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Il rapporto con la realtà plasma il tuo mondo

Riflettere sul rapporto che ognuno di noi ha con la realtà, il modo in cui la osserva e la interpreta, può sembrare un'attività filosofica o poco pratica... ma invece è estremamente pratica: la visione che abbiamo della realtà è vitale per quanto riguarda la nostra felicità e qualità della vita!
Questo rapporto influenza direttamente i nostri:
  • Risultati: avere una visione funzionale della situazione ci rende più efficaci.
  • Aspettative: quello che ci aspettiamo determina la nostra reazione agli eventi (e, quindi, soddisfazione e appagamento, piuttosto che frustrazione e insoddisfazione).
  • Stati d'animo: avere un rapporto sereno con la realtà ci infonde fiducia; viceversa, temere la realtà ci fa vivere nell'angoscia.
A questo punto alcuni potrebbero obiettare: "Ma la realtà è quello che è, va solo conosciuta". Il problema è che noi non conosciamo la realtà (o la verità): abbiamo solo opinioni su di essa. Dai filosofi greci a Kant alla fisica quantistica, questo limite è stato ribadito più e più volte. I nostri sensi sono così ristretti, la nostra mente così limitata, a fronte di una realtà talmente vasta, intersecata e complessa, che possiamo farcene solo un'idea approssimativa.
Anche concetti che ci appaiono del tutto oggettivi e indiscutibili (il sole è caldo; l'acqua è bagnata; la materia è solida...), se osservati da un differente punto di vista, cambiano (visto da Plutone il sole è freddo; allo zero assoluto l'acqua è asciutta; a livello subatomico la materia è rarefatta...).

Gli eventi hanno il significato che diamo loro

Ecco perché l'opinione che abbiamo sulla realtà è un elemento fondamentale. Come è ben rappresentato nella storia del contadino e dei cavalli (vedi post "Tutto è relativo"), ogni evento può assumere significati diversi ed opposti, a seconda di come lo osserviamo. In effetti, si può ben dire che ogni evento è, in sé e per sé, neutro, ed è l'osservatore che gli attribuisce un qualche significato o valore. In altre parole, non esistono opinioni oggettive, ma solo interpretazioni; e le interpretazioni che diamo agli eventi plasmano direttamente il modo in cui percepiamo la vita.
Einstein ha affermato che "La più importante domanda che ci si può chiedere è se l'Universo sia un luogo amichevole". Non tanto per trovare una risposta, quanto perché ritenere l'Universo amichevole oppure ostile, cambia radicalmente come ci approcciamo alla vita e agli altri.
E' ormai ampiamente riconosciuto quel fenomeno psicologico chiamato "la profezia che si auto-realizza" ("Self-fulfilling Prophecy" in inglese), per cui le cose di cui siamo convinti tendono a manifestarsi. In pratica, se crediamo in qualcosa è più probabile che accadrà:
  • se credo di fallire, probabilmente fallirò: perché mi saboterò inconsciamente;
  • se credo di farcela, avrò più possibilità di riuscirci: perché sarò aperto alle opportunità e non mi scoraggerò per gli insuccessi.

Osserviamo alcuni preconcetti sulla realtà che, se creduti, possono provocare conseguenze problematiche:
  • La realtà (il mondo) è al nostro servizio (come individuo, o come specie umana)
  • Il bene e il male sono concetti oggettivi e assoluti
  • Diritti e giustizia sono dovuti
(Una precisazione doverosa: il discorso che sto facendo è a livello di realtà universale, non sociale e politica. Ovviamente, i diritti e la giustizia sono cardini della società civile. Il piano su cui li sto mettendo in discussione non è, quindi, quello sociale o personale, ma quello della realtà nel senso più ampio, "cosmico", di cui gli umani sono solo una piccola componente. Anche la visione antropocentrica - che pone l'uomo come centro del Creato - è una interpretazione, che deforma il rapporto con la realtà).

La realtà (il mondo) è al nostro servizio?

Non esiste alcuna prova che sia così. Anzi, ce ne sono diverse a sfavore. Questa è un'antica illusione a cui piace credere, proprio come ogni bambino - in cuor suo - sogna di essere il figlio preferito dai genitori. In particolare, questa illusione è alimentata dalle religioni monoteistiche, che descrivono gli umani come creatura prediletta dal Creatore.
Consideriamo il Creato secondo le due grandi coordinate del Tempo e dello Spazio:
  • A livello temporale, gli umani esistono solo da 4 milioni di anni (un millesimo dell'esistenza del nostro pianeta), e come civiltà da circa 10.000 anni: in pratica, esistiamo da poche "ore" in senso cosmico, e siamo usciti da uno stato poco più che animale un battito di ciglia fa. L'Universo è esistito per miliardi di anni senza di noi, e continuerà ad esistere per altri miliardi dopo che saremo scomparsi.
  • A livello spaziale, esistiamo su un pianetino di una stella nana, in un angolo periferico di una fra (almeno) 100 miliardi di galassie: in pratica, siamo come una formichina su uno stelo d'erba, sperduto in un campo da calcio sterminato...
Da questa prospettiva, diventa inconcepibile pensare che tutto debba muoversi a nostro favore. Anzi, la nostra stessa esistenza ci appare quasi un benevolo miracolo.
Inoltre, va osservato che noi umani siamo soggetti alle stesse leggi di Natura di tutti gli altri esseri: siamo fragili, soffriamo e moriamo, esattamente come il topo e l'abete. La Natura non ci concede alcun privilegio (a meno di considerare come privilegio la nostra intelligenza, con cui spesso creiamo più danni che benefici).
Non c'è alcuna dimostrazione che siamo "speciali", tranne i racconti che abbiamo inventato noi stessi.

Perché è un problema crederlo?

  • Perché se mi aspetto che la realtà sia al mio servizio, ogni volta che verrò smentito mi sentirò tradito e angosciato. Invece di riconoscere che la realtà fluisce secondo un suo disegno (di cui noi facciamo parte, senza esserne i protagonisti), avrò continuamente l'aspettativa (delusa) di ricevere trattamenti di favore.

Il bene e il male sono concetti oggettivi e assoluti?

Semplicemente, no (anche se la questione si può discutere all'infinito). Come esposto prima, ogni evento è neutro in sé (semplicemente accade), il significato viene attribuito dall'osservatore. Come nell'aneddoto del leone e della gazzella, "bene" e "male" dipendono dal soggetto per cui parteggiamo. Per l'affamato che divora una bistecca il suo pranzo è "bene"... ma per la mucca macellata no di certo!
Insomma, bene e male ci appaiono oggettivi e assoluti solo se consideriamo il nostro personale punto di vista l'unico possibile. Se, invece, di una situazione riusciamo a considerare tutti i soggetti coinvolti, vediamo che ogni parte ha ragioni diverse per valutare il bene o il male.
Se adottiamo una prospettiva storica ampia, osserviamo che i valori morali variano a seconda delle culture e delle epoche (anche se alcuni tendono a permanere), proprio perché mai assoluti ma sempre relativi ai soggetti che li definiscono. Questa posizione è chiamata "relativismo culturale".
Naturalmente, in una società il bene e male sono valori che vanno definiti, condivisi e perseguiti. Questo relativismo non può mai essere una giustificazione per azioni arbitrarie che violino leggi e valori comuni. Tuttavia, riconoscere il relativismo aiuta ad evitare posizioni rigide e dialogare più facilmente con persone che hanno valori diversi dai nostri. Aiuta a passare da una posizione "Giusto contro sbagliato" ad una "Ognuno ha opinioni diverse, che vanno confrontate".

Perché è un problema crederlo?

  • Perché, se ritengo che bene e male siano oggettivi e assoluti, riterrò - di conseguenza - che la mia valutazione morale sia indiscutibile. Ma questo atteggiamento porta a fanatismi e fondamentalismi, a credere che "Noi abbiamo ragione e gli altri - inevitabilmente - torto", perciò a conflitti e guerre.

Diritti e giustizia sono dovuti?

Qui il distinguo tra società e natura è d'obbligo. Vivere in società comporta una serie di diritti e doveri stabiliti; è lecito aspettarsi che vengano rispettati, e provvedere quando ciò non accade.
Ben diverso è il discorso quando consideriamo la "natura", intesa come la realtà in senso esteso, non determinata dagli esseri umani; ovverosia l'esistenza, la vita in sé. Qui ha poco senso parlare di diritti e giustizia, perché la natura funziona secondo la legge darwiniana della sopravvivenza del più adatto. La giustizia è un'invenzione umana, non è mai esistita in natura. La vita non offre diritti o garanzie di sorta, a nessuno.
E' quindi fuorviante pensare che la vita abbia degli obblighi verso di noi, solo perché esistiamo. O giudicare "ingiusti" degli avvenimenti spiacevoli. Certo è umano sentirsi delusi e frustrati di fronte a catastrofi e disgrazie; ma, come già detto, la vita non offre certezze. Piuttosto, ci offre delle opportunità, che sta a noi cogliere. Una vita bruscamente interrotta a 40 anni, non è una vita "a metà", ma sono stati 40 anni di opportunità: 14.600 giorni (che non sono pochi) da vivere.
Rendersi conto di questo, diventare consapevoli che non ha senso estendere alla vita le aspettative che abbiamo nei confronti della società, rende tutto meno scontato (e quindi lo apprezziamo di più), e ci induce ad agire per realizzare ciò che riteniamo meglio (invece di aspettarsi che qualcuno provveda).
Se vediamo ogni cosa come opportunità, come dono mai scontato, impariamo a vivere più creativamente: ci rendiamo conto che tocca a noi impegnarci per creare i risultati che vogliamo. Partendo da questo principio, quei 40 anni sarebbero stati vissuti intensamente, ogni giorno. Sarebbe stata una vita piena, a prescindere dalla durata.

Perché è un problema crederlo?

  • Perché le cose che diamo per scontate (diritti), ci aspettiamo che ci vengano elargite; ci inducono alla passività. Quando ci vengono negate, sperimentiamo rabbia e frustrazione.
    Aspettarsi di essere trattati dalla vita come noi riteniamo giusto, ci espone a inevitabili delusioni; e, di conseguenza, ci sembra che la vita ci sia "nemica".

Dall'illusione all'efficacia

Una volta che realizziamo una visione obiettiva della realtà, viviamo senza aspettative irreali, pretese infondate, delusioni a proposito di eventi su cui non abbiamo alcun controllo. Ci viene più facile prendere la vita per come viene.
In altre parole, viviamo meglio, più serenamente e attivamente, e risultiamo più efficaci; agiamo in base alla realtà, invece che ai preconcetti che abitano la mente.


"Non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti."
(Epitteto)


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6 commenti:

  1. Ciao,
    oggi è il 2 Novembre 2009 e mi sono imbattuta nel tuo blog perchè sto costruendomi un sito internet: volevo chiamarlo psicofelicità e stavo vedendo se in rete ci fosse già qualcun altro con questo nome.
    Bene, ti scrivo per dirti che il tuo blog mi è piaciuto molto,lo trovo molto umano! ho letto solo alcuni articoli ma ci ritornerò sù prossimamente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao e grazie!
      Il tuo commento è molto gradito... :-)
      sia perché è il primo che ricevo :-D sia perché il tuo apprezzamento mi incoraggia a continuare (dopo che mi ero un po' "distratto" e avevo smesso di postare).
      Ti faccio tanti auguri per il tuo progetto: quando sarà pronto, scrivilo qui e verrò sicuramente a visitarlo.

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  2. La più importante domanda che ci si può chiedere è se l'Universo sia un luogo amichevole.
    La risposta l'hai fornita tu in questo bellissimo blog: la realtà segue una logica di evoluzione darwiniana, si compete per tutto, dal sesso, al cibo, alla posizione sociale. Il mondo è un posto infame nel quale siamo capitati, ma la morte è l'unica amica che ci può liberare da questo inferno, il vaffanculo finale ad una vita imposta.

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    1. La domanda che citi è stata proposta da Einstein: "La più importante domanda che possiamo porci è se l'Universo in cui viviamo sia un luogo amichevole od ostile."

      La mia risposta, però, è che in realtà l'Universo è neutrale. Non ci ama né ci detesta, ma ha le sue regole, e se le applichiamo possiamo ottenere i risultati desiderati - o almeno provarci.
      Sarebbe molto peggio se l'Universo ci fosse ostile: in quel caso ci saremmo già estinti da un pezzo ;-)

      Quanto alla competizione, di solito la avversiamo quando è a nostro sfavore, ma siamo di diverso parere quando ci avvantaggia: mentre mangiamo della carne non pensiamo all'animale che ha "perso la competizione" contro il predatore più pericoloso del pianeta (noi umani). Mors tua vita mea.

      Il mondo non è "un posto infame", semplicemente offre una serie di opportunità: sta a ciascuno saperle cogliere.
      Poi naturalmente alcuni nascono in condizioni svantaggiate. Ma alla fine quel che conta è il modo in cui ci giochiamo le nostre opportunità.

      "La vita è come un gioco di carte. La mano che ti è stata data è il determinismo; il modo in cui la giochi è il libero arbitrio."
      (Jawaharlal Nehru)

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  3. Bell'articolo. C'è da dire che il comportamento maleducato dagli altri può irritare e quindi cambiare lo stato mentale della persona che lo subisce, che soprattutto se sensibile può perdere la propria stabilità emotiva se ad esempio una persona la tratta con arroganza oppure se le dice 'shhh' zittendola. Secondo lei è fruttuoso, per migliorare il proprio rapporto con la realtà, allenarsi a fregarsene dei comportamenti maleducati degli altri? Non dico che bisogna allenarsi a non rispondere - perchè poi si diventa passivi e non va nemmeno bene - ma a non perdere la propria stabilità emotiva di fronte a comportamenti irritanti degli altri - che bene o male - capita sempre quotidianamente a chiunque di subire. Diventare come quei filosofi orientali che praticano meditazione e che riescono a essere impassibili di fronte a tutti è possibile? grazie

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    Risposte
    1. E' davvero un'ottima domanda.
      Al punto che mi ha ispirato a scrivere un intero post sull'argomento, poiché un commento sarebbe stato insufficiente: "Come prendersela meno quando gli altri ci feriscono".

      Grazie per l'ispirazione :-)

      Elimina

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