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La tua vita è migliore di quanto credi [Lista della gratitudine]

Uno dei fattori che più limitano la nostra felicità è il trascurare (o dare per scontati) tutti gli elementi positivi nella nostra vita: non ci facciamo caso o ce ne dimentichiamo, e così non li apprezziamo. Invece molto spesso ci concentriamo sugli eventi negativi oppure su quello che ci manca.
Per quanto pensare "in negativo" ci venga istintivo, è però controproducente per il nostro benessere. Al contrario, concentrarci sugli eventi positivi e su pensieri piacevoli porta diversi benefici. Per approfondire gli effetti di queste due modalità, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".

E se nella mia vita manca il positivo?

Alcuni potrebbero pensare di avere nella propria vita pochi elementi positivi a cui porre attenzione... Ma io scommetto che la maggior parte di voi è invece più "fortunata" di quanto pensa, e che le loro vite sono piene di cose preziose e piacevoli - a cui però non fanno caso.
Per scoprire tutto quello che di buono ci circonda, è necessario smettere di dare tutto per scontato, e concentrare la nostra attenzione su ogni cosa utile, piacevole o positiva che abbiamo a disposizione. In breve tempo ci renderemo conto di avere un'infinità di motivi per essere grati.

“La maggior parte di voi
è probabilmente più 'fortunata' di quanto pensa”


La lista della gratitudine

Un modo semplice per apprezzare tutti questi elementi positivi nella propria vita, è compilare quella che chiamo la "Lista della gratitudine" (in inglese il concetto viene chiamato "Count your blessings" - "Elenca le tue benedizioni").
Compilare questo lista può essere utile specialmente quando ci sentiamo abbattuti e sfiduciati, quando ci sembra che la vita ci tratti male, o che il mondo ce l'abbia con noi.

Prendiamoci un po' di tempo e scriviamo su un foglio tutto ciò che abbiamo nella nostra vita e contribuisce a farci stare bene, e che ci mancherebbe se non fosse presente. Poiché la tendenza a dare questi elementi per scontati è molto forte, qui sotto riporto un elenco di esempio:

Il fisico

  • Sono vivo.
  • Sono in salute (anche solo in parte).
  • Ho tutti e quattro gli arti funzionanti:
    braccia e mani per lavorare, abbracciare, creare e difendermi;
    gambe e piedi per camminare, saltare, correre e danzare.
  • I miei cinque sensi funzionano: posso vedere e scoprire, ascoltare parole e musica, assaporare cibi deliziosi, annusare i fiori, toccare le persone che amo.

La mente

  • Ho intelligenza: posso comprendere il mondo, elaborare idee e progetti, e imparare tutto quello che mi interessa.
  • Ho conoscenze utili: so leggere e scrivere, far di conto, so fare varie cose che io ed altri apprezzano.
  • So comunicare: posso capire gli altri e farmi capire, posso collaborare, e chiedere aiuto quando mi serve.

La casa

  • Ho una casa che mi ripara da freddo e caldo, pioggia e vento (anche se vivo in affitto).
  • Ho il riscaldamento, l'acqua corrente per bere e lavarmi, i servizi igienici, l'energia elettrica per la luce e numerosi apparecchi.
  • Ho un frigo e una dispensa con abbondante cibo.
  • Ho il telefono, computer e Internet per comunicare col resto del mondo.
  • Ho radio e TV che possono divertirmi e informarmi.
  • Ho abbondanza di abiti e calzature per tutte le stagioni.
  • Ho un letto comodo e accogliente.

Paese e ambiente

  • Vivo in un Paese senza guerre, circondato da altri Paesi che non muovono guerra al mio.
  • Vivo in una nazione democratica, senza dittatura, polizie segrete e torture.
  • Ho a disposizione una serie di servizi (gratuiti o a costi accessibili), come istruzione pubblica, assistenza sanitaria, trasporti pubblici, forze dell'ordine.

Varie

  • Ho a disposizione libertà, opportunità e scelte pressoché infinite (in misura che in passato sarebbe stata impensabile).
  • Ho a disposizione tutta la conoscenza e la cultura umana (in gran parte gratuitamente).
  • Posso ascoltare in ogni momento tutta la musica che mi piace.
  • Ho nella mia vita persone che mi vogliono bene (e probabilmente anche tu, in qualche modo: che siano partner, amici, genitori).
  • Ho un'automobile che può portarmi dove voglio, e una bicicletta per spostarmi a costo zero.


Sembra poco, ma se non ci fosse...

Se quanto elencato sopra ti sembra banale o poco significativo, prova a considerare ogni elemento e immagina come vivresti senza di esso:
  • Senza l'acqua corrente: fare chilometri per attingere l'acqua da un pozzo, lavarsi in una tinozza.
  • Senza servizi igienici: costretto a fare i propri bisogni in una latrina in cortile, magari con la pioggia o il gelo.
  • Senza energia elettrica: al buio, al freddo, senza elettrodomestici, TV, computer.
  • Senza la salute o l'assistenza sanitaria: dolorante, infermo, dipendente dagli altri, magari in fin di vita.

“Prova a considerare come vivresti
senza acqua corrente”

Per migliaia di anni, per buona parte della civiltà umana, ogni persona:
  • Poteva essere coinvolta in una guerra in qualsiasi momento
  • Era alla mercé di banditi e malfattori
  • Era soggetta a piaghe ricorrenti quali carestie ed epidemie
  • Se si ammalava poteva contare solo sui metodi rozzi di cerusici o stregoni
  • Doveva vivere secondo i dettami della Chiesa e dei nobili...
Il fatto che oggi tutto questo non sia più così (almeno per chi vive in un Paese occidentale come il nostro), mi sembra un balzo epocale e di cui essere grati ogni giorno. Il cittadino medio odierno ha più possibilità, ed uno stile di vita più ricco e confortevole, di un re del passato.

Alimentare la gratitudine

Specialmente quando le cose mi vanno male o mi sento scoraggiato, notare tutti questi elementi utili, benefici e preziosi mi aiuta a riconoscere che la mia vita va meglio di come sembra. Mi incoraggia, mi ridà fiducia, mi fa sentire più "fortunato" e privilegiato (in particolar modo rispetto ai miliardi di persone più svantaggiate di me).
E' dimostrato che provare gratitudine migliora la qualità della vita: come scrivo nella serie di post dedicati a diventare più felici, la gratitudine è la scorciatoia per la felicità.

I pensieri sono molto concreti

I pensieri possono sembrare cose astratte, poca cosa rispetto ai fatti. Ma invece essi influenzano moltissimo come viviamo, anche più dei fatti stessi. Pensiamo per esempio a due diverse abitazioni:
  • Paolo possiede un appartamentino di 60 mq, che ha scelto e sistemato con cura, di cui apprezza ogni giorno il comfort e il calore.
  • Nicola invece ha una casa di 200 mq, lussuosa e arredata finemente, ma pensa continuamente che vorrebbe una villa a Montecarlo, come hanno alcuni suoi conoscenti.
A livello di fatti appare ovvio che Nicola sta meglio di Paolo. Ma il modo in cui pensano fa sì che Paolo sia soddisfatto e in pace, mentre Nicola sia frustrato e non si goda quello che ha. Quindi, la felicità di queste persone viene determinata molto più dai loro pensieri che dai fatti concreti.

Notiamo il negativo e ignoriamo il positivo

Ma se "pensare in positivo" è così benefico, come mai tendiamo a non farlo? Alcune ragioni principali sono:
  • La mente umana tende istintivamente a dare più importanza agli eventi negativi che a quelli positivi.
  • Essere negativi ci viene insegnato.
  • A volte lo facciamo per imitazione.

Quindi è necessario uno sforzo intenzionale, consapevole, per guidare la propria mente verso il positivo e distoglierla dal negativo - e così elevare il proprio stato d'animo e visione della vita. Nonché per apprezzare quello che siamo ed abbiamo.

La lista della proprie qualità

In modo simile alla "Lista della gratitudine", si può anche fare una "Lista delle qualità" in cui elencare tutte le proprie qualità e capacità (anche quelle che ci sembrano ovvie, comuni o poco importanti). Invece di lamentarci, sentirci in colpa o "sbagliati" per quello che non sappiamo (ancora) fare o essere, possiamo portare l'attenzione su tutto quello che siamo o sappiamo fare. Questo ci aiuterà a sentirci meglio ed aumentare la considerazione di noi stessi.

Lamentarsi è facile, apprezzare no

Riassumendo, lamentarci per quello che ci manca o che va male ci viene naturale, apprezzare quello che abbiamo di positivo molto meno; però il primo atteggiamento peggiora la nostra vita, mentre il secondo la migliora. Vale quindi la pena impegnarsi per non dedicare attenzione agli elementi negativi (o farlo solo quando vogliamo e possiamo cambiare una situazione), e invece notare e apprezzare tutti i "doni" che arricchiscono la nostra vita.

Per approfondire gli effetti del pensare in negativo o in positivo, vedi il post "Pensare in positivo ti migliora la vita".


"Per quanto ci sia di cui lamentarsi, c'è assai di più di cui essere grati."
(Larry O'Connor)

"Il segreto della felicità consiste nel contare le tue benedizioni, mentre gli altri continuano a sommare problema su problema."
(William Penn)

"La gratitudine è il paradiso."
(William Blake)


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Nessuno può avere tutto, fare tutto, essere tutto (le rinunce sono parte della vita)

Il dolore della rinuncia

Rinunciare a un desiderio è per tutti fonte di sofferenza. Esiste in noi un meccanismo istintivo molto potente, che ci spinge a soddisfare un desiderio anche quando si tratti di cose minime, o anche se provoca serie conseguenze negative:
  • pensiamo alla persona in sovrappeso che non rinuncia ai cibi calorici;
  • al diabetico che non rinuncia ai dolci;
  • al fumatore che non smette pur avendo problemi respiratori...
In molti casi la difficoltà non nasce dall'importanza della cosa desiderata (che spesso è un'inezia), ma proprio dalla sofferenza provocata dal rinunciare: è per evitare quest'ultima che tendiamo ad assecondare il desiderio. Viviamo la rinuncia come una "perdita" dolorosa da evitare a tutti i costi, e non di rado proviamo un'avversione esagerata (e persino rancorosa) verso ciò che ci induce alla rinuncia:
  • La limitata disponibilità economica
  • La bilancia che ci indica la necessità di dimagrire
  • Un amico che ci sconsiglia un acquisto d'impulso
Il fatto che viviamo questi stimoli alla rinuncia come un affronto personale, o come una grave ingiustizia, dimostra come l'avversione alla rinuncia sia un meccanismo fortemente emotivo, e ben poco razionale: rinunciare alle patatine fritte o al centesimo paio di scarpe non ci cambia di sicuro la vita... eppure spesso reagiamo come se così facesse.

La paura di perdersi qualcosa (FOMO)

Un aspetto recente di questa avversione alla rinuncia, è il fenomeno chiamato "Fear of Missing Out" (FOMO), ovvero "Paura di perdersi qualcosa" (occasione, evento od opportunità). Fenomeno stimolato dalla diffusione pervasiva degli smartphone, che tramite i social network ci ricordano continuamente come altri godano di esperienze od oggetti fuori dalla nostra portata.
Una persona razionale riconosce come sia semplicemente impossibile avere tutto quello che altri hanno, o incontrare tutte le persone che altri frequentano, o visitare tutti i luoghi che altri vedono. Ma la continua esposizione, tramite Internet, a vite altrui che ci appaiono più ricche e appaganti della nostra, provoca negli individui più deboli, ansiosi o insicuri la costante angoscia di rinunciare a qualcosa che vorrebbero vivere.

“Rinunciare alle patatine
o al centesimo paio di scarpe
non ci cambia di sicuro la vita...
eppure spesso reagiamo come se così fosse”

Capire che la rinuncia è parte della vita

Anch'io, come tutti, pativo questa difficoltà a rinunciare, finché anni fa realizzai che non è mai possibile, per nessuno, avere tutto quel che si vuole. Attraversavo un periodo di scarsità economica, quindi soffrivo per tutto ciò che non potevo comprare. Ma a un certo punto mi resi conto che, anche se avessi guadagnato dieci volte tanto, ci sarebbero sempre stati acquisti fuori portata. Mi guardai intorno, e mi accorsi che a tutti succede di rinunciare a qualcosa, per limiti personali o universali.

Se io fossi abbastanza...

Spesso ci culliamo nell'illusione che se fossimo "abbastanza qualcosa" (ricchi, belli, potenti...), allora potremmo avere tutto quel che desideriamo. Ma è ingannevole, perché anche in quei casi esistono sempre dei limiti:
  • Anche la persona più ricca al mondo vorrà qualcosa che il denaro non può comprare (essere amato, la saggezza, l'immortalità).
  • Anche la donna più affascinante verrà respinta da qualcuno che ha gusti differenti.
  • Anche l'uomo più potente avrà ambizioni oltre la sua portata, o semplicemente impossibili.

Siamo piccoli e limitati

Pensateci: se qualcuno volesse esplorare stelle lontane, portare la pace nel mondo, eliminare la sofferenza umana, o anche solo riportare in vita una persona cara defunta... non potrebbe farlo, anche se si impegnasse con tutte le forze, anche se fosse la persona migliore del mondo. Noi umani siamo piccoli e limitati, e questa è una delle cause per cui spesso le rinunce sono inevitabili: non c'è mai abbastanza tempo, soldi o potere per fare tutto quello che vorremmo.

Le conseguenze della scelta

A tutto questo si aggiunge l'inevitabilità della scelta: in ogni momento noi ci troviamo a compiere delle scelte, e per ogni opzione che scegliamo ne escludiamo altre. Per ogni carriera, partner, vacanza, casa, auto o direzione che scelgo, mi trovo necessariamente a rinunciare ad altre possibilità. E se sono fra quelle persone che cercano di fare più cose contemporaneamente, quasi sicuramente mi ritroverò a farle in modo mediocre. La ricerca dell'eccellenza in un campo, infatti, richiede di concentrare le proprie risorse su quell'area a discapito di altre (almeno per un certo periodo).

Scegliere: da vittima a protagonista

Alcuni patiscono la necessità di scegliere, perché non vorrebbero rinunciare alle alternative. Vedono la scelta come una rinuncia, e questo li porta a vivere in un continuo stato di conflitto, perché scegliere è inevitabile: anche non scegliere è una forma di scelta.
Una prospettiva più creativa è quella di vedere la rinuncia come una scelta: allora posso vedere ogni rinuncia non come una perdita, ma come una scelta (consapevole e ponderata) verso la soluzione che ritengo migliore in quel momento. Con questa prospettiva:
  • Non rinuncio a dormire e vado a lavorare ogni mattina perché sono obbligato, ma perché lo scelgo per i benefici che mi porta.
  • Non rinuncio ad un'avventura galante per vergogna o per paura di essere scoperto, ma perché scelgo di valorizzare la mia relazione.
  • Non rinuncio ad un piacere momentaneo perché non ho abbastanza denaro, ma perché scelgo di impiegare quei soldi verso un obiettivo più importante.
In tutti questi casi le condizioni possono essere viste come limitanti, ma se adotto la prospettiva di scelta consapevole, mi sento protagonista e timoniere della mia vita (invece che vittima impotente delle condizioni).

“Se adotto la prospettiva di scelta consapevole,
mi sento protagonista e timoniere della mia vita”

Scegliere le priorità

L'inevitabilità della scelta comporta che, per ottimizzare la soddisfazione nella propria vita, è essenziale stabilire quali sono le nostre priorità: poiché non possiamo avere tutto, fare tutto, essere tutto (nessuno può), per raggiungere gli obiettivi che più ci stanno a cuore è necessario sceglierli consapevolmente, accantonare le alternative, e dedicarci ad essi con tutto il nostro impegno.

Molte vite vengono sprecate dedicandosi agli obiettivi più facili o immediati, trascurando o ignorando quelli davvero importanti, con la convinzione che ci sarà tempo più avanti. Ma il tempo scorre inesorabile, per tutti, e prima o poi arriva il giorno in cui ci si rende conto che si è vissuto in modo futile e superficiale - ma ormai è troppo tardi, e si rimane con il rimpianto per le occasioni perdute.
L'unico modo di evitare quel rimpianto, l'unico modo di costruire una vita appagante, è quello di scegliere le nostre priorità e dedicarsi ad esse. La scusa banale di chi disperde la propria vita è che "Non c'è abbastanza tempo", ma come disse il filosofo romano Seneca:
"Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto."

“Nessuno può avere tutto,
fare tutto, essere tutto”

Mal comune...

Riassumendo, è importante rendersi conto di quanto le rinunce siano parte della vita stessa, non conseguenze della nostra debolezza o di un destino avverso: tutti ne sono soggetti, nessuno escluso. E se le rinunce sono in buona parte inevitabili, allora possiamo accettarle con maggiore serenità, come accettiamo il calare della notte o una giornata di pioggia; non sempre è quello che vorremmo, ma sapendo che tanto non possiamo evitarle, e che toccano tutti, non diamo loro più di tanto peso.

A questo proposito, è utile ricordare la Preghiera della serenità: essa ci ricorda che ci sono eventi che possiamo cambiare (e verso cui serve allora impegnarsi), ed eventi fuori dal nostro controllo (contro i quali è quindi vano lottare). Saper distinguere tra i due è prezioso per evitare di farci il sangue amaro inutilmente.

L'importanza della gratitudine

Infine, un buon metodo per diminuire la frustrazione causata dalle rinunce è quello di coltivare la gratitudine: ovvero porre la propria attenzione su quello che abbiamo e che di positivo esiste nella nostra vita (ed apprezzarlo appieno), piuttosto che sul quel che ci manca o che vorremmo. In questo modo si alimenta il senso di soddisfazione e abbondanza, invece che il senso di mancanza o di scarsità.

Spesso tendiamo a dare per scontato tutto quello che già abbiamo, e per questo la nostra vita ci appare "povera". Se è anche il vostro caso, provate a fare una lista (per iscritto) di tutti gli elementi positivi che avete a disposizione (materiali e immateriali); anche le cose "banali" come l'acqua corrente, il riscaldamento, la corrente elettrica, il letto, cibo nel frigo, per non parlare del vivere in un Paese democratico o dell'assistenza sanitaria.
Se provate a immaginare di vivere senza tutte quelle cose, credo vi renderete rapidamente conto cosa vuol dire davvero vivere una vita povera e piena di rinunce.


"La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità."
(Bertrand Russell)

"Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto, o di essere capace di fare tutto, non potrai sbagliare: costui è un imbecille."
(Confucio)


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Sei vittima o creatore? Essere attore o spettatore della tua vita

Quando si parla di attrazione, relazioni e successo con l'altro sesso, noto spesso un atteggiamento da "vittima": persone che si lamentano senza mettersi in discussione, che accusano il sesso opposto, che si trincerano dietro luoghi comuni e pregiudizi, ecc. Queste persone soffrono, e mi dispiace per loro, ma al tempo stesso vedo che fanno poco o nulla per migliorare la loro situazione; a causa del loro atteggiamento, si mettono in una posizione da spettatore passivo della propria vita, invece che da attore o protagonista.

Ho quindi deciso di scrivere questo post per evidenziare la distruttività del vittimismo, per "smontare" certi pregiudizi sulle relazioni, e per incoraggiare chi ha poco successo nelle relazioni a cercare di vivere da "attore" e creatore, plasmando la sua vita invece di subirla passivamente. E' possibile per chiunque, anche se non è facile.
In questo post mi concentro in particolare sulle relazioni sentimentali, ma questi concetti si applicano ad ogni aspetto della vita.

Il vittimismo è comodo, ma ti rovina la vita

Essenzialmente, "fare la vittima" vuol dire:
  • Piangersi addosso, lamentarsi e compatirsi
  • Dare la colpa agli altri per la propria situazione, attribuire all'esterno le cause della propria infelicità
  • Non fare nulla per migliorare la propria situazione
Fare la vittima è un modo di scaricare le responsabilità sul mondo, e vedersi come vittima passiva delle situazioni. Chi lo fa si pone in una posizione "infantile" (il bambino non ha potere, e dipende in tutto dagli altri) e di impotenza (se il problema non dipende da me, non posso nemmeno risolverlo).

Vista la negatività di questo atteggiamento, viene da chiedersi perché lo si assuma: è semplice, fare la vittima fornisce un momentaneo sollievo dalla sofferenza (sfogo), e solleva chi lo fa dal peso di occuparsi dei propri problemi (siccome la causa è esterna, non tocca a me fare qualcosa).

“Una 'vittima' si piange addosso,
dà la colpa agli altri,
e non fa nulla per migliorare”

Sei sicuro di non farlo...?

Chi fa la vittima raramente ammette di farlo, perché ammetterlo vorrebbe già dire assumersi una responsabilità; costoro invece fanno di tutto per scaricare ogni responsabilità e colpa all'esterno, per non ammettere che sono loro stessi a contribuire al problema.
Come ci ricorda il detto "Se non sei parte della soluzione, sei parte del problema", se non contribuiamo in qualche modo a una soluzione, allora è molto probabile che stiamo contribuendo alla continuazione del problema (anche solo con la nostra passività e resistenza).

Se stai leggendo e ti viene da negare con vigore il tuo vittimismo (a tutti capita di cascarci ogni tanto), pensaci bene:
  • Passi più tempo a lamentarti che ad impegnarti verso un risultato?
  • Ti capita di dare la colpa agli altri?
  • Ti succede di avercela con intere categorie? (l'altro sesso, un ceto sociale, un gruppo etnico...)
  • Ti succede di dirti "Tanto non posso farci nulla"...?
Naturalmente nessuno ti obbliga a smettere di farlo... però renditi conto che, finché fai la vittima, non puoi creare la vita che vorresti. La vittima è impotente per definizione, mentre il creatore riconosce il proprio potere (e quindi la propria responsabilità).

Responsabilità, potere e impotenza

Potere e responsabilità sono strettamente legati: se non ho alcuna responsabilità riguardo una situazione, non ho nemmeno il potere di cambiarla. Purtroppo chi fa la vittima non si rende conto di questo legame; e nemmeno del fatto che rifiutando la responsabilità della propria condizione, si pone automaticamente in una posizione di impotenza ("E' colpa degli altri, non posso farci niente" equivale a "Sono impotente a riguardo").
Quindi, negare la propria responsabilità ci pone inevitabilmente in una posizione di passività impotente.

I tuoi limiti non decidono il tuo destino

Vedo molte persone che si sentono "destinate al fallimento" (specialmente nelle relazioni sentimentali), a causa di qualche loro limite. Costoro credono di non avere speranze perché...
Ma queste convinzioni sono ingannevoli. Se sei convinto che nessuno ti vorrà (o che nessuna persona di qualità potrebbe volerti) a causa di quei limiti, sei in errore perché:
  • Non tutti cerchiamo le stesse cose.
  • I fattori che contribuiscono all'attrazione sono molteplici, e se alcuni ti mancano, altri potresti averli, oppure svilupparli.
  • Inoltre, è possibile che alcuni limiti che sei convinto di avere, in realtà non esistano, oppure siano meno gravi di quanto pensi (accade a molte persone, che si vedono peggio di come sono realmente; vedi p.es. dismorfofobia).
Quello che importa è avere delle qualità da offrire: più qualità possiedi, più risultati otterrai. Quindi se vuoi risultati migliori, dedicati ad aumentare le tue qualità.

Certo a tutti piace la bellezza, il fascino e il carisma - ma questo non significa che solo chi li possiede possa piacere. Sarebbe come dire "Solo quelli che hanno un corpo perfetto possono fare sport", ma ciò è falso: i più dotati faranno meno fatica o vinceranno più facilmente, ma tutti possono fare sport (e meglio si allenano, migliori risultati ottengono).
La dimostrazione sono le numerose persone comuni, limitate e persino "difettose" (e in fondo non lo siamo un po' tutti?) che hanno creato relazioni più o meno appaganti.

“Quello che importa
è avere delle qualità da offrire:
più qualità possiedi, più risultati otterrai”

Ricorda: puoi sempre migliorare

Se sei abituato a "buttarti giù", se hai delle "voci interiori" che ti sminuiscono (magari in famiglia ti hanno trasmesso quella mentalità), tenderai ad essere rassegnato e sfiduciato. Vedrai la vita con pessimismo, e ti accosterai a possibili relazioni con paura, invece che con fiducia.
Soprattutto, tenderai a non mettere in discussione i tuoi limiti, a credere che essi ti definiscano, e che non puoi sfuggirgli: ma non è così. La vita è continuo cambiamento, e noi stessi cambiamo in continuazione: per cui il miglioramento è sempre possibile.
Ma attenzione: migliorare non vuol dire "diventare un altro", ma diventare una versione migliore di te stesso. In altre parole, migliorare significa diventare quello che sei destinato ad essere, esprimere tutto il tuo potenziale (la maggior parte delle persone vive solo una piccola parte del proprio potenziale, ed è anche per questo che - come disse Henry D. Thoreau - "vivono vite di rassegnata disperazione" ).

Anche quando fallisci, non vuol dire che sei sbagliato

Se hai provato tante volte ad andare incontro agli altri, o ad approcciare qualcuno che ti piace, e ti è sempre andata male, magari hai concluso che sei sbagliato e non hai speranze. Però è possibile che l'errore non sia in te, ma nel modo in cui ti approcci, nelle tue convinzioni, o in scelte disfunzionali:
  • Per esempio, per molti anni sono stato attratto solo da donne che non mi volevano (e ignoravo quelle interessate a me), quindi credevo di essere brutto e non desiderabile. Quando però mi sono reso conto che ero io a scegliere proprio quelle donne (seppur inconsciamente), ho iniziato a "smontare" quella tendenza.
  • Similmente, certe donne scelgono partner dominanti/"Alfa", da cui vengono spesso tradite o abbandonate (per cui ritengono che tutti gli uomini siano inaffidabili). Se realizzano che sono loro a scegliere sempre uomini di quel tipo, possono fare scelte diverse, basate meno sull'attrazione istintiva e più sulla compatibilità.
  • Oppure, certi uomini approcciano le donne con atteggiamenti che le fanno scappare (in modo invadente, ossessivo o "appiccicoso"). Quando imparano approcci più sani e costruttivi, iniziano ad avere risultati.

Attento a chi ti soffoca la speranza

Oltre a coloro che si buttano giù da soli, o che vengono condizionati dalle "voci negative" nella loro mente, ci sono in giro parecchie persone che rifiutano ogni visione ottimista o possibilista, preferiscono crogiolarsi nel loro vittimismo, e cercano di convincerti che valga anche per te: "Dammi retta, non c'è speranza, se sei X o non sei Y tanto vale arrendersi".
Diffida di queste persone: intanto perché generalizzano, e poi perché di solito vogliono "farti affondare" con loro. In genere sono persone che si sentono fallite, e mal sopportano che altri possano fare meglio di loro, quindi tendono a scoraggiarli. Si riconoscono anche per le loro posizioni rigide, non sanno mettere in discussione le loro teorie, anzi ti attaccano se fai notare le loro incongruenze.

Attento alle generalizzazioni

Chi generalizza in modo rigido sulle persone, e specialmente sull'altro sesso ("Gli uomini sono tutti così", "Le donne fanno sempre cosà"...), compie un grave errore: certo ci sono comportamenti più diffusi, ma nella realtà non ci sono criteri assoluti che valgano per tutti. Ognuno è unico, e solo riconoscendo la sua unicità possiamo capirlo (e relazionarci efficacemente con lui o lei).

Non identificarti con i tuoi limiti

Non aggrapparti ai tuoi (presunti*) difetti - bruttezza, grassezza, mancanza di sicurezza, ecc. - pensando che ti precludono ogni possibilità. Se tu provassi a conoscere tante persone, scopriresti che hanno tanti bisogni diversi - e tra questi ce ne saranno sicuramente alcuni che puoi soddisfare. E se puoi soddisfare i bisogni di qualcuno, sarà interessato a te ed a quello che puoi offrirgli.

* Dico "presunti" perché spesso vediamo noi stessi peggio di come realmente siamo: crediamo di essere più brutti, più incapaci, più stupidi, meno interessanti e più insignificanti di quello che siamo. Il problema di sottovalutarsi, di credere di "non essere abbastanza", è forse il più diffuso tra gli esseri umani.

Non sei definito dai tuoi limiti...

Invece di commiserarti per quello che non sei o non hai, dedicati a sviluppare le tue qualità: quando Beethoven è diventato sordo, non si è arreso ma ha continuato a comporre, creando musiche tra le sue più belle (per esempio la celebre Nona Sinfonia).

... ma dalle tue qualità

L'esempio di Beethoven mostra chiaramente come siano le nostre qualità a definirci, non i nostri limiti. Dei grandi personaggi non ricordiamo le loro mancanze, ma il loro contributo all'umanità. Quando vai incontro a qualcuno brillando della tua luce, è questa che viene notata, non i tuoi difetti: un sorriso radioso fa passare inosservata una dentatura irregolare (se non per le persone più superficiali o critiche, e costoro è meglio perderli che trovarli).

L'errore che fanno in molti è di nascondere la loro vera natura quando vanno incontro agli altri:
  • restano chiusi in se stessi;
  • non si rivelano per paura di essere sbagliati o di venire criticati;
  • oppure recitano una parte, risultando falsi e artificiosi.
Vengono quindi percepiti come amorfi, spenti e insignificanti; ed è per questo che vengono ignorati, non per le loro mancanze.

Sei un perdente solo quando scegli di esserlo

I tuoi limiti non determinano se sei un perdente o uno "sfigato". Per me, sei sfigato o perdente solo quando rimani nel vittimismo, quando piagnucoli sui tuoi problemi e te ne freghi di quelli altrui (atteggiamento che induce gli altri ad allontanarsi).

A persone come Stephen Hawking (paralisi), Stevie Wonder (cecità), Alex Zanardi (perdita delle gambe), sono capitate gravi disgrazie: potevano amareggiarsi e piangersi addosso, invece hanno deciso di creare comunque vite produttive ed appaganti. Questi tre esempi (ma sono innumerevoli le persone che non si sono arrese ad eventi avversi) dimostrano chiaramente come i nostri limiti non definiscono la qualità delle nostre vite: sono le nostre scelte a farlo, ed a determinare se viviamo da sfigati o meno.
Di fronte a questi esempi, puoi veramente pensare di essere troppo limitato per avere una vita degna e interessante? Sono i tuoi difetti a bloccarti, o sono piuttosto le tue paure e le tue convinzioni negative?

“I nostri limiti
non definiscono la qualità delle nostre vite:
sono le nostre scelte a farlo”

Non combattere chi desideri

Ci sono molte persone che vedono il sesso opposto come un "nemico", lo temono e lo disprezzano, anche se desiderano intensamente essere voluti e amati da loro. Ma ovviamente questo è fallimentare: la negatività provoca reazioni negative (e non pensate che le donne siano attratte dagli stronzi, ciò che le attrae è ben altro).
Parafrasando uno slogan del '68, "Se volete l'amore, non fate la guerra". Quindi se volete essere benvoluti, apprezzati e desiderati dall'altro sesso, è necessario andargli incontro in modo positivo. Disfatevi dei vostri pregiudizi e avversioni, rendetevi conto che hanno ben poco a che fare con la realtà (non esistono "gli uomini" o "le donne": esistono individui, ognuno unico e differente).

Nella vita incontrerete uomini stupendi ed altri detestabili, donne deliziose ed altre insopportabili; poiché non è possibile cambiare gli altri, l'unica via saggia è avvicinarsi a coloro che ci fanno stare bene ed allontanarsi da quelli che ci fanno stare male. Spetta a noi fare questa scelta, non a loro adattarsi a quello che noi vorremmo.

Riconoscere la propria responsabilità

Per poter cambiare, è indispensabile riconoscere la propria responsabilità:
  • Siamo almeno in parte responsabili di quello che ci accade.
    Se scelgo di agire - per esempio vado a una festa o dichiaro i miei sentimenti - mi espongo sia a rischi che opportunità; se scelgo di non agire, evito i rischi ma perdo anche le opportunità. Quindi le mie scelte contribuiscono alle conseguenze.
  • Siamo completamente responsabili per come reagiamo a quello che ci accade.
    Qualsiasi cosa mi succeda, sta a me decidere come reagire e affrontare l'evento. Sono io a decidere il significato che quell'evento ha per me (poiché tutto è relativo, uno stesso evento viene valutato in modo diverso da persone diverse), e cosa voglio trarne (uno stesso evento può essere visto come una sconfitta o un apprendimento).
Quando riconosciamo queste responsabilità, riconquistiamo il nostro potere, ovvero la possibilità di fare le scelte più utili per noi (potere = possibilità). Come detto prima, invece, negare la responsabilità ("Non dipende da me; non è colpa mia") ci priva del potere (se non dipende da me, allora non posso farci nulla).

Non dico queste cose per farti sentire in colpa se finora sei stato passivo o vittimista, ma per ricordarti che hai sempre delle possibilità di essere più felice, e per incoraggiarti a prenderti cura della tua vita (e peraltro, se non lo fai tu, chi lo farà la posto tuo?).

“Siamo completamente responsabili
per come reagiamo a quello che ci accade”

Scegli di agire da creatore

Una volta riconosciute le proprie responsabilità, e quindi ripreso in mano il proprio potere, si può iniziare a porsi delle "domande da creatore" (ovvero quelle che portano ad uscire da un ruolo passivo, e spingono a vivere da protagonista della propria vita):
  • "Cosa voglio ottenere nella mia vita? Quali sono gli obiettivi che più mi stanno a cuore?"
    (è importante focalizzarsi non su quello che si pensa di dover fare, o che gli altri dicono sia importante, ma su quello che davvero è importante per noi, che accende le nostre emozioni)
  • "Cosa sto facendo per realizzare concretamente quegli obiettivi?"
    (per molte persone la risposta sarà "Non molto" o "Nulla"; va bene lo stesso, l'importante è non abbattersi e cominciare ad agire)
  • "Cosa potrei fare per raggiungere quegli obiettivi?"
    (è utile pensare in termini di piccoli passi progressivi, non di grandi balzi)
Ovviamente questi sono solo alcuni esempi. Altre fonti di ispirazione (che ti spingono ad entrare in azione, a rischiare, a perseguire i tuoi desideri) possono essere: la vita di personaggi che ammiri, ricordarsi i sogni che avevi da giovane, provare a fare le cose che più ti fanno paura...

In sintesi

Le relazioni sono probabilmente la parte più significativa dell'esistenza; sono quello che più dà senso alla vita. Sarebbe un peccato perdersi questa esperienza preziosa perché ci facciamo bloccare dalle nostre paure.
Finché si fa la vittima nulla cambia, niente si risolve. Se invece ci si impegna per capire i propri problemi, per risolverli, per evolversi, la propria vita migliora di conseguenza. Chi semina raccoglie (o meglio, chi semina in modo costruttivo prima o poi raccoglie).
Quelli che vi dicono il contrario, i pessimisti radicali, i disfattisti ostinati, che vogliono convincervi che "Tanto non cambierà nulla", lo fanno per difendere il proprio status quo, la propria vita misera. Non vogliono vedervi felici, perché se ciò accadesse metterebbe in discussione le loro convinzioni fallaci. Hanno troppa paura della vita per vivere davvero, e così sopravvivono; non fate lo stesso errore. :-)


"Dare la colpa non risolve nulla; dare la colpa equivale a rassegnarsi."
(Eldon Taylor)

"Invece di lamentarsi dell'oscurità è meglio accendere una piccola lampada."
(Lao Tzu)

"Un uomo può fallire molte volte, ma diventa un fallito solo nel momento in cui inizia a incolpare qualcun altro."
(John Burroughs)


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Maschio selvaggio o uomo civilizzato: chi attrae le donne?

Tra le domande più frequenti nella mente degli uomini ci sono: "Che cosa attrae le donne? Che cosa piace loro? Che tipo di uomo vogliono le donne?". Purtroppo non sempre queste domande trovano risposte chiare, ed anzi spesso le donne stesse danno indicazioni confuse o persino fuorvianti. Magari perché anche loro faticano a capire cosa vogliono (dando per scontato che queste risposte possono essere soltanto generiche, poi ogni individuo è fatto a modo suo ed ha gusti personali).
A volte queste risposte sono errate perché si esita a dire una verità scomoda, o imbarazzante, o politicamente scorretta; questo è uno dei motivi per cui le donne dicono di apprezzare gli uomini gentili, dolci e disponibili, ma raramente confessano di essere attratte eroticamente dai maschi forti e dominanti (una contraddizione che confonde moltissimi uomini). In questo post spiego la differenza tra i due tipi di uomini, e perché i secondi suscitano molta più attrazione nel sesso opposto.

Perché alle donne piacciono i "cattivi ragazzi"

Come ho spiegato ampiamente nel post "Maschi attraenti e non: Alfa, Beta e bravi ragazzi", le donne sono istintivamente attratte dai cosiddetti "maschi Alfa": sicuri di sé, dominanti, aggressivi e mascolini. Questo perché, per milioni di anni, le femmine dei mammiferi sociali (inclusi i progenitori dell’essere umano) hanno teso a preferire il maschio dominante, il capobranco, perché offriva le migliori possibilità in termini di motivazioni evoluzionistiche. Questo preferenza istintiva è ancora presente nelle femmine umane.

“Le donne sono istintivamente
attratte dai cosiddetti 'maschi Alfa':
sicuri di sé, dominanti, aggressivi e mascolini”

Le regole della civiltà

Nel frattempo, però, abbiamo sviluppato la civiltà, e con essa tutta una serie di regole e codici di comportamento. Queste regole tendono a reprimere la nostra natura istintiva:
  • Ci dicono che non dobbiamo: insultare, aggredire, rubare, invadere, sopraffare, alzare la voce, disturbare, fare sesso quando ci va, ecc.
  • Ci dicono che dobbiamo: essere buoni, gentili, disponibili, pazienti, rispettosi, generosi, riservati, educati, quieti, stare fermi, obbedire, contenere i nostri desideri ed istinti, ecc.

L'educazione ci condiziona

Inoltre, fin dalla nascita veniamo educati ad essere in un certo modo, che spesso è lontano dalla nostra vera natura. Anche se i genitori hanno le migliori intenzioni, spesso ci trasmettono che non va bene come siamo, o che dovremmo essere diversi. Questo tende a spezzare la connessione con il nostro Sé più autentico, la parte spontanea, istintiva e selvaggia (che percepiamo come sbagliata, perché ai genitori risulta spesso scomoda).
Non c'è da stupirsi, poi, che la maggior parte delle persone abbia serie difficoltà ad accettare se stessi o ad esprimersi liberamente.

Più civiltà = più nevrosi e meno eros

Ovviamente le regole e l'educazione servono al buon funzionamento della società, e tutti ne beneficiamo. Il guaio è che la repressione indotta dalla società ci rende nevrotici (tesi sostenuta, tra gli altri, da Sigmund Freud e Wilhelm Reich).
Inoltre, limitando fortemente la nostra parte animale ed erotica, questa repressione ci rende più poveri e deboli sessualmente. Quindi, un uomo "troppo civilizzato" risulta fortemente ristretto nel suo potenziale erotico, e questo lo rende anche meno attraente: la sua parte animale è stata "addomesticata", e in quanto tale non ha più quella forza e potenza che eccita le femmine (questo è uno dei motivi per lo scarso successo sentimentale dei cosiddetti "maschi Beta" e dei "bravi ragazzi").

Il dilemma tra maschio selvaggio e uomo civilizzato

In sintesi, l'uomo moderno si trova a dover scegliere tra rimanere "maschio selvaggio" (o animalesco, o selvatico) oppure diventare "uomo civilizzato", e nella maggior parte dei casi sceglie la seconda strada (ovviamente questa è una semplificazione). Alcuni tendono invece a conservare il lato "selvaggio", autonomo e ribelle, e per questo a volte colpiscono l'immaginario e diventano (o ispirano) figure iconiche (come ad esempio Marlon Brando nel film "Il selvaggio", James Dean, Tyler Durden nel film "Fight Club", Wolverine nella serie X-Men, ecc.).
Questa scelta è difficile e dilaniante, perché restare "selvaggi" comporta spesso essere criticati o respinti dalla società, ma sottomettersi alla civiltà risulta in una lotta contro la propria natura ed anche contro la propria autenticità; col rischio di diventare smarriti e alienati (come il personaggio di Edward Norton in "Fight Club", e molte persone che si trascinano in una vita senza senso e senza identità).

Chi è il maschio selvaggio

Quando parlo di "maschio selvaggio", intendo un uomo che è ben connesso alla sua parte animalesca, alle sue pulsioni (per esempio erotiche o aggressive), ai suoi istinti ed emozioni - e non se ne vergogna. Sa lasciarsi andare ai suoi impulsi: è capace di mangiare, danzare, difendersi e fare sesso come farebbe un animale (mentre la maggior parte di noi si vergogna di questi impulsi, li trattiene o li nasconde).
E' un homo sapiens, ma al tempo stesso la sua parte animale è viva e presente; non è detto che essa venga agita (non è fuori controllo), ma non è nemmeno repressa (egli decide di volta in volta quale parte di sé esprimere, seguendo il suo sentire e non le regole altrui). Grazie a questa connessione con la propria parte animale risulta virile, mascolino, ma in modo naturale; senza gli eccessi tipici del "macho" (che è una caricatura esagerata della mascolinità per impressionare gli altri, che spesso nasconde insicurezza).
Il "maschio selvaggio" ha dei tratti in comune con il "maschio Alfa" (impulsività, indipendenza, sessualità intensa), ma non sono la stessa cosa.

“Il 'maschio selvaggio' è un uomo ben connesso
alla sua parte animalesca, alle sue pulsioni,
ai suoi istinti ed emozioni - e non se ne vergogna”

Selvaggio non vuol dire psicopatico

Sia chiaro che, quando parlo di "maschio selvaggio", non intendo un uomo che sia maleducato, egocentrico e prepotente, che si fa solo gli affari suoi ed usa la partner senza curarsene: costui non è selvaggio, è una brutta persona.
"Selvaggio" non equivale a "pericoloso": per esempio un animale selvatico, se non provocato, raramente vi attaccherà. Ma, proprio come un animale, il maschio selvaggio è in grado di reagire e difendersi efficacemente se provocato (mentre l'uomo "troppo civilizzato", avendo represso la sua parte istintiva e aggressiva, tende a subire passivamente).

L'effetto sulle donne

Tornando alla domanda iniziale, ecco come questi due modi di essere influiscono generalmente sulle donne:
  • l'uomo civilizzato viene apprezzato come persona (stimato, brava persona, buon amico, ecc.), ma suscita poca attrazione istintiva;
  • il maschio selvaggio può essere criticato o malvisto (perché a volte meno rispettoso delle regole civili, o meno raffinato), però suscita attrazione in buona parte delle donne.
  • La mente razionale (che si è sviluppata in tempi relativamente recenti) apprezza l'uomo civilizzato;
  • ma l'istinto (che è molto più antico, ed è radicato nella nostra parte animale) non sa che farsene della civiltà; viceversa è stimolato da una forte parte selvaggia ed animalesca (con cui è in sintonia).
Poiché l'attrazione nasce principalmente dall'istinto (sono l'istinto e l'inconscio che ci spingono a innamorarci), ecco spiegato perché un "maschio selvaggio" tende a suscitare molta più attrazione di un "uomo civilizzato" (specialmente se "troppo civilizzato", ovvero sottomesso e addomesticato).

Alle donne piacciono entrambi

Va detto che l'essere civilizzati non è negativo, anzi: le donne in genere apprezzano l'essere educato, gentile e raffinato in un uomo. Però lo apprezzano come "aggiunte" al lato selvaggio, una sorta di "completamento".
Si può dire che le donne tendono a volere un uomo che abbia tutte le qualità, ed in questo ambito molte sognano un uomo che sappia essere sia molto selvaggio che altamente civilizzato (e magari che il primo lato emerga in camera da letto, ed il secondo in società). Purtroppo è abbastanza utopico: non a caso sono stati creati diversi personaggi che uniscono un comportamento da animale predatore a modi da gentiluomo (James Bond, Jason Bourne, il vampiro Edward della serie Twilight... e buona parte dei protagonisti di certa letteratura rosa); peccato che siano tutti immaginari, appunto.

Essere civilizzato ha quindi effetti positivi sulle donne, ma solo se:
  • Non lo si è eccessivamente: nel senso di troppo sottomesso alle regole e alla volontà altrui (nel post parlo infatti di essere "troppo civilizzato").
  • Si mantenga viva e vitale la propria parte selvaggia ed animale, invece di reprimerla ed annullarla.
L'essere civilizzato, da solo, suscita stima ma poca attrazione.
Se questo discorso appare contraddittorio è anche perché le donne, a livello evoluzionistico, sono mosse da più motivazioni, a volte contrastanti.

Essere dominanti e selvaggi nel sesso

Nella mia esperienza, e in quella di molte donne che ho conosciuto, un uomo dominante, selvaggio e animalesco a letto è estremamente sexy ed eccitante. Certe donne sono interessate al sesso solo con uomini di questo tipo; un rapporto sessuale soltanto dolce e gentile è per loro insulso (ovviamente questo vale per alcune donne, non per tutte).
Attenzione però: "dominante" o "selvaggio" non vuol dire stronzo, maniaco o stupratore. Vuol dire un uomo che sa esprimere una sessualità poderosa e travolgente, che prende la sua partner con forza e vigore animale, che la possiede con tutta la sua energia e che in quel momento è completamente immerso nell'atto (proprio come fa un animale dominante nell'accoppiamento) - ma che ha comunque considerazione per la donna, e sa occuparsi del piacere di lei. Un uomo di questo tipo rispetta la sua partner, e la "domina" col consenso di lei - non contro la sua volontà.

“Un uomo dominante,
selvaggio e animalesco a letto
è estremamente sexy ed eccitante”

Se vi interessa uno stile dominante in ambito sessuale (od anche relazionale), ci sono molte risorse in Rete e libri che ne trattano (ma la loro qualità è variegata). Uno dei testi i più noti sull'argomento (in inglese) è "The loving dominant" di John Warren.

Il femminismo ha addomesticato gli uomini

Uno dei motivi principali per cui gli uomini moderni tendono a diventare "troppo civilizzati" e perdere la propria parte selvaggia, è l'influsso del femminismo. Per decenni esso (o una sua parte) ha continuato a criticare e colpevolizzare certi aspetti tipici della mascolinità:
  • Assertività (perché le donne potrebbero sentirsi oppresse o messe da parte)
  • Aggressività (potrebbero sentirsi minacciate)
  • Autonomia (gli uomini potrebbero sottrarsi alla loro influenza o lasciarle)
  • Impulsività (rende gli uomini meno controllabili e più pericolosi)
  • Esuberanza sessuale (porta gli uomini ad essere più promiscui, meno fedeli, sentimentalmente più instabili)
Al punto che, per sentirsi amati ed amabili, un gran numero di uomini hanno inconsapevolmente rinunciato a quegli aspetti di sé. Col risultato paradossale, però, di venire da una parte lodati per essere diventati "uomini civilizzati" (in questo caso "de-mascolinizzati"), e dall'altra di perdere la stima delle partner e la capacità di attrarre.
Perché, per quanto quegli aspetti maschili possano essere scomodi o inquietanti, per le donne risultano essenziali per stimare e desiderare un uomo. Viceversa un uomo che ha perso (o represso) quegli aspetti, e cioè un uomo più vicino alla mentalità delle donne (quindi "femminilizzato"), suscita poca stima e desiderio. Perché siamo tutti intrigati dagli opposti, dalla polarità maschile-femminile; quindi una donna ha bisogno di sentire la mascolinità in un uomo per trovarlo attraente. La "crisi del maschio moderno", così spesso citata dai media, è in parte un risultato di questi influssi femministi.

I "bravi ragazzi" si sottomettono

Per quanto riguarda i "maschi Beta" e i "bravi ragazzi", anch'essi spesso cascano in questa trappola. Seguono le direttive femminili (esplicite o sottintese, a partire da quelle materne), reprimendo parti di sé, e per questo risultano più deboli, più dipendenti e meno interessanti. Il "bravo ragazzo" farebbe di tutto per far contente le donne ma, facendo questo, si sottomette e diventa "poco maschile", quindi non più maschio desiderabile. Da notare che gli aspetti citati nella lista sopra sono tutti parte della personalità "Alfa", quella che tende ad attrarre le donne.

Se necessario, ribellatevi

Se ricevete messaggi negativi sui vostri aspetti mascolini, non subiteli passivamente (magari per ricevere approvazione o nella speranza di sentirvi accolti), ma chiedetevi se siete d'accordo o meno (alcune critiche potrebbero essere sensate o costruttive). Se li trovate sminuenti o distruttivi, rifiutateli a viso aperto. Ricordatevi che non siete qui per fare contenti gli altri (anche perché nessuno può piacere a tutti), e che in quanto adulti nessuno ha il diritto di dirvi come dovreste essere o vivere (ovviamente questo non vale nel caso vi comportiate in modi oggettivamente errati o dannosi per gli altri).
Ricordiamoci che per un secolo le donne hanno - giustamente - lottato perché non fossero gli uomini a decidere cosa vuol dire essere donna. Egualmente, ora tocca a noi maschi affermare che non sta alle donne decidere cosa significa essere uomo.

“Tocca a noi maschi affermare
che non sta alle donne decidere
cosa significa essere uomo”

Essere selvaggio ed anche civilizzato?

Idealmente un uomo dovrebbe sviluppare appieno entrambe le parti; ma questo è poco realistico, perché sono concetti almeno in parte opposti. Nella migliore delle ipotesi è possibile far coesistere i due aspetti: mantenendo viva la propria parte selvaggia ed anche sviluppando un senso funzionale dell'essere civile, ma senza che nessuno dei due aspetti prevalga sull'altro. Con una sufficiente intelligenza, maturità e consapevolezza, questa persona saprà dare spazio a ciascuna delle parti, a seconda del contesto e delle varie esigenze. Ma questo livello di sviluppo non è facile, e non mi sembra molto comune.

Come non essere più un maschio addomesticato?

Certe volte è utile o necessario comportarsi in modo civilizzato, seguire le regole ed adattarsi; sia per delle ragioni morali che pratiche. Altre volte, però, siamo liberi di scegliere se dare più spazio alla nostra parte selvaggia od a quella civilizzata: se scegliamo la seconda, chiediamoci se stiamo operando una libera scelta, oppure se stiamo assecondando le pressioni (evidenti o magari sottili) di altri, della società, delle amicizie, della partner. Non c'è nulla di male a scegliere di comportarsi in modo civile, ma è triste se lo facciamo solo perché sottomessi, timorosi, codardi o per elemosinare un briciolo di approvazione.

Per ritrovare e amplificare la nostra parte selvaggia, abituiamoci a:
  • Ascoltare le nostre emozioni (anche quelle scomode)
  • Dare importanza limitata alle opinioni altrui (che non vuol dire ignorarle, bensì non farsene condizionare)
  • Coltivare ed assaporare i piaceri sensuali (anche in cose ordinarie, come il gustare i cibi, il contatto fisico, l'immersione nella natura)
  • Sperimentare forme di espressione corporea e sensoriale (come danza, canto, percussioni, sport)
  • Leggere fonti che parlano del "maschio selvaggio" (vedi il paragrafo sulla esplorazione)

Esistono anche le donne selvagge

In questo post ho parlato esclusivamente dei "maschi selvaggi", ma la lotta tra parte selvaggia e civilizzata esiste anche per le donne (però include archetipi diversi e comporta condizionamenti differenti, per questo non ne ho parlato qui); una lotta altrettanto difficile e dolorosa. Per chi sia interessato ad esplorare il lato selvaggio al femminile, consiglio l'acclamato libro "Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola Estés (info nella Bibliografia).

Esplorare il nostro lato selvaggio

Coltivare il proprio lato selvaggio e la propria mascolinità autentica, oltre a poter migliorare la propria vita sentimentale e sessuale, può portare ad un maggior equilibrio psicologico ed emotivo: integrare le parti represse di sé è sempre benefico e ci porta a diventare persone migliori.

Alcuni autori interessanti su questo argomento sono:


"Tutte le cose buone sono selvagge e libere."
(Henry David Thoreau)


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