda e intima se non lasci che l'altra persona veda il vero te, interamente, senza maschere o artifici. Rimanendo distaccato o inaccessibile, ti impedisci di vivere pienamente.

9. Il mio passato determina la mia vita attuale e futura

Niente affatto. Le nostre esperienze hanno contribuito a formarci, ma determinano la nostra vita solo se lasciamo che continuino a influenzarci:
  • Se in passato ho fatto certi errori, ma ora mi sono evoluto e non li faccio più, quegli errori non definiscono chi sono adesso.
  • Se in passato mi sono accaduti eventi dolorosi o traumatici, non vuol dire che si ripeteranno ancora.
Non fate le vittime, e non restate ancorati al vostro passato. Non usatelo come scusa per non essere una persona fantastica oggi. Non si può cambiare quello che è accaduto, ma possiamo rifiutarci di dare a quegli eventi il potere di controllarci.

10. Le persone negative e gli eventi dolorosi non dovrebbero esistere, perciò devo arrabbiarmi con essi

Ecco di nuovo il "dovrebbe" (vedi il Punto 3). Gli eventi sgradevoli e le persone negative sono sempre esistiti, e sempre esisteranno: il mondo non è mai perfetto. Le persone si fanno male a vicenda, accadono disastri naturali e calamità, succedono cose deplorevoli. Ma non dobbiamo necessariamente farci turbare da questo. A volte è difficile, certo, ma arrabbiarsi non serve a nulla, e starci male nemmeno; quindi, perché rendersi infelici in proposito?
Non è che prendercela e inveire aiuti qualcuno, o migliori il mondo - a meno che agiamo per sistemare la situazione, e questo è ammirabile; ma come osservato nel Punto 5, il solo preoccuparsi o star male per qualcosa non ha alcun valore. Non ci rende persone migliori, ma solo persone stressate e infelici.

Inoltre, quante volte è successo qualcosa che non era ciò che volevate, ma col tempo si è rivelato positivo o vantaggioso? Come si dice, non tutto il male viene per nuocere. Quando le cose sembrano andare male, meglio ricordarsi di questa possibilità, e tenere presente che il problema di oggi potrebbe rivelarsi un'opportunità o un dono domani.

11. Per me è importante avere ragione, e gli altri devono riconoscerlo
("Preferisci avere ragione o essere felice?")

Se vi chiedessi "Preferite avere ragione o essere felici?", probabilmente rispondereste "Entrambe!". La cattiva notizia è che spesso non è possibile: una posizione esclude l'altra. La buona notizia è che possiamo sempre scegliere quale delle due è più importante per noi. Molti non si rendono conto di questa contrapposizione, anzi credono che devono aver ragione (e dimostrarlo) per essere felici. Qualche esempio mostra come sia vero il contrario:
  • In una coppia che discute animatamente, se un partner tiene alla felicità della relazione più che all'aver ragione (e il motivo della discussione non è poi così importante), dire all'altro "Ok, sono d'accordo con te" o "Va bene, facciamo come dici tu" porta all'immediata fine del litigio; il partner "arrendevole" non perde nulla, e guadagna serenità e la soddisfazione di aver fatto contento l'altro.
    Viceversa, ostinarsi nell'imporsi sull'altro logora la relazione e i sentimenti d'amore reciproci.
  • In una discussione fra amici o colleghi, insistere perché tutti concordino con la propria posizione crea disagio nel gruppo e ci fa vedere come arroganti e antipatici.
    Viceversa, considerare le opinioni altrui e riconoscerne le qualità (anche quando non le condividiamo), produce armonia nel gruppo e apprezzamento per la nostra ampiezza di visione.
  • Se ci capita un incidente o un'avversità che non possiamo cambiare, fissarci sull'idea che "Non è giusto" o che "Non doveva andare così", non fa che alimentare la nostra sofferenza. Invece, accettare l'evento ci aiuta a superarlo e ritrovare serenità.
    Magari abbiamo davvero ragione, ma se insistere su questo produce solo mal di stomaco, cosa ci guadagniamo?
Chiediamoci: è davvero così importante decidere chi ha ragione? In realtà, spesso ognuno ha le sue ragioni, o comunque sono possibili più punti di vista diversi. In questi casi l'insistenza è priva di senso - come se volessimo decidere qual è il colore migliore: è questione di gusti personali, non di verità assolute. In questi casi, è utile adottare un atteggiamento conciliante del tipo "Sono d'accordo sul non essere d'accordo" (in inglese "I agree to disagree"): cioè, mi va bene che tu la pensi diversamente da me, non è un problema. In pratica, questo significa non voler prevalere o imporre la propria posizione, ma accettare che gli altri la vedano diversamente.

NB: Sia chiaro che non sto suggerendo di "Farsi mettere i piedi in testa" o "Dire sempre sì". E' ovvio che ci sono motivi per cui è sensato non arrendersi, o situazioni che richiedono fermezza. Ma il più delle volte, ci impuntiamo su questioni minute o insignificanti per mero orgoglio o puntiglio, non per seri motivi. E' in questi ultimi casi che il volere aver ragione non vale quasi mai la pena.

12. Credere alle illusioni romantiche

Credere in qualcosa di falso è, come abbiamo visto, rischioso e fonte di infelicità. Eppure c'è un'area in cui moltissime persone credono a miti ed illusioni, ed è quella sentimentale. In un altro post elenco 13 bugie sull'amore in cui spesso crediamo, e che portano a frequenti conflitti, stress e fallimenti nelle relazioni.
Credere a queste illusioni ci induce a rifiutare la realtà, per inseguire sogni che sono improbabili nel migliore dei casi, e spesso impossibili. Per esempio:
  • Se credo sia possibile trovare un partner "perfetto", tenderò a criticare e scartare ogni persona reale (e quindi imperfetta).
  • Se sono convinto che l'innamoramento debba durare per sempre, o che l'amore aggiusti tutto, avrò delle aspettative irreali che porteranno a inevitabili delusioni e litigi.
  • Se credo che amare escluda il provare attrazione per altri (cosa che invece è naturale e può accadere a chiunque), sarò severo e intollerante al riguardo (aggredendo il partner anche per innocenti sguardi, e andando in crisi se capita a me).


Nelle mie ricerche per questo post, ho trovato una pagina che elenca 15 cose da "lasciar andare" per essere felice. E' ispirante, e un utile complemento al presente post.


Dieci strumenti per diventare più felici
>> Introduzione - Prima parte - Seconda parte - 12 convinzioni che ci rendono infelici

(liberamente adattato da "How to be Happy'", di Cara Stein [PDF gratuito]. Disponibile anche come libro cartaceo o eBook Kindle)

Per trovare pensieri interessanti sulla felicità, o fonti di ispirazione sull'argomento, potete leggere questa raccolta di citazioni su felicità e infelicità.


"Esiste una sola causa di infelicità: le convinzioni errate che hai nella tua testa, convinzioni così diffuse, così comuni, che non ti viene mai in mente di metterle in discussione."
(Anthony de Mello)


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Se gli argomenti di questo post ti toccano da vicino e vorresti discuterne, approfondire, o rivolgermi delle domande; oppure se senti il bisogno di parlare dei tuoi problemi, puoi chiedermi un colloquio.

10 strumenti per diventare più felici - Seconda parte

Di recente ho letto un libro su come essere felici, "How to be Happy'" di Cara Stein (la cui versione digitale è gratuita, vedi link al fondo); l'ho trovato decisamente ben fatto ed utile. Ne consiglio la lettura a tutti quelli interessati al tema ma, poiché il libro è in inglese, ho scritto una sintesi degli argomenti, suddivisa in quattro post:
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

I dieci strumenti per diventare più felici

Avendo chiarito (nel post Introduzione) cosa contribuisce alla nostra felicità e infelicità, è ora di imparare qualche metodo che può aiutarci.


Strumento 6: Perdonare

Se vuoi davvero essere libero e capace di vivere appieno, devi lasciar andare le vecchie lamentele. Questo implica perdonare. So che perdonare può essere difficile, specialmente se ci hanno fatto un grave torto.
Perdonare qualcuno non significa giustificare le sue azioni. Pensiamo che rifiutarci di perdonare l'altro sia un modo di fare giustizia, così che egli continui a soffrire per le sue azioni. Ma in realtà, la sofferenza dell'altro non ti porta alcun beneficio. Il danno è ormai avvenuto; la cosa importante è aiutare te a smettere di soffrire. Ironicamente, il perdono è la via per arrivarci.
Non vuol dire approvare quel che è successo o dimenticarlo. Non vuol dire accettare che possa succedere di nuovo. Significa lasciar andare il potere che esercita su di te: lasciare il passato alle spalle, in modo che smetta di gravare come una zavorra.

Per mostrare chi davvero guadagna dal perdono, ecco un aneddoto:
Due amici che sono stati prigionieri nei campi di concentramento nazisti, parlano del passato. Uno dice all'altro "Ormai ho perdonato i miei nemici. Vivo molto meglio così. E tu?"
"Ah no - risponde l'altro - Io li odio tutt'ora. Sono ancora furioso per quello che hanno fatto. Li sogno persino di notte."
"Allora sei ancora loro prigioniero" - commenta l'amico con un sorriso.

Un libro fondamentale sull'argomento è "L'arte del perdono" di Everett Worthington (il suo sito, in inglese). Titolo originale: "Forgiveness and Reconciliation" (poiché sono entrambi difficili da trovare in Italia, suggerisco in alternativa " L'arte del perdono" di Jorg Muller).
Worthington suggerisce il metodo REACH (Recall, Empathize, Altruistically give forgiveness, Commit yourself to this forgiveness, Hold onto forgiveness):
  • Ricorda
  • Empatizza
  • Perdona con altruismo
  • Impegnati in questo perdono
  • Mantieni il perdono

Strumento 7: Cercare il lato positivo

Se osservi a fondo, puoi trovare qualcosa di positivo o da imparare in qualsiasi situazione. Questo è un metodo che aiuta parecchio sulla strada per la felicità.
Molti eventi sembrano pessimi quando accadono, ma nel momento non siamo in grado di vedere chiaramente tutti i pro e contro. Non siamo in grado di prevedere come le cose si svilupperanno in futuro, e può succedere che qualcosa di negativo si riveli invece utile o portatore di doni inaspettati.
A questo proposito c'è il racconto di un contadino a cui succedono una serie di eventi, e i suoi compaesani ogni volta commentano "Che sfortuna!" o "Che fortuna!", a seconda dei casi; ma il contadino risponde sempre "Fortuna o sfortuna, chi può dirlo?". Quel contadino ci ricorda che non possiamo sapere come si svilupperanno gli eventi, quindi possiamo aspettarci che ci sia qualcosa di buono in tutto quel che succede.

Nel libro "Felici senza motivo" (titolo originale "Happy for No Reason"), Marci Shimoff suggerisce di presumere che l'universo sia amichevole e abbia a cuore il nostro interesse, e che ogni avvenimento sia per il nostro bene. A prima vista può suonare ingenuo e puerile, oltre che falso, ma l'autrice raccomanda di provare per una settimana. Anche se non ci credi, accettalo come esperimento, procedi con la tua vita, e osserva come ti senti. L'autrice racconta che, nonostante le sembrasse ridicolo, ci ha provato e si è sentita sorprendentemente meglio! Più adottava questa prospettiva, più il mondo le appariva benevolo e le veniva facile sentirsi felice.
In realtà, l'universo potrebbe essere benevolo, malevolo o neutrale, ma di rado importa. Se presumi che tutto accade a tuo beneficio, e di conseguenza cerchi il lato positivo o istruttivo in ogni situazione, comunque ne ricavi un beneficio.

Strumento 8: Fare un'attività gratificante

Un altro elemento che contribuisce alla felicità è fare un'attività significativa - che sia lavoro, passione od hobby - che sfrutta le nostre capacità. Per ricavare soddisfazione da un'attività, questa deve essere abbastanza impegnativa da non annoiarci, ma non così tanto da farci sentire incapaci. Un'attività gratificante richiede abilità e concentrazione, utilizza le nostre capacità, e fornisce struttura e feedback.
Studi sulla motivazione condotti all'Università di Rochester hanno mostrato che le persone danno il loro meglio ed apprezzano un compito, quando questo offre le seguenti condizioni:
  • Autonomia: siamo in grado di gestire noi stessi e i tempi.
  • Competenza: siamo bravi in quel che facciamo.
  • Interconnessione: ci sentiamo collegati agli altri.

E' importante accrescere i propri punti di forza e focalizzarsi su attività che li utilizzino: è da queste che ricaviamo la maggiore soddisfazione. Se non siete sicuri di quali siano i vostri punti forti, c'è un test sul sito "Authentic Happiness" (in inglese), il "VIA Survey of Character Strengths" che rivela i vostri maggiori punti di forza e le aree in cui siete più carenti.
E' importante anche sapere cosa vuoi realizzare: cos'è più importante per te? Che qualità apprezzi in te stesso? Quali sono i valori che dirigono la tua vita? Rispondi a queste domande e scrivi un elenco con le risposte. Quando hai chiare le tue priorità e agisci in accordo con esse, ti senti in uno stato di pace interiore; quando non le rispetti, ti senti a disagio. Se percepisci molta tensione nella tua vita, in effetti, ci sono buone probabilità che le tue azioni non siano in sintonia coi tuoi valori.
Se non sai da dove partire, pensa alle cose in cui ti applichi a fondo, a cosa dedichi il tuo tempo libero, cosa faresti se avessi solo sei mesi da vivere, per cosa vorresti essere ricordato. Queste domande possono aiutarti a identificare i tuoi valori. Esempi di valori importanti per persone diverse sono:
  • Successo lavorativo
  • Ricchezza
  • Apprendimento
  • Essere un buon genitore
  • Salute
  • Aiutare gli altri
Pensa ai tuoi valori: fanne una lista, scrivi una frase o due per definirli meglio, e ordinali per priorità. Una volta che hai l'elenco dei tuoi valori, definisci i tuoi obiettivi, grandi e piccoli: cosa vuoi realizzare nei prossimi dieci anni? Verifica se i tuoi obiettivi sono in linea coi tuoi valori e punti di forza, quindi stendi un piano per raggiungerli, e scegline uno o due a cui dedicarti per primo.
Lo scopo è dedicarci ad attività che ci fanno sentire pienamente coinvolti, che sono significative per noi, che ci permettono di applicare i nostri talenti, e che portano a risultati in linea con i nostri valori. Questo tipo di attività sono una fonte di felicità duratura, perché ci sentiamo bene mentre le compiamo, e in seguito siamo appagati per averla compiute.
Al contrario, dedicarsi ad attività poco impegnative (come guardare la TV o l'uso dei social network) porta un piacere solo superficiale e momentaneo, seguito però da insoddisfazione, senso di vuoto e mancanza di scopo.

Strumento 9: Donare

Dare ci fa sentire bene, e crea emozioni positive anche in chi riceve: costoro provano calore e gratitudine, che ci torna indietro e si irradia nel mondo. Tutto questo dà inizio ad un circolo virtuoso di positività. Ci fa sentire anche connessi agli altri. Mentre gli effetti del piacere e del divertimento svaniscono presto, fare del bene agli altri produce un effetto duraturo. E' questo il grande potere del donare: aumenta la nostra felicità e positività.

Ma funziona solo se doniamo spontaneamente, come atto d'amore; non funziona se ci sentiamo obbligati, o lo facciamo per senso del dovere, o per ottenere qualcosa in cambio. In questi ultimi casi, la vera motivazione è paura o senso di colpa. Quando questo accade, di solito chi riceve lo percepisce; per quanto ci sforziamo, l'altro avverte la nostra tensione o risentimento. Inoltre, la positività simulata è stressante e dannosa per il corpo (specialmente per il sistema cardiovascolare) quanto la rabbia. Quindi non ha senso, non produce nulla di buono.
Se ci capita di donare senza volerlo davvero, chiediamoci perché lo facciamo. Chi dà controvoglia o con l'aspettativa di essere ricambiato, spesso non si piace o non crede di meritare di essere amato. Se credi che non puoi piacere a nessuno per come sei, magari speri di conquistare l'approvazione altrui facendo qualcosa per loro; se avranno bisogno di te, non avrai paura di essere respinto o abbandonato. Se queste sono le tue motivazioni, hai bisogno di riconoscere che non è possibile "comprare" l'amore in questo modo.

Per dare in modo autentico dobbiamo avere una certa forza. Più siamo dominati dalla paura, meno siamo capaci di amare. Per passare dalla paura all'amore, possiamo usare la gratitudine e gli altri strumenti elencati sopra. Possiamo anche iniziare con doni minimi: sorridere, fare gesti gentili come aprire una porta o aiutare a portare la spesa, lasciar passare qualcuno davanti a noi in coda o nel traffico, ecc. Non ci costa nulla o quasi, e ci lascia con una piacevole sensazione positiva. Man mano che questa cresce, può venirci voglia di fare cose più impegnative - ma non forziamoci; lasciamo che accada spontaneamente.

Strumento 10: Equilibrio

Un ulteriore strumento per creare felicità è l'equilibrio nella propria vita. E' difficile mantenere uno stato di felicità, se trascuriamo una delle tre aree chiave della vita: salute, relazioni e avere uno scopo. E' bene prendersi cura di ognuna di queste aree ogni giorno, anche in misura minima.

Salute

Sappiamo che dovremmo mangiare più frutta e verdura, e meno grassi e carboidrati raffinati. Ma pochi lo fanno. Molti cibi industriali sono carichi di sale, grassi, zuccheri e additivi che li rendono appetitosi, ma danno scarso nutrimento e diminuiscono la nostra salute. Questi cibi sono comodi e spesso economici, ma per stare bene (sia a livello fisico che emotivo) è necessario "investire" in noi stessi e in un'alimentazione sana. Altrimenti ci ritroveremo con bassi livelli di energia e malanni crescenti.

Abbiamo anche bisogno di muoverci: il movimento stimola la crescita e il rinnovamento, anche a livello cellulare; una vita sedentaria, invece, favorisce il decadimento. L'esercizio fisico stimola anche la produzione di endorfine (molecole che ci fanno sentire bene), utili specialmente quando ci sentiamo giù; per un incremento ottimale dell'umore, l'ideale è fare movimento per 30-45 minuti al giorno. Anche stare all'aperto e nella natura aumenta la positività e stimola la mente.

Un altro nutrimento che tendiamo a trascurare, è il sonno. E' quasi impossibile sentirsi felici se siamo esausti. Inoltre, è dimostrato che quando abbiamo dormito poco le nostre capacità diminuiscono. Bastano pochi giorni di riposo insufficiente perché il corpo smetta di assimilare correttamente gli zuccheri, il che porta a fame nervosa, sbalzi nel livello glicemico (e quindi nell'umore), e all'accumulo di grasso nella pancia. Per goderci la vita, è necessario dormire a sufficienza.

Relazioni

Anche la persona più introversa ha bisogno di interagire con gli altri. Prendiamoci il tempo per coltivare le relazioni con gli amici e la famiglia. E' importante avere quelle relazioni quando siamo in crisi e abbiamo bisogno di supporto, ma è utile averle anche quando siamo felici; condividere la gioia, le risate e la gratitudine le accresce, aiuta a diffonderle, e rafforza i rapporti. E' un circolo virtuoso che avvantaggia tutti.

Avere uno scopo

Dedica un po' di tempo ogni giorno alle tue attività significative; farlo ti dà gratificazione e soddisfazione. Ti permette anche di esprimere te stesso e di dare il tuo contributo al mondo.

Superare gli ostacoli all'equilibrio

Prenderci cura ogni giorno della salute, delle relazioni e dei nostri scopi, aiuta a sentirsi nutriti e vitali, permettendoci di migliorare e diventare più felici. Ma prendersi cura di sé richiede dedizione e tempo; e siccome quasi tutti ci sentiamo già oberati dagli impegni e stressati, tendiamo a trascurarci. Il problema è che non è possibile fare tutto: molti agiscono come se fosse possibile, ma è un'illusione.
E poiché non possiamo fare tutto, dobbiamo scegliere a cosa dedicarci, cosa è prioritario per noi. Molti non pensano a queste priorità, e tendono a fare ciò che è più urgente o più facile; ma spesso le cose urgenti o facili non sono quelle davvero importanti. Se vogliamo prenderci cura della nostra vita, dobbiamo tagliare le attività meno importanti: per esempio la televisione e l'uso di Internet, quelle attività piacevoli e poco impegnative che però, una volta finite, non ci lasciano nessuna reale soddisfazione.

Un metodo per impiegare meglio il proprio tempo, è fare un elenco delle attività abituali e di tutto ciò che riteniamo di "dover fare", e poi assegnare ad ogni elemento una priorità o una valutazione di quanto contribuisca alla qualità della nostra vita. Ovviamente alcune cose non possono essere eliminate (come il lavoro o la cura dei figli), ma scopriremo che di altre possiamo liberarci senza particolari conseguenze, ritrovandoci con più tempo ed energia per dedicarci a quello che davvero favorisce la nostra felicità.


Dieci strumenti per diventare più felici
>> Introduzione - Prima parte - Seconda parte - 12 convinzioni che ci rendono infelici

(liberamente adattato da "How to be Happy'", di Cara Stein [PDF gratuito]. Disponibile anche come libro cartaceo o eBook Kindle)

Per trovare pensieri interessanti sulla felicità, o fonti di ispirazione sull'argomento, potete leggere questa raccolta di citazioni su felicità e infelicità.


"La felicità non dipende dalle cose esterne, ma dal nostro modo di vederle."
(Lev Tolstoj)

"L'infelicità è il divario tra le nostre capacità e le nostre aspettative."
(Edward de Bono)

"Ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo.
Non sono stato felice."

(Jorge Luis Borges)


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Se gli argomenti di questo post ti toccano da vicino e vorresti discuterne, approfondire, o rivolgermi delle domande; oppure se senti il bisogno di parlare dei tuoi problemi, puoi chiedermi un colloquio.

10 strumenti per diventare più felici - Prima parte

Di recente ho letto un libro su come essere felici, "How to be Happy'" di Cara Stein (la cui versione digitale è gratuita, vedi link al fondo); l'ho trovato decisamente ben fatto ed utile. Ne consiglio la lettura a tutti quelli interessati al tema ma, poiché il libro è in inglese, ho scritto una sintesi degli argomenti, suddivisa in quattro post:
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

I dieci strumenti per diventare più felici

Avendo chiarito (nel post Introduzione) cosa contribuisce alla nostra felicità e infelicità, è ora di imparare qualche metodo che può aiutarci.


Strumento 1: Gratitudine

La scorciatoia per la felicità è la gratitudine: quando apprezziamo qualcosa, ci sentiamo naturalmente bene. Più apprezziamo, meglio ci sentiamo. E non dipende da quanto abbiamo nelle nostre vite, ma da quanto lo apprezziamo (se abbiamo poco ma siamo grati per quello che abbiamo, ci sentiamo meglio di chi ha molto e non lo apprezza).

Uno dei metodi più rapidi per diventare più felici è sviluppare l'abitudine alla gratitudine. Ogni notte prima di dormire, elenca cinque cose di quella giornata per cui sei grato. In giornata andate storte può essere difficile trovarne cinque, ma fallo lo stesso (anche nelle giornate peggiori, possiamo sempre ricordarci di cose preziose ma che diamo per scontate, come l'acqua corrente, l'elettricità o il fatto di avere tutti gli arti funzionanti). A volte puoi sentirti grato per cose negative che non sono accadute; va bene ugualmente. Continua fino ad averne almeno cinque.
Questo esercizio funziona a diversi livelli:
  • Primo, il solo pensare alle cose di cui essere grato ti fa notare quanto di positivo c'è nella tua vita.
    Entro pochi giorni, noterai che diventa sempre più facile trovare cinque cose per cui essere grato, e in breve la lista si allungherà (cinque cose sono il minimo, ma elencane pure quante ne vuoi).
  • Man mano che ti abitui ad elencare le cose di cui sei grato, ne noterai sempre di più perché stai allenando il tuo cervello a farci caso. Col tempo il mondo ti apparirà più positivo, perché noterai sempre più cose che prima ignoravi.
  • Inoltre, la positività attrae altra positività. Le persone sono attratte dalla positività come le piante dal sole, e man mano che diventi più felice e positivo, la gente lo percepisce. Questo porta gli altri ad essere più aperti e amichevoli verso di te.
Puoi fare anche altri utili esercizi di gratitudine. Invece di elencare le cinque cose per cui sei grato in generale, scegli un tema del giorno ed elenca le cinque cose migliori sull'argomento: i film migliori, i cibi che preferisci, la musica che ami, i libri, i giochi, ecc.
Se vuoi aumentare ancora la tua capacità di apprezzamento, prenditi qualche minuto due o tre volte al giorno per assaporare a fondo un'esperienza. Invece di affrettarti, rallenta e concentrati sul godere tutto ciò che ha da offrirti: il sole sulla pelle, un gelato, un fiore, un momento di tranquillità, stare mano nella mano con qualcuno... prova a chiudere gli occhi ed assapora lentamente ogni sensazione. Oppure crea questi momenti scegliendo di fare qualcosa che ti dona gioia.
Gustarsi le cose belle della vita e condividerle con qualcuno è un modo efficace di aumentare la tua felicità.

Strumento 2: Ottimismo

La differenza principale tra ottimisti e pessimisti è: gli ottimisti presumono che gli eventi positivi siano permanenti e accadano in ogni area della loro vita, mentre gli eventi negativi siano temporanei e limitati ad un contesto specifico (in altre parole, gli ottimisti considerano gli eventi positivi la regola, e quelli negativi l'eccezione). I pessimisti presumono il contrario.

Poiché nella maggior parte dei casi non sapremo mai il motivo dietro agli eventi (sempre ammesso che ce ne sia uno), tanto vale adottare l'interpretazione più favorevole. Per esempio, diciamo che faccio un colloquio di lavoro ma non mi richiamano:
  • se sono un ottimista, presumo non sia nulla di personale e che troverò comunque un lavoro, che sia questo od un altro;
  • se sono un pessimista, posso angosciarmi e temere che nessuno mi voglia perché non ho qualità, che non troverò mai un lavoro, e che non ho speranze per il futuro.
Per gli eventi positivi, funziona al rovescio. Diciamo che partecipo a un concorso di fotografia e vinco:
  • se sono un ottimista, lo attribuirò all'essere davvero un bravo fotografo, e che spesso nella vita le cose mi vanno bene;
  • se sono un pessimista, mi dirò che è stato solo un caso o un colpo di fortuna, che difficilmente mi capiterà ancora.
Sembra alquanto ovvio che l'approccio ottimistico porta al sentirsi meglio. Ma è una posizione ingenua o illusoria?
Direi di no: di rado sappiamo perché le cose vanno come vanno. Il tuo collega ti ha trattato male perché non ti stima, o perché ha avuto una pessima giornata? Probabilmente non lo saprai mai, ma nella maggior parte dei casi le persone sono concentrate su se stesse e sulle loro difficoltà: se ti feriscono in qualche modo, quasi sempre non ce l'hanno con te, ma erano distratti da qualche problema o presi dalla loro sofferenza. Se attribuisci i comportamenti negativi altrui a ragioni che non c'entrano nulla con te, ti sentirai più leggero e ti sarà più facile passarci sopra.

Ogni volta che ne hai l'opportunità, scegli di considerare gli eventi positivi che ti capitano come naturali e durevoli, e gli eventi negativi come eccezioni saltuarie. Evita di prendere le cose spiacevoli come fatti personali (il più delle volte, capitano e basta). Anche se all'inizio fatichi a credere che sia così, prova comunque ad adottare questa mentalità, e osserva l'effetto che ti provoca; scommetto che ti porterà a sentirti meglio, e vorrai continuare.

Strumento 3: Eliminare i pensieri distruttivi

Questo capitolo è così importante che gli ho dedicato un post apposito: "12 idee che ti rendono infelice (ma sembrano sensate)" - che invito a leggere per scoprire quelle convinzioni che ci sabotano senza che ce ne accorgiamo (qui ne riporto solo una breve sintesi).

Una delle cose più importanti che ho imparato sull'essere più felice è "Non credere a tutto quello che pensi". Sappiamo tutti che i sensi ci possono ingannare, le emozioni possono confonderci, e i nostri ormoni possono farci "sbandare". Ma i nostri pensieri sono sacri! Dobbiamo ascoltarli perché sono la parte razionale... giusto? Non necessariamente. I nostri pensieri sono plasmati dalle nostre opinioni sul mondo, e talvolta quelle opinioni sono errate.

I nostri pensieri hanno il potere di renderci molto infelici. In effetti, ci sono almeno dodici idee comuni in cui molte persone credono, che le rendono infelici ma non sono affatto vere. E ricordiamoci che quando crediamo in qualcosa, questa tende a realizzarsi: quindi, meglio prestare attenzione a quello che ci gira per la testa.

  1. L'opinione degli altri è fondamentale, e se mi rifiutano significa che non valgo nulla
  2. Non devo mai sbagliare nelle cose importanti, o accadrà qualcosa di terribile
  3. Le persone e gli eventi dovrebbero essere conformi alla mia visione del mondo. In caso contrario, sono sbagliati o malvagi
  4. Se qualcosa va storto, è colpa di qualcuno. Meglio accertarmi che non sia mia
  5. Preoccuparsi di qualcosa produrrà risultati migliori che non preoccuparsi
  6. Ogni problema ha una soluzione perfetta. Solo questa soluzione va bene, e devo trovarla più rapidamente possibile
  7. E' più facile evitare situazioni difficili e responsabilità che affrontarle
  8. Se elimino la sofferenza, vivrò meglio e sarò felice
  9. Il mio passato determina la mia vita attuale e futura
  10. Le persone negative e gli eventi dolorosi non dovrebbero esistere, perciò devo arrabbiarmi con essi
  11. Per me è importante avere ragione, e gli altri devono riconoscerlo
    ("Preferisci avere ragione o essere felice?")
  12. Credere alle illusioni romantiche

Strumento 4: Essere gentili con se stessi

Hai mai pensato "Sono il mio peggior nemico"? Ti è mai successo di fare scelte poco felici, metterti nei guai, e poi darti anche addosso con pesanti giudizi e critiche? Capita a molti ma, cambiando il tuo modo di pensare, puoi diventare invece il tuo miglior amico. Pensa quanto sarebbe bello avere sempre con te qualcuno che ti aiuta e sostiene, invece di ferirti e disprezzarti.
Per essere il tuo miglior amico, pensa ai tratti positivi di un ottimo amico, e comportati in quel modo verso di te. Sii gentile con te stesso. Osserva quello che ti dici e, se trovi inaccettabile che qualcuno possa dire quelle cose a un tuo amico, non accettare nemmeno di dirle a te stesso; pensa a cosa diresti in difesa del tuo amico, e usa gli stessi argomenti in tua difesa.
Il primo passo è riconoscere quando stai adottando uno schema di pensiero disfunzionale: se inizi a sentirti agitato o pensi che sia tutto orribile, usando termini come "mai" o "sempre", è segno che ti stai rendendo agitato da solo. Perché non sono gli eventi o le altre persone che ci turbano, di solito, ma le nostre convinzioni su quel che sta accadendo e le nostre reazioni a riguardo. Ovviamente preferiremmo eventi piacevoli piuttosto che spiacevoli, ma come reagiamo a quel che accade dipende da noi stessi. Le nostre emozioni derivano dai nostri pensieri e, come abbiamo visto sopra, i nostri pensieri a volte sono erronei; quindi, quando i tuoi pensieri ti stanno facendo agitare, è necessario cambiarli.
Quando ti accorgi di usare uno schema di pensiero disfunzionale, osservalo e mettilo in discussione:
  • Chiediti quali pensieri hanno provocato come ti senti.
  • Poi considera ognuno di questi pensieri: è proprio vero? Hai delle prove?
  • Come ti fa sentire questo pensiero?
  • E' possibile un'altra interpretazione della situazione che sia altrettanto vera, ma meno negativa?
Spesso, quel che succede è che una "voce" nella mia testa (Io Critico) attacca un'altra parte di me (Io Debole): "Non ne fai mai un giusta. Che ci provi a fare? Fallirai, proprio come hai fallito in tante altre cose, e tutti lo vedranno. Ti rideranno dietro!". Per l'autrice, il modo più rapido per uscire da quel dialogo interno è avere una terza "voce" (Io Difensore) che tiene testa all'Io Critico - proprio come si terrebbe testa ad un prepotente che opprimesse un amico: "Hey, [proprio nome] è riuscito in tante cose. Nessuno riesce al primo tentativo, e fallire è utile: serve a imparare. Magari c'è qualche stupido che riderebbe dei suoi sbagli, ma forse no, e comunque a chi importa di loro? [nome] è una persona in gamba che sta facendo del suo meglio, quindi lascialo in pace".
Può suonare ridicolo è un po' folle, ma funziona. L'autrice riferisce che, a forza di usare quel metodo, ora non ne ha quasi mai bisogno; in parte perché la sua vita è migliorata, ma soprattutto perché quei pensieri negativi su se stessa non emergono quasi più. Contrastando l'Io Critico e mettendo in discussione ciò che dice, si è allenata a pensare con più chiarezza e in modo più positivo.

Strumento 5: Responsabilità

Per essere felice, è necessario prendere in mano la tua vita: devi assumerti la responsabilità della tua felicità e, in definitiva, del tuo destino. Questa responsabilità può spaventare, e forse è per questo che pochi lo fanno.
Farlo significa scegliere il presente al posto del passato, e scegliere il tuo potere al posto del potere di chiunque altro o di qualsiasi evento che ti sia accaduto. Questo non è sempre facile, e molti non lo fanno mai perché farlo cambierebbe tutto: se tu, e soltanto tu, controlli la tua vita d'ora in poi, questo implica che dovrai agire per renderla come vuoi che sia, oppure riconoscere che stai accettando la tua situazione volontariamente.
Ci sono quattro modi primari con cui le persone rinunciano al controllo delle loro vite: fare la vittima; sentirsi in diritto; farsi salvare; dare la colpa. Per essere felice, devi smettere di adottare questi comportamenti.

Fare la vittima

"Fare la vittima" significa credere di essere impotente a cambiare la propria vita, e quindi limitarsi a piangersi addosso e aspettare che siano gli altri a darci quello di cui abbiamo bisogno. Ovviamente, questa attitudine passiva rende pressoché impossibile creare una vita felice.

In realtà, ognuno ha il potere di cambiare la propria situazione. Qualsiasi cosa ti sia successa, per quanto negativa, non deve necessariamente definire la tua vita. Dipende dalle tue scelte: puoi scegliere di attaccarti al tuo passato, o lasciarlo andare. Anche se ti è accaduto qualcosa di orribile, puoi comunque superarlo; vittime di stupro, bambini venduti in schiavitù, persone che sono state rese cieche o storpie, persino sopravvissuti all'Olocausto, sono riusciti a lasciarsi alle spalle i torti ricevuti e a vivere vite positive.
Persino nelle peggiori circostanze, queste persone hanno scelto di non vedersi come vittime. Puoi farlo anche tu: a partire da adesso, puoi scegliere di definirti in modo nuovo, non attraverso quel che ti hanno fatto o che hai fatto in passato, ma da quello che scegli di fare ora. Esercita la libertà di scegliere il modo in cui vuoi vivere.

Sentirsi in diritto

"Sentirsi in diritto" (in inglese "Entitlement") è la convinzione che qualcuno ci debba qualcosa: i miei genitori dovrebbero sostenermi, lo Stato dovrebbe darmi dei soldi, la mia ditta dovrebbe darmi un aumento, il mio partner dovrebbe rendermi felice... Nota la presenza costante dei "dovrebbe".
In realtà, il mondo non ci deve nulla (non è certo fatto per renderci felici), e ci sentiamo molto meglio quando siamo noi stessi a provvedere ai nostri bisogni. Questo accresce la soddisfazione e l'autostima.

Farsi salvare

Simile al sentirsi in diritto, chi tende al "farsi salvare" aspetta che qualcun altro lo "salvi" dalle situazioni problematiche o spiacevoli (la solitudine, la tristezza, la povertà, la paura...). Invece, salva te stesso: avrai molto più controllo sui risultati, e non ti sentirai in obbligo verso nessuno.

Dare la colpa

"Dare la colpa" è una versione del fare la vittima. Se dici a te stesso che non puoi essere felice a causa del tuo coniuge o della mamma o dei figli o del capo, stai dando ad altri il tuo potere. Anche se altri ti hanno ferito o hanno influito negativamente sulla tua vita, questo non ti toglie responsabilità: stai comunque scegliendo di restare in quella situazione così com'è.
Se sei un adulto sano, vivi in una nazione sviluppata e non sei in prigione, nessuno può realmente costringerti a fare alcunché; hai possibilità quasi illimitate. Puoi uscire da quasi ogni situazione se davvero lo vuoi, oppure puoi trasformarla; dipende da te. Se qualcuno controlla la tua vita, accade solo perché tu lo permetti. Gli altri ti tratteranno male nella misura in cui tu lo consenti: se non ti piace come qualcuno si comporta con te, puoi scegliere di ridefinire la relazione oppure uscirne.

E' comodo dare la colpa agli altri per la tua infelicità, poiché in quel modo puoi compiangerti e non sentirti in difetto; e non senti il bisogno di cambiare, perché è sempre colpa altrui. Finché incolpi gli altri, resterai fermo in questo stato per sempre, perché la tua vita cambia solo quando sei tu a cambiarla.
Certo, se lasci andare il passato, smetti di incolpare altri, di sentirti in diritto, di fare la vittima e di voler essere salvato, significa che dovrai fare dei cambiamenti. Dovrai farti carico della tua vita e decidere la direzione da prendere. E questo fa paura! Ma ne vale la pena; è impossibile essere felici se non lo si fa.


Dieci strumenti per diventare più felici
>> Introduzione - Prima parte - Seconda parte - 12 convinzioni che ci rendono infelici

(liberamente adattato da "How to be Happy'", di Cara Stein [PDF gratuito]. Disponibile anche come libro cartaceo o eBook Kindle)

Per trovare pensieri interessanti sulla felicità, o fonti di ispirazione sull'argomento, potete leggere questa raccolta di citazioni su felicità e infelicità.


"La felicità non dipende dalle cose esterne, ma dal nostro modo di vederle."
(Lev Tolstoj)

"L'infelicità è il divario tra le nostre capacità e le nostre aspettative."
(Edward de Bono)

"Ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo.
Non sono stato felice."

(Jorge Luis Borges)


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Se gli argomenti di questo post ti toccano da vicino e vorresti discuterne, approfondire, o rivolgermi delle domande; oppure se senti il bisogno di parlare dei tuoi problemi, puoi chiedermi un colloquio.

10 strumenti per diventare più felici - Introduzione

Di recente ho letto un libro su come essere felici, "How to be Happy'" di Cara Stein (la cui versione digitale è gratuita, vedi link al fondo); l'ho trovato decisamente ben fatto ed utile. Ne consiglio la lettura a tutti quelli interessati al tema ma, poiché il libro è in inglese, ho scritto una sintesi degli argomenti, suddivisa in quattro post:
(questa serie di post è anche disponibile come unico documento - in formato PDF, EPUB e MOBI - liberamente scaricabile nella pagina Download)

Scoprire come funziona la felicità

La felicità è un tema su cui si è scritto molto (fin dai tempi antichi), ma su cui tuttora esistono idee confuse e ingannevoli (per esempio il rapporto tra ricchezza e felicità, o il confondere piacere e divertimento con felicità). Per fortuna esistono anche diverse fonti affidabili, che spiegano metodi efficaci per aumentare il proprio livello di felicità (come il libro di cui parlo).
Insomma, tutti possiamo diventare più felici, a condizione di investire il tempo e l'energia necessari. Spesso bisogna però superare i pregiudizi o le convinzioni errate che ci ancorano a comportamenti disfunzionali. Come ha detto Einstein, nessun problema può essere risolto con lo stesso tipo di pensiero che l'ha creato; quindi, cambiare le proprie idee è il primo requisito per una maggiore felicità.

Ricerche recenti hanno dimostrato che il nostro livello di felicità dipende:
  • Per il 50% da fattori genetici, innati (è "scritto" nella nostra natura)
  • Per il 10% dalle circostanze esterne (quello che ci accade)
  • Per il 40% dal nostro atteggiamento mentale (pensieri, aspettative, apprezzamento...)
(vedi grafico e articolo, in inglese; articolo in italiano)
Questo implica che la nostra felicità dipende per metà da fattori che non possiamo cambiare, in minima parte da fattori che possiamo cambiare a volte, e per quasi metà da fattori che sono sotto il nostro controllo: il modo in cui pensiamo. I dieci strumenti che presento in questa serie di post servono proprio a sviluppare questa possibilità al meglio.

Cosa ci rende infelici

La prima cosa di cui rendersi conto, è che l'infelicità nasce sempre da qualche forma di paura:
  • Paura di non avere abbastanza
  • Paura di non essere abbastanza, di non essere adeguati, di essere sbagliati
  • Paura del futuro, della sofferenza, della morte
Insomma, la paura è il nemico primario della felicità.
Ovviamente, certe paure sono utili, perché ci inducono ad evitare pericoli reali o migliorare la nostra situazione dove necessario. Ma molte delle paure che ci rendono infelici sono inutili o prive di senso, perché rivolte a pericoli immaginari, irreali o improbabili. Quindi per essere felici è necessario minimizzare o eliminare queste paure: fare pulizia delle "paure-spazzatura" che inquinano la nostra mente.

Cosa non ci rende felici (ma noi crediamo che lo farà)

Come dimostrato dalle ricerche citate, le circostanze influiscono in misura minore sulla felicità, ma noi tendiamo a credere che siano l'elemento più importante, e quello su cui ci concentriamo di più: vogliamo più soldi, più successo, più beni materiali, più amore, più sesso, nella speranza che se avessimo abbastanza, saremmo finalmente felici.
In realtà, i beni materiali generano solo una felicità temporanea; persino i vincitori della lotteria, dopo un anno sono felici quanto lo erano prima di vincere. D'altronde, se denaro o fama rendessero felici, non si spiegherebbe come mai attori, cantanti e imprenditori famosi siano soggetti a droghe, depressione o divorzi come tutti.
In realtà, il nostro atteggiamento mentale determina quanto ci sentiamo felici molto più degli eventi in sé: se io ho qualcosa di valore 10 e la apprezzo, sono molto più contento di qualcuno che ha qualcosa di valore 100 e non la considera (quel "qualcosa" può essere un oggetto, un servizio od anche una relazione); quello che non apprezziamo, è come se non l'avessimo.

Parlando di cose che noi crediamo ci renderebbero felici, occorre diffidare in particolare della pubblicità: che è progettata proprio per farci sentire inadeguati, e convincerci che l'acquisto di quel prodotto o servizio ci renderà finalmente completi e appagati. Smettere di guardare le pubblicità, o anche solo zittire l'audio durante gli spot, può diminuire il senso di infelicità e insoddisfazione che proviamo abitualmente.

I dieci strumenti per diventare più felici

Avendo chiarito cosa contribuisce alla nostra felicità e infelicità, è ora di imparare qualche metodo che può aiutarci.

Alcuni studi hanno dimostrato che per sentirsi felici, è necessaria una proporzione tra pensieri positivi e negativi di almeno 3 a 1; cioè per ogni pensiero negativo, abbiamo bisogno di tre (o più) pensieri positivi per rimanere in uno stato positivo. Va ricordato che non è possibile eliminare del tutto la negatività, sia perché la realtà non può andare sempre come vorremmo, sia per come è strutturato il nostro cervello. Ma se quando ci capitano eventi negativi riusciamo a controbilanciarli con sufficiente positività (usando gli strumenti elencati di seguito), possiamo evitare di farci abbattere e mantenere il nostro benessere.



Dieci strumenti per diventare più felici
>> Introduzione - Prima parte - Seconda parte - 12 convinzioni che ci rendono infelici

(liberamente adattato da "How to be Happy'", di Cara Stein [PDF gratuito]. Disponibile anche come libro cartaceo o eBook Kindle)

Per trovare pensieri interessanti sulla felicità, o fonti di ispirazione sull'argomento, potete leggere questa raccolta di citazioni su felicità e infelicità.


"La felicità non dipende dalle cose esterne, ma dal nostro modo di vederle."
(Lev Tolstoj)

"L'infelicità è il divario tra le nostre capacità e le nostre aspettative."
(Edward de Bono)

"Ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo.
Non sono stato felice."

(Jorge Luis Borges)


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Parla con me

Se gli argomenti di questo post ti toccano da vicino e vorresti discuterne, approfondire, o rivolgermi delle domande; oppure se senti il bisogno di parlare dei tuoi problemi, puoi chiedermi un colloquio.

Perché si soffre



Premessa: a differenza del tema generale di questo blog, questo post non ha lo scopo di aumentare la felicità; anzi, può essere persino deprimente. Allora perché leggerlo? Perché potrebbe aiutarti ad accettare la sofferenza, invece che fartene abbattere (magari pensando che se soffri è colpa tua o sei sbagliato) o lottare inutilmente contro di essa quando è inevitabile. Aiuta quindi ad essere più in pace, ed a capire i motivi per cui soffriamo.

L'idea per questo post mi è venuta scoprendo che una ricerca comune su Google è "Perché si soffre". E' una domanda che tocca tutti noi, che l'uomo si è sempre posto, e a cui sono state date molte risposte; qui riporto le spiegazioni che a me sembrano più sensate.

La sofferenza è naturale

Dobbiamo partire dal riconoscere che la sofferenza è naturale, è parte della vita. 2500 anni fa, Buddha ha dedicato la sua esistenza al comprendere ed eliminare la sofferenza: una delle sue conclusioni è che "La vita è sofferenza" (anche se una traduzione migliore sarebbe "Nella vita sono insiti sofferenza, impermanenza e cambiamento"). Che io sappia, nessuno l'ha mai realmente smentito.
(N.B.: Buddha non afferma che la vita è sempre sofferenza, ma che una certa quantità di sofferenza è inevitabile, proprio per il fatto di essere vivi e soggetti a certe condizioni)

Quindi, quando soffri non sempre c'è un colpevole o una causa eliminabile: a volte è come va la vita. A questa conclusione sono giunte anche diverse filosofie; per esempio, nell'antica Grecia lo Stoicismo consigliava di vivere in armonia col destino, anche avverso, per raggiungere così serenità e saggezza.

La sofferenza è inevitabile (a volte)

Perché soffrire - a volte - è inevitabile? Quanto meno per le seguenti ragioni:
  1. A volte non accade quello che vogliamo.
  2. A volte accade quello che non vogliamo.
  3. Tutto è impermanente, tutto cambia; quindi, prima o poi perderemo quello a cui teniamo.
  4. Un giorno tu morirai - e questo vale per chiunque.
  5. Poiché siamo tutti diversi, e spesso vogliamo cose diverse, ci sarà sempre qualche disaccordo o conflitto con le altre persone.
E' da notare che queste ragioni valgono per tutti, qualsiasi sia la loro condizione: non c'è modo di sfuggirle. Alcuni coltivano l'illusione che ci siano dei "trucchi" per sfuggire alla sofferenza (il denaro, il potere, la bellezza, la fede...), ma è tutto vano.
Certo, la sofferenza può essere diminuita, sia con azioni concrete che con il giusto atteggiamento (gli insegnamenti del Buddha hanno questo scopo), ma la sua eliminazione totale è semplicemente illusoria. Anzi, ostinarsi ad eliminare la sofferenza può portare al risultato opposto.

“Queste ragioni valgono per tutti,
non c'è modo di sfuggirle”

La vita e il mondo non sono fatti a nostra misura

Il mondo non è fatto per renderci felici. Anche se ci piacerebbe tanto che lo fosse, e alcune religioni ci dicono che è così, non c'è alcuna prova a favore, ma ce ne sono molte contro. Non è il mondo che deve adattarsi a noi; piuttosto, siamo noi che dobbiamo adattarci al mondo, se vogliamo realizzare quello che desideriamo.

Allo stesso modo, la vita non è fatta per renderci felici: l'esistenza, per sua stessa natura, è spesso dura, complicata e incerta. Per milioni di anni la mera sopravvivenza è stata un problema quotidiano, e tuttora lo è in molte parti del mondo. Elementi che rendono la vita difficile, come l'egoismo, l'avidità e la competizione, sono parte di ogni essere vivente (anche perché portano un vantaggio evolutivo). L'idea che l'esistenza possa - o debba - essere facile e senza problemi è profondamente ingenua e disinformata.

Poiché la vita non è fatta per renderci felici, aspettarci che lo faccia è egocentrico e infantile. La vita - semmai - ci offre delle opportunità per essere felici, ma sta a noi coglierle e svilupparle. La felicità personale non è mai scontata o un diritto (anche se a volte può arrivarci come dono inaspettato), ma è una creazione e una conquista che richiede impegno e risorse. Se non siamo felici e vorremmo esserlo, dovremmo chiederci cosa stiamo facendo, concretamente, per diventarlo.

(N.B.: dicendo che "il mondo (o la vita) non sono fatti per renderci felici", non intendo certo dire che siano fatti per renderci infelici. Semplicemente non sono al nostro servizio, quindi non possiamo aspettarci che si occupino della nostra felicità; quel compito spetta a noi stessi)

Non siamo speciali come ci dice la religione

Perché reagiamo con tanto stupore e smarrimento quando ci accadono eventi spiacevoli? In parte, io credo, perché la religione cristiana (come anche le altre religioni monoteiste) ci dice che noi umani siamo creature speciali e privilegiate, che Dio ci ama in modo particolare, ecc. Questo crea aspettative irreali: che la realtà si adatti a noi, che soddisfi i nostri bisogni, che se ci comportiamo bene saremo felici e protetti dal dolore. Anche se queste convinzioni sono confortanti, purtroppo sono anche alquanto illusorie: e quando vengono infrante, la delusione può essere terribile.
In realtà non siamo così speciali: rispetto agli animali abbiamo capacità avanzate e una coscienza, è vero (ma queste ci portano anche "doni" quali angosce esistenziali, nevrosi e depressione). Ma a parte quello, la vita umana si svolge come per gli animali: nasciamo con paura e dolore, viviamo in competizione per ottenere quel che vogliamo, ci ammaliamo, patiamo la decadenza, e infine moriamo.
Non ci viene riservato nessun "trattamento di favore". Nonostante le enormi risorse che spendiamo per allontanare paure e sofferenze (gran parte del consumismo può essere visto come un tentativo in questo senso), il nostro destino rimane simile a quello di tutte le altre creature viventi.

Dal mio punto di vista, le religioni dicono spesso cose non vere. Ma se credere negli insegnamenti religiosi per te funziona, ti fa stare bene, e ti fornisce le risposte di cui hai bisogno, va benissimo; non intendo convincerti del contrario. Però, se quello in cui credi non corrisponde alla tua realtà, o se ti genera confusione e sofferenza (invece di pace e benessere), forse è il caso di metterlo in discussione.


Principali fonti di sofferenza

Di seguito elenco alcune delle principali fonti da cui proviene la nostra sofferenza. Averne chiara l'origine può aiutarci a gestirla meglio, ad accettarla (se non vi è alcun rimedio), oppure a cercare una possibile soluzione.

Sofferenza causata dagli altri

Quando la sofferenza è causata da altri esseri umani (dalle liti in famiglia alle guerre mondiali), è facile pensare che quelle persone siano cattive, stupide o ignoranti. Ma in molti conflitti non c'è chi ha "ragione" e chi ha "torto", bensì ogni parte ha le sue ragioni. Quello che a te sembra sbagliato o assurdo, per altri può essere l'azione migliore: siamo tutti diversi, e vediamo le cose in modi differenti.

Questo vale anche per i presunti "bene" e "male". Alcuni credono che, se eliminassimo il "male" (o i "cattivi"), la sofferenza sparirebbe. Ma chi decide cosa è bene o male? In genere, vediamo come "bene" ciò che è positivo per noi, e come "male" ciò che è negativo per noi. Ma quello che è male per qualcuno, potrebbe essere - e spesso è realmente - bene per qualcun altro. Inoltre, quello che ci sembra positivo oggi, potrebbe rivelarsi negativo domani (come illustrato dalla storia del contadino che ad ogni evento commentava: "Fortuna o sfortuna: chi può dirlo?"). E allora, chi ha ragione?
In realtà, bene e male sono "categorie immaginarie", giudizi arbitrari e soggettivi. Prendiamo l'esempio del leone che insegue la gazzella per mangiarla: chi ha ragione e chi torto? Quale animale dovrebbe morire, e perché? Ovviamente, sia il leone che la gazzella avranno sull'argomento pareri ben diversi... e così è per noi: spesso giudichiamo un evento "bene" o "male" a seconda se siamo nella posizione della gazzella o del leone.

Niente di personale

Inoltre, quando qualcuno ci ferisce tendiamo a prenderla sul personale, a pensare che ce l'abbia con noi o che ci voglia male. Ma invece, molto spesso questo accade per ragioni che non c'entrano nulla con noi: quella persona potrebbe avere avuto una giornata storta, o è malato, o non ci ha compresi, o era distratto, o seguiva una sua necessità, oppure vede le cose diversamente da noi. Tenere presente questo ci aiuta a non vedere gli altri come "nemici" e noi stessi come "vittime".
Allo stesso modo, quando la vita ci fa soffrire, il più delle volte non riguarda noi personalmente, non c'è un motivo per cui ci capita: non è che il mondo ce l'abbia con noi (vedi paragrafo sui disastri naturali), o che veniamo puniti per qualche ragione. Certo, a volte soffriamo perché commettiamo degli errori (se attraverso la strada senza guardare e mi investono, se non mi preparo per un esame e mi bocciano), ma queste non sono "punizioni" (non c'è una causa morale), bensì conseguenze; in questi casi, dobbiamo imparare dai nostri errori e migliorare, per evitare di ripeterli.

Sofferenza causata dalla società

Una causa di sofferenza ampiamente diffusa ma di cui siamo spesso inconsapevoli, è quella causata dalle regole e dalle costrizioni sociali. Anche se non ce ne rendiamo conto perché vi siamo abituati fin dall'infanzia, siamo continuamente condizionati a reprimere ciò che sentiamo, quello che vorremmo dire e fare, per adeguarci alle norme e alle esigenze altrui (dalle persone intorno a noi fino alle leggi dello Stato).
Come aveva osservato già Freud, questa continua repressione è una delle principali cause di nevrosi e malesseri psichici. Negare il proprio sé, la propria natura autentica, non può essere privo di conseguenze. Al tempo stesso, questa repressione è il "prezzo da pagare" per tutti i vantaggi che ci porta il vivere in società: sicurezza, facile accesso a cibo e risorse, supporto, condivisione di mezzi e informazioni, possibilità di creare cose che da soli mai potremmo.

Per essere completamente liberi, l'alternativa sarebbe vivere da soli come eremiti - ma le ragioni per cui non lo facciamo sono ovvie. Certo ci possono essere modi migliori e più armoniosi di vivere in società (la democrazia è assai meglio di dittature o monarchie), ma una vita sociale sarà sempre limitante: in primo luogo, ma non solo, perché la mia libertà finisce dove comincia quella altrui.
Attenuare la sofferenza del vivere in gruppo è però possibile, in vari modi:

Sofferenza causata da noi stessi

A volte soffriamo per cause esterne a noi, senza che ne abbiamo colpa alcuna; altre volte, siamo noi stessi a causare gli eventi che ci fanno soffrire. E' importante riconoscere quando è vero il secondo caso, e assumercene la responsabilità - altrimenti non sapremo cambiare, e continueremo a creare la nostra stessa sofferenza.

Due cause specifiche per cui a volte creiamo le nostre sofferenze, sono l'ignoranza e le illusioni (cioè credere a cose non vere).

Non è mai abbastanza

A volte soffriamo perché vediamo la nostra vita in modo distorto: ci concentriamo sui lati negativi e trascuriamo quelli positivi. Per la maggior parte del tempo, la nostra mente funziona così: se nella tua vita hai nove cose positive ed una negativa, tenderai a soffrire per quell'una che non funziona, e trascurerai di apprezzare le nove che vanno bene.

Anche quando le cose ci vanno bene, di rado sappiamo goderci il momento presente; invece, tendiamo a desiderare altro e di più. Qualunque obiettivo raggiungiamo, non è mai abbastanza. Quindi viviamo proiettati verso una ipotetica felicità futura, invece di sentirci felici per quello che siamo e abbiamo. La felicità possibile nel presente ci sfugge perché siamo concentrati su quella immaginaria nel futuro.

Sofferenza causata dalle aspettative

Ogni volta che abbiamo un'aspettativa irreale o impossibile (sia verso il mondo esterno che verso se stessi), finiamo col crearci frustrazione e infelicità. Spesso non sono gli eventi in sé che generano la sofferenza, ma le aspettative che abbiamo in proposito: se ottengo 100 e mi aspettavo 200 sarò deluso; ma se ottengo 100 e mi aspettavo 50, sarò ben contento. Stesso evento, diversa reazione.
Se siamo spesso frustrati da quel che ci capita, è bene chiedersi se le nostre aspettative siano esagerate. Se ci aspettiamo che tutto vada a modo nostro (il mondo, la vita, il comportamento altrui...), ci ritroveremo costantemente insoddisfatti.

Sofferenza causata dalla competizione

A volte soffriamo perché ci sentiamo spinti alla competizione:
  • lo sforzo negli studi per acquisire competenze che diano maggiori opportunità;
  • la lotta per ottenere un posto di lavoro, e poi per fare carriera;
  • la conquista di un partner e la paura dei tradimenti, ecc.
Anche se queste situazioni ci possono apparire crudeli, in realtà sono anch'esse "naturali", perché la natura stessa funziona secondo principi di "competizione darwiniana". In natura, si è spesso alla ricerca di risorse (cibo, riparo, partner), e in lotta contro altri individui e condizioni avverse: i più adatti prosperano, i meno adatti stentano o periscono. Gli esseri umani hanno sviluppato la società anche per attenuare queste condizioni (per esempio, tramite leggi uguali per tutti e servizi condivisi), ma la competizione rimane alla base della nostra natura (tutti vorrebbero il meglio, ma non tutti possono averlo).

La giustizia non esiste in Natura

A volte soffriamo perché subiamo delle ingiustizie. Per gli esseri umani la giustizia è un concetto primario, al punto che ci sembra una "legge naturale" - ma non è affatto così. In Natura non esiste giustizia o equità, ma vige la lotta per la sopravvivenza e la prevalenza del più adatto.
La dimostrazione che l'esistenza non è equa né giusta è evidente: ci sono stati decine di tentativi di assassinare Hitler e sono tutti falliti; invece a persone buone, generose o innocenti (come bambini) capitano a volte incidenti o malattie terribili.

Sicuramente è importante impegnarsi per un mondo equo e giusto, per noi e per gli altri, ma non dovremmo stupirci se questo non sempre avviene. La giustizia è una invenzione umana, una base essenziale della società ma comunque imperfetta, un ideale che non sempre si riesce ad applicare.

Sofferenza per disastri naturali

Quando accadono disastri naturali (terremoti, eruzioni, uragani, tsunami, ecc.), siamo sconvolti e atterriti. Ci chiediamo il perché accadono eventi così terribili, la ragione di tanta sofferenza. La risposta che si davano gli antichi era l'ira o la vendetta di qualche dio; anche tutt'oggi alcuni vedono questi disastri come punizioni divine. Ma questi sono modi ingenui di dare una spiegazione "umana" ad eventi tanto più grandi di noi.
In realtà, i disastri naturali sono semplicemente meccanismi nel funzionamento del nostro pianeta. Non hanno nulla a che fare con la nostra presenza: accadevano miliardi di anni fa, quando noi non c'eravamo, e accadranno quando noi saremo estinti. La Terra segue il suo corso, ignara delle conseguenze per le creature che ospita; un po' come un elefante che è ignaro delle formiche che possono essere sul suo dorso.

Sofferenza senza senso

Dare una spiegazione agli eventi è un bisogno umano, e forse per questo certe religioni o filosofie dicono che ogni evento ha sempre un senso, un suo scopo. Ma quello che accade non sempre ha un senso: un terremoto, un'eruzione o uno tsunami non hanno alcuno scopo, accadono e basta (anche se hanno una spiegazione scientifica).
E' vero che c'è sempre un motivo agli eventi, ma non sempre il motivo è morale (le leggi naturali, la fisica o la biologia, sono amorali e indifferenti ai destini umani), sensato o logico ai nostri occhi (una malattia segue una sua "logica" biochimica che prescinde dalla nostra).

Superare la sofferenza


La sofferenza non è un segno

Anche a causa di certi insegnamenti religiosi o "new age" (per quanto ben intenzionati), che credono in una connessione diretta tra le nostre virtù o azioni, ed i risultati che otteniamo, certe persone vedono la sofferenza come un segno che hanno sbagliato, sono "peccatori" o hanno "perduto la grazia di Dio": "Se avessi fatto tutto giusto - pensano - allora tutto andrebbe bene". Come ampiamente spiegato sopra, invece, gli eventi negativi capitano a tutti, buoni e cattivi, a volte senza alcun motivo. E' evidente che non sempre i "buoni" vengono premiati e i "cattivi" puniti.
Quando soffriamo, non vuol dire che siamo sbagliati, incapaci o colpevoli. A volte dipende dalle nostre azioni, ma altre volte succede solo perché siamo nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

“Quando soffriamo,
non vuol dire che siamo sbagliati,
incapaci o colpevoli”

Non tutto il male viene per nuocere

La sofferenza non è solo negativa, presenta anche degli aspetti "luminosi" e utili:
  • Ci fa crescere, ci spinge a migliorare ed evolverci.
  • Ci insegna a comprendere la sofferenza altrui (se non abbiamo provato un dolore particolare, non possiamo capire chi si trova in quella situazione). Aumenta la nostra empatia e compassione.
  • Ci induce ad apprezzare le cose positive (se fosse tutto facile e scontato, non lo apprezzeremmo).
Quindi, per certi versi la sofferenza ci rende più umani, più tolleranti e più saggi.

Altre risposte alla sofferenza

Nei casi in cui la sofferenza sia inevitabile, prendersela a male o combatterla è inutile (e persino controproducente): farlo non fa che aumentare la sofferenza stessa. E' molto più produttivo concentrarsi su quel che di positivo abbiamo nella nostra vita, e godercelo. Anche quando non possiamo diminuire l'oscurità, possiamo però aumentare la luce.

Poiché l'esperienza della sofferenza è eterna e universale, nel corso del tempo l'uomo ha sempre cercato risposte e rimedi:
  • Come già accennato, la filosofia ha proposto numerose interpretazioni e metodi per affrontare la sofferenza e l'ignoto.
  • La classica "Preghiera della serenità" offre un'ispirazione preziosa per affrontare le preoccupazioni.
  • La psicologia e la comprensione dell'animo umano, offrono molti strumenti per diminuire la sofferenza e aumentare la felicità.
  • Coltivare una posizione di "ragionevole saggezza" (una visione realistica, in equilibrio tra gli estremi dell'ottimismo ingenuo e del pessimismo disperato), ci permette di affrontare meglio la sofferenza ed esserne meno influenzati.


"Un uomo che teme di soffrire, soffre già di quello che teme."
(Michel E. de Montaigne)

"L'unica effettiva disgrazia, la sola tragedia autentica, accade quando soffriamo senza imparare la lezione."
(Emmet Fox)

"Una volta che veramente comprendiamo che la vita è difficile, una volta che veramente lo capiamo e lo accettiamo, allora la vita non è più difficile.
Perchè una volta che si è accettato il fatto che la vita è difficile non importa più."

(M. Scott Peck)


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