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Perché un matrimonio finisce

Chiarire i motivi del matrimonio

Per capire le varie ragioni per cui un matrimonio può finire, bisogna prima di tutto avere chiari i motivi per cui ci si sposa. Sono questi, infatti, che il più delle volte determinano la riuscita o il fallimento del matrimonio stesso. Ignorare questi motivi o darli per scontati, equivale a partire per un viaggio senza avere chiara la destinazione: magari sarà un'esperienza piacevole, oppure disastrosa, ma comunque ci muoveremo a caso e in balia degli eventi.
Anche la constatazione superficiale per cui "Un tempo i matrimoni duravano!", trascura di chiedersi il motivo. Non è (come pensano in molti) perché in passato c'erano maggiori valori o le persone erano più sagge o meno egoiste, ma principalmente perché i motivi del matrimonio erano ben diversi da oggi.

Sposarsi per amore è un'idea recente

Al giorno d'oggi diamo per scontata l'idea romantica per cui il matrimonio sia basato sull'amore, ma pochi sanno che questo concetto è relativamente nuovo: si è infatti diffuso nel XIX secolo, durante il periodo del Romanticismo.
Prima di questa fase il matrimonio era nella maggior parte dei casi combinato e basato su ragioni pratiche, funzionali; l'amore fra i coniugi era considerato accessorio, e spesso persino controproducente. Ci si sposava prima di tutto per sopravvivere (la vita era dura ed era improbabile cavarsela da soli), perché conveniva alla famiglia o alla società, per interessi economici, per vantaggi politici (fra i nobili), ecc.

Appare ovvio che, quando il matrimonio serve a sopravvivere, difficilmente verrà meno: è un motivazione che permane nel tempo. Se invece - come accade oggi - il matrimonio è basato sull'amore, sulle emozioni e sulla felicità personale, questi motivi sono mutevoli, e quando cambiano o vengono meno, anche le basi del matrimonio stesso si incrinano.

“Nella maggior parte dei casi
il matrimonio era combinato
e basato su ragioni pratiche”


Differenze tra matrimoni del passato e quelli odierni


Il matrimonio era basato su ragioni pratiche, oggi su ragioni emotive

Per millenni (con buona probabilità a partire dalla diffusione dell'agricoltura), il matrimonio è stato quasi sempre deciso dal gruppo (tribù, clan, famiglia, casato), per ragioni pratiche o di convenienza, e non dalle coppia stessa. Questi matrimoni basati su ragioni concrete, e rafforzati dalla pressione del gruppo, erano ovviamente più stabili e duraturi.

A partire dal Romanticismo in poi (circa dalla metà del XIX secolo), ci si è sposati sempre più per ragioni emotive invece che funzionali: amore, passione, intimità, colpo di fulmine, attrazione sessuale, ecc. Da una parte questo ha reso la vita da sposati più vivace ed eccitante che in passato (almeno nel primo periodo), ma ha introdotto anche l'instabilità e la mutevolezza tipiche delle emozioni.

La durata media della vita si è estesa

Quando si viveva fino a 40-50 anni (e senza stato sociale né pensioni), l'impegno per il lavoro, l'allevamento dei figli e la sopravvivenza restavano prioritari fino alla fine.

Nella nostra epoca moderna viviamo fino a 80-90 anni, la ricerca della soddisfazione personale è più forte, e la sopravvivenza non è (nella maggior parte dei casi) un problema. Quindi oggi si sta insieme principalmente per scelta, non per necessità. E quando si può scegliere si tende anche a cambiare idea, specialmente nel lungo periodo. La persona che a 20 o 30 anni trovavamo splendida, a 40 o 50 anni può risultarci indifferente o insopportabile.

Le aspettative sul matrimonio sono molto più elevate

Nei secoli passati, sul matrimonio si avevano poche aspettative e ben definite; semplificando:
  • L'uomo doveva portare a casa di che vivere.
    Se il marito non spendeva i soldi nel bere, non la picchiava e non la tradiva troppo spesso (in passato era considerato tollerabile), la moglie si considerava fortunata.
  • La donna doveva badare alla casa e ai figli.
    Se la moglie lavorava sodo, era fedele e non si lamentava troppo, il marito era contento.

Oggi invece film, canzoni e romanzi rosa ci fanno credere che il partner "giusto" ci darà tutto quello di cui abbiamo bisogno: ci aspettiamo che il coniuge ci renda felici, che ci riempia la vita, che ci completi, che sia sempre fedele e innamorato, che ci ascolti e ci comprenda, che ci appaghi sessualmente, che rimanga in forma, attraente e desiderabile. Ma questa è una utopia romantica, che non considera quanto ogni essere umano sia limitato, complesso, fallibile e mutevole (e dimentica come l'innamoramento sia destinato a finire).
Dove le aspettative sentimentali sono troppo elevate, è inevitabile che il partner finisca col deluderle. Quando ciò accade, pochi realizzano che erano le aspettative ad essere irreali, e tendono piuttosto a vedere il partner come manchevole; il che induce a lasciarlo per cercare "di meglio".

Individualismo e soddisfazione personale hanno più rilevanza

Nei secoli scorsi, sia per ragioni culturali che pratiche, la vita era organizzata intorno al senso del dovere, al bene della società e al sacrificio personale. L'individualità e la felicità personale erano visti con sospetto, se non apertamente condannati.

Oggi vogliamo essere felici, vogliamo realizzare i nostri sogni, non ci accontentiamo, non rinunciamo, ci opponiamo ai compromessi e all'adattamento. Ci sembra che sia possibile avere tutto, inclusi l'uomo perfetto o la donna ideale.
Ovviamente questo ci induce molto più facilmente a rompere un matrimonio deludente o che non ci dà la felicità attesa. Crediamo di poter avere di più, ed anche di averne diritto.

Cambiamo più velocemente

Con l'evoluzione della società, i cambiamenti (personali e sociali) sono diventati sempre più rapidi. Nel Medioevo una persona poteva passare tutta la vita senza incontrare cambiamenti di rilievo: il luogo di vita, il lavoro e il reddito, la struttura sociale, la religione, le conoscenze scientifiche, la famiglia e gli amici, sarebbero restati i medesimi dalla gioventù alla morte.

Oggi invece tutto cambia, e cambia sempre più rapidamente: cambiamo lavoro, amici, casa, città. Incontriamo ogni giorno nuove idee, libri, film e scoperte. Le nostre conoscenze vengono continuamente aggiornate e ribaltate. Non c'è da stupirsi se anche le relazioni e i sentimenti tendono a mutare più velocemente che in passato.
Se è sempre stato vero che "tutto scorre" ("panta rei"), oggi tutto scorre a velocità sempre maggiore, tanto che spesso veniamo lasciati indietro - a volte anche dal coniuge.

La sessualità ha molta più importanza

In passato la sessualità nel matrimonio era considerata un fattore secondario se non assente (in diverse culture del passato il piacere veniva ricercato con cortigiane o cicisbei, o figure similari, non con la moglie o il marito), e veniva vista principalmente in funzione procreativa. Il desiderio femminile era ritenuto minore o persino inesistente (il mito della femmina "casta e pura" è un altro prodotto della cultura Romantica). Se il sesso nel matrimonio non funzionava (come era nella maggior parte dei casi, anche per via dell'ignoranza in merito), le donne imparavano a farne a meno, e gli uomini ricorrevano alla prostituzione (che anche per queste ragioni era tollerata).

Oggi invece una sessualità appagante viene considerata - giustamente - importante per il benessere psicofisico dell'individuo, e le donne hanno scoperto che la loro sessualità è intensa e possente anche più di quella maschile. Ne consegue che non ci accontentiamo di una vita sessuale tiepida o mediocre, cerchiamo la passione, l'appagamento e persino l'estasi erotica (per certi versi anche influenzati dalla diffusione della pornografia e delle illusioni che produce).
Se in passato l'insoddisfazione sessuale nel matrimonio era praticamente scontata, oggi risulta difficilmente tollerata. In molti casi conduce al tradimento, in altri a risentimento e conflitti che minano l'intesa: entrambe le situazioni portano spesso alla dissoluzione del matrimonio.

L'inevitabile calo della passione

A questo riguardo, va aggiunta l'aspettativa comune che la passione si manterrà viva e vitale (ben pochi si sposerebbero con la prospettiva di un matrimonio privo di sesso). Purtroppo, nelle coppie che convivono è pressoché inevitabile un calo del desiderio sessuale (specialmente quello della donna).
Quando questo accade, la delusione di ritrovarsi vicino un coniuge indifferente, freddo, respingente o anche solo disinteressato all'unione fisica, è per molti una sofferenza che alla lunga risulta insopportabile.


Date queste condizioni molto diverse che in passato, non c'è da stupirsi che il matrimonio oggi sia una istituzione differente, e molto più fragile. Due persone che si sposano oggi sono molto più libere - ma la libertà si accompagna all'instabilità. Credere di poter avere stabilità e libertà insieme è illusorio, esse sono - per molti versi - opposte: un treno è vincolato nel suo percorso ma raramente deraglia, mentre un aereo è libero di andare dove vuole ma può facilmente precipitare.

“Credere di poter avere
stabilità e libertà insieme
è illusorio”



E se sposarsi non fosse più "per sempre"?

Se oggi la ragione primaria del matrimonio è l'amore e la felicità dei coniugi, allora appare sensato che, se l'amore sparisce o i coniugi diventano infelici, quel matrimonio potrebbe non avere più ragion d'essere. Il matrimonio del passato era considerato "per sempre" per una serie di ragioni (in primis l'interesse della società, e i principi religiosi) che oggi non sono più validi per gran parte delle persone.
Restare ancorati all'idea del "per sempre" ad ogni costo, sembra più basato su una tradizione e sulla paura del futuro (la paura di restare soli, di essere traditi o abbandonati), che a ragioni sensate. Perché condannarsi a restare in un matrimonio infelice o distruttivo, magari per decenni? Vogliamo veramente farci male a tal punto?

E per quale ragione, poi?
  • Perché l'ha detto qualcuno in un libro scritto 3.000 anni fa?
    (sulla scarsa affidabilità dei testi sacri è stato scritto in abbondanza: vedi p.es. Albanesi.it, Vita oltre la vita.it, Jacopo Fo, Wikipedia)
  • Per non scontentare mamma e papà?
    (vostra madre e vostro padre hanno fatto le loro scelte; le vostre riguardano voi e voi soltanto)
  • Perché altrimenti la gente penserà male?
    (solo le persone squilibrate vogliono decidere come dovrebbero vivere gli altri)
  • Per i figli?
    (è dimostrato che i figli di coppie infelici stanno peggio dei figli di genitori separati e sereni)
  • Per non sentirsi "falliti"?
    (ma chi decide cosa è successo e cosa fallimento? Davvero il successo di una relazione si misura con la durata? O non piuttosto con la sua qualità? Restare insieme nella disperazione mi sembra un fallimento peggiore di una separazione)
Più consideriamo seriamente questi motivi per "stare insieme a tutti i costi", più credo che li vedremo sgretolarsi davanti ai nostri occhi. La vita è troppo preziosa - e breve - per sprecarla restando infelici accanto a qualcuno (e rendendolo magari infelice a nostra volta).

L'illusione della monogamia

Nella nostra cultura ci viene detto che la monogamia (restare insieme alla stessa persona ed esserle fedele per sempre) è la modalità naturale di stare in coppia, e l'unica valida. Ma questo è decisamente falso, in quanto la monogamia:
  • non ci viene affatto naturale (prova ne sono tutti i conflitti, tradimenti e separazioni);
  • non ha mai funzionato davvero (non nel senso romantico che gli attribuiamo oggi);
  • non è l'unico modo possibile (ci sono culture che adottano altre modalità, e molte coppie che vivono in relazioni non-monogamiche).

Non sto dicendo che la monogamia sia sbagliata in sé (se ci stai bene, va benissimo), ma che è un ideale utopico e ingannevole, che in generale non funziona. Contribuisce all'infelicità di molte persone, che si sentono sbagliate perché non riescono a farla funzionare, invece di riconoscere che semplicemente non fa per loro.

Scegliere per la morte, o per la vita

Se consideriamo i motivi attuali che portano due persone a sposarsi, invece di restare ancorati al concetto tradizionale di "Finché morte non ci separi", sembra più efficace - nonché realistica - una visione del tipo "Finché vita non ci separi": cioè restiamo insieme finché io e te siamo capaci di rendere migliore la vita l'uno dell'altra, o finché la vita non ci porterà in direzioni talmente diverse che lo stare insieme non abbia più senso.
Con questo non intendo sminuire l'impegno del matrimonio (secondo me non ci si dovrebbe sposare alla leggera), ma sottolineare come il matrimonio dovrebbe essere basato sulla gioia e l'amore reciproci, e non visto come un dovere gravoso e a prescindere.

“Restiamo insieme finché io e te
siamo capaci di rendere migliore
la vita l'uno dell'altra”

Le promesse non mantenute

Una delle ferite più profonde che la fine di un matrimonio provoca, è quella delle promesse infrante: "Ti amerò per sempre", "Nella buona e nella cattiva sorte", "Finché morte non ci separi"... La persona che ci ha creduto, e che ora vede tutti quei sogni andare in pezzi, può giustamente sentirsi ingannata e tradita. Facile, a quel punto, prendersela con chi desidera la separazione e accusarlo ferocemente.
Ma se ci pensiamo un attimo, l'errore è in chi ha fatto quelle promesse e - anni dopo - non è più in grado di mantenerle... Oppure l'errore è nelle promesse stesse, se risultano utopiche, irrealistiche, non più corrispondenti a come funzionano oggi le relazioni?
A me sembra che, in nome di un ideale romantico tanto seducente quanto favolistico, le persone continuino a farsi "promesse impossibili", ovvero su cui non hanno controllo. Come faccio a sapere se ti amerò ancora fra decenni? Come posso sapere se, dopo che saremo cambiati profondamente, starò ancora bene con te? Posso sperarlo, posso impegnarmi, ma non posso prevedere il futuro! (nè posso decidere quello che sento).

Fare questo tipo di promesse suona simile al bambino che, a sei anni, afferma con entusiasmo "Da grande farò l'astronauta!". Certo può crederci e volerlo con tutto se stesso; ma la sua vita potrà poi svolgersi in mille modi diversi, e imprevedibili, portandolo magari lontanissimo dal suo sogno. Oppure forse ci arriverà (anche se pochi ci riescono, proprio come pochi matrimoni durano felici tutta la vita), ma a priori nessuno può dirlo con certezza.
Sembra che le persone continuino a farsi quelle promesse, e a basare i loro matrimoni su di esse, perché seguono il mito romantico, e perché vogliono tanto crederci - ignorando i fatti che le smentiscono. Probabilmente quelle persone hanno troppa paura di essere realistiche: mentono (inconsapevolmente) perché ammettere l'incertezza del loro futuro (oggi siamo insieme, domani chissà) li spaventerebbe troppo.

Ma il problema di quelle promesse utopiche è che vengono credute, e quando vengono infrante (anche se il coniuge ha fatto del suo meglio) chi ci ha creduto sente crollare la terra sotto i piedi: il più delle volte non se l'aspettava, non riesce a farsene una ragione, ne viene completamente travolto. E allora verrebbe da dire che forse non dovremmo fare promesse che non siamo certi di poter mantenere.

Indagare le ragioni della fine

Fin qui ho spiegato i motivi generali per cui i matrimoni sono oggi più fragili e instabili di un tempo. Per capire perché un certo matrimonio finisce, però, è necessario scoprire i motivi specifici che hanno disgregato quell'unione, e quelli possono essere diversi per ciascuno: come ha detto Tolstoj, "Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo".
Qui posso solo indicare alcuni percorsi da esplorare per indagare le proprie ragioni specifiche, quelle che hanno portato due persone che una volta si amavano verso la separazione. E le ragioni ci sono sempre, spesso condivise fra i coniugi: raramente c'è un unico "colpevole" dietro la rottura (anche quando crederlo ci dà grande sollievo):

“A volte non c'è nulla da fare:
certe coppie
non sono destinate a durare”

Pensare al matrimonio in termini nuovi

Invece di lamentarci per l'instabilità sentimentale odierna (che, come esposto, nasce da numerose ragioni), o accusare gli individui di non volersi impegnare, sarebbe più utile riconoscere che oggi il matrimonio poggia su delle basi ben diverse che in passato, e i coniugi hanno ben altre aspettative. Potremmo dire, in parole semplici, che il matrimonio non è più quello di una volta (e per molti versi è un bene, tutto considerato).
Una volta riconosciuto questo con onestà, possiamo lasciar andare le tradizioni e le aspettative obsolete. Ed abbracciare una visione del matrimonio orientata alla felicità e alla realizzazione personale, in cui il successo dell'unione si misura in termini qualitativi - di benessere, di intimità, di felicità condivisa, di crescita insieme - e non in termini quantitativi di durata.

Perché, a mio parere, cinque anni di gioia e soddisfazione condivisi, valgono molto più di cinquant'anni di routine, noia e malsopportazione reciproci.


"Se temete la solitudine non sposatevi."
(Anton Cechov)

"Il matrimonio deve combattere un mostro che divora tutto: l'abitudine."
(Honoré de Balzac)

"Si dovrebbe essere sempre innamorati.
Ecco perché non bisognerebbe mai sposarsi!"

(Oscar Wilde)


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